- 17 Aprile 2003
Filippo Facci è un giornalista un po’ anarchico, molto litigioso, pronto ad accapigliarsi con tutti, anche con i suoi amici e con i suoi direttori. La gente lo considera di destra, lui si considera fuori del coro. E’ stato molto vicino a Craxi, al Craxi perdente, morente. Oggi è un dipendente Mediaset e un collaboratore del Giornale. Ma quando vuole scrivere delle cose un po’ diverse, chiede ospitalità al Foglio. Una volta mi azzardai a scrivere delle cose su Craxi. Non l’avessi mai fatto. Scrisse sei articoli consecutivi contro di me.
Perché sei così reattivo se ti toccano Bettino?
"Per molte ragioni, la prima è che l’ho conosciuto".
Tutto qui?
"No. Ero molto amico di Craxi. Avevo con lui un rapporto di amicizia assoluta. Scarso tempismo: era il più grande appestato del dopoguerra".
Craxi andò ad Hammamet.
"E ci andai anche io, spesso. E poi mi telefonava"
Spesso?
"Io vivevo come uno spiantato, al Giambellino. Me la cavavo scaricando cassette di frutta. Ogni tanto squillava il telefono: "Ciao Filippo, sono Bettino". Il più grande uomo che abbia mai conosciuto telefonava proprio a me".
Che cosa voleva?
"Informazioni, capire che cosa succedeva in Italia. Cercava un appiglio. Anche se aveva Luca Josi".
Luca Josi gli è sempre stato vicino.
"Luca è un ragazzo eccezionale. Era un fedelissimo di Bettino. Ma poi ha dimostrato di che cosa era capace con la sua casa di produzione televisiva, la Einstein. Tra l’altro in forte concorrenza con quella di Stefania Craxi. Psicologicamente interessante. Luca era un tipo di figlio che Bettino avrebbe voluto avere".
Mi vengono in mente quelli che negano di essere mai stati craxiani.
"La storia dei voltafaccia dei craxiani è clamorosa. Luca Josi ed io vogliamo scrivere un libro sugli ultimi dieci anni di Craxi, scrivere tutto, chi c’era, chi non c’era".
Numero uno dei voltafaccia craxiani?
"Claudio Martelli può metterla come vuole, ma chi ha memoria di ciò che è successo, sa".
La politica è fatta di tradimenti.
"Il suo non fu un tradimento politico. Martelli non disse a Craxi: "Io succedo a te perché sei vecchio". Gli disse: "Io succedo a te perché sei un ladro". Martelli diede a Craxi un dolore che non si rimarginò mai. I soldi arrivavano anche a lui. Soldi che gli consentivano di mantenere un tenore di vita mostruoso, offensivo, che schifava lo stesso Craxi. Bisognerebbe fare le visite guidate per vedere la villa sull’Appia Antica dove abitava Martelli a spese del partito. Peggio di Martelli fu solo Carlo Ripa di Meana, un caso da psicoanalisi. Era una creatura di Craxi, fatto, dipinto, costruito. E poi la moglie! Sistemare la moglie! Far fare la fiction alla moglie. Rompere le scatole a Berlusconi perché la moglie.. Ho molte lettere ricevute da Craxi che ricostruiscono dieci anni di vera piaggeria".
Quali sono gli adulatori che lo hanno mollato?
"Si fa prima a dire chi non l’ha mollato. Io e Luca Josi non l’abbiamo mollato. Riccardo Pugnalin, che adesso è l’amministratore delegato del Domenicale non l’ha mollato".
Tu eri craxiano?
"Ero craxiano ad personam. Sono nato anarchico e anticlericale, a 15 anni ero attivista radicale. Scrivevo sull’Unità, su Repubblica, pagine milanesi. Poca roba. Vivevo di espedienti. Rubavo. Mai mangiato così bene come in quel periodo. Perché se rubi, rubi il caviale mica la carne in scatola".
Poi hai cominciato all’Avanti?
