- 8 Aprile 2004
Dalla periferia degradata di Milano al seggio in Parlamento, passando per l’oratorio, Comunione e Liberazione, il consiglio comunale di Milano e Forza Italia. Maurizio Lupi oggi ha 44 anni. Negli archivi dei quotidiani non ci sono molti ritagli su di lui. Eppure è uno dei «giovani» più indaffarati del centro-destra. «Noi di Comunione e Liberazione non siamo alla ricerca spasmodica di visibilità», spiega. «Io poi non ho mai frequentato i palazzi del potere romani. Sono nato a Baggio, mio padre e mia madre sono operai immigrati. Vivo e sono radicato a Milano».
Ha fatto il consigliere ai tempi del sindaco Formentini.
«I tempi della grande vittoria di Bossi, 36 consiglieri comunali su 60, monocolore della Lega. Noi Dc all’opposizione».
Per chi aveva votato al ballottaggio?
«Tra Nando Dalla Chiesa e Formentini non potevo che votare per Formentini».
E poi gli ha fatto opposizione?
«È il maggioritario. Si vota il meno peggio e poi si fa opposizione».
Poi nel ’97 vinse Albertini.
«Io venni rieletto e diventai assessore all’urbanistica. Dopo quell’esperienza esaltante molti della nostra squadra, Sergio Scalpelli, Luigi Casero, Paolo Del Debbio, Stefano Parisi, fecero la scelta di venire a Roma».
E lei si presentò nel collegio di Merate. Perché, visto che era di Baggio?
«Baggio era un collegio perdente, da sempre in mano al centro-sinistra, ma lì mi conoscevano e lì avrei preferito candidarmi».
E allora? Che c’entra Merate?
«Venni paracadutato a Merate, dove non mi conosceva nessuno, perché a Baggio doveva presentarsi il mio amico Ciccio Colucci».
L’ex socialista.
«Anche lui di Baggio».
A Merate lei vinse.
«Alle elezioni precedenti, senza la Lega, avevamo perso. Ma con la Lega vincemmo. In realtà, in ogni collegio il candidato era Berlusconi. Questa è la deformazione del nuovo sistema elettorale. Il confronto è sempre tra due candidati. I candidati locali non contavano. Contavano Berlusconi e Rutelli».
Il collegio di Merate è diverso rispetto a Baggio?
«Basta pensare che molti dei paesi del meratese hanno meno abitanti del mio condominio di Baggio».
Ricordi di gioventù?
«L’oratorio e il Capannone. Nel quartiere degli Olmi, uno dei primi quartieri periferici della città di Milano, all’inizio non c’era niente. Non c’era il cinema, non c’erano autobus, locali, bar, discoteche. Solo il campo di calcio, l’oratorio e una vecchia chiesa sconsacrata occupata dai ragazzi dell’estrema sinistra. Si chiamava “il Capannone”. La scelta era obbligata. O l’oratorio o il Capannone».
Lei?
«Oratorio. Ma il periodo della contestazione giovanile è stata una esperienza affascinante per tutti. Tutti volevamo possedere la realtà, tutti volevamo cambiare la nostra vita. Era una domanda comune tanto più amplificata in un quartiere di periferia dove non hai molte alternative».
Perché non il Capannone?
«Sono scelte che si fanno per caso. Nella mia scuola arrivò un giovane prete, don Mario Peretti, che affascinò molti di noi. Se invece di lui avessi incontrato un ragazzo affascinante di sinistra sarei finito al Capannone. Casualità».
Poteva finire nell’Azione Cattolica e invece è finito in Comunione e Liberazione.
«Del Cristianesimo non mi è mai interessato l’aspetto associativo o moralistico. Mi ha sempre colpito la forza di un avvenimento, di un incontro che ti cambia la vita».
All’università e nelle scuole voi di Cl pigliavate anche le botte.
«Tante. Ma dall’inagibilità politica iniziale passammo al trionfo nel 1976».
Anche lei ha rischiato le botte?
