- 31 Agosto 2003
Il ’68 aveva un inno. Lo aveva scritto uno studente romano, Paolo Pietrangeli. Era una canzone che si chiamava “Contessa”. Gli studenti la cantavano nelle assemble e nei cortei. Paolo Pietrangeli divenne uno dei simboli della contestazione. Oggi ha 54 anni e lavora per Berlusconi. E’ il regista del “Maurizio Costanzo Show”. Ma contrariamente a molti dei cinquantenni che abbiamo intervistato per questa inchiesta sulla generazione che non sa invecchiare, non è pentito e non ha cambiato idea. E non fa nemmeno parte di quell’ “old boys net” di cui ha parlato Alberto Ronchey. Era del Pci allora ed è di Rifondazione Comunista oggi. Con la sua chitarra continua come allora a girare per le feste popolari senza farsi pagare, o quasi. Per quanto riguarda la vecchiaia, non crede sia un suo problema. “Io mi sento meno anni di quelli che ho”, dice. E non se ne compiace. “Faccio ancora un po’ troppo spesso la Vispa Teresa”.
Finalmente uno che ha fatto il ’68 da protagonista.
Da protagonista ma casualmente. Se non fosse per “Contessa” sarei stato un qualunque studente del movimento.
Eri più famoso di Capanna.
Perché giravo continuamente, andavo dovunque. Ero una specie di volante rossa. Il telefono squillava: “Serve una cantata alla fabbrica tal dei tali”. E io partivo.
Avevi 23 anni. Facevi l’università.
Ho fatto quattro anni di legge e tre di filosofia.
In che cosa ti sei laureato?
In niente. Arrivavo fino alla tesi e mi fermavo. Ormai…
Ormai che cosa?
Dovevamo cambiare il mondo. Che senso aveva prendere la laurea?
Poi il mondo non è cambiato.
Non è cambiato tutto quello che si voleva che cambiasse. Ma ci sono state importanti affermazioni di alcuni principi fondamentali, che credo che siano ormai irrinunciabili.
Come nascevi politicamente?
Io ero iscritto al Pci dal ‘64 .
Quindi hai fatto il ’68 da comunista.
Non fu facilissimo. I comunisti all’università non erano sempre ben accetti.
E tu come vivevi la situazione?
Con grande sofferenza. Andavo avanti cercando di vivere le contraddizioni il più possibile. “Contessa” in quegli anni non si poteva cantare a Roma nel Pci. La federazione comunista la considerava l’inno dei rivoluzionari…
Non aveva tutti i torti. Ricordaci il testo.
“Compagni dai campi e dalle officine, prendete la falce, impugnate il martello, scendete giù in piazza, picchiate con quello, scendete giù in piazza affossate il sistema. Voi gente per bene che pace cercate, la pace per fare quello che voi volete, ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra, vogliamo vedervi finir sottoterra. Eccetera eccetera”.
Eccetera eccetera mica tanto. Il Pci era alla ricerca del consenso per governare.
Ma era violenza metaforica. E poi il testo era il dialogo tra un generale e una contessa e la risposta era la più violenta possibile.
I ragazzi del Movimento capivano che era metaforica?
Certo che lo capivano. Non c’era clima di violenza in quegli anni. Qualche anno dopo le cose cambiarono. Io avevo scritto la canzone “Mio caro padrone domani ti sparo”. Era talmente granguignolesca che nessuna persona con un minimo di sale in zucca poteva pensare fosse un invito a sparare. Eppure, durante un concerto, dei compagni mi chiesero: “Come dobbiamo fare?”.
Pier Luigi Battista, intervistato prima di te, sostiene che il ’68, dal punto di vista culturale, non ha prodotto niente. Si ascoltavano Adamo e Dino.
Ma no. Si ascoltava Bob Dylan.
Appunto. In Italia niente.
“Pugni in tasca” era un bel film.
Prima del ’68.
Anche “Contessa” era del ’66. L’avevo scritta durante l’occupazione dell’università di Roma dopo che i fascisti avevano causato la morte di Paolo Rossi.
Anche “Contessa” ha fatto il ’68 prima del ’68!
Quando scoppiò il ’68, “Contessa” era già pronta e conosciuta. Mi ricordo che proprio nel ‘68 io andai ad una manifestazione a Pisa. Improvvisamente tutto il corteo cominciò a cantare “Contessa”. Fu uno dei momenti più belli della mia vita. Mi misi da una parte…
A piangere…
Non mi ricordo se piansi. Ma fui molto contento.
Sei mai stato contestato?
No. E perché mai?
In quanto comunista.
Ma non è che tutti sapessero che ero comunista.
Nascondevi di essere comunista?
