- 1 Febbraio 1993
La raccolta dei vestiti usati nei cinquemila negozi Benetton disseminati in tutto il mondo è già cominciata da giorni. Una gigantesca operazione umanitaria concordata con la Caritas e con la Croce Rossa internazionale. Ma dei vestiti che finiranno addosso ai poveri del Terzo Mondo si è parlato e si parla tuttora molto poco. Il dibattito si è subito concentrato sull’immagine che serviva a lanciare la campagna: Luciano Benetton, grande capo dell’azienda di Ponzano Veneto, senatore repubblicano, fotografato da Oliviero Toscani, nudo, con le mani pudicamente raccolte a coprirsi proprio là, e la scritta: “Ridatemi i miei vestiti”.
– Che cosa ha detto sua madre quando ha visto il suo bambino nudo?
Non l’aveva vista.Lei non compra i quotidiani, ho dovuto mandarle un fax.
– E allora?
Beh, è un po’ preoccupata. Perché ha sentito i telegiornali.
– Preoccupata ma non scandalizzata…
Anche un po’ scandalizzata. Ha detto: “Ma come, alla tua età?”.
– Come hanno reagito i colleghi senatori?
Parte a favore e parte contro. Il leghista Speroni mi ha dato una copia del giornale con scritto, sopra la mia foto: “Socialisti, ridatemi i miei vestiti”.
– Alcuni senatori hanno scritto una lettera al presidente del Senato, Giovanni Spadolini. Ha parlato con lui?
Certo, e lui era ben felice. E’ una roba umanitaria, ha detto.
– E all’interno del suo partito, il Pri?
Erano divertiti, l’hanno presa nel senso giusto.
– Lei non si sente la vergogna del Senato?
No, no. Non voglio fare delle battute, ma ci sono dei problemi più seri che riguardano i nostri politici. Non è certo per questo che uno può sentirsi la vergogna addosso. E’ un po’ sconvolgente che la gente trovi il tempo per fare interpellanze su un problema del genere …
– Sulle vostre campagne pubblicitarie piovono sempre critiche …
Siamo un’azienda sotto gli occhi di tutti e cerchiamo nella comunicazione dei metodi che la rendano molto evidente. Io credo che la stessa cosa si poteva fare in molte altre maniere, ma nessuno ne avrebbe parlato. Per riuscire bisogna essere un po’ più nuovi.
– Vi criticano anche le agenzie di pubblicità…
Il nostro sistema è alternativo al sistema delle agenzie. E le mette in crisi. Farebbero bene a smetterla di criticare e cominciare a ripensarsi.
– Gavino Sanna è stato violentissimo contro Oliviero Toscani.
E ha goduto di pubblicità riflessa.
– Ha detto che Toscani è “uno stupido fotografetto isterico”.
Bisogna vedere che cosa gli aveva detto Toscani.
– Ma dei limiti ve li siete posti?
Sicuramente nel budget.
– Io parlavo di limiti nella provocazione…
Non dobbiamo far brutte figure. Abbiamo un’immagine molto alta sul mercato. Dobbiamo rimanere nei limiti del buon gusto.
– La suora che bacia il prete, i preservativi, la neonata sporca di sangue … Sono sempre i cattolici ad avere le reazioni più violente. Non vi preoccupa?
I creativi non guardano solo l’Italia. La campagna deve essere comprensibile nel mondo. Logicamente si tocca sempre qualcosa. Quest’ultima immagine per esempio non è stata accettata nei Paesi arabi…
– Perché?
Là uno non può neanche andare al mare in costume da bagno.
– Toscani le aveva chiesto di più? Più nudo? Senza quelle mani davanti a coprire?
No, no. Io non avrei accettato. C’è stata comunque una trattativa.
– Cioè?
Abbiamo contrattato. Io avevo detto: “Va bene, lo faccio. Però in mutande”.
– E Toscani che cosa ha detto?
Ha detto: Per carità! Non se ne parla nemmeno. Io ti voglio nudo sul “Corriere della Sera”!
– E lei?
