- 24 Maggio 2004
A Bergamo c’erano due giornali, uno degli industriali e uno della Curia. Vittorio Feltri finì in quello della Curia. Faceva il critico cinematografico. Erano i tempi di Pietrino Bianchi, critico del Giorno, Giovanni Grazzini, del Corriere della Sera, Alberico Sala, del Corriere d’Informazione. C’era già Morando Morandini alla Notte. Pietrino Bianchi una volta arrivò a Bergamo e disse a Feltri: “Come critico sei una schiappa. Ma sei un grande cronista”. Feltri ci rimase male. Ma Bianchi aveva visto giusto. Sono ricordi di 40 anni fa.
Oggi Feltri è un giornalista famoso, direttore di grande successo, bestia nera della sinistra, coccolo della destra, richiesto risollevatore di giornali in crisi. Il giorno in cui mi riceve è il suo ultimo alla direzione del “Giorno”. Prostrato dalle incursioni in redazione dell’editore Riffeser, Feltri se ne va a fondare un suo giornale, “Libero”. Va detto che io e Feltri siamo in causa. Dei giudici dovranno decidere se Cuore, giornale che io dirigevo, lo ha diffamato. Stima professionale e perfino una latente simpatia umana fanno sì che si possa portare in porto questa intervista sulla memoria, sulla gavetta, sul passato da ricordare e da dimenticare. Con correttezza e divertimento.
Allora: Feltri critico cinematografico?
Per carità, raccontavo le trame. Poi facevo teatro, sport, cronaca. Due mila lire a pezzo. Ne facevo anche trenta, 60 mila lire al mese. Da aggiungevo allo stipendio da impiegato alla Provincia, 100 mila. Ero un signorino.
Doppio lavoro.
Libertà è affrancarsi dal bisogno del posto. Se ne hai due puoi mollare quello che non ti piace.
Altri doppi lavori?
Quando ero alla Notte dirigevo il Sentierone, un settimanale di Bergamo. Quando stavo al Corriere ero direttore di una tv privata. Avevo una famiglia numerosa, volevo mantenere un certo tenore di vita, mandare i figli nelle scuole private. Era il periodo del terrorismo, della droga, si pensava di proteggere i figli così. Quando dirigevo il Giornale scrivevo su Panorama.
Oggi?
Oggi ho il quotidiano e il Borghese.
Inizi difficili e duri.
Tempo libero non ne avevo, ma io amavo starmene per i fatti miei. Sono sempre stato un solitario.
Che cosa facevi?
Sognavo. Andavo a fare quattro passi da solo e sognavo. Avevo letto “Il sognatore” di Fiodor Dostojevski e mi ero identificato nel protagonista schivo, solitario, inetto, che viveva solo nella sua fantasia. Anche io avevo una vita interiore fantastica, cercavo di costruirmi una vita migliore dentro di me: quella che vivevo era del tutto insoddisfacente.
Hai memoria?
Certe regole di sintassi le ricordo bene: non usare il gerundio se il soggetto non è espresso.
La ragazza che ricordi?
Luisa, 16 anni, molto carina. Tutti innamorati di lei. Anche io, pazzo. Andai in bianco. Andarono in bianco tutti. Sposò Trussardi.
Poi sei arrivato alla Notte.
Era un giornale molto importante, diretto da un personaggio mitico, Nino Nutrizio. Era di destra. Io ero di sinistra ma avrei scritto dovunque.
Tu eri di sinistra?
Socialista, iscritto al Psi quando il Psi era nenniano. Io ero lombardiano.
Come andò alla Notte?
Nino Nutrizio mi ricevette. Ero molto intimorito. Nutrizio dava del “voi”. Disse: “L’Eco di Bergamo è il giornale più brutto del mondo. Se non vi hanno assunto nemmeno lì, ho il sospetto che siate cretino”.
Inizio sfolgorante.
Mi sono sentito sprofondare.
Come è finita?
Nutrizio disse: “Vi assumo in prova per tre mesi. Se supererete la prova – e lo ritengo improbabile – sarete assunto. Altrimenti tornerete alle vostre occupazioni nell’interesse vostro e soprattutto nostro”.
Roba da suicidio.
Tornai a Bergamo in stato confusionale. Alla vigilia di Natale una prostituta venne sgozzata mentre affettava un panettone davanti alla bimbetta di due anni. Raccontai il delitto con passione, le coltellate, il sangue, la bimbetta piangente. Alle due del pomeriggio corsi in edicola, cercai la cronaca di Bergamo e mi accorsi che l’articolo non c’era. Salii in redazione distrutto, mi accasciai sulla scrivania con la testa fra le mani. Poi vidi la prima pagina. La firma, in fondo, era la mia. Un brivido, vidi il titolone, “Delitto di Natale”, avevo la prima pagina. Suonò il telefono, era Nutrizio: “Non siete cretino, siete assunto”.
Nella tua vita c’è posto per un pentimento, qualche cosa che non rifaresti?
Il titolo dell’affare Mitrokin: “Giornalisti della Repubblica vergogna!”
Perché l’hai fatto?
Ero rimasto colpito dall’incredibile episodio di doppiopesismo. Quando venne fuori la lista della P2 nessuno la mise in dubbio. Quando è venuta fuori la lista Mitrokin, tutti a dire: “Sarà vera?” Con la lista P2 al Corriere ci furono carriere stroncate, Donelli, Ciuni, Di Bella. Nella lista Mitrokin c’era gente della Repubblica, Sandro Viola, Gianni Corbi. “Sarà vera?”
Com’è finita la tua iscrizione al Psi?
Nel ’68 sono stato scavalcato da tutti i democristiani, liberali, socialdemocratici di Bergamo. Da allora non mi sono iscritto più a nessun partito.
Adesso che cosa sei?
Mi piace dire che sono di destra ma mi vengono in mente cose di sinistra.
E allora dillo a me: che cosa sei?
Sono un tatcheriano che vuole regole ferree per disciplinare il liberismo.
Quindi non sei tatcheriano.
La Tatcher andava bene 20 anni fa quando si trattava di rompere, anche con una certa violenza, uno schema esagerato di sinistra. Oggi non si può essere sfrenati liberisti.
Per chi hai votato?
Psi, radicale, Dc, Pli, Pri, poi il Polo. Nel mio comune di Ponteranica voto Pds.
A destra, culturalmente, c’è sempre stato il deserto.
Ma non era destra. L’equivoco nasce dal fatto che l’unica destra che noi abbiamo conosciuto era quella ereditata dalla Repubblica Sociale. Quando si parla di destra a noi vengono in mente stivaloni neri, olio di ricino, manganelli. Ma quella non è destra, quella è sinistra. La Repubblica Sociale è sinistra.
Al tempo. Mi fai andare in confusione.
Salò, rispetto al ventennio, rivendicava la natura rivoluzionaria del fascismo. Quindi era sinistra. Però noi non lo sappiamo perché siamo nati nel dopoguerra e tutte le volte che sentiamo parlare di destra, anche per la demonizzazione che c’è stata del fascismo, abbiamo un rifiuto. Se io ti dico che sono di destra, tu dici: “Fascista!”. Una semplificazione che ha lasciato il segno. Ecco perché si pensa che a destra siano tutti ignoranti, cafoni, forse anche un po’ puzzolenti.
Si diceva che eri leghista.
Io non sono stato mai leghista, ho solo capito prima degli altri che Bossi non era folklore ma che avrebbe inciso nella politica italiana profondamente.
Come mai hai abbandonato Tangentopoli?
Pensavo che avrebbe fatto pulizia in tutti i cantoni invece no, la pulizia è stata fatta soltanto in alcuni cantoni mentre altri sono rimasti sporchi e sono andati al governo.
Fammi indovinare: il cantone comunista?
Quando dirigevo Bergamo Oggi conobbi Di Pietro che lavorava alla Procura. Era considerato poco dai colleghi, era avversato: si attaccava dove poteva e mi dava delle notizie importanti. Anche grazie alle sue notizie il giornale passò da 2 a 20 mila copie. Quando cominciò Tangentopoli, pensai: Di Pietro andrà fino in fondo. Lui stesso mi disse: “Abbiamo colpito la Dc e il Psi. Però, stai tranquillo che toccherà anche ai comunisti”. Invece il Pds non è stato sfiorato.
Non è vero…
Le tangenti si sono fermate davanti al portone delle Botteghe Oscure. E mentre gli altri finivano in galera, il Pds è finito al governo. E Di Pietro è diventato senatore nelle liste dell’unico partito che le sue inchieste non hanno toccato.
Se pensi a un voltagabbana, chi ti viene in mente?
Sinceramente fare dei nomi…Così, su due piedi, mi vengono in mente tipi come Mastella. Povero Mastella, mi è simpatico. Gli hanno chiesto: “Perché non stai fuori dal governo e fai l’appoggio esterno?” E lui ha risposto: “Non me lo posso permettere”.
Durante la gavetta a Milano, che vita facevi?
Frequentavo quelli del Corriere, Gianantonio Stella, Ferruccio De Bortoli, Massimo Donelli, Ettore Botti, Salvatore Scarpino, Paolino Isotta, Walter Tobagi.
Facevi un tipo di giornalismo di intervento.
Mi ritagliavo spazi che gli altri trascuravano. Una volta mi diplomai ragioniere, mi dettero anche il diploma, in realtà avevo solo pagato e successe un casino. Un’altra entrai in una di quelle catene per la vendita di prodotti e spiegai come funzionava. Altro casino. Poi comprai una moglie a Lissone, da un’agenzia, sei milioni, con l’impegno che se la moglie non fosse andata bene l’avrei restituita.
Altro casino.
Altro casino.
Hai mai tradito?
Di sicuro so che sono stato spesso tradito.
Possiamo fare degli esempi?
Capita che qualche collega mi intervisti. Siamo amici…siamo colleghi… tu dici 100 cose, lui ne trascura 92 e, con quelle otto che usa, taglia e cuce. E l’indomani esce una falsa verità che ti presenta in un modo totalmente diverso da come sei.
Capita spesso?
Otto volte su dieci.
Pensi che lo farò anche io?
Penso di no.
Ci sono persone che ricordavi migliori, che ti hanno deluso?
Fabio Fazio. