- 22 Febbraio 2002
Stenio Solinas lo ha inserito in Giganti di carta, un libro che celebra i grandi del giornalismo, accanto a Eugenio Scalfari e ad Alberto Ronchey. Eppure lui, Mattia Feltri, figlio di Vittorio Feltri, è l’ultimo arrivato, uno degli ultimi, nell’affollato e narcisistico mondo della stampa italiana. Ma i complimenti arrivano da tutte le parti. Ferdinando Adornato, su Liberal, lo ha definito «una delle penne più felici del giornalismo italiano». «Mi piace molto pensare che sia vero», si schermisce Mattia. Qualche sospetto di adulazione? «No», dice, «Ma il giudizio mi è sembrato un po’ eccessivo».
Si potrebbe pensare a una forma di «adulazione di sponda», che qualcuno voglia adulare suo padre adulando lui? «Qualche volta l’ho pensato. Ma di sicuro finora è successo il contrario». Cioè? «Che qualcuno ha elogiato me per colpire mio padre. Come ha fatto Barenghi sul Manifesto, scrivendo che io sono bravo, non come mio padre». Leccaculismo strumentale?
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