«Hazet 36 Cl dove sei. Hazet 36 era la grande chiave inglese simbolo dei servizi d’ordine e degli scontri violenti. Ma a Baggio era diverso. Nelle liste di sinistra c’erano molti miei amici cattolici, quelli di don Gino Rigoldi per esempio».
Le canzoni, i miti?
«Cantavamo Guccini, Bennato, Rocchi. Tanto per parlarci chiaro: non Baglioni, non la maglietta fina».
Il mito?
«Gianni Rivera. Scavalcavamo i cancelli di San Siro per andare a vederlo giocare».
Cl è interista o milanista?
«Don Giussani è interista, Formigoni milanista, i miei amici Simone e Intiglietta sono interisti, io milanista. Siamo divisi a metà e ci facciamo delle belle litigate».
Qual è la squadra che non sopporta?
«La Juventus. Sarebbe insopportabile il terzo scudetto consecutivo della Juventus. Se non dovesse vincere il Milan farei il tifo per la Roma».
Politicamente la sua famiglia?
«Tradizioni socialiste. Mio papà fu aiutato dal sindaco Aniasi a trovare una casa popolare. Adesso vota per Forza Italia».
Parliamo dei voltagabbana?
«Si deve distinguere tra l’opportunista e colui che si confronta con la realtà. Io rispetto coloro che vivono un travaglio che li porta a cambiare».
Giorgio La Malfa è un voltagabbana o un travagliato?
«Non è un caso di opportunismo. Come non lo è quello di Adornato. Bisogna usare il giudizio, non il pregiudizio. Hanno trovato in Forza Italia quello che ho trovato io».
Che cosa avete trovato?
«La sintesi. Per la prima volta esiste un partito che non è il partito dei laici, o quello dei cattolici, o quello dei socialisti, ma mette insieme valori comuni di diverse culture».
Chi è voltagabbana?
«Lamberto Dini. Nella stessa legislatura ha partecipato a governi di opposta ispirazione».
Non c’era travaglio.
«Non c’era travaglio. C’era l’opportunismo legato alla propria carriera personale. Come per Scognamiglio».
E Bertucci che è passato da Forza Italia a Mastella e subito dopo da Mastella a Forza Italia?
«Maurizio Bertucci è una persona che vive molto il travaglio personale».
Due travagli in pochissimi mesi.
«Io sono cattolico e non posso non credere alla possibilità del pentimento».
Irene Pivetti è una voltagabbana?
«Se non è una voltagabbana è un’opportunista».
Giuliano Ferrara?
«Direi di no».
Ha il travaglio?
«È interessante il rapporto che c’è tra Ferrara e Berlusconi. Giuliano ha il coraggio di dire, quando lo ritiene giusto: “Silvio, hai detto una stronzata”».
Cirino Pomicino?
«Non lo conosco ma ho letto molti dei suoi scritti. È troppo intelligente. Quando uno presume troppo su se stesso a forza di credere di essere il consigliere di tutti diventa quello che non ha più bisogno di consigli».
Insomma: da sinistra a destra hanno il travaglio, da destra a sinistra no?
«Come dice il settimanale Tempi “Non si è mai visto nessuno che è passato da destra a sinistra se non per una poltrona”. Le sembra che la Bindi, Mastella, De Mita siano gente travagliata?».
Parliamo degli adulatori.
«Bisogna stare attenti. Il cortigiano è una figura nobile, l’adulatore no. Poi c’è l’amicizia. Tra me e Formigoni c’è un’amicizia ventennale. Io mi sento di essere definito cortigiano di Formigoni nel senso che sono uno strumento utile al lavoro che lui fa ma non sono un suo servo, nel senso che tutte le volte che devo litigare con Formigoni lo faccio».
È vergine anche lei?
«Ho tre figli e sono sposato da diciotto anni».
Lei è arrivato vergine al matrimonio? Glielo chiedo perché in Italia si dichiarano tutti cattolici ma la morale sessuale della Chiesa non la segue nessuno.
«Io sono arrivato vergine al matrimonio».
Il nome di un cortigiano?
