- 9 Febbraio 2006
Melissa P. la conoscono tutti. Ma quanti conoscono Elido Fazi? Eppure c’è lui dietro i milioni di copie del best seller dell’anno. Elido, con l’accento sulla «e», per evitare ogni giochino sul nome. Anarchico da giovane, economista da uomo maturo, oggi esponente della nuova editoria romana, quella dei Fandango, dei Donzelli, dei Ranucci. E dei Fazi, appunto. Un editore «aperto»: si dichiara di sinistra ma pubblica Gianfranco Fini, Franco Cardini, Marcello Veneziani. «Io mi ritengo un uomo totalmente libero di scegliere. Ho pubblicato pure un romanzo di Gabriele Marconi, che faceva parte di un gruppo di estrema destra negli anni Settanta». Libero di scegliere ma fortemente antiamericano tanto da meritarsi un attacco in prima pagina sul Foglio di Giuliano Ferrara. «Ha scritto che mi arricchisco facendo l’antiamericano. Io gli ho risposto facendogli notare che di soldi ne ha fatti molti di più lui facendo il filoamericano», precisa Fazi.
Che avevi fatto per scatenare la sua critica?
«Avevo pubblicato il pamphlet di Gore Vidal, La fine della libertà. Ma Gore Vidal non è antiamericano. È americano».
E tu sei antiamericano?
«Che c’è di male? Mica è vietato. Perché mi deve per forza piacere l’America? Non mi piace, non mi piace la sua politica. A chi può piacere la politica dell’America negli ultimi cinque anni?».
Per chi voti?
«Pur di mandare via Berlusconi voto per il centro sinistra. Come me credo faranno anche quelli che non votano da trent’anni».
Prova a fare un governo di intellettuali.
«Valentino Zeichen, un poeta che parla sempre di politica, berlusconiano di ferro: lo metterei agli Esteri. Giulietto Chiesa, ministro degli Interni. All’Economia Rossella Sensi. Alle Pari opportunità Alessandra Borghese.
E primo ministro?
«Uno che mi sta simpatico e che sarebbe rispettato all’estero, Claudio Magris».
Perché questo sviluppo dell’editoria a Roma?
«L’editoria è mobile. Negli anni Trenta era a Firenze. Nei Quaranta a Milano. Roma non è mai stata una grandissima. Ma questo è un vantaggio. Si può diventare importanti e visibili abbastanza rapidamente».
Tu sei romano?
«No. La mia famiglia viveva in un piccolo paese, Quintodecimo, vicino ad Ascoli Piceno. Io ero il primo capellone del posto e seguivo la musica straniera, forse l’unico. Quando mi sono trasferito a Roma vivevo a San Lorenzo, il quartiere di via dei Volsci, quello degli autonomi. Ma non facevo molta politica. Frequentavo un gruppetto di letterati, di poeti. Ma in quel periodo chi leggeva poesie veniva considerato un mezzo deficiente. Il mio amico Gino Scartaghiande pubblicò nel ’75 un libretto di poesie, Sonetti d’amore per King Kong. Alla presentazione si alzò uno e disse: “Voi poeti state ancora a perdere tempo con le poesie mentre bisogna fare la rivoluzione!”. Insomma avevo amici sfigati che invece di fare la rivoluzione volevano scrivere poesie. Un gruppetto che si riuniva attorno alla rivista Braci: Lodoli, Colasanti, Trevi, Damiani.».
Che cosa ricordi della tua gioventù?
«Ero un tifoso sfegatato dell’Ascoli».
Ci sono disgrazie peggiori.
«No. L’Ascoli è stata in serie A per quindici anni. Avevamo Dirceu, Casagrande. Avevamo perfino il mitico fratello di Maradona, Ugo».
Ignoravo perfino che esistesse.
«Per accontentare Diego Maradona il Napoli aveva dato due giocatori forti all’Ascoli, un terzino e un mediano, chiedendo in cambio di far giocare ogni tanto Ugo Maradona. L’allenatore lo faceva entrare ogni tanto, per una decina di minuti».
Ha mai segnato un goal?
«Mai. Come gli passavano la palla la perdeva».
