- 1 Gennaio 2003
Il mondo televisivo È disabituato alla critica.
non c’erano finora critici combattivi?
Ce ne sono stati e di bravissimi. A cominciare dal più bravo di tutti che era Achille Campanile.
E allora?
Allora, a prescindere dai critici, la televisione sui giornali È sempre stata vezzeggiata e coccolata. La stampa ha sempre sostenuto la televisione, sempre e comunque.
E perché?
Perché ha sempre avuto un complesso di inferiorità enorme. Anche quando in televisione andava qualche brutto programma, la stampa comunque gli dava il sei politico.
Adesso nessuno È disposto a dare il sei politico. Forse perché la stampa non ha più complessi di inferiorità…
Quelli della televisione sono viziati, assolutamente viziati. Se qualcuno facesse il rapporto quantitativo fra articoli usciti a sostegno dei programmi televisivi e quelli leggermente, dico leggermente, di critica, scoprirebbe una sproporzione enorme, siamo 100 a uno.
C’È un motivo?
Il filone più importante di informazioni sulla televisione È così tituito dalle conferenze stampe. E’ ovvio che il clima delle conferenze stampa sia sempre un clima euforico, positivo, al limite del capolavoro, delle lodi iperboliche.
Hai citato Campanile. Io ricordo anche Saviane…
E Buzzolan! Ma quando c’È stato qualche critico severo nel confronti della tv, È sempre stato in qualche modo demonizzato. Di Buzzolan si diceva: “Si, poverino, È innocuo, con quella sua mania del teatro, della cultura. Poveribno Buzzolan!”
E di Saviane?
L’hanno sempre fatto passare per un appestato. Dicevano: “Si,, Saviane, tanto È uno … che … si … insomma … diciamolo … È uno che beve …”
Adesso non È più così però. Vi attaccano duramente ma non vi trattano da appestati…
Quando sono scese in campo persone come Oreste Del Buono o Beniamino Placido allora c’È stato un lieve cambiamento di rotta. Però il ruolo assunto dalla critica televisiva dipende dall’importanza del mezzo, non dalle persone che l’esercitano.
La critica televisiva – si dice – È inutile perché recensisce eventi che non si ripetono. Non come il cinema, il teatro o il libro.
In parte È vero, ma con la televisione di oggi, seriale e ripetitiva questo discorso cade. Un discorso fatto alla terza puntata di Beautiful vale per tutte le altre. Un discorso fatto per un varietà del sabato sera vale per tutti i sabato sera.
Qual È allora la differenza che vedi tra la critica televisiva e quella cinematografica?
La differenza non È nel criterio ma nel ruolo che il mezzo svolge nell’ambito della società. Si parla oggi di televisione esattamente come si parlava di cinema nel dopoguerra. Allora il cinema era un pretesto per parlare di altro. Oggi il mezzo di comunicazione egemone non È il cinema, È la televisione che rimodella anche tutti gli altri mezzi i quali per sopravvivere devono venire a patti con lei.
Per questo ci sono reazioni così violente alle critiche?
La violenza contro i critici È sempre esistita. Anche contro i critici letterari È enorme. Anzi È più perfida, amara e potente. Solo che si esercita in un ambito più ristretto. Magari in una cena, in un salotto. Proverbiali sono le perfidie tra teatranti e critici teatrali.
Ma nessun attore si È mai permesso di attaccare un critico durante una rappresentazione…
Appunto. Quello che È cambiato adesso, quello che non era mai successo prima, È tutto questo rispondere dei “criticati” in trasmissione. “Il signor Tal dei Tali ha scritto una critica contro di me. E’ un cialtrone, un mascalzone!” Una volta una così a del genere veniva vissuta come una clamorosa violazione di un patto. Una volta Walter Chiari e Gassman andaro in video e punzecchiarono Campanile che li aveva criticati. Ci fu una sollevazione generale perché si riteneva che non si potesse usare un mezzo così sproporzionatamente superiore all’altro per motivi personali.
Oggi invece…
Oggi bisogna mettere in conto anche questo. Che uno fa il proprio mestiere, una critica, e che il “criticato” risponda alle critiche durante sua trasmissione, che non sarebbe propriamente il suo mestiere.
Tu però sei un bersaglio molto frequente, c’È qualche motivo specifico?
Forse perché io vado in dettegli abbastanza inusuali per quelli delle televisione. Giudico l’uso delle telecamere, il montaggio, i particolari tecnici. Non solo i contenuti.
Ci sono quelli che reagiscono male ma anche quelli che tengono conto di quello che scrivi…
Certo, ma io so di essere che “Grasso superfluo” che tutti vogliono eliminare.
Bella questa. Chi l’ha inventata?
L’ho inventata io prima che ci pensasse qualcun altro.
Ma insomma, hai mai visto qualcuno modificarsi a seguito delle tue critiche?
Sarebbe molto presuntuoso da parte mia sostenerlo. Però mi fa piacere pensare che Riamondo Vianello ha avuto una rubrica sportiva un anno dopo che io l’avevo teorizzato in un mio articolo.