Non lo nascondevo. Ma non si andava a chiedere alla gente: “Scusi lei è iscritto al Pci?”.
E poi magari eri protetto da “Contessa”
Da “Contessa” e da altre canzoni.
Chi frequentavi allora?
Quelli del Nuovo Canzoniere. Ivan Della Mea e Giovanna Marini soprattutto. Li frequento tuttora. Giovanna sta ancora a Roma anche se insegna etnomusicologia alla Sorbona. In Francia è famosa come Dario Fo. Ivan fa il direttore dell’Istituto Ernesto De Martino.
“Contessa” quante copie ha venduto?
La prima volta che facemmo il disco, nel 1971, vendette 50 mila copie. Poi non lo so perché non sono io che prendo i soldi della Siae. A quei tempi non ero nemmeno iscritto. So però che è diventata un “evergreen” della Siae.
Che cosa vuol dire?
Alcune delle canzoni più eseguite nel corso del tempo raggiungono lo stato di “evergreen”. Una specie di Olimpo delle canzoni. Ce ne saranno un centinaio in tutto. Come “Volare”.
Continui a cantare “Contessa”?
Non c’è cantata di fine settimana in cui non sia costretto a cantarla. Certe volte non mi va ma non c’è niente da fare.
Dove canti?
L’80 per cento delle volte alle feste di Rifondazione.
Chi ricordi dei compagni di allora che oggi hanno fatto carriera?
Di questi che hanno fatto carriera io non conoscevo nessuno allora. Mi ricordo solo Paolo Liguori che mi stava antipatico perché faceva parte del gruppo degli Uccelli. Andavano in giro a fare la cacca nei salotti dei “compagni borghesi” per punirli. Insomma screditavano il Movimento. Poi ho visto Paolo Liguori in televisione.
E che impressione ti ha fatto?
Mi sono detto: è coerente. Screditava allora, scredita adesso.
Altri?
Paolo Mieli l’ho conosciuto dopo il ’68. Qualcuno mi ha detto che era di Potere Operaio. Io ricordo una lunga passeggiata a Roma. E una piacevole chiacchierata. Adriano Sofri invece lo conoscevo. Venne a un concerto quando era di Potere Operaio di Pisa. Anche con lui passammo una serata piacevole a Siena. Conoscevo anche Ferrara. Stava nella Fgci come me. Ma lui era di destra. E mi considerava un pericoloso rivoluzionario.
Ferrara era di destra anche nella Fgci?
Ferrara, Trombadori padre, Trombadori figlio, Paolo Franchi: erano il gruppo più di destra del Pci romano.
Alberto Ronchey dice che quelli dell’”old boys net” hanno conquistato potere e si proteggono a vicenda.
Il ’68 è stato un movimento di centinaia di migliaia di persone. Se cinquanta hanno fatto carriera, nel gioco dei numeri ci sta. Non esiste una lobby dei vecchi ragazzi. Anzi il contrario. Le divisioni all’interno dei piccoli partiti che si sono formati dopo il ’68 erano forti. E queste divisioni sono rimaste. Ma poi, quale potere hanno? In Italia comandano i “poteri forti”. Mi sai dire in quale gruppuscolo hanno fatto il ’68 Cuccia e Agnelli?
Al momento mi sfugge.
Il potere è in quelle mani là. O in quelle di Berlusconi. Dove ha fatto il’68 Berlusconi?
Molti dei tuoi ex compagni del ’68 hanno fatto un percorso da anguille. Michele Serra ha citato il caso di Giulio Savelli, l’anguilla per eccellenza. Ma sono molti quelli che dal ’68 sono finiti con Craxi e poi con Forza Italia.
Sono i peggiori. Incomprensibili. Certo, bisognerebbe vedere caso per caso. Possono avere avuto una cocente delusione che gli ha fatto cambiare idea. Oppure…
Oppure?
Oppure hanno fatto un conto economico. Dare e avere.
Più comprensibile.
Tutto si può capire. Anche il mostro è comprensibile.
Pier Luigi Battista sostiene che c’è una specie di doppio standard. Nessuno rimprovera a Ingrao di essere andato da destra a sinistra. Mentre chi va da sinistra a destra è un traditore.
Quando era a destra Ingrao? Quando aveva venti anni, nei Guf? Io non ne conosco di persone che siano andate da destra a sinistra. Ma comunque il punto di vista è fondamentale. Tu sei di sinistra? Va bene e allora che cosa vuoi fare? Vuoi redistribuire il reddito? Vuoi che i poveri siano meno poveri e i ricchi meno ricchi? E se adesso mi diventi di destra, che cosa vuol dire? Che hai cambiato idea? Che te ne freghi dei poveri e ti sei innamorato dei ricchi? Uno che va da destra a sinistra non è come uno che va da sinistra a destra.
