- 18 Luglio 2003
Faceva il medico e il dentista in provincia di Brescia. Poi ha scoperto Bossi. Oggi fa il bulldozer per conto della Lega. Ne ha per tutti: Casini, Follini, Giovanardi, Pisanu, La Russa, Volonté, Borghezio, Bondi. Capogruppo leghista alla Camera, Alessandro Cé incarna il politico verace che parla come mangia, combatte il politichese della Prima Repubblica criticando anche quelli della sua parte. «Io devo rendere conto solo ai miei elettori», dice.
Onorevole Cé, voi leghisti siete come Ghino di Tacco. Pochi voti, grande potere.
«Noi non siamo politici professionisti, noi diciamo sempre quello che pensiamo. Non abbiamo paura di perdere il seggio come tanti nostri alleati. La differenza sostanziale tra noi e An e l’Udc è che noi siamo un po’ matti. Ha presente l’Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam?».
Sarete matti ma anche voi avete un leader carismatico e tanti cortigiani.
«L’adulazione è molto diffusa in politica. Il conformismo è la strada più breve per fare carriera. Ma spesso succede che chi viene adulato disprezza gli adulatori e alla fine li elimina».
È troppo ottimista.
«Devo constatare effettivamente che persone senza grosse capacità riescono ad arrivare anche ad alto livello».
Sta pensando a qualcuno?
«Preferisco non fare nomi. Sono già amato così poco».
Alleati o avversari?
«Anche alleati».
Cominciamo da Volonté, capogruppo dell’Udc. Volonté disse che lei gli faceva venire il latte alle ginocchia.
«Mi costringe a dire una cattiveria».
Sono qui per questo.
«Non credo che Volonté possa assurgere al ruolo di mio nemico. Preferisco nemici veri, quelli che mi aggrediscono con veemenza ma fanno politica in maniera sincera. Non sopporto gli ipocriti, gli arrivisti».
Lei gli rispose chiamandolo irresponsabile.
«Infatti. Sia lui che Follini ricorrono spesso a frasi infantili. Passi per Volonté, ma Follini dovrebbe volare un po? più alto».
Con il capogruppo di An, Ignazio La Russa, va meglio?
«Non stravedo nemmeno per lui».
È un simpaticone.
«Simpaticone ma invadente. Uomo da gossip. Grande visibilità, mondanità, ma carente in politica».
Diamo qualche bastonata anche a Vito, capogruppo di Forza Italia?
«All’inizio c’è stato un periodo di attrito. Tendeva a privilegiare la rapidità a scapito della qualità dei provvedimenti. Adesso andiamo d’accordo».
Vito fa parte della triade dell?adulazione, con Schifani e Bondi.
«Vito è un ottimo esecutore di una strategia ben stabilita dal Cavaliere. Ma non rientra nella categoria degli adulatori. Gli altri due sono più che altro dei portavoce che utilizzano toni addomesticati ed eteroguidati. Schifani è quello specializzato nell’esegesi del pensiero di Berlusconi. Bondi è la voce ecclesiastica di Berlusconi».
Hanno detto: «Berlusconi è un grande statista». Lei ha mai detto: «Bossi è un grande statista?».
«Ho molta stima di Bossi. Ma non occorre dirlo pubblicamente».
Voi leghisti adulate Bossi?
«Nella Lega c’è grande considerazione per Bossi. E alcuni scadono nell’adulazione. Ma Bossi non li ama».
L’episodio Berlusconi-Schulz che cosa le fa pensare?
«Berlusconi ha perso il controllo. Un politico deve stare con i piedi piantatissimi per terra. La sua è stata la reazione del manager di una multinazionale».
Lei ha espresso subito la sua solidarietà.
«Quella di Schulz è stata un’aggressione inaudita e preordinata di una persona che non usa le mezze parole».
Dovrebbe piacere a un leghista che odia l’ipocrisia.
«È vero. Ma non si può trasformare un Parlamento in un’ennesima aula di tribunale».
Dica la verità. Vi siete offesi perché ha parlato male di Bossi.
