- 1 Gennaio 2004
Tutte le mattine si presenta di buon’ora nelle case delle massaie italiane e racconta aneddoti e ricette nella trasmissione “Uno mattina”, quella condotta da Paola Saluzzi e Luca Giurato. La dispensatrice di consigli gastronomici e di ricordi è Maria Scicolone, sorella di Sophia Loren, madre di Alessandra Mussolini, nuora di donna Rachele , cognata di Edda Ciano. Una vita attorniata da donne forti. “Ho sempre avuto a che fare con donne di una certa personalità”, conferma Maria Scicolone. “Ma la donna più forte è stata mia madre, Romilda Villani. Con lei ho fatto grandi risate e grandissime litigate. Era una donna impossibile, che è riuscita a rendere la vita difficile a tutti quelli che ha incontrato. Ma era divertentissima”. E tra una litigata e una risata è arrivata anche l’educazione gastronomica. “Eravamo in otto in casa, a Pozzuoli. Solo mio nonno lavorava e si faceva fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Mia nonna però aveva una grande cura per la cucina. Non mancava mai di mettere i profumi e gli odori anche nei piatti più semplici”.
Una cucina povera, realmente povera, fatta di minestre, piselli, verdure, ceci, lenticchie, fagioli, pastasciutta. Niente carne, niente pesce. “Solo la domenica c’era il ragù, con le “tracchiulelle”, spuntature di maiale, salsicce e pezzi di manzo. Oppure la genovese”, ricorda Maria Scicolone. “Cucinava mio nonno perché mia nonna, la domenica, si riposava. “La genovese è un piatto tipicamente napoletano che con Genova non ha nulla a che fare. Carne e cipolla. Involtini preparati con parmigiano, sale e pepe. Si mettono a dorare nell’olio, poi si ricoprono di cipolla, un chilo di carne e due chili di cipolla. Poi la cipolla si mette sulla pasta come sugo”.
Ecco, questa è una delle ricette di Maria Scicolone. “Sono meravigliata che Sofia questo piatto non l’abbia messo in nessuno dei suoi libri di cucina”. L’ultimo libro di cucina, “Ricordi e ricette”, Sophia Loren lo ha presentato con grande entusiasmo mediatico qualche settimana fa. I libri li scrive Sophia ma forse la più brava è Maria. O no? “Anche mia sorella è brava. Ma io ho cucinato di più”. Sophia invece? “Sophia, quando va nel suo ranch a Los Angeles con i figli, è lei che prepara da mangiare. E’ un’ottima donna di casa. Pulisce, si rifà il letto. Spolvera la sua camera. Ha la mania della polvere negli angoli. Io la prendo sempre in giro: “Sofia, hai pulito gli angoli?” Sophia cucina spesso, ma non quanto me”. E le ha rubato qualche ricetta? “Non tante: i passatelli si. Me li aveva insegnati donna Rachele, me li fece il primo giorno che andai a Villa Carpena. E poi il casatiello, una ciambella di pasta cresciuta con strutto che si fa a Pasqua. Dentro ci si mettono formaggi piccanti, salami, pezzi di prosciutto, uova. E poi tutto nel forno”.
Cucinare la rilassa. E quando cucina, protetta da un piccolo san Gennaro e da due angeli, canta. “Se non canto, non mi cresce la pizza, la minestra mi viene salata. Io devo fare tutto col buonumore”. E col buonumore cucinò per Michael Jackson, quando il cantante americano si presentò a casa sua con Carlo, il figlio di Sophia. Racconta Maria: “Arrivò con tutto il suo staff, compreso il cuoco birmano. Io gli avevo preparato pasta e fagioli. Ma il cuoco birmano tirò fuori un sacchetto di mele e con un coltellino cominciò a scolpirle fino a farle diventare tante paperelle, proprio piccole papere col beccuccio, le alucce e la codina. A questo punto mi disse: “Posso fare a casa tua tutto quello che farei se fossi a casa mia?” Io dissi: “Certo”. E lui cominciò ad aprire tutte le camere da letto, si mise a guardare sotto le reti, poi salì sopra i letti e si mise a saltare. Saltò su tutti i letti di casa mia. Mio nipote Carlo mi disse: “Lo fa perché vuole liberare l’energia, perché è timido, e deve nascondere la sua timidezza saltando”. Cominciò a saltare verso mezzogiorno e finì all’una”.
Poi si mangiò le paperelle di mela? “Ma figuriamoci! Si mangiò la pasta e fagioli”. Chi altro è venuto a saltare sui suoi letti? “Ne sono venuti parecchi a mangiare a casa mia, ma nessuno saltava. A Danny Key preparammo una zuppa di pesce. Fu una serata indimenticabile. Fece di tutto, cantò, ballò, fece perfino le imitazioni degli animali. Poi ho fatto da mangiare a Cary Grant, a Robert Mitchum, a Glen Ford. Quindici anni fa andai da Glen Ford per intervistarlo per una trasmissione di Mike Buongiorno. Lo trovai seduto accanto a un divano. Lo stereo mandava musica classica. Lui mi disse: ”Vedi Maria questo divano? Su questo divano ha pianto Rita Hayworth. Ha pianto d’amore per me””. Un po’ melodrammatico, non le pare? “Un po’. Ma lui viveva nel ricordo di Rita”.