«Gianni Baget Bozzo, una persona acutissima dal punto di vista del pensiero».
Potrebbe descrivere un adulatore?
«Me lo immagino piccolo, un po’ curvo, che non si arrabbia mai».
Lei è un adulatore?
«Direi di no».
Mi dica un difetto di Berlusconi.
«Il berlusconismo».
Ha mai litigato con lui?
«Ogni volta che fa il berlusconista. Ma come si fa a litigare con il presidente della propria squadra?».
Altri adulatori?
«Oscar Luigi Scalfaro. Voltagabbana e adulatore di se stesso».
Cioè?
«Ha iniziato la sua carriera nella quasi missina Dc di Scelba e l’ha conclusa nei girotondi con il Pdci di Cossutta».
Altri?
«Antonio Di Pietro, adulatore della sinistra e voltagabbana di se stesso. D’Alema gli ha regalato il seggio del Mugello e lui va in giro a parlar male di D’Alema».
Non ha citato né Bondi né Fede.
«Bondi non è un opportunista. Lui è affascinato dall’incontro umano che ha avuto con Silvio Berlusconi e ha messo la propria vita al servizio di questo incontro. Fede è uno che dice con chiarezza quello che pensa. Gli opportunisti agiscono di nascosto».
Ma allora non ci sono adulatori in Forza Italia?
«Ce ne sono tanti. Tutti quelli che pensano che stare vicini al leader li illumini. Io non direi mai che Berlusconi è opera dello Spirito Santo».
La storia dello Spirito Santo l’ha tirata fuori Baget Bozzo. È un atto di adulazione?
«È un’esagerazione. Ma a volte le esagerazioni servono per fare capire qualche cosa. I paradossi possono ottenere risultati».
Era paradossale anche la vostra festa per i dieci anni di fondazione di Forza Italia. Una parata di adulatori.
«Forza Italia era accusata di essere un movimento di plastica. Invece sta diventando un movimento di popolo. È giusto quindi che ci si possa dimostrare orgogliosi».
Sei ragazzi che si mettono a leggere le frasi storiche di Berlusconi fanno pensare al ventennio.
«Se avessi deciso io avrei scelto brani di altri che facessero riferimento alle nostre radici culturali e storiche. Ci si può sempre correggere».
Lei che lavoro fa?
«Ho fatto il direttore editoriale del Sabato poi il capo ufficio stampa della Fiera di Milano. Adesso sono amministratore delegato di una società che si occupa di congressi».
Quindi se smette di fare politica…
«In qualsiasi momento debbo poter lasciare la politica senza problemi. Chi dipende dalla politica è un potenziale voltagabbana».
I suoi tre figli sono tutti milanisti?
«Potrebbero non essere di Cl, perché è una libera scelta. Ma una diversa fede calcistica non sarebbe stata consentita in famiglia».
Non vi imbarazza stare in una coalizione con partiti come la Lega? Bossi che se la prende con il Papa…
«Bossi è un grande animale politico. L’uscita sul Papa la metto fra i frizzi e lazzi ai quali non si deve dare peso».
Borghezio è un alleato imbarazzante?
«Come diceva Nicola Boileau: “Uno sciocco trova sempre uno più sciocco che lo ammira”».
Previti è un compagno di strada scomodo?
«Previti è scomodo come tutti quelli che non hanno paura di lottare pubblicamente per la propria innocenza».
Quando ha scoperto Berlusconi?
«Quando diede una grossa mano al Sabato contribuendo economicamente alla sua fondazione. Poi ci siamo frequentati molto ai tempi della prima giunta Albertini».
Vi date del tu o del lei?
«Io gli do del lei. E lui mi da del tu».
Gioco della torre. Taormina o Mancuso?
«Butto Taormina, tante occasioni, pochi gol».
Travaglio o Di Pietro?
«Butto Travaglio. Non ha fatto il poliziotto, non ha studiato alle serali, non si è laureato in tre anni, non ha messo nessuno in galera. A che serve, Travaglio?
Boccassini o Colombo?
