- 13 Settembre 2001
Chissà perché, lo chiamano «Er pecora». Lui, Teodoro Buontempo, sostiene che si tratta di una operazione studiata a tavolino dal suo grande nemico, Francesco Rutelli. Non potendo attaccare Gianfranco Fini, educato, elegante, di buone maniere Rutelli attaccava Teodoro Buontempo, l’uomo più famoso della destra romana, mettendone in luce le origini umili. La cosa funzionò.
«Er pecora» era un buon soprannome. Prese piede. I primi tempi fu un piacere fatto al nemico. «Er pecora» rendeva più popolare Buontempo. Le feste-bene romane se lo strappavano. Tutti volevano vedere come parlava e come si comportava. I salotti televisivi lo invitavano. Poi si accorsero che era un uomo normale, che non si metteva le dita nel naso e che mangiava con coltello e forchetta. Anzi aveva una moglie raffinata ed elegante e tre figli talmente educati che Berlusconi, incontrandoli, li definì «tre piccoli lord». Dopo un po’cominciarono i periodi difficili. Nel suo stesso partito si vergognavano di lui e quando qualcuno lo nominava gli altri alzavano gli occhi al cielo come dire: «Che ci possiamo fare?». Racconta «er pecora»: «Rutelli è una persona cattiva d’animo. Con la complicità del mio partito ha cercato di farmi del male sul serio. Rutelli è l’unica persona per la quale serbo rancore e ostilità»
Che cosa le ha fatto?
Quando era sindaco, io ero presidente del consiglio comunale. La cosa non gli andava giù.
Perché lei lo boicottava.
Regolamento alla mano.
Lei ha scatenato delle risse in comune. Ha fatto dei feriti.
Montino, Bettini e Pompili e un altro paio. Sono stato aggredito e mi sono difeso.
A sediate.
Con quello che avevo sottomano.
Insomma, che cosa ha fatto Rutelli?
Insieme ai vertici del mio partito e con un paio di esponenti di Forza Italia ha cambiato il regolamento comunale e mi ha fatto decadere da presidente del consiglio.
Una congiura? I nomi.
L’ho detto: i vertici del mio partito.
Fini quindi. E quelli di Forza Italia?
Qualcuno che oggi è caduto in disgrazia. Era nella sua villa romana che si facevano questi discorsi.
Ho capito. E’ un tipo rancoroso, miliardario e dalla querela facile. Ma è singolare questa dimestichezza di Rutelli con il Polo di Berlusconi.
Mica tanto singolare. Io sospetto che in un certo periodo Rutelli avesse preso contatti con Forza Italia per tentare di andare con loro e di creare un movimento di centro progressista.
Buontempo, lei ha quasi più nemici a destra che a sinistra. Saranno le sue origini umili?
Chissà. Io ho cominciato a lavorare da bambino, quando andavo alle elementari. Lavavo le tazzine dei bar fino alle otto di mattina. Poi mi mettevo il grembiule col fiocchetto e andavo a scuola.
Che cosa faceva suo padre?
Il muratore.
Anche suo padre era fascista?
No, socialista.
A che età cominciò a fare politica?
A 12 anni. Organizzavo manifestazioni, scioperi, cortei. Una volta organizzai un ballo studentesco. Ragazzi e ragazze. Un successo enorme.
Lo abbiamo fatto tutti.
Io però fui sospeso per cinque giorni. Non erano tempi per commistioni sessuali ad Ortona. Organizzai anche una mostra per fabbricanti di navi in bottiglia. Al bar mi davano quattro lire ma cominciai a guadagnare bene da cameriere. Facevo anche i matrimoni. Centomila lire a botta. Ero di destra ma con grande attenzione alla sinistra. Quando organizzavo manifestazioni, gli altoparlanti me li davano i comunisti, i tavolini i socialisti, gli striscioni e le sedie il Psiup. Un giorno organizzai un corteo di studenti. Ma anche la sinistra era scesa in piazza, contro il caro vita. I due cortei si fusero. Era bello: io in mezzo a tutte le bandiere rosse.