"Molti amici dicevano: ma che ci fai all’Avanti? Proprio tu che hai sempre tuonato contro i socialisti".
Ma eri di sinistra o cosa?
"Ero di sinistra in quella convinzione un po’ cretina che può avere un ragazzo che crede che a destra ci sono i fascisti, i beceri, gli orologi d’oro, i lions club e i ricchi brianzoli. Non è che fossi scemo, però quasi".
Che scuole avevi fatto?
"Un anno di classico ma mi avevano cacciato via. Facevo le rivolte, mettevo i manifesti radicali. Io sono cresciuto praticamente da solo. Mia madre era morta, mio padre e mia sorella erano spesso altrove. Poi avevo fatto cinque anni in uno e preso la maturità odontotecnica. Era un diploma che permetteva di andare all’università. Scienze politiche".
Misteri della scuola italiana.
"Feci quindici esami e poi lasciai. Volevo lavorare. Studiavo anche musica, ma smisi".
Che tipo eri?
"Hippy, capelli lunghi, occhiali tenuti su con il nastro adesivo giallo, uno sfigato. Le ragazze mi ignoravano. Un giorno mi tagliai i capelli a spazzola, mi abbronzai, buttai gli occhiali, mi vestii da fighetto, cominciai a fumare. Fu uno choc. Le donne finalmente mi scoprirono".
Dopo l’Avanti, anche il Foglio.
"Davo una mano nella campagna contro Di Pietro. Poi cominciai a scrivere di musica classica. Litigai con Beppe Benvenuto, uno geloso del mio rapporto con Ferrara. Poi litigai anche con Giuliano e mi tolsi dalle scatole".
Perché litigavi con Giuliano?
"Lo stuzzicavo su una certa piega che il Foglio stava prendendo, un giornalismo di cattiva qualità di cui era campione Giampiero Mughini, quel giornalismo in cui si mischia tutto, una sorta di delirio, di autoreferenzialità in cui i giornalisti intervistano giornalisti?"
Come stiamo facendo in questo momento?
"E’ vero. Ma Mughini intervistava proprio se stesso. Mischiando la Juventus all’ultimo stilista giapponese, il fatto che Sofri sapeva, alla serata da Maurizio Costanzo con gesticolazioni da checca isterica".
Mughini è la tua bestia nera.
"No. È solo un esempio. È uno che s’è sbattuto tutta la vita ed è diventato famoso come battutista di destra e commentatore sportivo".
Scrivevi tutto ciò?
"Intervenni in un dibattito sul giornalismo autoreferenziale. Mughini rispose definendomi una cacca".
Alla fine il Foglio ti piace o no?
"Mi piace. Ma i suoi giornalisti si dividono in due categorie. Quelli che scrivono quando hanno qualcosa da dire e quelli che scrivono quando non hanno qualcosa da dire. Sul Foglio prolifera la seconda categoria. Adriano Sofri è il caposcuola di coloro che ritengono che la propria attività intellettuale si dispieghi attraverso l’esplorazione di tutti gli anfratti possibili di una vicenda, senza tuttavia che da essi si tragga una strada definitiva, una scelta, una decisione chiara. E anche quando questa scelta chiara c’è, arriva alla fine così sfibrata che nessuno se la ricorda. Passare per travagliati è un obbligo".
Tu hai detto: sono per il centro-destra ma non posso sopportare certa gente?
"L’ha detta anche Maria Laura Rodotà una cosa del genere: il cretinismo bipolare ti obbliga a compromessi assurdi per cui se prendi Nanni Moretti devi beccarti anche Gino Strada. Io se voglio Berlusconi mi devo beccare anche Gasparri, uno che ha detto che Di Pietro è meglio di Mussolini".
Parliamo di piaggeria?
"L’adulazione è un lubrificante sociale, c’è sempre stata e sempre ci sarà. Tutti siamo bravissimi, tutti bellissimi, tutti geniali. Il sincero non fa strada nella vita. La sincerità è una follia".
