- 25 Dicembre 1993
Il terzo polo televisivo. Chi lo fa? Telemontecarlo? Agnelli, Caracciolo? Videomusic, Hachette, Bertelsmann?
Da soli o alleandosi fra loro? Gli osservatori più attenti dicono che sarà Telemontecarlo il nucleo attorno al quale si formerà il gruppo che cercherà di spezzare il duopolio Rai-Finivest. Quando, dopo aver chiesto la cassa integrazione, Tmc ha cominciato una notevole campagna acquisti (Curzi, Augias, Fazzuoli), si è andata diffondendo la certezza che qualcosa sta bollendo in pentola. “Sette” è andato a controllare quello che succede con Emanuele Milano, ex direttore generale della Rai, oggi direttore generale di Tmc.
Ci si chiede: dove prendete tutti questi soldi, visto che finora avete pianto miseria?
I soldi ci sono stati messi a disposizione dagli azionisti. Ma se si parlava di disastro…
Tmc è troppo importante, troppo costosa perché possa raggiungere un equilibrio economico. Bisogna dimagrirla, renderla efficiente e snella, risparmiare sui costi fissi per avere maggiori risorse da mettere a disposizione del prodotto. E’ quello che stiamo facendo. Sia che i nostri azionisti vogliano tenere Tmc, sia che la vogliano cedere, è necessario rivitalizzarla, renderla appetibile.
D’accordo, ma la state vendendo o no?
Fino a quando non sarà chiarito il quadro generale sarà difficile trovare dei soggetti che rischino i capitali ingenti che la televisione richiede.
Gira la voce che sia la Fiat…
Un grande gruppo industriale come la Fiat potrebbe avere l’interesse e l’intenzione di entrare in televisione. Però vorrà farlo in questo momento di incertezza o vorrà aspettare prima che le bocce si fermino sul tavolo?
Viene da pensare quindi che voi stiate risanando l’azienda per conto dell’acquirente…
Io posso solo dire che mi meraviglierei se i nostri azionisti che considerano cedibile in tutto o in quota Tmc non fossero a giro a sentire, a cogliere, a parlare. Solo che se lo stanno facendo, come penso, lo stanno facendo a livello loro, a livello molto alto e noi non siamo coinvolti.
Si parla anche di stranieri, Hachette, Bertelsmann…
Le persone alle quali potrebbero rivolgersi non sono mica poi tantissime. Ci sono anche quelli, naturalmente. Ma ci sarà un periodo in cui gli azionisti dovranno far fronte da soli a questa situazione di incertezza.
Questo periodo finirà…
…col superamento della legge Mammi, quando saranno chiare le regole del gioco.
Quindi aspettate che succeda qualcosa…
Non è esatto. Noi speriamo che succeda qualcosa. Ma nel frattempo ci muoviamo come se non dovesse succedere nulla. Noi siamo convinti che il 1994 sia una gran bella annata per noi.
E perché mai?
Perché è un annata di grande sport. E noi siamo apprezzati come Tv sportiva. Poi abbiamo preso molti rinforzi. Poi la Rai è in chiara difficoltà. La Fininvest è anch’essa in affanni finanziari. E poi ci sono le polemiche su Berlsusconi e la politica.
Berlusconi in politica sarebbe una grossa fortuna per voi…
Ho proprio l’impressione di si’.
Perchè lei dice che non c’è un panorama certo? La legge
Mammì, bella o brutta che sia, c’è …
La legge Mammi non è mai entrata in funzione. I piani delle frequenze arriveranno alla fine di ottobre del 1994. Ammesso che arrivino.
E in attesa?
In attesa noi dobbiamo accontentarci della rete che abbiamo, con molti buchi rispetto alla copertura nazionale. Questi buchi ci danneggiano. Da ogni buco passa danaro non utilizzato. Facciamo un esempio. Noi investiamo mille lire su un programma, come fa la Rai o come fa Berlusconi. Tutte le mille lire loro vanno a frutto, raggiungono il telespettatore. Da noi alcune centinaia di lire finiscono nei buchi neri.