Cosa pensavi che avresti fatto da grande?
«Ho studiato economia con un master a Manchester, sono diventato un economista serio, ho pubblicato su riviste accademiche, sono diventato ricercatore di ruolo a Catania. Ho lavorato due anni per la Ford e poi per l’Economist. Fino al 1993. A quel punto decisi di provare con i libri. Pensavo che a Roma ci fosse spazio per fare l’editoria. E avevo ragione».
Hai mai rifiutato un autore che poi ha avuto successo?
«Gore Vidal mi aveva segnalato Dan Brown. Ci arrivò il suo libro sei mesi prima che uscisse in America. Lo leggemmo distrattamente e non ne facemmo niente».
Complimenti.
«Ho rifiutato anche il libro di Carofiglio. Sembra che lui abbia messo la mia lettera di rifiuto in cornice, nel suo soggiorno».
Li leggete veramente i testi che vi mandano?
«Tutti. Una cinquantina a settimana».
Il risultato?
«Almeno otto esordienti l’anno».
Quelli di successo, oltre a Melissa?
«Licalzi che è andato molto bene, poi è passato a Rizzoli. Abate, ottimo, poi passato alla Mondadori. Tura, il giornalista di Rai Due, passato alla Mondadori. Ne abbiamo scoperti tanti».
Perché se ne vanno?
«Per un po’ più di soldi. E magari per la promessa di tanta pubblicità. I grandi editori non hanno il gusto della scoperta. Preferiscono prendere quelli lanciati dagli altri».
Tu no?
«Isabella Santacroce l’ultimo libro ha deciso di farlo con noi. Ed è il suo libro più bello. Ma è lei che ha deciso di venire con noi. Noi non facciamo campagna acquisti».
Dal punto di vista editoriale cosa rappresenta il libro di Melissa?
«Come numero di copie è il secondo grande successo mondiale italiano dopo Eco. Tre milioni circa di copie vendute nel mondo. Melissa è stata prima nelle classifiche in Germania, in Argentina, in Brasile, in Turchia. E ha venduto moltissimo in Inghilterra».
Le critiche però sono state pessime.
«In Italia. Ma nel resto del mondo sono state ottime. L’invidia nel mondo letterario è devastante. Non c’è nulla che lascateni di più che il successo di un altro. Gli scrittori che superano le 10mila copie in Italia saranno al massimo quindici. Arriva una ragazzina e, pur boicottata dalla critica, dai giornali, va al primo posto assoluto in classifica. Molti sono scoppiati».
Anche sul secondo libro.
«Melissa sul secondo libro ha dimostrato anche una certa capacità di scrittura. E la critica non è stata generosa: doveva riconoscere che a 18 anni scrivere un libro così non è facile».
Tra il primo e il secondo libro Melissa è entrata in famiglia. Si è fidanzata con tuo figlio Thomas.
«Io le voglio molto bene e adesso, quando leggo una critica negativa, ci sto male. Spesso le critiche sono opera di autori che hanno scritto libri ignorati dal mercato. Come quella che ha stroncato Melissa sulla Stampa».
Melissa è stata una manna caduta dal cielo.
«Sapevamo che avrebbe avuto successo ma non che avrebbe venduto milioni di copie. Ci ha fatto raddoppiare il fatturato. Ci ha fatto conoscere presso editori stranieri, ci ha aperto relazioni che prima non avevamo. Un caso simile a quello di Porci con le ali per Savelli, o di Camilleri per Sellerio».
Con quante copie va in pareggio un libro?
«Noi con duemila copie».
E per poter parlare di best seller?
«Un autore che va 10 settimane fra i primi 10 in classifica è un autore da 25-30 mila copie».
Qual è la televisione che vedi e quella che non vedi?
«Vedo un po’ di tutto. Anche l’Isola dei famosi».
Per chi facevi il tifo?
«Non facevo il tifo, osservavo. Secondo me da quando hanno chiuso i manicomi i matti vanno all’Isola dei Famosi. Non ce ne è uno sano lì dentro. Però tra l’Isola dei Famosi e un documentario su Pasolini preferisco l’Isola dei Famosi. Almeno non mi annoia. Mi sembra di essere allo zoo».
