- 4 Aprile 2002
La miccia l’ha accesa Maria Grazia Bruzzone, giornalista de La Stampa nel libro L’avventurosa storia del Tg in Italia, scrivendo che Antonio Ghirelli era stato fatto direttore del Tg2 su segnalazione di Serenella, la segretaria di Craxi. Ghirelli, accusato di essere innamorato anche fisicamente del leader socialista, ha risposto piccato, con una lettera al Foglio, parlando di spazzatura. A questo punto è intervenuto Don Pancrazio, probabile pseudonimo di Sandro Curzi, su Liberazione. Poche righe, molto carine, che ricordavano per quanto, sostanzialmente, Ghirelli fosse stato un cortigiano di Craxi. Cortigiano: pane per i nostri denti. Piaggeria? Adulazione? Ghirelli leccapiedi del cinghialone? Eccoci qua, davanti al mitico ottantenne che fu direttore di Tuttosport, del Corriere dello sport, del Mondo, del Globo, del Tg2, dell’Avanti!, portavoce di Craxi e di Pertini. «Intanto devo dire che Bettino non era il mio tipo. Non ho niente contro i gay. Ma il mio ideale resta mia moglie e, in subordine, Marilyn Monroe».
Non prenderla alla larga. Era una metafora. «Io ero direttore di un giornale quando Craxi portava i calzoni corti». E questo che vuol dire? «Vuol dire che la mia carriera non si discute. Quando Craxi mi ha fatto direttore del Tg2, sono stato io che ho fatto un piacere a lui, non viceversa».
Parliamo di Craxi.
«Grandissima generosità e umanità. Molto umorale. Divideva il mondo in amici e nemici. Ma se eri suo amico era straordinario».
Parole da innamorato.
«Era molto brusco. Si faceva molti nemici inutilmente. Aveva un cattivo carattere. Ma Pertini diceva: “Chi ha carattere ha sempre un cattivo carattere”».
Nemmeno Pertini aveva un buon carattere.
«Pertini? Ho tentato tre volte di persuaderlo a fare senatore a vita un compagno: prima Lombardi, e lui mi disse: “Semel abbas semper abbas”, perché era stato da ragazzo nell’Azione Cattolica. Poi Francesco De Martino e lui mi rispose: “Mentre io ero in carcere lui giurava fedeltà al duce”. Infine Nenni e lui disse: “Con quella bocca a culo di gallina mi ha tenuto quattordici anni fuori dalla direzione”».
Vendicativo.
«I socialisti hanno fatto guerre terribili fra loro. Il paradosso di Craxi è che era veramente socialista. Aveva un grande senso di solidarietà».
Si concretizzava in cosa?
«Un gran parte dei soldi che gli vengono attribuiti come personale accaparramento la spese per aiutare i compagni socialisti».
Mi sembra azzardato.
«I socialisti greci e portoghesi avevano un particolare debito con lui. E anche gli argentini. Uno di loro una volta mi disse: “Sono dieci anni che Craxi ci finanzia”».
Robin Hood: rubava ai cittadini italiani per dare ai socialisti argentini.
«Mi sembra odioso quell’accenno a Robin Hood».
Litigavi con Craxi?
«Mai!!! Lui mi diceva: “Sei un vecchio revisionista”. Sapeva bene che io ero rimasto un po’ amendoliano, molto legato a Napolitano, a Geremicca, a Valenzi».
Eri portavoce di Craxi quando fosti chiamato a dirigere il Tg2. La ritieni un’operazione corretta?
«No, ma era una soluzione transitoria».
Come se D’Alema avesse fatto Velardi direttore del Tg1.
«Certo. Comunque l’hanno fatto direttore del Bingo, che è più utile. E quando mi mandarono via dalla Rai, non mi dettero nemmeno una rubrica. Ad altri furono firmati contratti da 800 milioni. Né Craxi fece nulla».
Come nulla? Ti dette l’Avanti! «Al Tg2 sì che mi sono divertito, sono riuscito a farlo molto più craxiano dell’Avanti!», hai detto una volta.
«Ho detto questa frase? Non ricordo».
L’hai detta.