Il tuo primo nemico?
Forse Aldo Biscardi, il più simpatico di tutti.
Ti rispondeva in trasmissione?
Si, ma sempre in termini accettabili, pertinenti. Quello che È intollerabile È quando ti rispondono usando argomenti che non c’entrano niente.
Per esempio?
Così e personali: quello non dorme la notte, quello È pieno di pregiudizi, quello fa male agli studenti.
Altri nemici?
Minoli. Avevo scritto che il suo È un giornalismo patinato e anche vacuo. Contestavo quelle sue interviste in cui seguiva la scaletta delle domande senza ascoltare le risposte, per seguire un presunto ritmo televisivo a discapito del mestiere del giornalista. E poi scrissi che la sua era una trasmissione narcisistica con la sua faccia sempre in primo piano.
E lui?
Ha reagito andando sul pesante. E poi Così tanzo.
Che così a avevi scritto su Così tanzo?
L’avevo accusato di essere l’inventore della televisione del dolore.
E lui?
Per tre volte, durante la sua trasmissione, ha attaccato il mio libro sulla storia della televisione, dicendo che era pieno di falsità.
Minoli dice che tu, come anche altri, vi siete convertiti sul caso Funari senza rinoscere a lui di essere stati il suo inventore…
Ma Minoli inventò il Funari detestabile, quello di Aboccaperta. E’ stato Carlo Freccero a trasformarlo.
Però Minoli È l’uomo di Mixer…
Appunto. E’ anche fortemente privilegiato perché È riuscito a mantenere una testata per tantissimi anni senza che abbia mai fatto qualcosì a di realmente clamoroso, che abbia fatto opinione, che abbia anticipato tendenze…
Una volta hai criticato Frizzi…
…e quella sua trasmissione tremenda che era “I fatti vostri”. Anche lui ci marciava con la televisione del dolore. Io scrissi che camminava sui bambini. Lui minacciò di querelarmi…
Sgarbi una volta ti ha risposto pubblicamente in trasmissione…
Lo feci un po’ arrabbiare quando criticai la sua incontinenza salivale quella volta che sbavò durante l”Istruttoria” di Ferrara.
Ferrara ti piace?
Ferrara l’ho criticato più volte, ma gli ho anche riconosciuto molti meriti. Ma non si È mai permesso di rispondermi in televisione. E’ un modello esemplare di come dovrebbero essere i rapporti tra i critici e gli uomini della televisione.
Ma ti piace?
Ha talmente stile, È talmente raffinato quando scrive che a volte sembra inspiegabile la sua televisione sciatta. Ma credo di avere una spiegazione…
CioÈ?
Per lui la televisione È un gioco. Sarebbe capacissimo di fare grandi programmi, ma È pigro, non ha voglia di impegnarsi in così e faticosì e. Si diverte di più così �.
E la televisione intelligente? Il rigore giornalistico di Biagi, la passione civile di Zavoli, l’impegno garibaldino di Santoro?
Con Santoro io sono sempre stato molto critico. Non mi piace il suo uso demogogico delle piazze. Ma devo riconoscergli il coraggio con cui affronta certi temi. Se le così e in Italia sono cambiate È anche perché certe trasmissioni come la sua hanno avuto influenza.
Zavoli e Biagi?
Pensare che Zavoli e Biagi siano a riusciti a fare delle inchieste giornalistiche di valore in una televisione dove il giornalismo televisivo È sempre stato molto modesto…
Il migliore tg?
Si fa molta fatica a trovare un tg migliore dell’altro. Si assomigliano tutti.
Anche Fede?
Bisogna riconoscere che Fede col suo telegiornale del dolore, col suo giornalismo romanzato È l’unico che ha saputo dare una identità al suo telegiornale.
Preferisci la Rai o la Fininvest?
La Fininvest finora ha saputo fare solo tv di seconda mano, o prendendo i personaggi della Rai oppure rintuzzando e copiando i suoi programmi.
Si dice che i giornali parlino troppo di televisione…
E’ il contrario. La televisione domina tutto, modifica tutto ciò con cui viene a contatto. I giornali non possono essere esenti da questa influenza.
Allora È vero che i giornali sono succubi della televisione…
La televisione ha invaso i giornali perché rappresenta il discorso comune di tutta la gente, il collante della nostra nazione. Se noi abbiamo un’identità È perché guardiamo tutti la stessa televisione. Poi ci sono dei giornali che oltre ai contenuti, agli argomenti, diventano televisivi formalmente. “Gente”, “Oggi” da almeno cinque o sei anni sono delle pure appendici della televisione. Anche alcuni quotidiani si stanno trasformando in tal senso, usando il linguaggio televisivo, la così truzione abbassata ai livelli televisivi.
Un esempio.
Il “Giorno”, È il quotidiano più televisivo che ci sia in questo momento. Poi c’È una terza fase che stanno vivendo alcuni giornali…
Speriamo che sia migliore delle prime due…
Si. Ci sono giornali che discorrono alla pari con la televisione.