Cos’altro non ti piace?
«Gli spettacoli dei comici, gli Zelig e simili. Più noiosi di Zelig ci sono solo i dibattiti. Porta a porta, Gad Lerner, perfino Ballarò, anche se Floris spesso mi piace».
Il campione assoluto dello sbadiglio?
«Una puntata recente dell’Infedele di Gad Lerner. Venti minuti di inferno. Non ricordo nemmeno di che cosa parlassero».
Hai pubblicato anche un libro di Romina Power…
«Con Dvd. Romina è persona molto raffinata, non è quella del Qua Qua. Quella era un’altra Romina. Come abbia fatto a stare a Cellino San Marco con Al Bano è un mistero. Adesso che sta per conto suo è una persona piacevole».
Che cosa pensi dei voltagabbana?
«Metà o tre quarti di quelli che erano nei gruppi della sinistra oggi lavorano in qualche maniera con Berlusconi. Chi veramente non sopporto sono quelli che fanno le prediche contro Berlusconi e, quando si tratta di prendere l’anticipo, preferiscono prenderlo da Berlusconi».
Tipo?
«Tipo la Guzzanti che fa un film come il suo e poi pubblica con Einaudi. Non lo sa che Einaudi è Berlusconi? Valentino Zaichen, il mio amico, è legittimo che voglia pubblicare con Mondadori. Lui è berlusconiano. Ma Camilleri?».
Il discorso vale anche per la televisione?
«In televisione c’è poco da scegliere. O lì o lì. Ma l’editoria è rimasto un settore in cui si può scegliere. Le stesse copie che vende Mondadori le posso vendere io».
Tu eri un anarchico e adesso sei un imprenditore.
«Io sono un moderato, rispetto le regole. Non ho nulla contro l’impresa. Mi piacciono alcuni personaggi come quello della Technogym, o quello della Geox, che partendo da zero riescono a fare una grande azienda. Sono geniali, inventano, costruiscono. Ma su alcune cose sono rimasto quello di un tempo. Quello che non sopporto del capitalismo italiano sono le cose false, i giovani imprenditori che non sono giovani imprenditori. I figli di papà che non hanno mai fatto nulla nella vita. I giovani imprenditori di Confindustria tipo Matteo Colaninno. E poi mi danno fastidio quelli che si nascondono dietro le sinecure e i posti fissi. E poi fanno le prediche. Tipo Giuliano Amato che a 25 anni si era già assicurato la sicurezza per il resto della sua vita e fa sempre discorsi sul libero mercato».
Il nome di un voltagabbana.
«Molti fanno quello di Adornato. Ma Adornato è fantastico. Non conosco nessuno che sia capace come lui di spillare soldi agli imprenditori, e a quelli più tirchi. Ma non capisco perché sia andato con Berlusconi. Che credibilità può avere adesso? Poi ci sono quelli che stanno un po’ di qua e un po’ di là. Come De Michelis. O come Follini che si sta preparando per passare col centrosinistra».
Gioco della torre. Costanzo o Baudo?
«Butto Costanzo. Si è comportato male con Melissa. Prima l’ha esaltata al Maurizio Costanzo Show, poi il giorno dopo a Buona Domenica ha fatto il moralista, l’ha bacchettata, ha permesso che tutti i presenti la maltrattassero. Voleva farla piangere».
Baget Bozzo o Bondi?
«Detesto tutti i preti, anche quelli simpatici. Figurati uno come Baget Bozzo».
Calderoli o Borghezio?
«La rozzezza della Lega è infinita. Non è una questione politica. È una questione estetica. Butto Borghezio, non capisco come possa essere eletto uno come lui».
Dell’Utri o Previti?
«Se penso che Previti stava per diventare ministro della Giustizia mi si rizzano i capelli».
Petruccioli o Annunziata?
«Uno peggio dell’altro. Butto Petruccioli. Per lui provo una sorta di repulsione fisica. Una volta l’ho visto sotto l’ombrellone a Capalbio. Mi sono messo paura».
Baricco o Veronesi?
«Perché uno deve perdere tempo a leggere Baricco? Meglio guardare Markette di».
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