Si dice che non esiste più la destra e la sinistra…
…non è vero…
…e che la coerenza è la virtù dei cretini. Lo dicono soprattutto quelli che cambiano idea.
Si dice anche che le uniche cose che non si cambiano sono la mamma e la squadra di calcio. La politica non è nell’elenco.
Gli ex, poi, sono terribili.
Come gli ex fumatori.
Come gli ex terroristi.
Se ho sbagliato ho sbagliato. Mi dispiace di aver sbagliato. Ragioniamo. Andiamo avanti. Ma non per questo vado a manifestare in favore di Pinochet.
Però anche tu sei passato da cantante del ’68 a regista di Berlusconi. Difenditi.
Io faccio il regista e credo di avere il record mondiale di progetti approvati e mai realizzati. A un certo punto Costanzo mi ha chiamato perché voleva fare la prima sit-com italiana, “Orazio”. Per Rete 4, che era della Mondadori. Poi Berlusconi comprò Rete 4. Costanzo era il produttore. Facemmo 180 puntate. Nel frattempo Costanzo mi chiese se volevo fare il “Costanzo Show” che diventava quotidiano. Costanzo era sempre il produttore.
Produttore per conto di Berlusconi.
Lì per lì non mi posi il problema perché era Costanzo che me lo chiedeva. Era chiaramente un alibi e durò ben poco. Mi consolavo dicendo che le acciaierie Lenin avevano chiuso da tempo. Dove potevo farlo questo mio lavoro? Meglio fare il regista con gli americani? Mi ricordo che tanti anni prima c’era stata una polemica con Visconti che aveva fatto un film con Rusconi. E io lo avevo attaccato duramente.
Classico esempio di doppiopesismo.
Di incoerenza, lo ammetto. Ogni tanto qualcuno mi contestava quando andavo a cantare. Tu fai bene a cantare queste canzoni, mi dicevano, però poi lavori con Berlusconi. Io dicevo no, io lavoro per Costanzo. Però la differenza era minima perché Costanzo dipendeva da Berlusconi.
E allora? Come la mettiamo?
Non mi sento colpevole. Signor giudice, sono innocente. Anche perché poi ho conosciuto dei giornalisti che lavorano al “Tempo” e al “Giornale” e sono straordinari. Non credo che ci sia identificazione tra chi lavora in un posto e il padrone.
Il regista televisivo non è l’autore della trasmissione. E’ un ruolo tecnico.
Mi posso difendere così, anche se non è del tutto vero.
E’ difficile fare il regista?
Per fare il regista televisivo è sufficiente saper leggere e scrivere. Chi ha letto due libri, o ha scritto due righe, è subito fra i dieci registi più bravi. Tutti gli altri sono degli analfabeti. Io sono stato promosso bravo regista quando si sono accorti che invece di inquadrare chi parlava, inquadravo chi ascoltava. Semplice no?
Quando viene Berlusconi in trasmissione, sei in imbarazzo?
Lo tratto come uno normale.
Nessun favoritismo?
C’è uno staff che cura la sua immagine. Vengono prima e ti chiedono: per piacere, può evitare di inquadrarlo troppo da vicino?
Perché?
Forse perché non è come noi che non abbiamo paura di invecchiare.
E tu?
Io non lo inquadro troppo da vicino. E’ grave?
Politicamente hai mai avuto problemi?
No, ma solo perché non conto niente. Comunque non sono l’unico comunista nella redazione di Costanzo. Siamo il 30 per cento.
Hai tutti amici comunisti?
Uno dei miei amici più grandi è Lamberto Sechi. Tu lo conosci bene. Ti sembra un comunista? Ma non è nemmeno un anticomunista orrendo.
Però Sechi è un feroce antiberlusconiano. Vediamo se riesco a farti licenziare: tu sei antiberlusconiano?
Ma senza alcun dubbio. La discesa in politica di Berlusconi mi ha fatto un grande effetto in senso negativo. Ma ciò che mi ha impressionato di più è stato l’atteggiamento suicida con il quale la sinistra ha reagito. Ambiguità. Vuoto di idee. Errori clamorosi.
E Costanzo?
Costanzo cosa?
Come lo giudichi?
Con affetto. Sono 14 anni che lavoriamo insieme. Ho sempre fatto quello che ho voluto. Poi su alcune cose che fa non mi sono proprio d’accordo.
Parliamone.
Come ha diretto Canale 5. Non mi pare il massimo. Ma non riesco a capire fin dove non vuole o fin dove non può. La televisione che si vede in genere è brutta.
Quale televisione?
Tutta, anche quella di Costanzo.
E il Costanzo politico?
