- 29 Novembre 2001
Anche i più strenui difensori della libertà di cambiare idea non possono non notare che di questo diritto si fa un certo abuso, a volte. Soprattutto quando cambiano le maggioranze politiche o le egemonie culturali e scoppiano le transumanze. Alla presentazione del libro di Pia Luisa Bianco, Elogio del voltagabbana, Cesare Romiti ha ricordato che per i parlamentari esiste un istituto piuttosto desueto ma ancora apprezzabile nel caso che cambino idea: le dimissioni. Paolo Mieli, per evitare l’uso militare, poliziesco e punitivo della parola «voltagabbana», ha proposto che il cittadino intellettualmente onesto la riservi a coloro che cambiano idea andando verso di lui, evitando di usarla nei riguardi di coloro che da lui si allontanano. Questo perché – ha fatto notare Mieli – voltagabbana è un’arma usata dalla sinistra nei confronti di chi si sposta a destra, mentre chi fa il percorso contrario è un convertito, uno che vivendo nel male ha scoperto finalmente il bene. È vero questo? Sono andato a controllarlo da Alessandra Mussolini, una signora notoriamente di destra, deputato di An, molto poco attenta alla disciplina di partito, pronta a difendere le sue idee con grande decisione, sia che si tratti di menar le mani con la sinistra che con la destra.
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