- 16 Agosto 1999
Silvia Ronchey, la scorsa settimana, ha lanciato un sasso con violenza sulla testa dei cinquantenni. Intervenendo nell’inchiesta avviata con l’intervista a suo padre Alberto, ha parlato di una generazione fregata, la sua, quella dei quarantenni ai quali i cinquantenni sessantottini hanno reso la vita difficile tagliando loro tutti i ponti, occupando tutti i posti, approfittando di una classe dirigente corruttibile e paurosa. Nel mondo dell’informazione e in quello della scuola ha detto Silvia Ronchey, docente di storia bizantina all’università di Siena – la generazione fregata ha dovuto lottare duramente per conquistarsi un suo spazio e quasi sempre ha perso. Lo stesso fenomeno si è verificato in altri ambiti? Per esempio nel mondo dello spettacolo?
Mita Medici, nel 1968, era già un fenomeno. Era la ragazzina del Piper, simbolo di una gioventù libera e sfrenata. Da allora ha recitato, cantato, ballato. In tetaro, in cinema, in televisione. Oggi, cinquantenne, approda per la prima volta nel ruolo della mamma, in “Un posto al sole”. Anche lei ha contrinuito a tagliare l’erba sotto i piedi della generazione fregata?
Non mi pare proprio. Nel cinema sono stati i Mastroianni, i Tognazzi, le Vitti, le Melato ad occupare e a guardarsi bene dal dare spazio ai successori e dal creare un seguito. La generazione dei cinquantenni come me, in teatro e al cinema, manca proprio. I cinquantenni non esistono. Si salta ai quarantenni, Fantastichini, Castellitto, Ghini.
A cinquant’anni pensi di essere vecchia e matura o giovane e incosciente?
Io funziono a fasi alterne. A volte sembro matura. A volte sembro incosciente. Per me è una cosa misteriosa.
Grande è la confusione sotto il cielo. Vediamo di fare chiarezza. Che cosa pensi della tua generazione?
I cinquantenni sono gajardi. Sono curiosi, hanno ancora voglia di guardare, di ascoltare. Sanno stare da soli e vivere nel branco. Hanno amici, sanno che cosa è il mutuo soccorso.
Definiamo la vecchiaia. Rimbambimento o maturazione? Fenomeno positivo o negativo?
Negativo.
I vecchi ti piacciono?
Un bel vecchio mi dà una grande serenità. Quando vedo questi grandi vecchi che mantengono la loro lucidità intellettuale, spero proprio di arrivare come loro.
Chi per esempio?
Montanelli, Camilleri, Scalfari…
Scalfari non sarà contento di essere messo tra i grandi vecchi.
E’ un bel vecchio, anche fisicamente. E’ proprio bello, mi piace.
Pensi mai alla vecchiaia?
L’altra sera stavamo con Renatino…
Renatino?
Renato Zero. Renatino è uno che è cresciuto, non è invecchiato. Parlavamo di questa generazione che ha vissuto un momento storico fortunato e si parlava della vecchiaia come un fatto molto lontano…
Lui ha anche scritto una canzone molto bella, “Vecchio” appunto.
Così si è messo l’anima in pace. E parlavamo del modo di schiattare…
Tu come vorresti schiattare?
Tutto a un botto. Non voglio rincoglionire. Preferisco una morte folgorante, uno scoppio, un’esplosione che espande il mio corpo per tutto l’universo.
Hai mai pensato di suicidarti?
Mai. Anche se ci provassi non ci riuscirei. La maggioranza di me non vuole e si ribellerebbe.
Quando incontro una persona della mia età io penso: ma chi è questo vecchio? E tu che cosa pensi?
La stessa cosa. A volte vedo delle donne della mia età e mi sembrano mia nonna.
Avere figli invecchia. Tu non hai una tua famiglia…
Non mi sono mai sposata perchè non ho mai creduto nel matrimonio. Ma credo molto nell’amore e nel rapporto di coppia.
Nonostante questo né coppia, né matrimoni, né figli.
Ho convissuto. Io sono cresciuta col mito del non matrimonio. I miei si sono separati quando avevo cinque anni.
E tu poverina, a scuola…
Ma per carità! Quando a scuola se ne parlava io ero orgogliosa di essere diversa dalle altre.
Hai cercato il successo? O pensi che avresti potuto diventare più famosa?
Avrei potuto ottenere di più però quando dovevo scegliere tra il lavoro e un’esperienza di vita, un’amore, una curiosità, un viaggio non avevo dubbi e scomparivo. Non c’ero mai quando mi cercavano. Io ho vissuto sempre così, di corsa. Qualche volta troppo avanti, qualche volta troppo indietro. Una farfalla. E senza subire mai il fascino del potere.
Dicono che il potere fa diventare l’uomo più bello e la donna più brutta.
Sono le macchinazioni dell’uomo. Io ho conosciuto tanti uomini di potere e non mi sono mai piaciuti.
Maria Laura Rodotà dice che i cinquantenni hanno ricordi forti mentre i quarantenni no. Tu hai ricordi forti?
Io ricordo questa grande comunione con i ragazzi della mia età. Ricordo il Piper. Era la nostra vita. Io sono cresciuta al Piper. Le mie amicizie, gli amori. Al Piper noi non pagavamo. Era la nostra casa, la nostra scuola.