L’hai presa alla larga.
"Vabbé. Gli adulatori non mi piacciono".
E tu?
"Io sono stato sempre accusato di eccesso di sincerità. Di una sincerità a volte inutile. Sono poco strategico. Quindi inaffidabile".
Hai attaccato perfino Maurizio Costanzo.
"Lo ritengo una jattura culturale. Un banalizzatore. È più che un voltagabbana. È il difensore delle cause vinte".
A me pare coerente. Non vedo grandi svolte nella sua vita.
Prima ha santificato Francesco De Lorenzo e poi ha fatto programmi giustizialisti con Michele Santoro. Ha detto che se lo cacciano vuol dire che in Italia c’è regime. L’unico regime per ora è il suo, 21 anni, uno in più del ventennio fascista". Però io mi fermo qui, io lavoro a Mediaset, non voglio farmi licenziare".
Che cosa fai a Mediaset?
"Lavoro con Piero Vigorelli, e faccio interviste a politici che vanno in onda su tutte e tre le reti".
Dovevi collaborare anche a una trasmissione della Rai, con Alda D’Eusanio.
"Ma poi, per via di alcune intercettazioni telefoniche, venne fuori il mio rapporto personale con Craxi. E saltò il contratto".
Erano quelle intercettazioni in cui Alda D’Eusanio baciava l’ernia di Bettino e gli diceva che sarebbe stata la sua voce?
"Sì, ma lei il programma l’ha fatto. Sono saltato io, l’anello debole".
Questo tuo carattere ti isola?
"Una volta dissi a un’amica giornalista: "Ho letto il tuo articolo, l’ho trovato disgustoso". Non mi ha più rivolto la parola!"
Non c’è bisogno di essere sgradevoli.
"Non sono un insensibile. Non dico alla sposa che fa schifo, al bambino che è un mostro. Però i miei amici debbono accettare le critiche".
Hai pagato per questo?
"Una volta ho partecipato a un pranzo a casa di Berlusconi"
Buone frequentazioni?
"Spaghetti al pomodoro. C’erano Cesare Previti, Gianni Baget Bozzo, un grappolo di avvocati. Berlusconi su una questione di giustizia chiese il nostro parere. Io dissi la mia: era un’opinione critica e quindi utile. Poi parlarono gli altri. E lì decisi che non avevo capito un cazzo della vita. Baget Bozzo non lo capii proprio, Previti parlò esclusivamente dei suoi processi, tutti gli altri cercarono solo di accontentare Berlusconi. Io non ho alcun diritto di dire che Berlusconi ne fosse contento. Ma il solo fuori posto ero io".
Lasciami indovinare: non ti hanno chiamato più.
"Mai più".
Hai nostalgia di Mani Pulite?
"Per me è stato come il ’68. Direttore dell’Avanti era Roberto Villetti. Aveva uno stipendio superiore a quello del direttore del New York Times, spropositato per passare delle veline. Io mi divertivo come un matto. Tutti gli altri erano intruppati. Io ero visto come un appestato".
Chi ti piaceva di meno?
"Andrea Pamparana, del Tg5. Adesso sdottoreggia e fa il revisionista ma allora era funzionale al pool dei magistrati. Un bel voltagabbana. Però lui non lo sa. Non è consapevole di essere stato un servo indiretto dei giudici".
I voltagabbana non ti piacciono.
"Dipende. Prendi Mastella: il suo concetto di politica è gestire il potere e in base a questo si muove. Va bene. Prendi Adornato: vai a controllare che cosa diceva nel ’93 su Berlusconi e confrontalo con quello che scrive oggi sul Giornale. Adornato è comico quando si ostina a voler cercare di spiegare il suo percorso di coerenza".
Anche il tuo amico Ferrara una volta veniva definito voltagabbana.
"Ferrara è sempre del proprio partito. Nel ’91 sosteneva la guerra contro Saddam e oggi sostiene la guerra contro Saddam".