«Ci siamo abituati. In Europa veniamo spesso descritti come xenofobi».
Perché offendervi se venite paragonati all’austriaco Haider? A Bossi piace.
«Non è vero. Noi siamo federalisti, Haider è un nazionalista».
Come Gianfranco Fini, vostro alleato al governo.
«Fini ha firmato un programma che ci dovrebbe portare al federalismo. Fini ha bevuto l’acqua di Fiuggi».
Ne ha bevuta abbastanza?
«Dovrebbe berne ancora un po’. Ogni tanto ha qualche rigurgito di centralismo-assistenzialismo».
Siete alleati anche con i «democristianoni» dell’Udc.
«È il sistema bipolare. Siamo andati dalla parte del male minore».
L’Udc è megafono delle élite finanziarie. L’ha detto lei.
«Quando affrontiamo le grandi questioni economiche l’Udc finisce sempre per sostenere gli interessi dei grossi gruppi finanziari».
Della gaffe del sottoseghretario leghista Stefano Stefani che mi dice?
«A lui va la mia solidarietà».
Lei dà la solidarietà al sottosegretario al turismo che insulta i turisti tedeschi?
«Ha solo peccato di irruenza dicendo parole irrispettose».
Un politico dovrebbe avere i piedi piantatissimi per terra.
«Ha risposto a un attacco politico. E comunque le reaziaoni sono state esagerate. Non sarà un piccolo episodio come questo a incrinare l?amicizia inossidabile fra due popoli».
Vi crea imbarazzo approvare leggi che favoriscono Berlusconi?
«È stato fatto un grosso errore rimandando alcune riforme fondamentali che si sarebbero dovute fare subito. Le leggi come la Cirami, condivisibili nella sostanza, sono apparse interessate. Sono stati sbagliati i tempi».
Chi le piace di più a sinistra?
«All’interno dei Ds c’è chi sta cercando una via nuova. Ma sono minoritari e non hanno il coraggio di fare lo strappo con i massimalisti».
Chi per esempio?
«Pierluigi Bersani. È fra quelli che potrebbero rappresentare il futuro di un partito di centro-sinistra realmente alternativo, non trasformista come quelli della Margherita che potrebbero stare un giorno con loro e un giorno con il Polo».
Anche i vostri democristiani sono trasformisti.
«È vero. Una parte dei democristiani nostri potrebbe stare con loro. Follini, Casini, Buttiglione».
Quello più a sinistra di tutti?
«Pisanu. Era il braccio destro di Zaccagnini».
Giovanardi l’ha definita «un caso umano».
«Giovanardi dell’Udc è il meno peggio. È un buon uomo. I miei, in risposta, hanno detto che lui è un caso disumano».
La Lega ha fatto il ribaltone. Siete il partito voltagabbana. Insieme a Mastella.
«Mastella rappresenta il partito del soccorso. Noi, al contrario, non abbiamo mai tradito nessuno. Abbiamo solo il difetto-pregio di alzare la voce quando qualcuno vuole tradire il popolo».
Ma ricattate continuamente gli alleati.
«Noi non ricattiamo nessuno. Il nostro punto di forza è essere determinanti. Siamo un partito che vale molto di più del 4 per cento».
Quanto vale la Lega?
«Almeno il doppio. Se ci dovessimo presentare domani da soli sfioreremmo il 10 per cento. Una parte del consenso di Berlusconi rifluirebbe nella Lega: molti votano Berlusconi perché non apprezzano i nostri toni rudi».
Hanno ragione.
«A noi non manca la cultura. Abbiamo il maggior numero di laureati in termini percentuali».
E perché siete così rozzi?
«Abbiamo solo scelto di usare un linguaggio più diretto e di abbandonare il politichese. A volte si trascende. Emotività».
Avete parlamentari sinceramente imbarazzanti.
«Non sono d’accordo con alcuni loro atteggiamenti. Si può essere popolari e determinati senza debordare».
Il cappio di Leoni, la volgarità di Boso, la violenza verbale di Borghezio?
«Borghezio è uomo di notevole intelligenza. Ma a volte esagera. Rischia l’effetto boomerang».