Come è la vostra copertura? O, se preferisce, quanto sono grandi e frequenti i vostri buchi?
Ci sono due criteri diversi. Il primo è quello dell’illuminazione teorica. E noi come illuminazione teorica arriviamo anche al 75 per cento del Paese. Ma in molte zone arriva un segnale con una qualità insufficiente. E allora succede che se noi abbiamo l’evento in esclusiva, facciamo l’esempio delle partite della Juventus, allora anche il tifoso che vede cosi’ cosi’ sopporta. Ma se trasmettiamo un film come la concorrenza, la gente sceglie il segnale migliore. Le altre reti hanno un’illuminazione del 92 per cento.
Anche Rete Tre?
Certamente. Il grande sviluppo di Rete Tre si ebbe con la nomina di Guglielmi, certamente, ma anche per l’aumento del budget e l’incremento dell’illuminazione di 17 punti percentuali.
Ma che cosa vieta che voi illuminiate anche i buchi neri?
Proprio la legge Mammì che stabilì che tutti quelli che volevano avere la concessione e l’autorizzazione a trasmettere in Italia dovevano impegnarsi a non occupare nessun altra frequenza. Noi abbiamo rispettato la legge.
Mentre altri..
Pare che non tutti l’abbiano fatto. Ce l’ha detto lo stesso ministro delle Poste Pagani. Noi pensiamo che quando potremo completare la nostra rete, ce ne avvantaggeremo moltissimo. Il nostro share salirà dal 3 al 4,5 per cento.
Voi vi siete candidati come terzo polo. Come pensate che ciò possa realizzarsi?
Ridimensionando gli altri due poli. Non è concepibile che ci siano soggetti con tre reti.
Perché non è concepibile?
Facciamo l’esempio delle tre reti Fininvest. Hanno una tale quantità di spazi pubblicitari a disposizione che sono nella condizione di vendere a prezzi molto convenienti. A tal punto che anche piccole aziende fanno pubblicità sui grandi network. I prezzi sono accessibili a tutti. E poi uccidono la concorrenza anche sul piano dei palinsesti.
Mi faccia capire: non basterebbe che voi faceste dei programmi belli per risolvere il problema?
No, non basterebbe. Se io ho di fronte una sola rete, anche fortissima, ho dei varchi di programmazione, o meglio di controprogrammazione. Se dall’altra parte c’è un gran film, posso fare del varietà. Se c’è lo sport, posso fare un telefilm. Ma se c’è un titolare di tre reti, non ti consente mai di muoverti, non ti dà tregua. Appena tu individui un tuo spazio interessante, lui arriva con una della sue tre reti e lo copre.
Ma questo succede veramente?
Certo che succede. Un anno fa noi abbiamo cominciato a trasmettere un film tutte le sere alle dieci e mezza. Invece di mandarli nel prime time, quando gli altri ce li avrebbero massacrati, scegliemmo la fascia oraria dei talk show, Milano Italia, Costanzo eccetera. Bene, Rete 4 si spostò subito alle dieci e mezza con un magazzino film più forte del nostro. E noi fummo costretti a cambiare.
Per costruire questo terzo polo Guglielmi proponeva che Rai e Berlusconi cedessero una rete ciascuno…
Proponeva anche qualcosa di più : Rai e Berlusconi con una rete ciascuno e altre due reti ai privati…
Berlusconi è privato…
Ops, lapsus. Ormai lo consideriamo un vero e proprio monopolio. Un paio di anni fa si parlava anche di Rai con due reti più una senza pubblicità. Si oppose il Pds che temeva che la rete senza pubblicità sarebbe stata la terza.
Il livello della tv italiana è scaduto?
E’ sempre scoppiettante. Nell’informazione, è addirittura cresciuto. Ma per il resto è veramente andato giù. La caccia al telespettatore ha prodotto la tv urlata.
La telerissa, la tv spazzatura…
Più ancora della rissa mi disgusta lo sfruttamento dei drammi personali.