Perché aveva scelto la destra?
Era una posizione antisistema, rivoluzionaria.
Come andava a scuola?
Male. Cambiavo continuamente. Poi andai a Roma.
Come viveva?
Mille mestieri. A Natale portavo i panettoni, cameriere alla Rupe Tarpea, venditore di cosmetici. Poi morì mio padre e tornai in Abruzzo.
I suoi amori?
Il primo è stato per mia moglie Marina. L’ho conosciuta alla Giovane Italia di Roma. Siamo stati 15 anni fidanzati.
Eravamo rimasti ad Ortona.
Mi diplomai. Cercai un lavoro. Un giorno mi chiamarono in Comune e mi dissero che mia madre sarebbe stata assunta dall’ospedale di Ortona se i missini avessero votato il bilancio. Li aggredii fisicamente, andai al porto, scaricai uva per due mesi. Detti metà dei soldi a mia madre e tornai a Roma. L’attivismo missino costava.
Che cosa costava?
Ostilità, emarginazione, galera. Ho avuto arresti e processi. Oltraggio, resistenza. Due o tre condanne. Una volta perché avevo fatto fuggire Ciccio Franco, quello di Reggio Calabria, boia chi molla.
Rapporti con la sinistra?
Quando ero al Comune partecipavo a tutte le assemblea nei quartieri, combattevo contro i pescecani dell’edilizia. Da solo. C’erano tredici consiglieri comunali di An che non avevano il coraggio di fare nulla. Quando andavo alle assemblee dei comunisti al Prenestino, al Casilino, mi urlavano: «A Buonté, ma che stai a ffà co li fascisti, vieni con noi!!»
Però di risse ne ha fatte tante.
Si, abbastanza.
Anche contro la destra?
Anche contro la destra. Bisognava fermare quelli che volevano fare le vendette. E spesso finiva a botte. Non era una vita facile.
Lei come viveva?
Dormivo nella sede della Giovane Italia, in via Firenze. Una volta fu incendiata e dovemmo scappare con la scala dei pompieri, io De Baggi, e Evelino Loi. Lo ricorda Evelino Loi?
Vagamente.
Lo chiamavamo "Stasera mi butto" perché ogni tanto saliva sul Colosseo e minacciava di buttarsi. Ho dormito anche alla Stazione Termini, come un barbone. E per tre anni nella mia 500 a Valle Giulia. Mi guadagnavo da vivere ricavando l’argento dalle radiografie. Sul greto dell’Aniene le bruciavamo e facevamo dei lingotti che vendevamo al mercato clandestino.
Lei che cosa faceva nel ’68?
Il ’68. All’inizio non c’era grande tensione fra destra e sinistra. All’università, di notte, si giocava a pallone insieme. Ricordo anche Valle Giulia. Destra e sinistra quel giorno erano insieme. La rivolta generazionale si sposava benissimo con le nostre idee.
Chi c’era di voi a Valle Giulia?
Adriano Tilgher, di Avanguardia Nazionale, Marco Pirina, capo degli universitari. Gran parte dei dirigenti della Giovane Italia. Il regime fece poi di tutto per spaccare il movimento studentesco. E in questo si inserì anche un’azione inquietante del Msi quando i suoi dirigenti, capeggiati da Caradonna, vollero entrare nell’università e andarono all’assalto della facoltà di Lettere. Quell’azione della destra contribuì ad allargare il fossato fra noi e la sinistra. E’ uno dei misteri degli anni Settanta. Quando ci fu lo scontro, molti di noi giovani ci sedemmo provocatoriamente sui gradini del rettorato a guardare.
Oggi la periferia romana è diventata di destra. E’ merito suo?
Anche. Ho capeggiato la rivolta degli sfasciacarrozze, quella dei tassisti, ho cercato di aiutare gli zingari, gli extracomunitari, ho fatto battaglie contro le barriere architettoniche, per i semafori acustici, per l’assegno per le madri sotto un certo reddito. I proletari capivano chi stava dalla loro parte.