Una ricetta per ogni celebrità. Come la pizza napoletana fatta per Peter O’Toole. “La pizza fritta, non quella al forno, i forni a Napoli non c’erano, io la pizza che conosco è quella in padella. Lavorando molto la pasta, facendola lievitare, la pizza si gonfia e sopra ci si mette il pomodoro e la mozzarella. Peter era magrissimo ma mangiava tantissimo. Quella sera mangiò cinque pizze. Bevve come un disperato, vino, liquori, amari. Fumava come un pazzo. Io gli dissi: “Peter, perché fumi così tanto?”. Lui mi rispose: “Maria, io sto cercando in tutte le maniere di fumare di più ma non ci riesco””.
A lei sarebbe piaciuto fare l’attrice? La casa di Maria Scicolone è piena di attori famosi che l’abbracciano. La sua vita si è svolta parzialmente all’ombra del successo di Sophia, almeno all’inizio, tra registi, produttori, divi. “Il successo di Sophia è il successo di noi tre, lei, mia madre Romilda ed io. Anzi, il vero successo di Sophia è stato il successo di mia madre. La vera Sophia Loren era lei. Sofia non si è mai sentita una donna importante, mia madre si. L’ultimo Oscar Sophia lo ha dedicato al marito e ai figli. Mia madre si arrabbiò moltissimo. “Lo doveva dedicare a me”, mi disse. “Sono io che ho vinto l’Oscar”. Tutte le bizze e i capricci di un’attrice ce li aveva lei, non Sofia. La diva era lei. Comunque la risposta è no, a me non sarebbe piaciuto fare l’attrice. Mi sarebbe piaciuto fare la cantante. Ebbi un’occasione tanti anni fa in America. Frank Sinatra sosteneva che io ero bravissima a cantare le canzoni americane. Mi pagò anche un maestro. Ancora adesso io faccio molto bene “The man I love”. Ma avevo 17 anni, Sophia doveva rientrare in Italia, io non me la sentivo di rimanere sola negli Stati Uniti”.
E’ mai stata gelosa di sua sorella? “Ma no, semmai è stato il contrario. Da bambine Sophia pensava che io fossi la preferita di casa, la più amata perché ero la più piccola. Lei soffriva molto di gelosia nei miei confronti. Era molto chiusa di carattere mentre io ero estroversa, io cantavo accompagnata al piano da mia madre, e avevo molte amiche con cui giocare. Quando eravamo piccole io ero più bella di Sophia. Ero molto bionda, rotondetta. Sophia era alta e smagrita, poi era sempre con il viso accigliato, sempre preoccupata, era molto tenebrosa da piccola”. Maria allegra, Sophia accigliata. E col passare del tempo, sempre di più. “Il suo successo l’ha resa più vulnerabile, più diffidente. Io l’ho aiutata ad essere aperta, libera, godereccia. Quando eravamo in Spagna c’era Frank Sinatra che faceva delle serate musicali stupende solo per noi e Sofia se ne andava a dormire. Le dicevo: “Sinatra canta per noi, vieni anche tu”. E lei: “Che cosa me ne importa, io devo dormire, domani si lavora”. Sofia è timorosa, di carattere, è sempre stata così. Però poi ha avuto il coraggio di fare delle cose incredibili nella vita”. Anche la scelta di andare in galera… “E che doveva fare? Se non tornava in Italia non poteva più vedere nostra madre. Fu una decisione sentimentale. Pertini aveva promesso che avrebbe fatto solo un giorno o due di prigione. Poi non si è fatto più sentire né vedere. E si faceva negare”. Due belle ragazze, in un piccolo paese come Pozzuoli. Problemi di concorrenza? Qualche spasimante in comune? No, niente fidanzati contesi. “Il suo genere di uomo non è mai stato il mio. Sofia aveva ragazzi musoni, seri. A me piacevano quelli allegri, con la battuta di spirito pronta. La vita è allegria”. E lei Ponti lo avrebbe mai sposato? “Ma per carità! Certo che no! Carlo è un uomo troppo razionale”. Chi è stato l’uomo di cui Sophia è stata più innamorata? “Carlo naturalmente. Ma anche la storia con Cary Grant è stata molto importante. Cary era un uomo straordinario, un amico, una persona con la quale si poteva parlare, era gentile, dolce, intelligente”.
Eppure una volta, a Pozzuoli, c’è stato un ragazzo conteso. Si chiamava Giuseppe. Vero Maria? “Verissimo. Mi piaceva molto. Aveva le ciglia lunghissime, tutte girate in su. Ed occhi inquietanti. Aveva 15 anni e io 11. Ma a lui piaceva mia sorella. Io gli dissi: “Non ci fare proprio caso a mia sorella, tra l’altro ha una brutta malattia, una malattia infettiva”. Lui si mise paura e scomparve.