Boso voleva prendere le impronte dei piedi degli extracomunitari.
«Boso si fa prendere la mano da atteggiamenti che portano a grande visibilità. Ma crea messaggi negativi».
L’esempio viene dal capo. Le pallottole ai giudici, le cannonate ai profughi, le volgarità alla Boniver?
«Umberto Bossi usa metafore immaginifiche per ottenere un risultato che a volte presta il fianco a interpretazioni alterate da parte di alcuni giornalisti».
Qual è la interpretazione non alterata dello sparare cannonate ai profughi?
«Lui non ha detto così. Tanto è vero che La Stampa ha riportato una cosa e il Corriere un’altra. L’immagine forte alcune volte è necessaria. Voleva dire che bisognava far sentire alta la nostra voce».
E non poteva dirlo così?
«Far nascere un nuovo partito in un periodo di palude democristiana è stata un’impresa ardua. Eravamo ignorati da tutti. Era indispensabile introdurre una terminologia nuova e provocatoria».
Ma il limite qual è? Bisogna per forza trovare un uso alternativo del tricolore per propagandare il federalismo?
«Se una bandiera vuole conservare dei significati bisogna che dietro ci sia la sostanza, non la corruzione, il centralismo, l’assistenzialismo. Altrimenti viene svilita la bandiera e nascono nuove bandiere».
Vogliamo dire qualcosa dei capigruppo della sinistra?
«Violante? È il nemico numero uno, ma quando attacca dice quello che pensa. Non come Castagnetti che non eccelle né in simpatia né in trasparenza. I suoi attacchi sono sempre strumentali».
E l’Udeur?
«L’Udeur è un?entità astratta che tende a rimpinguarsi ogni volta che c’è nell’aria un cambio di maggioranza. È una specie di stanza di compensazione che ha come punto di riferimento l’interesse».
Mi racconta la sua vita in breve?
«Sono di Brescia, nato a Castrezzato, vissuto a Montichiari, oggi a Gussago, tutti paesi vicini a Brescia. Mio padre ha sempre fatto il panettiere».
Ricordi.
«Giocavo in una squadra, la Viando Plenari. Sostituii Damiani all’ala destra quando andò all?Inter. Infanzia gioiosa, ottimi risultati a scuola. Alle superiori divenni un po’ lazzarone. Facevo parte di un gruppo che se la spassava, insieme a Enrico Boni, figlio del mitico sindaco di Brescia. All’università scelsi medicina».
C’era poco da spassarsela con medicina.
«Ho dovuto impegnarmi. E lavoricchiavo. Barman in discoteca. Poi aiutavo mio padre nel forno. Il sabato da mezzanotte alle tredici».
Quando ha scoperto la politica?
«Tardi, quando mi sono reso conto del livello di corruzione del sistema. Negli ospedali ci voleva la tessera di partito per frequentare i reparti».
Per chi votava?
«Il mio voto era un po? volubile. Purtroppo ho anche pensato che Craxi potesse portare beneficio al nostro Paese».
Che cosa c’entrava il federalismo con Craxi?
«C’entrava poco. Il mio era un voto immaturo. Ma Craxi ispirava fiducia. E purtroppo l’ha tradita».
E la Lega?
«La Lega mi è sembrata da subito un messaggio straripante».
La Lega non è voltagabbana. Chi sono allora i voltagabbana?
«I trasformisti per interesse. Quelli che non credono a nulla e seguono la convenienza».
Un voltagabbana con nome e cognome?
«Furio Colombo. Come fa un salottiero con la erre arrotata un tempo sponsorizzato dalla Fiat a dirigere l’Unità?».
Un voltagabbana l’avete avuto in casa.
«Chi?».
Incredibile che abbiate dimenticato.
«Ho capito, Irene Pivetti. Aveva ricevuto tantissimo dalla Lega e ha buttato tutto alle ortiche».
Altri voltagabbana leghisti?
«Formentini. Si è fatto eleggere al Parlamento europeo con la Lega e il giorno dopo se n’è andato».