Perché non l’hanno mai candidato come sindaco?
Vorrei capirlo anche io. Le ultime due elezioni avrei vinto tranquillamente. Io passo dalla borgata al salotto del Principe. Vengo invitato in tutti i ricevimenti che contano a Roma. Dalla famiglia Chigi e da tutta la nobiltà romana. Adesso ci vanno anche i miei amici ministri e sottosegretari. Ma hanno il complesso dell’amico povero. Sono appagati dal solo fatto di esserci.
In An diffidano di lei.
Pensano che io rovini l’immagine di una destra perbenista. An ha il complesso della legittimazione. Io sono soddisfatto. Appartengo all’ufficio di presidenza della Camera, ho un ottimo stipendio…
Ma…
Mi manca la politica. Io non ho fatto tutto questo per diventare deputato.
Lei ha avuto molto dalla vita.
Certo. Potevo finire in galera, fare il ladro o il disperato, sono sopravvissuto alla vita della Stazione Termini. Qualche giorno fa ho incontrato un vecchio amico della Stazione. Mi ha detto una frase agghiacciante. «Mi si sono fatto e io mi sono fatto gli altri. Fino a nove anni pensavo che quella fosse la vita normale. Sono contento che tu abbia fatto carriera».»
E comunque state al governo…
Stare al governo non significa rinunciare agli obbiettivi che si avevano quando stavamo all’opposizione. Oggi il problema è come coniugare il progresso con i diritti inalienabili dei lavoratori.
Perché allora sta con Berlusconi?
Questo suo liberismo sfrenato mi pare una invenzione giornalistica. Tremonti, Giovanardi invece ogni tanto vanno oltre. Vietare le manifestazioni? Dar via libera ai licenziamenti? Non potrei mai stare con chi fa cose del genere.
Lei ha fatto anche il giornalista al Secolo.
Sono stato assunto, licenziato, e poi riassunto.
Andava in redazione in mutande.
Faceva un caldo tremendo. Io mi toglievo il vestito, lo appendevo a una stampella, e quando finiva il lavoro me lo rimettevo bello e asciutto.
Lei è un irregolare.
Mi hanno anche espulso dal Msi. Avevo contestato una nostra manifestazione a Pescara. Ci furono degli incidenti. Occupai delle federazioni.
Come è rientrato?
Sotto falso nome. Mi feci assumere con 50 mila lire di rimborso spese.
E il falso nome?
Adornato.
Adornato?
Domenico Adornato.
A Fiuggi lei ha contestato la frase di Fini sul «il valore dell’antifascismo».
Nel ’94 siamo andati al governo con 5 ministri e 15 sottosegretari. Ed eravamo Msi. Non An. Che bisogno c’era di rinnegare tutta la nostra storia?
Forse Fini aveva bisogno di legittimare se stesso.
Può essere. Io non ce l’ho con lui. Ha avuto coraggio e ha preso i suoi rischi.
Con chi ce l’ha allora?
Con la classe dirigente, con i Servello, i Valenzise, i La Russa. Con i segretari provinciali, i dirigenti giovanili. Molti di questa classe dirigente prendevano i voti facendo il saluto romano e andando a Predappio. Tutti preoccupati di andare al governo non si sono accorti nemmeno del movimento antiglobal. Come facciamo a stare fuori da un movimento contro il consumismo, che vuole evitare che il mondo sia nelle mani di otto multinazionali?
Genova non l’aveva capito nessuno.
Ma noi, con Alemanno e il Fronte della Gioventù avevamo già contestato il McDonald di piazza di Spagna.
Parliamo di voltagabbana?
La sinistra è voltagabbana. Piaccia o non piaccia, ha rappresentato il sogno di riscatto di milioni di uomini che sognavano una società più equilibrata e giusta. Una volta al potere, come prima cosa, ha introdotto il lavoro a tempo. Si é messa in ginocchio davanti al grande capitale. Ha introdotto la rottamazione. E’ passata al campo opposto. D’Alema si è fatto cullare dalla grande imprenditoria. Vuole un altro voltagabbana?