E’ il segno dei tempi. Qualche anno fa sarebbe stato un signore di centro. Adesso è un signore di sinistra. Non perché si è spostato lui. Lui rimane di centro. Ma si è spostato tutto il resto.
Le cose che dicevi nel ’68, l’uguaglianza, la giustizia, adesso le pratichi? Che cosa fai adesso per quegli ideali?
Vado in giro a cantare praticamente gratis. Poi faccio politica. Sono stato eletto nel comitato politico nazionale, quello che nel Pci era il comitato centrale. E’ un organismo pletorico che però in alcune circostanze drammatiche, tipo l’uscita dal governo Prodi, ha avuto il suo peso.
Tu hai votato per uscire dal governo?
Si.
Domanda: era più a sinistra il governo Prodi o il governo D’Alema?
Il governo Prodi. C’eravamo noi.
E non ti senti in colpa?
Se due tirano una corda e la corda si spezza, la colpa è di chi tira la corda o di chi fa resistenza?
E’ più di sinistra Prodi o D’Alema?
Non lo so.
Domanda alternativa: D’Alema è di sinistra?
No. Lui nemmeno si pone il problema.
Perché non fai più una canzone come “Contessa”
Non mi viene più da fare un inno. La musica che faccio adesso non è da cantare. Mi hanno chiesto di fare un inno per Rifondazione.
L’hai fatto?
Si. A detta di tutti è assolutamente incantabile.
Un successo clamoroso per un inno.
A me era piaciuto tanto.
Hai mai avuto problemi con i fascisti?
Si. Feci un documentario che durò tre anni, si chiamava “Bianco e nero”. Mi tagliai la barba e per due anni cominciai a frequentare le sedi del Msi, a filmare, interrogare, scoprire.
Tu andavi in incognito?
Si, e rischiai dibrutto. I fascisti si incazzarono. Una volta due cercarono di bastonarmi.
Ci riuscirono?
Erano piccolini. Uno mi tirò una sprangata: mi colpì sulla spalla e non mi fece nulla. Io mi girai e mi misi a ridere.
Sei un incosciente.
Ridevo dalla paura. Ma loro pensarono di avere di fronte Nembo Kid.
Se è per questo somigli più a Bud Spencer. Scapparono via?
Uno lo acchiappai e lo lanciai verso una vetrina. E poi scappai, perché avevo rotto la vetrina del negozio.
La cosa più sgradevole che ricordi del ‘68?
Fu durante la manifestazione di Valle Giulia. Io scappavo. Ero un pò ridicolo perché mi si ruppero i calzoni e avevo le mutande rosse e quindi si vedeva questo enorme culo rosso con i poliziotti appresso. A un certo punto mi accorsi di due poliziotti che menavano una ragazza. Acchiappai un pezzo di travertino, nemmeno piccolo, e lo detti in testa a uno dei due. Il poliziotto cascò. La ragazza scappò e io con lei. Stetti malissimo per due giorni. Leggevo tutti i quotidiani. L’idea che avrebbe potuto anche essere morto mi faceva stare male moltissimo. E’ la cosa più brutta che io mi ricordi del ‘68.
Poi uscì la famosa poesia di Pasolini in difesa dei poliziotti, i veri proletari.
E mi fece stare ancora peggio. Non ero d’accordo con lui ma alcune cose che diceva erano giuste. Quel poveraccio che colpa aveva?
Scoppiasse un nuovo ’68 da che parte staresti? Mutande rosse di nuovo?
Starei da quella stessa parte. L’ansia di rinnovamento è sempre la stessa.
E se invece Berlusconi ti telefona domani e ti dice che sei il nuovo direttore di Canale 5?
Sarebbe un errore perché io gli farei un casino a Canale 5.
Lascialo decidere a lui.
Allora direi di si. E cercherei di cambiare Canale 5.
Il padrone non condiziona?
Il padrone condiziona moltissimo. Bisogna vedere chi è il più forte.
Antonio Ricci è più forte di Berlusconi? Lo condiziona?
In parte si.
Allora si può entrare.
Si. Se al posto di Ricci ci va un altro, è diverso. Una sua funzionaccia ce l’ha avuta in tutti questi anni. “Striscia la notizia” non mi fa impazzire. Ma di fronte a certi telegiornali …
Dicono che è la foglia di fico di Berlusconi.
Sarà anche la foglia di fico. Ma l’importante è essere la foglia e non il fico.
Vedrai che ci riuscirò, prima o poi, a farti licenziare.
Perchè non provare a riproporre delle interviste simili? Ai tempi le divoravo e le rileggevo.
da quello che vediamo di “rinnovamenti” non ce ne saranno mai (credo).
almeno 50 anni fa avevamo grandi speranze, eravamo giovani……