Io ho giudicato l’idea di Oliviero un po’ goliardica ma anche molto seria. E non mi sono tirato indietro. Anche se all’inizio era un bambino che doveva essere fotografato con la scritta “Ridatemi i miei vestiti”
– Se Spadolini le avesse chiesto di sospendere la campagna che cosa avrebbe fatto?
Che cosa c’entra con la nostra campagna?
– Se glielo avesse chiesto La Malfa?
Sarebbe stato una vergogna.
– Lei si ritiene un buon senatore? Frequenta il Senato?
Il lavoro al Senato è molto inferiore a quello della Camera. Occorre meno presenza.
– Ma come fa a dividere il suo tempo fra Senato e azienda?
Io ritengo che il mio dovere principale riguardi l’ azienda. E’ una questione di vita.
– Però è stato eletto …
Io non dedico il massimo del mio tempo al Senato. Forse dovrei. Ma bisognerebbe che io fossi coinvolto in qualcosa di concreto. Il Senato è un sacco di tempo perso.
– Ci sono le commissioni…
Io partecipo alla Commissione Industria e ci vado molto spesso. Fino a luglio era una tragedia. Era una commissione che passava il suo tempo ad approvare proposte di investimenti fatte molto casualmente. Bisognava ascoltare gli sponsor, le regioni, i commercianti, gli artigiani, la pedemontana … Io ero sconvolto. Bisognava fermarli. Non riuscivano a capire che questo è un Paese in difficoltà. Continuavano a buttare i soldi a pioggia secondo le richieste dei politici legati alle varie zone. Adesso è cambiato.
– Adesso che cosa fate?
Sempre cose senza senso. Abbiamo ascoltato due ministri. Guarino e Vitalone…
– Non le sono piaciuti?
Sono brave persone. Ma non sono credibili.
– Che cosa vi hanno detto?
Guarino doveva spiegarci il progetto delle privatizzazioni.
– Non è stato chiaro?
Non è stato chiaro. Si capiva solo che lui non voleva privatizzare.
– E Vitalone?
Vitalone è un magistrato. Non può fare il ministro del commercio estero. Non ha senso pratico. Conosce poco dei problemi dell’immagine dell’Italia all’estero. Pensa in buona fede che spendendo 50 miliardi in campagne pubblicitarie all’estero si risolve il problema dell’immagine dell’Italia. E invece i 50 miliardi sarebbero spesi molto meglio per cercare di arrestare qualche mafioso.
-Bisogna pur investire in immagine. Chi meglio di lei può capirlo?
Il più grosso investimento per l’immagine i nostri politici potrebbero farlo tentando di essere più onesti.
– Vi divertite, lei e Toscani, quando studiate le campagne?
Si. Quest’ultima è nata in cinque minuti in aereo. Toscani ha fatto una battuta: “Ma i giapponesi, in queste loro casette piccolissime, dove tengono i vestiti? Avranno gli armadi strapieni. Perché non glieli svuotiamo e li diamo ai poveri?”
– Quali obbiettivi vi siete dati?
Con questa iniziativa noi facciamo un triplo servizio: il primo ai ricchi che non hanno più spazio, il secondo ai poveri che non hanno vestiti …
– E il terzo?
Il terzo a noi perché se la gente svuota gli armadi compra nuovi vestiti.
– Ma non sarà solo questo il vero motivo di tutta l’operazione?
Qualunque pubblicità che esista al mondo vuole far vendere di più. Perché dire di no? Ma non è il solo motivo anche se c’è gente che lo scrive.
– Oltre che cinici, secondo alcuni vostri detrattori, siete anche opportunisti. Spendete cento e ottenete mille.
Sicuramente abbiamo più riscontro degli altri. Però partiamo dal principio che se delle notizie vengono portate a lungo servono anche ai giornali.
– Il” Nouvel Observateur” parla di “benettonismo”. Lei si riconosce padre fondatore di una via benettonica alla pubblicità?
Come sistema di comunicazione sicuramente. Siamo gli unici al mondo. Non mi risulta che altre aziende percorrano strade simili. Sono dieci anni che non facciamo vedere più i nostri prodotti nella pubblicità. Forse solo Moschino nella comunicazione è originale e va controcorrente.