CioÈ quelli che la snobbano?
No, non fanno più come una volta quando detestavano la televisione, la demonizzavano, pensavano che tutto ciò che passava per la televisione fosse qualcosì a di disdicevole.
Che così a vuol dire allora discorrere alla pari?
Occuparsi di argomenti televisivi, magari con ritmi che suggerisce la televisione, magari dando a questi argomenti un peso preponderante, ma ribadendo un diverso punto di vista.
Basta questo? Basta evidenziare che esistono due punti di vista diversi?
Il guaio più grosso della televisione È proprio che non esistono più punti di vista. E’ tutto un magma confuso…
La famosa marmellata…
La famosa marmellata, ma non solo nel senso di programmi indistinti, omologati l’uno all’altro. E’ che una così a vale l’altra, sparisce la gerarchia di valori.
Che così a È per te il telecomando?
E’ la frantumazione della televisione, della sacralità televisiva. La televisione È un fiume in piena che entra dentro casa. Il telecomando È quella così a che ti fa sentire con i piedi per terra. Appena l’onda di piena si fa troppo alta, cambio canale e scappo via.
Come vedi la televisione?
Ho quattro videoregistratori e due monitor.
Perché due monitor?
Perché una delle caratteristiche della televisione moderna È che sempre più spesso i programmi hanno senso non solo per quello che sono ma per il momento in cui vanno in onda, per quello che c’È in onda sugli altri canali. Una delle così e più difficili della critica televisiva È trattare l’opera non come a se stante come può essere un film, ma di saperne riconoscere tutte le connessioni che ha nel momento in cui va in onda.
Gli intellettuali hanno sempre snobbato la televisione, Pasolini, Sciascia, Manganelli, Ceronetti …
Un grande può anche permettersi di non guardare la televisione. A lui concedo tutto. Ma la schizzinosità dell’intellettuale medio che non capendo la televisione si rifiuta di vederla È intollerabile. Se uno vuole svolgere fino in fondo il suo ruolo di intellettuale non può permettersi di non guardare la televisione.
La sinistra per esempio…
…ha temuto per molto tempo quell’atteggiamento aristocratico che non poteva permettersi, proprio perché operava nei settori della massa. Questo È un errore che ha pagato. Perché poi È arrivata alla tv nel peggiore dei modi, con la lottizzazione.
Ritieni l’audience un metro di giudizio?
Lo È, ma È falso, il più falso di tutti. Era legittimissimo come termometro per gli investimenti pubblicitari. Invece È diventato un modello per così truire la televisione. CioÈ l’opposto.
L’Auditel come programmatore…
L’Auditel come facitore di palinsesti. Una così a spaventosa.
Una volta c’era l’indice di gradimento. Adesso si suppone che siano tutti graditi.
Ma È anche vero. L’abitudine, la ripetizione fa si che un personaggio anche sgradevole se riesce a superare una certa soglia di presenza televisiva diventa parte del paesaggio, anzi della famiglia.
Facciamo un esempio a caso, Marzullo.
Marzullo È il caso più clamoroso. Se una rete investe su un personaggio qualunque alla fine lo impone. Anche se risulta negativo alla fine viene accettato, come una zia petulante, come dei cugini antipatici. Marzullo nella televisione degli anni Settanta avrebbe fatto fatica ad entrare.
E invece…
Invece a mezzanotte non lo vede nessuno ma a forza di starci, a forza di venire critica, È divcentato una specie di orsacchiotto. E lui È contento lo stesso perché ha conquistato la patente di esistenza. Ma ciò che È impressionante non È Marzullo, È la gente che va da Marzullo. E’ una così a che mi mette angoscia. Mi mette angoscia il chiacchericcio della gente nei salotti televisivi. Come i ministri che vanno da Maurizio Così tanzo ad affrontare i massimi sistemi del loro dicastero. Sicuramente noi abbiamo una classe politica da Marzullo…
Ci sono anche quelli che vanno a raccontare corna e tradimenti da Barbareschi…
In una società di massa come la nostra in cui sono saltate tutte le nicchie di riconoscibilità che c’erano una volta, il quartiere, l’oratorio, il partito, ormai c’È rimasta solo la televisione a darti la prova reale che tu esisti. La gente non vuole andare in tv, vuole esistere. Per questo accetta anche di andare a farsi maltrattare, o di andare a dire le così e più becere, più oscene. Il vero ufficio d’anagrafe oggi non È il comune, È la tv.
Però una così a È il Maurizio Così tanzo show e un’altra È Marzullo o Barbareschi…
Proprio in ciò può essere d’aiuto la critica, nel tener viva l’idea che esistono livelli diversi, che l’erba non È tutta un fascio, che esiste una trasmssione dove È dignitoso andare e altre no.
Qual È la televisione peggiore?
La televisione che sfrutta tutto quello che va di moda, che paga le persone perché vadano a piangere in diretta, la televisione del dolore, della chiacchera, della rissa…
Marzullo non È certamente l’unico…
Il giornalismo televisivo italiano È pieno di Marzulli.
Nessun commento.