«E allora ho detto una castroneria. Forse volevo dire che era più importante per i socialisti controllare il Tg2 che l’Avanti!».
Sì, sì. Diamola per buona.
«Questa è una cosa che non ho mai raccontato. Direttore dell’Unità era Gerardo Chiaromonte. Io ero molto amico suo. Insieme abbiamo fatto di tutto per fare incontrare Berlinguer e Craxi».
E ci siete riusciti?
«No. Tra Craxi e Berlinguer c’era antipatia fisica, ripugnanza reciproca. Ma quando Berlinguer morì, glielo dissi io a Bettino, e Bettino pianse. Bisogna conoscere i politici. Non sono tutti cattivi e pigri come si dice».
Sergio Romano mi ha detto che i potenti hanno bisogno di adulatori perché nel momento della decisione sono soli.
«Non Bettino! Non Bettino!».
Come era Craxi?
«Era timidissimo. Era troppo alto e da ragazzo aveva avuto molti rifiuti dalle ragazze».
Timidezza e…
«Solitudine. Non ci rinunciava. Quando tu gli facevi qualche lieve critica, lui ti guardava attraverso, come non esistessi. Non ti dava nemmeno la soddisfazione di una frase tipo: “Non dire puttanate”».
Sono personaggi del genere che attirano gli adulatori.
«Ma quei famosi nani e ballerine non li gradiva».
Nemmeno le ballerine?
«Le donne gli piacevano, i nani pochissimo».
Prima di essere socialista, tu sei stato comunista. Oppure anche tu dici che non sei mai stato comunista?
«Io sono stato comunista dal ’42 al ’56. La gente come Veltroni che nega di essere stata comunista non sa che cosa è stato il Pci, una grande fucina politica, una grande scuola di cultura civile».
Una notevole scuola di giornalismo.
«È incredibile come l’ortodossia dell’Unità abbia partorito eccellenti giornalisti. Coppola, Corsini, Buffa, Miriam Mafai, Pirani, Cascella, Pintor, la Rossanda, Parlato. E Veltroni. Walter Veltroni, come direttore dell’Unità, è stato molto bravo. Caprarica, il quale era modesto all’Unità sta facendo uno splendido lavoro come corrispondente da Londra per la Rai. È diventato tollerante».
Tu sei ancora di sinistra?
«Sono socialista».
Molti socialisti sono finiti con Berlusconi.
«Io sono disgustato da questo tentativo di criminalizzare Berlusconi. Ma non sarò mai del partito dei miliardari. Mi fa impressione vedere Sacconi sottosegretario con Berlusconi. Non so come faccia un socialista a stare in Forza Italia. Ma non so nemmeno come faccia a stare con i Ds».
Quindi Intini sottosegretario coi Ds…
«Mi fa impressione anche lui».
E Martelli che sta un po’ di qua e un po’ di là?
«Martelli? Colto intelligente senza carattere».
Che cosa ricordi della tua gioventù?
«La miseria. Mio padre e mia madre che si divisero. L’intelligenza di mia madre. La scuola della strada napoletana. Napoli non era così terribilmente nevrotica come oggi».
C’era il fascismo.
«Io stavo nel Guf, una delle invenzioni più geniali di Mussolini. Prendere i ragazzi proprio nell’età in cui si esplode, tra i 18 e i 25 anni, e fargli fare cultura, arte, politica, sport. Idea geniale e controproducente».
Perché controproducente?
«Perché ha prodotto nemici ed eretici».
Per esempio?
«Ingrao, La Capria, Patroni Griffi, Compagnone, Ugo Indrio, Zangrandi, Diego Fabbri, Alicata, De Sanctis, Gianni Puccini».
È stato facile diventare giornalista?
«Ho cominciato scrivendo di cinema. Modestamente sono un buon critico cinematografico».
E poi?
«Durante la guerra finii in una banda partigiana. Cominciai a lavorare per Radio Napoli dove conobbi mia moglie che cantava e recitava. Poi risalii l’Italia con quello che rimaneva dell’Eiar, la Rai di allora. A Bologna assunsi Enzo Biagi. A Milano fui assunto dall’Unità. Poi Milano Sera, Repubblica d’Italia, Gazzetta dello sport, Giornale d’Italia, Paese sera. Rimasi lì fino al ’56. All’invasione dell’Ungheria me ne andai dal giornale e dal Pci».