Ride Maria Scicolone mentre i suoi ricordi scivolano nel tempo. E sfiorano la storia. Un marito, Romano Mussolini, figlio del Duce, che l’ha tradita in tutte le maniere possibili. “Perfino in viaggio di nozze s’è portato dietro l’amante”, ricorda. Ma ricorda anche di avergli consentito tutto. Era un muro di gomma, con lui non si poteva nemmeno litigare. “Oggi mi continua a ringraziare di non averlo costretto a vivere una vita che non era la sua. Mi dice: “Sei stata una donna importante per me perché mi hai lasciato libero di fare quello che volevo”. Magra consolazione”. Donna Rachele, moglie del Duce e madre di Romano che la consolava: “I Mussolini sono sempre stati dei birichini con le donne”. “Donna Rachele si alzava alle sei e alle nove in cucina era già tutto pronto. Allora io mi alzavo alle cinque, davo aria alla camera e rifacevo il letto. Lei impazziva e diceva: “Così deve essere una donna”. Con me lei si trovava molto bene. Mi parlava molto della distrazione del marito. Caratteristica di famiglia: anche Romano, anche Alessandra sono distratti. Benito ripeteva le cose più volte, faceva continuamente le stesse domande e non ascoltava le risposte. Un giorno donna Rachele prese la borsa della spesa, la buttò per aria e urlò: “Non è possibile che mi chiedi continuamente che scuola fanno i nostri figli”. Donna Rachele raccontava anche della Petacci. Una volta si travestì da contadina, mise degli stracci addosso a Romano e si presentò a casa della Petacci. Vestita così non la riconobbero e le aprirono la porta. La Petacci scendeva dalle scale con un fazzolettino nelle mani. Donna Rachele le disse: “Io sono la moglie di Benito. La Petacci svenne. Donna Rachele era una donna con una grande personalità, non ci andava leggera. Ma tutte le sere diceva un’Ave Maria per lei. “Sicuramente la Petacci non si è comportata bene”, diceva. “Quindi bisogna pregare per la sua anima. Perché non sta certamente in Paradiso”. Però, se pregava per lei, la pensava al Purgatorio. “Certamente. Non l’aveva condannata del tutto”.
Donne forti. Come Edda Ciano, sua cognata. Non un grande rapporto. “Quando io e Romano ci siamo sposati lei se ne andò in Africa per un safari. Non approvava l’idea che suo fratello sposasse la sorella di un’attrice. Non era una cosa fatta bene”. Ma come? Romano faceva il musicista, mica il filosofo. “Per moltissimi anni non volle che ci dessimo del tu. Poi, piano piano, il rapporto si è ammorbidito. Edda era una donna che aveva molto sofferto per la morte del padre. Più di Donna Rachele. Donna Rachele viveva di cose quotidiane, pratiche. Reagiva. Edda si rifugiava nei sogni. E soffriva”. Poi c’è Alessandra, sua figlia, altro carattere vivace. Che impressione le fa quando parla di suo nonno, che poi è Benito Mussolini? “Ci si fa l’abitudine. Per lei è il nonno, ne ha sentito parlare tanto da nonna Rachele che lo chiamava nonno-duce o duce-nonno. Per lei è naturale”. Mussolini non è un cognome che pesa? “I cognomi sono importanti? Io a un certo punto avevo perso il mio, perché mio padre non voleva riconoscermi. Sophia lo convinse con un assegno da due milioni. Qualcuno mi ha chiamato spesso anche Maria Loren. E pensare che il cognome a cui tenevo di più era quello di mia madre, Villani. I Villani sono i parenti ai quali tengo di più”. Ancora sua madre: amore e odio in continuazione. “Era lei che amava e odiava. Non aveva pace. Ha tentato in tutte le maniere di distruggermi la vita. Faceva della cattiveria una religione. Ma era bellissima. La vidi nella sua camera il giorno prima della sua morte. Sembrava una regina. Portamento eretto, un fisico stupendo, delle gambe incredibili. Non aveva una ruga”. Miracoli di famiglia. Anche Sophia ha 65 anni e sembra eterna. “Sophia è un miracolo di bellezza”. Anche troppo. A volte rischia di diventare una statua di cera, un’icona. “E perché mai?” Proprio perché è troppo bella, perché non invecchia mai. ”E che dovrebbe fare? Si invecchia quando non si ha più nulla da dire. L’età non passa uguale per tutti. Lei rimane giovane dentro. Per questo è sempre tanto bella. E’ ancora emotiva, ha ancora tante cose da dire, non è cinica, è pura, cristallina, semplice, vitale. Quando io le dico: “Ne hai passate tante e sei rimasta così bella”, lei mi risponde: “E’ perché io non mi sono mai buttata nella mischia”.
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