Voglio da lei una dimostrazione di autonomia intellettuale. Critichi Bossi.
«Nessun problema. Si fida troppo del suo intuito nell’organizzare il partito. Non dà fiducia a persone che potrebbero risolvergli molti problemi. È stato tradito troppe volte».
Questa è una critica?
«Una critica benevola, ma è una critica».
Un’altra, allora.
«Sottovaluta l?importanza della psicologia nei rapporti umani. Quando ruppe con Forza Italia, a Berlusconi fu facile convincere molti leghisti a passare con lui. Eravamo 120 alla Camera. Ne perdemmo la metà».
Già meglio. Altre critiche?
«No. Credo che Bossi sia il miglior talento politico che abbiamo oggi nel nostro Paese».
Bossi è meglio di Berlusconi?
«In che senso?».
Non tergiversi.
«Politicamente sì. È chiaro che non ha?».
Non ha 20 mila miliardi?
«Nella cura dellìimmagine Berlusconi vale molto di più. Ma come talento politico Bossi può insegnare molto a Berlusconi».
Gioco della Torre. Fini o Follini?
«Come pericolosità bisognerebbe buttare giù Fini. Però Follini è meno trasparente di Fini. Buttiamo Follini».
Mimun o Mentana?
«Salvo Mimun. Mentana mi sembra faccia un gioco sporco. Prende i soldi da Berlusconi, lavora contro di lui e non dà spazi alla Lega in tv».
Vespa o Costanzo?
«Butto Costanzo. Senza esitare».
Non ha paura?
«Noi non abbiamo paura di niente. Costanzo rappresenta la voce di un potere molto forte. Non so se sia ancora massone ma la logica che sta dietro alla sua visione del mondo è il contrario della mia».
Lei ce l’ha con i massoni. Lo sa, vero, che Berlusconi aveva la tessera 1816 della P2?
«Ci sono quelli che si iscrivono alle logge semplicemente per conoscere persone importanti al fine di aiutarsi reciprocamente ma nei limiti del lecito».
Berlusconi era fra questi?
«Credo di sì. Penso che non avesse fini illeciti. Ma è un’opinione personale».
Comunque lei ha salvato Vespa.
«Come obbiettivo principale Vespa ha l’apparire, l’essere importante, però professionalmente è molto bravo».
Lei è mai stato da Vespa?
«Quattro volte».
E da Costanzo?
«Mai».
Ecco la ragione della sua ostilità.
«Ma no. Io non ci andrei mai. Le trasmissioni di Costanzo sono più insidiose di quelle di Santoro. Santoro era un evidente fazioso. Costanzo si ammanta di obbiettività».
Cofferati o D’Alema?
«D’Alema vale dieci Cofferati. Però ha avuto la grossa opportunità di cambiare la sinistra e non l’ha sfruttata. Mancanza di coraggio. Butto giù D’Alema. Cofferati tanto non andrà da nessuna parte».
Bertinotti o Cossutta?
«Butto Cossutta. È l’effigie stessa delle vergogne del comunismo».
Casini o Buttiglione?
«Casini ha più doti, più sostegno, più talento. È il più pericoloso. Butto lui».
Buttiglione non fa paura?
«Ci vogliono mille Buttiglione per fare un Casini».
Mastella o Cossiga?
«Butto Cossiga. Mastella serve vivo. Ne abbiamo bisogno come esempio negativo.
‘Non fare come Mastella!’. ‘Sei peggio di Mastella!’».
Intanto ha salvato Cossiga.
«È un pezzo di Prima Repubblica traghettato nella seconda. Un riciclo. Intelligenza inaudita. Però è un ciclotimico. Un giorno dice una cosa e il giorno dopo il contrario. E tutti a giustificarlo solo perché ha gli argomenti».
Ha gli argomenti?
«Ne ha tanti. Tutti chiusi in cassaforte».
Un consiglio da medico a Cossiga?
«Parlare a giorni alterni. Conquisterebbe automaticamente la coerenza».
Ma se salta un giorno?
«La ricetta dice: mai saltare un giorno».
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