Le corna, gli abbandoni, i tradimenti…
Non solo, le sofferenze della gente. Una delle trasmissioni più violente che la tv abbia mai fatto è “Un giorno in pretura”. Non quando fanno vedere i processi ai potenti, che possono avere anche un valore di documento. Ma quando fanno vedere il processo alla ragazzina che è stata violentata dal padre. Oppure quei processi alla fine dei quali magari uno si prende due mesi di carcere con la condizionale ma ha ormai subito dieci minuti di tremenda esposizione televisiva.
Ma anche lei non ha poche responsabilità. Funari per esempio…
Con Funari non ho mai avuto rapporti…
Era vicedirettore della Rai…E adesso si dice che lei vorrebbe riportarlo a Tmc…
Funari è molto bravo, secondo me. Noi abbiamo avuto un contatto con lui. Ma non si è concretizzato.
Vede che non si è mai abbastanza contro un certo tipo di televisione…
Il nostro contatto si basava su una specie di scommessa: che lui avrebbe dimostrato di essere capace di fare anche cose diverse da quelle, grevi, volgari, che gli venivano imputate. Lui diceva: voglio far vedere che sono capace di fare cose diverse.
Perché allora non è venuto a Tmc?
Un giorno ha detto in una intervista che, se voleva, poteva comprarci. Una battuta che non ci è piaciuta e abbiamo chiuso le trattative. Il nostro ambiente è piccolo ma frequentato da gente orgogliosa. Non abbiamo gradito.
Voi prendereste Sgarbi?
“Sgarbi Quotidiani” è fuori dalla linea editoriale di Tmc. Una volta però lui mi ha detto: “Quando vengo a Tmc, io sono irriconoscibile, sembro un altro. Io do ad ognuno quello che vuole”. Effettivamente le poche volte che è venuto ospite nelle trasmissioni nostre, è stato uno Sgarbi delizioso. Concede di sé quello che pensa si voglia da lui. Un vero professionista.
Prendereste Ferrara?
Dovrebbe fare, come del resto deve fare Curzi, degli sforzi di adattamento. A Tmc si troverebbe in una situazione per la quale non gli sembrerebbe facile dire, come ha fatto con Giampaolo Pansa: “Ora mi alzo e ti vengo a dare un cazzotto”.
Qual è lo specifico di Tmc?
Il cuore di Tmc è sportivo. Le caratteristiche che vengono attribuite allo sport, l’onestà, la lealtà, l’apertura, l’aria aperta, l’aria sana, la buona salute, queste cose noi cerchiamo di farle irraggiare su tutta la materia che trattiamo. Siamo ariosi, cerchiamo di stare nel vento.
Volevate prendere Celentano…
Abbiamo avuto una serie di incontri con lui recentemente. C’è una certa consonanza tra il mondo di Celentano e quello di Tmc. Chiacchierando era venuta fuori l’idea di fare una specie di tv pirata, “Telentano” (fu uno dei titoli subito scartati) grazie alla quale lui poteva interrompere qualsiasi nostro programma, in qualsiasi momento volesse, per dire la sua.
Non se ne è fatto nulla.
Le cose andavano per le lunghe e inoltre per noi Celentano costava troppo.
Dopo Fazzuoli, Curzi, Augias, avete ancora qualche sorpresa?
Per adesso no, anche se ci servirebbe qualche personaggio più leggero.
La Carrà?
Abbiamo avuto dei contatti. Parecchio tempo fa.
Perché non vi fate misurare dall’Auditel?
A detta dello stesso presidente Malgara l’Auditel non misura con precisione i soggetti più piccoli.
E così come si fa per sapere quanto valete?
Noi rappresentiamo il 45 per cento della voce “altri” dell’Auditel. Cioè il 3 per cento. Con punte molto alte, anche il 20 per cento, per le partite della Juve in Coppa. Con l’America’s Cup toccammo il 16. Il programma non sportivo che ci ha dato più soddisfazione è stato quello di Rispoli, “La più bella sei tu”, 8 per cento.