«Butto la Boccassini. Non è neanche comunista come Colombo».
Unità o Manifesto?
«Butto l’Unità. Sparito Furio Colombo i proletari sarebbero più liberi».
Costanzo o Vespa?
«Butto Costanzo. Non basta dire “sono stato un cretino a iscrivermi alla P2”. Bisogna anche cambiare».
Rossella o Fede?
«Butto Fede. Fa un tg troppo pluralista».
Mina o Celentano?
«Butto Celentano. Di Dio ce n’è uno solo».
Biscardi o Mosca?
«Mosca è un imperdonabile cacciaballe».
Gruber o Lasorella?
«Lilly Gruber non vuole mai crescere, le è rimasto il complesso del sessantottino antiamericano».
Chi è che non le piace a destra?
«Sicuramente Giorgio La Malfa. Avrebbe bisogno di tornare a scuola. Meglio se in una scuola privata».
Chi le piace a sinistra?
«Gli amici con cui ho dato vita all’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Pierluigi Bersani: siamo come il diavolo e l’acqua santa. Ermete Realacci: un ambientalista che va a braccetto con un “cementificatore” come me. Enrico Letta: per venire con me non ha esitato a mandare al diavolo Rosy Bindi. Aggiungerei anche Nerio Nesi: l’unico idealista della sinistra».
Ricorda il primo giorno in Parlamento?
«Come il primo giorno di scuola. Lo stesso imbarazzo, la corsa per sedere al primo banco, quello che si è comprato il vestito nuovo per non fare brutta figura, le matricole in un angolo e i “nonni” a parlare con i giornalisti. Io ero insieme ai miei amici Antonio Verro e Luigi Casero e ho subito fatto amicizia con Angelino Alfano, Basilio Germanà e Guido Corsetto».
Il più simpatico?
«Antonio Pepe che ha corrotto un cameraman per dimostrare alla mamma che era stato veramente eletto in Parlamento».
La più bella?
«Stefania Prestigiacomo. Ma la più corteggiata è Roberta Pinotti, dei Ds. Bella e impossibile».
Lei ha sempre votato le leggi ad personam di Berlusconi senza problemi morali?
«Immorale è aver considerato Berlusconi come l’origine di tutti i mali».
Non svicoli. Ha votato le sue leggi?
«Le ho votate e le rivoterei. Erano leggi giuste che servivano a tutti gli italiani. Non ci si può rifiutare di votare delle leggi solo perché non fanno un danno a Berlusconi».
Epurazione Rai: Biagi, Travaglio, Luttazzi, Santoro, Massimo Fini, Sabina Guzzanti. Andranno all’inferno loro o chi li ha cacciati?
«Purtroppo rischiano di andarci quelle migliaia di persone che hanno creduto a questi qua».
Quindi la censura che li ha colpiti la trova concorde?
«Non è stata censura. Erano vecchi e, chissà, magari ritorneranno giovani. È stato normale ricambio».
Avete voltagabbana in Cl?
«Se restano di Cl non sono voltagabbana».
E uno che arriva a Cl dal maoismo, come Brandirali?
«Non sta forse scritto che solo gli idioti non cambiano idea? Vogliamo parlare di San Paolo, di Sant’Agostino, di Sant’Ambrogio?».
I preti che le piacciono e quelli che non le piacciono.
«Mi faccia lei i nomi».
Alex Zanottelli.
«È la certificazione Iso 9000 per l’estinzione del povero. In attesa della sua rivoluzione cattomarxista moriranno tutti di fame».
Baget Bozzo.
«Genio e sregolatezza. Mi indigno quando vedo con che inverecondia gli danno addosso».
Maggiolini.
«Uomo di intelligenza e di temperamento. Sa ancora a memoria il catechismo che, per il popolo cattolico, non guasta».
Giordano.
«Mi piace perché è un combattente».
Bertoni.
«Mi piace perché non è clericale».
Ciotti.
«Ha detto benissimo Camillo Langone sul Foglio: dovrebbe cambiare un po’ il vocabolario e mettersi a parlare da cristiano».
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