Coerente.
"Ma nel ’91 la sosteneva parlando delle responsabilità dell’Occidente. Oggi parla delle ragioni dell’Occidente".
Altri voltagabbana?
"Carlo Rossella. Però è abilissimo a non fare vedere la sua gabbana, quindi quando la volta nessuno se ne accorge. Una volta, quando dirigeva La Stampa, era giustizialista. Era la Gazzetta della Procura. Ma Rossella non è un vero voltagabbana. E’ un galleggiatore professionista. E’ simpatico, è uomo di mondo, se vai a mangiare con lui ti parla di Miami".
Altro voltagabbana ancora?
"Uno che mi crea più problemi è Vittorio Feltri. Però io sono amico del figlio, quindi non mi va di parlarne. Feltri non cambia idea perché non ha idee. Mi dà più fastidio lui che la Lega. I leghisti mi fanno orrore ma li sento veri".
Tu politicamente che cosa sei?
"Sono berlusconiano. Anche se al Giornale mi considerano la sinistra. Ma che vuol dire? La sinistra del Giornale è ancora destra".
E allora?
"Per certe cose sono vicino a Rifondazione. Sono anti-americano. Non mi è simpatica Israele".
Hai detto: scrivo in maniera snob, sprezzante ed elitaria.
"L’ha scritto Giancarlo Perna. Si riferiva alla mia rubrica di musica classica. A un certo punto, finita la guerra civile, ho deciso: basta articoli su Mani Pulite, basta querele. Ho cominciato a scrivere di musica classica. Niente: era ancora più pericoloso. Scrissi qualcosa di brutto su Muti e scoppiò il finimondo. La rottura di una diga".
La diga dell’adulazione?
"Qualcosa di più. Berlusconi è un potente, ma è abituato alle critiche. Muti no. Telefonate al Giornale, pressioni di ogni tipo. Da non credere.
Perché questa tensione nel giornalismo musicale?
"In Italia si può parlar male dei politici, ma in altre categorie ci sono degli intoccabili. Parla male di Armani e poi vediamo".
Che cosa hai contro Muti?
"Traveste da scelte culturali alcuni trucchi che usa per coprire le proprie smagliature artistiche."
Gioco della torre. Cofferati o D’Alema?
"Butto Cofferati. E’ un vetero-comunista che viene da quel mondo corporativo che si è arrogato un potere politico non giustificato da niente".
Schifani o Bondi?
"Butto Schifani. Bondi ama veramente Berlusconi".
Schifani no?
"Schifani trasmette un’arroganza gretta che proprio dà fastidio".
Vincino o Forattini?
"Butto Forattini. Vincino è il miglior disegnatore di satira di destra".
E Forattini?
"Forattini fa schifo. Io voglio sapere il nome e il cognome di uno a cui piacciono le vignette di Forattini. Voglio vederlo. Voglio fargli l’esame: spiegami questa battuta. Perché ti sembra bella? Che cosa vuol dire?".
Previti o Dell’Utri?
"Butto Previti".
Ce l’hai ancora con lui per quella storia dell’intervista da te fatta e mai pubblicata sul Giornale?
"Voleva fare le domande oltre che le risposte. Si presentò con dei fogli scritti. Le domande interessanti le eludeva tutte. Alla fine telefonò a Berlusconi per bloccare l’intervista".
E ci riuscì?
"Il direttore aveva già deciso di toglierla".
Però poi tu hai raccontato la storia sul Foglio.
"Previti mi aveva fatto uno sgarro e io sono un vendicativo, tutto qua".
Che giudizio dai alla fine di Previti?
"Non do nessun giudizio altrimenti querela. Dico solo che si merita la fama che ha".
Arroganza?
"Dopo anni di strapotere dei giudici, adesso c’è lo strapotere degli avvocati in Parlamento. Ma io non mi sono fatto il culo in tante battaglie garantiste per poi, alla fine, fare il leccapiedi di Previti".
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