Qualcuno dice che voi volete fare una rete di sinistra…
Noi siamo la televisione del Principato di Monaco. Che non è un principato di sinistra. Noi vogliamo fare una televisione che sia attenta ai diritti e ai doveri del cittadino. Sta per profilarsi un grande cambiamento politico e noi pensiamo che le riforme elettorali siano tutte spinte nella direzione dell’irrobustimento del potere. Allora credo che sia molto utile e opportuno lavorare perché si rafforzi il potere della controparte che è il cittadino. E’ compito anche della televisione fare in modo che non ci siano parti della società senza voce, senza possibilità di dichiarare la propria presenza e le proprie necessità. Se questo è sinistra non lo so. Dal punto di vista televisivo è “Insieme”, “Il coraggio di vivere”, “Mi manda Lubrano”, “Non solo nero”, “Diogene”. E’ un atteggiamento giusto, sano, attento anche alle minoranze, a chi non ha palcoscenico.
Perché la chiamano Loyola?
L’ha scritto Paolo Martini, ma io ho anche domandato ai miei amici in Rai e mi hanno detto che non è vero. Lui forse attraverso un nome ha trovato la maniera di dire che sono un po’ gesuita. Ma non è vero che mi chiamano Loyola.
Lei fu sul punto di diventare direttore generale della Rai ma rimase vice. Si dice che ciò successe perché lei era vicino all’area democristiana ma non troppo. E’ vero?
Perché Locatelli è più vicino di me all’area democristiana?
Parliamo di altri tempi.
Pasquarelli allora? Era più vicino?
Beh forse lui si.
Comunque io non credo che sia successo per questo. Probabilmente deve avere influito invece il fatto che io in tutte le occasioni dissi sempre a chi si occupava di queste cose che non avevo voglia di fare il direttore generale della Rai.
Perché?
Io sono soprattutto uomo di programmi televisivi. Ne ho una conferma oggi. I consiglieri si debbono occupare dalla mattina alla sera delle diarie, dei conti, delle banche, del credito all’11 piuttosto che al 14 per cento. Sono cose fondamentali per la vita della Rai ma non mi divertirebbero.
Lei lasciò Rai Uno al 31 per cento di share. Oggi è al 21…
Quando io lasciai la Rete Uno Berlusconi stava quasi per scavalcare la Rai. Rai Due aveva il 12 per cento e Rai Tre il 2 per cento. Anche con una rete fortissima non ce la facevamo. Infatti io lasciai la rete anche perché, col direttore generale dell’epoca, decidemmo che bisognava giocare con tre reti se non si voleva perdere. Ci fu quindi la crescita di Rai Due e di Rai Tre. Il calo di Rai Uno non lo voglio attribuire al fatto che andai via io. Non sono così magnifico. Ci furono altre circostanze.
La televisione spazzatura è conseguenza o causa dei gusti volgari di un certo pubblico?
A volte mi hanno rimproverato di voler fare la “televisione educativa”. E’ una accusa insensata. La televisione è sempre educativa. Educa a certe cose o ad altre cose. Educa o diseduca. Bisogna uscire al più presto da queste guerre televisive che danno l’eccitazione di chi si crede al centro di una grande avventura. Non è grande televisione. Sono cose modeste.
Lei che cosa vede in tv? Per piacere, intendo, non per dovere.
Vedo con piacere delle cose solo quando sono molto stanco. Altrimenti guardo tutto con attenzione, come fosse un lavoro. Non riesco mai a godermi veramente dei programmi. In questo periodo mi fermo più facilmente sulle cose della politica, quelle trasmissioni in cui si discute dove sta la sinistra, dove sta la destra, se esiste il centro. Poi, se c’è un bel film…
Una trasmissione su tutte?
“Milano, Italia”. E una trasmissione educativa, quella sì. Prima Lerner, poi Riotta hanno abituato al rispetto delle opinioni degli altri. Non come certe trasmissioni dove il conduttore è chiaramente felice quando succedono intemperanze.
Succede anche da Costanzo…
Credo che aver dovuto interrompere una volta la sua trasmissione sia stato per Costanzo un momento di alta felicità.
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