Chi consideri tuo maestro?
«Gaetano Afeltra. Era come imparare giornalismo da Totò ed Eduardo. Ti spiegava talmente bene come dovevi fare i pezzi che era come se te li dettasse. Una volta mi svegliò alle due di notte e mi disse: “È morto Coppi”. E cominciò a dettarmi il mio pezzo. Un pezzo bellissimo. La mattina dopo ricevetti i complimenti di tutti».
Quanti posti hai cambiato?
«Diciassette. Non c’è imbarco che abbia rifiutato. Mi ha cacciato solo Pertini. Ma io gli volevo bene. Forse è vero che sono stato un cortigiano, ma non di Craxi, di Pertini. Un vecchio eroe, un coraggio strepitoso. Aveva dato il primo incarico a un laico, Spadolini, e il primo incarico a un socialista, Craxi. E Dio solo sa se lui teneva sulle palle Craxi! Lo detestava!».
Perché lo detestava?
«L’anticomunismo di Craxi gli era insopportabile. Non dimenticare che Sandro è andato a prendere il cadavere di Berlinguer a Padova e l’ha portato a Roma in aereo. E ci ha fatto perdere 300 mila voti».
Gli piacevano i grandi gesti, era narciso.
«Una volta Saragat mi disse: “Sandro è un eroe, soprattutto se c’è la televisione”. Tu non lo scrivere questo. Mi daresti un dispiacere. Che fosse vanitoso è fuori dubbio».
Chi erano gli adulatori di Pertini?
«Forse Maccanico».
Pertini telefonava continuamente ai direttori dei giornali per lamentarsi dei loro giornalisti.
«La democrazia delle idee non è sempre la democrazia del comportamento. A me dava del lei. Per tenermi un po’ distante. Una sera a cena, qui a casa mia, io e mia moglie rivolgevamo la parola a sua moglie e lui, appena lei apriva bocca, diceva: “Stai zitta tu, Carla!”. Lei, per sfotterlo, lo chiamava Primo cittadino».
Non sopportava di essere ignorato né di essere criticato.
«L’unico che poteva influenzarlo era Eugenio Scalfari. Per Eugenio aveva una venerazione e da lui si faceva guidare. Si telefonavano in continuazione. Tutta la deriva filo-comunista e moralistica di Sandro era alimentata da Scalfari».
Qual è la più grossa arrabbiatura che ricordi?
«La prima volta che dette l’incarico a Craxi. Bettino si presentò al Quirinale in jeans. Sandro si incazzò moltissimo e lo rimandò a casa a cambiarsi».
Che cos’è secondo te l’adulazione?
«Io sono napoletano e l’adulazione del napoletano è l’adulazione di Pulcinella. C’è sempre un fondo di sfottò. Non è compiacenza ma uno strumento di sopravvivenza. Abbiamo avuto tredici invasioni straniere!».
Nel giornalismo c’è adulazione?
«Il direttore è il padrone dopo Dio. L’adulazione è una difesa contro il suo potere schiacciante».
Celli, quando era a capo della Rai, mi disse che è legittima difesa.
«Infatti adesso si accorgono di essere tutti di An!».
Dicono che i giornalisti Rai hanno l’abitudine di adulare chiunque, purché potente.
«Lo dicono di Vespa, per esempio. Io non sono d’accordo. Semmai è un po’ monotono. Ma corretto. Non l’ho mai visto censurare. Censura di più Santoro».
Io parlavo di adulazione.
«Un democristiano è così! È soft, è soave».
Dimmi un adulatore.
«Furio Colombo. Avevo conosciuto un Furio Colombo diverso. Non perché fosse un funzionario di Agnelli, questo non significa niente. Quello che fa impressione è il cambiamento di stile. Che fine ha fatto la sua grande signorilità?».
È diventato villano?