Perché non pagavate?
Perché eravamo gajardi e quelli gajardi non pagavano. Il Piper era bello, grande. C’era la nostra musica, la musica di quelli che in macchina si sintonizzavano su Radio Lussemburgo. E’ stato un posto incredibile. C’erano Renato Zero, Alberto Dentice, che oggi fa il giornalista all’”Espresso”, Tito Schipa jr. Poi arrivò da Venezia Nicoletta Strambelli, Patty Pravo.
Patty Pravo, la ragazza del Piper.
Si, anche lei era la ragazza del Piper. Ma lei era più “torbida”. Io invece ero considerata una ragazza “pulita”.
Continua col Piper.
All’inizio andavamo al Piper di pomeriggio. Avevo 15 anni. Ero molto particolare, molto carina. C’era Luigi Tenco che veniva al Piper solo per vedermi ballare come una pazza per ore. A mezzanotte, quando andavo via, andava via anche lui.
Era il Sessantotto. E voi che cosa facevate?
Era il ‘65. I cortei e le barricate cominciarono più tardi. Noi pensavamo a sentire musica. La musica erano i Beatles, i Rolling Stones, i Doors. Poi c’erano i gruppi italiani, i Rokes, l’Equipe 84. Questa è stata la mia formazione, la mia colonna sonora.
Una colonna sonora diversa da quella di tanti altri.
Noi non eravamo sessantottini. Eravamo fricchettoni. Le nostre non erano storie politiche. Non ho mai creduto alla lotta armata. Io sono andata in piazza per cose concrete. Il divorzio, l’aborto.
Che ricordi hai dei tuoi coetanei? Gruppo? Mandria? Protezione?
Condivisione, stare insieme, stare bene. Eravamo contenti di opporci ai “matusa”, di avere gusti in comune. Intellettuali, studenti, gente che lavorava oppure quelli che oggi chiameremmo “coatti”: si stava bene insieme perché il minimo comune denominatore era la musica.
Altri della tua generazione volevano fare la rivoluzione.
Noi abbiamo fatto la rivoluzione su noi stessi, sul nostro modo di vivere, di pensare. C’è gente non politicizzata che si è presa un sacco di botte solo perché aveva i capelli lunghi.
Sei cosciente di aver vissuto un momento di grandi cambiamenti?
Certamente. Ma per me era tutto naturale. Io involontariamente rappresentavo quello per cui poi si è fatta la rivoluzione.
La ragazza emancipata, libera dalle costrizioni, che gestisce se stessa?
Vengo da una famiglia che non aveva rigidità. Una coppia strana. Mio padre, Franco Silva, attore, in giro per il mondo, controcorrente, diverso. Mia madre, bellissima, che si metteva i pantaloni di mio padre legati con lo spago mentre le altre mamme si vestivano con gonna larga e vitino stretto. La gente chiacchierava e mormorava. Ma a loro non gliene fregava niente. Andavamo in giro per l’Italia e ci fermavamo in riva al mare con le coperte e dormivamo sulla spiaggia. Mio padre era uno che guadagnava molto e spendeva tutto. Era un uomo straordinario, nel senso che non ha vissuto in maniera ordinaria. Non ha mai avuto una casa, è vissuto come un cane randagio, iscritto al Pci da ragazzo.
Chi frequentavi?
Alberto Dentice. Suonava la chitarra in un gruppo. Pino Di Buduo. Poi al Piper si creò una triade: io, Rita Tedesco e Daniela Piccoli. Daniela era più grande di me. Quando io dovevo andare fuori a fare dei film avevo bisogno di un accompagnatore perché ero minorenne. E allora decidemmo che lei avrebbe fatto la mia segretaria. Venne a presentarsi a mia madre e si vesti da persona seria, tailleur nero e un filo di perle. Quando la vidi scoppiai a ridere. Rita Tedesco è stata assistente di Gianni Minà per molto tempo. Oggi scrive per la televisione. Con lei girammo l’Italia intera in autostop. Passavamo le notti a parlare di tutto, l’amore, l’amicizia. Ore e ore. Frequentavo anche Gianni Minà. Fu lui a presentarmi Franco Califano.
Questa è storia.
Me ne aveva parlato come di un “tombeur de femmes”. Io ero una ragazzina. Lo conquistai portandolo a vedere “Paperino e Qui Quo Qua”. Califano non era quello che appare adesso. Sembrava un lord inglese.
Altri?
C’è stato un periodo che abitavo nella stessa palazzina di Renzo Arbore. Con Marenco e tutta la banda ci passavamo da mangiare col cestino dalle finestre.
Arbore, filo americano, musica americana.
Tutto era musica per noi. Io non sarei mai andata alla Scala a tirare le uova marce. Io lavoravo già. Nel ‘69 facevo il Cantagiro. Ranieri, Modugno, i gruppi. Era un momento di grande successo. Avevo appena girato “Pronto c’è una certa Giuliana per te”.
Tu ti innamori di uomini più giovani?
Spesso. Ma non più giovani di molto. Mi trovo abbastanza bene con chi è un po’ più giovane di me. Ma l’uomo immaturo è pericolosissimo e poco affascinante. E poi ci sono cinquantenni come me gajardi e giovani di testa.
Quando ti sentirai vecchia?
Quando crederò di aver capito tutto. Sarà terribile.
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