Certo che lo voglio.
Ce lo avevo al consiglio comunale, Enrico Montesano. Per lui la destra rappresentava tutto il peggio che può esprimere una società.
Adesso vota per il Polo.
Ha cambiato idea. Ma non poteva promuovere un dibattito di dissenso per ricercare la sinistra che lui ha in mente? E’ troppo facile passare dall’altra parte.
Altri voltagabbana?
I democristiani passati a sinistra. Sull’anticomunismo la Dc ha vissuto cinquant’anni …
A lei hanno offerto di fare il ministro?
No. In questa fase la mia presenza al governo avrebbe richiamato più attenzione del dovuto. E in negativo.
Lei porta ancora l’orologio con la faccia del duce?
Ce l’ho a casa. E sono stato a Predappio giorni fa.
Dopo Fiuggi ci andò polemicamente. E fece arrabbiare Alessandra Mussolini.
Alla quale risposi che aveva scoperto di avere un nonno a 28 anni quando la sua carriera di attrice era fallita.
Quando ha fatto l’ultima volta il saluto romano?
Lo faccio ancora quando muore un nostro militante.
Ci sono molte immagini di Teodoro Buontempo che ordina il saluto romano.
Ma accanto c’è buona parte della classe dirigente attuale di An.
Che invece si è imborghesita…
Peggio. Si è convinta che per esistere bisogna diventare uguali agli altri. Ha il terrore di tornare all’emarginazione.
Ha qualche problema ad essere alleato con i leghisti?
Sfido chiunque a trovare, nel Msi, posizioni contro gli extracomunitari. Al convegno internazionale sull’immigrazione Rauti fece un discorso di altissimo livello politico. Chi fece discorsi di estrema destra, in quella occasione, fu Giorgio La Malfa. Io sono contro il reato di immigrazione clandestina.
Se le chiedessero: «Vuoi fare il sindaco di Roma o il ministro degli affari sociali?» che cosa risponderebbe?
Il sindaco. Di questa città conosco sofferenze invisibili.
Come sono i rapporti con Fini?
Alti e bassi.
Adesso alti o bassi?
Ci vediamo, ci parliamo. Ma non abbiamo nulla da comunicarci. Si cazzeggia.
Quali sono i giornalisti che le danno fastidio?
Giancarlo Perna. E’ un killer.
Fa satira.
No, non fa satira. A lui la mattina viene data una foto e un nome. «Vai e uccidi».
E chi le piace?
Massimo Gramellini della Stampa. Intelligente, vaporoso. E’ cattivo, ma non crudele.
Parliamo un po’ dei suoi colleghi.
Alemanno è stato un militante politico. Ma con troppa facilità si lascia assorbire dai giochi che trova. Gasparri è un grande lavoratore, un ragazzo intelligente e lavora venti ore al giorno. Ma ha un caratteraccio, parla troppo, ha reazioni viscerali. Fini è il futuro ma deve avere coraggio. Rischia l’omologazione. E a quel punto un partito vale l’altro.
Buttiglione?
Compie un errore dopo l’altro e dice delle cavolate incredibili. Ha distrutto tre partiti. Ma come scrittore è eccezionale.
Casini?
E’ un ragazzo che si diverte con molta lealtà.
Chi invidia alla sinistra?
Cacciari. Una risorsa che la sinistra non sa utilizzare. Potrebbe venire con noi.
Abbiamo finito. Mi dica la verità. Le dà veramente fastidio che la chiamino «Er pecora»?
Mi dica lei una cosa. Che cosa debbo fare per entrare nel club del cachemire?
onore al camerata buontempo
oggi sono sicuro che sarebbe sulla barricata con Italia Sovrana e Popolare.
quando ho cominciato a muovere i primi passi nel MSI a Roma, i primi anni ’90, lui era un deus ex machina, poi davvero lo hanno tradito.
e ci manca tanto