«È diventato estremista. Vuole conquistare popolarità in quell’area in cui Agnelli non è popolare per niente. Mi stupisce anche il passaggio di Renzo Foa a Forza Italia».
Berlusconi è un attiratore di piaggeria?
«Io l’ho incontrato una volta e fu molto divertente. Mi disse: “Ghirelli, lei mi piace. Vuole fare il presentatore?”».
Tu sei un adulatore?
«Soffro molto di antipatie e simpatie».
Chi è l’antipatico per eccellenza?
«Era Gianni Brera. Grande giornalista e scrittore. Con due difetti insopportabili. Primo, era razzista».
Secondo?
«Mangiava e beveva troppo».
Molti giornalisti lo fanno.
«Esagerava. Beveva qualsiasi cosa, birra con vino, vino con cognac, cognac con grappa. E poi parlava, parlava e se non lo stavi a sentire, se non lo adulavi…».
Gli eri antipatico perché non lo adulavi?
«Sì. Non ero alla sua corte eno-gastronomica».
Oggi ci sono giornalisti che non sopporti?
«Non mi piacciono quelli perentori come Vittorio Feltri».
E i politici che ti sono antipatici?
«Umberto Bossi e Rosy Bindi. Bossi è pericoloso. Ha un grande talento politico e nessuna cultura politica. Rosy Bindi è intollerante e fondamentalista. Mi è molto simpatico Bertinotti per quella sua aria dandy che bilancia l’eccesso delle opinioni».
Antonio Pennacchi mi ha detto che non si può essere a capo dei lavoratori con la erre moscia.
«Battuta da avanspettacolo».
Quale Tg guardi?
«Sono un grande ammiratore di Albino Longhi e di Mentana».
E il trionfatore Mimun?
«Ha trovato una formula geniale: rappresenta Berlusconi ma in modo garbato e intelligente».
Tu sei quello che ha inventato la Gruber.
«Me la segnalò un suo amico, capo della segreteria di redazione. Lei lavorava a Bolzano. Erano i tempi di Mimmo Liguoro e Giancarlo Santalmassi. Vidi delle cassette e rimasi fulminato. Cazzo. Fatela partire subito. Poi ho preso anche Carmen Lasorella, meno brava, ma bellissima. E poi anche la moglie di un nostro compagno che lavorava a Trento, Maria Concetta Mattei. Mi avevano colpito i suoi occhi chiarissimi».
La lottizzazione era forte?
«Chiamavo qualcuno e gli dicevo: “Guarda che fai degli errori di sintassi”. E lui telefonava a Martelli e diceva: “Ha detto Ghirelli che sei uno stronzo e non conti niente”. Un’azienda sovietica. C’era un redattore, Enrico Messina, che riferiva a Biagio Agnes tutto quello che dicevo. Sono stato molto severo come direttore. Facevo il mattinale, crudele pratica, elencando gli errori miei e quelli della redazione».
Risultato?
«Mi detestavano».
Lo scontro con chi era?
«Con i socialisti non craxiani e i comunisti. Un grande rompipalle era Mario Pastore».
Bettino Craxi chi ti ha fatto assumere?
«Solo Onofrio Pirrotta».
Quali quotidiani leggi?
«Non leggo Repubblica».
Perché?
«In memoria di Bettino. Intollerabile. Perfida. Faziosa. Meglio l’Unità. Eppure alla Repubblica ho tre amici carissimi, Mario Pirani, Myriam Mafai, Gianni Mura».
Non resta che fare la nazionale dei giornalisti.
«Bordin, direttore di Radio radicale, Ostellino, Severgnini, Pirani, Mafai, Ferrara, Battista, Gambescia, Mentana, Longhi e, non ridere, Scaccia. Sai chi è Scaccia?».
Come no? Pino Scaccianoce.
«Lo mandano dovunque, a Velletri come a Timor Est. Un grande cronista».
Scatta l’ora legale: panico fra i socialisti. Che cosa pensasti leggendo il titolo di Cuore?
«Battuta di pessimo gusto, come dicono le vittime della satira. In realtà era molto divertente. Io sono uno dei pochi socialisti che non ha mai ricevuto un avviso di garanzia. Ma anche pochi bonifici».
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