– L’anno scorso i concorrenti Stefanel risposero alla pubblicità benettonica con una campagna imperniata sul mondo dell favole, molto soft…
Era talmente soft che io non l’ho vista. Non c’era. Secondo me l’hanno annunciata e poi non l’hanno fatta uscire.
– Quali sono le caratteristiche della comunicazione benettonica?
Deve essere comprensibile in tutto il mondo e deve essere choc.
– Ma non ha paura che la benettonica crei assuefazione?
Essere creativi non vuol dire essere violenti o trasgressivi a tutti i costi. Anzi è necessario il buon gusto. Il senso dell’umorismo.
– Lei vede pubblicità volgare in giro?
Io non sono uno specialista di questo settore. Mi capita più spesso di capire se sono soldi sprecati. Forse potrei dire che i soldi sprecati sono la volgarità. Sicuramente non è ecologia.
– C’è chi dice che sia volgare l’uso strumentale del corpo nudo di una donna per vendere un prodotto…
Ma allora le copertine dei settimanali? Io non comprerei mai un giornale perché c’è una donna nuda in copertina. Eppure mi dicono che funziona. C’è un tipo di pubblicità piuttosto che trovo pericolosa, quelle che “fanno sognare”. Non rappresentano il mondo moderno.
– Tra i più duri contro la benettonica c’è stato Ferdinando Camon.
Si, Camon non è molto aperto. E’ piuttosto tradizionale.
– Vendete maglioncini sfruttando il terzo mondo. E’ questo la critica più frequente che vi fanno.
Ma non c’è niente di più banale. Noi siamo un’azienda che vuole vendere. Sappiamo anche che se vendiamo molto possiamo avere un rinnovo di tecnologie, di sistemi, facciamo guadagnare i nostri commercianti, abbiamo dei prodotti che costano sempre meno.
– Lei ritiene che le critiche che vi fanno siano frutto di ideologie superate, di vecchi schematismi?
Io trovo miracoloso che tutta questa gente abbia visto e sia rimasta colpita dalla nostra comunicazione. Che la trovi così importante da dover intervenire, anche se contro.
– Sembra quasi che le facciano più piacere le critiche che gli elogi…
Che esistano opinioni contro non è poi tanto grave. Bisogna avere rispetto sia per Camon che parla contro che per Natalia Aspesi che parla pro.
– Ho l’impressione che il dibattito sia molto vasto ma poco profondo…
Prima di disprezzare qualsiasi tipo di atteggiamento bisogna pensare che magari uno scrive l’articolo da casa, senza tante informazioni, e magari con l’input del direttore che gli dice che deve andare in una certa direzione, quella dell’ideologia del giornale, senza poter fare una ricerca seria per dare un giudizio libero.
– Quindi secondo lei i commenti alla sua iniziativa non sono sinceri?
Ma se chiediamo ad un democristiano che cosa ne pensa, non potrà mai dire – ammesso che lo pensi – che si tratta di una bella idea. Non è libero. Gli si complica la vita.
– Caritas e Croce Rossa si sono tirate indietro.
La Caritas e la Croce Rossa italiane non si potevano tirare indietro perché non sono mai state in questa operazione. Noi l’abbiamo fatta con la Caritas e la Croce Rossa internazionali. Sono state loro a rivolgersi alle loro diramazioni nazionali.
– E la Caritas italiana che cosa ha risposto?
Non ha mai risposto. Probabilmente sottovalutava il progetto. Mi viene anche da pensare che effettivamente in Italia non ci sono tanti poveri. Che non c’è tanto bisogno dei vestiti che noi raccoglieremo.
– Ma la Caritas italiana ha anche criticato la campagna.
Se uno telefona alla Caritas e dice : “Voi di questa pubblicità che cosa pensate?” che cosa vuole che rispondano? Che a loro non piace. Come quello di Rifondazione Comunista che alla stessa domanda ha risposto: “Che Benetton paghi le tasse!”
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