- 1 Gennaio 1990
SANREMO – “Sciogli i tuoi capelli lasciali volare, lasciati guardare, sei così bella che non riesco più a parlare di fronte a quei tuoi occhi cosi dolci e cosi severi”. Si, è una canzone d’amore. “Dai mamma dai, questa sera lasciamo qua i tuoi problemi e quei discorsi sulle rughe e sull’età, portami a ballare”. Edipo?
“E’ una canzone edipica certamente. Sensuale, seducente. Solo a metà si scopre che si tratta di mia madre. E’ una grande canzone d’amore per una donna che esercita grande fascino su di me. Mi ricordo una bellissima poesia di Pasolini che mi fece piangere per il modo informale, disarmato, di rivolgersi alla madre”.
Luca Barbarossa, 30 anni, è vicefavorito alla vittoria finale di questo Festival dopo Mia Martini. Nessun problema a parlare della sua canzone così controcorrente. Sì, lui parla della mamma, senza pudore. “Però mi dà fastidio chiamarla una canzone sulla mamma. E’ una canzone sull’amore, è un tentativo di uscire da ruoli precotti. Quando la vita quotidiana si fa difficile, spesso il rapporto tra madre e figlio è rovinato da un eccesso di pudore o dal rispetto degli stereotipi. E gli affetti sono i primi a pagare”.
Coraggioso, Barbarossa. Se fosse stato Reitano a cantare una canzone sulla mamma lo avremmo fucilato. Lui però se lo può permettere. “In arte si dice che il soggetto non è importante”, dice. “Una natura morta di Morandi è diversa da una natura morta che compri alle bancarelle. Reitano ha scritto “Italia”, De Gregori ha scritto “Povera Italia”. Ma non possiamo paragonarle. La classe non è acqua”.
Barbarossa riesce ad essere normale anche nella bagarre di Sanremo. Non è un pesce fuor d’acqua ma non si lascia coinvolgere più di tanto. E’ uomo di questi tempi ma a volte rivela una raffinatezza, una educazione di altri tempi. Ti viene da pensare: ma che ci fa qui, tra Jo Squillo e Pupo, tra questi esagitati dei discografici e questi caciaroni del “generone” televisivo romano? Nessun problema. E’ qui perché qui c’è l’audience, qui si vendono i dischi. L’importante è scrivere belle canzoni. “Se poi si vendono, pazienza”, dice.
E questa è proprio una bella canzone. “Appartiene ad uno di quei fortunatissimi e preziosi momenti della nostra vita creativa, molto vicini all’ispirazione. L’ispirazione è molto più rara di quanto si pensi. Io ho fatto cinque album, 50 canzoni. Molte sono frutto di lavoro, di pensieri, di ricerca. Poche, diciamo una su cinque, quelle “fortunate”, vere e proprie scintille. Quando capita sembra di scrivere sotto dettatura, di catturare qualcosa che è già nell’aria e che solo tu riesci a captare”.
Ma continuiamo a parlare della mamma. “Io ho tre genitori stupendi, che mi hanno lasciato libero di fare quello che volevo, tutti i miei errori, senza interferire. Appena ho finito il liceo sono andato a vivere da solo”. Chiariamo questa storia dei tre genitori…”Mia madre Anna Maria, mio padre Aldo e il nuovo marito di mia madre Giorgio. Con tutti e tre sono stato benissimo”.
Tre genitori e tutti e tre splendidi. Una fortuna. E chi è il più critico? “Io tengo al loro giudizio e tutti e tre sono molto severi. Giorgio, il giornalista, entra nel merito della scrittura, del testo. Aldo, jazzista, va più sulla musica. Sul piano emotivo mi fido di più di mia madre. Quando supero l’esame della famiglia è una bella sudata”. E quando la mamma ha sentito la canzone su di lei? “Si è molto emozionata”. E le è piaciuta? “Mi ha detto che non voleva darmi alcun giudizio, che si sentiva troppo coinvolta”.
Come nasce una canzone sulla mamma? “Mia madre balla benissimo. Io sono negato invece. Quando vado in discoteca mi siedo e osservo. Sono una zavorra. L’anno scorso a casa mia al mare la vidi ballare il rock con degli amici e rimasi colpito. L’idea della canzone mi venne quella sera”.
La canzone, Barbarossa, che cosa è? A che cosa serve? “E’ un veicolo importantissimo. Mi piange il cuore quando la vedo maltrattata come qualcosa di serie B. Ci sono canzoni storiche, che hanno fatto riflettere generazioni, che sono state delle scintille di coscienza. Le canzoni possono influire anche sul piano sociale. Con le canzoni si può fare politica. Non risolvono i problemi certo. Ma quello non è proprio il loro compito, quello è il compito dei politici”. Ma allora parliamo di politica…”Per chi voto? Per il Pds”. Volentieri? “Più volentieri di quando votavo Pci. C’è confusione, ma sono confusi un po’ tutti, anche quelli che si fingono decisionisti. Rimproveravamo al vecchio Pci la mancanza di coraggio. Come facciamo adesso a rimproverare ad Occhetto di avere avuto il coraggio di cambiare?”.
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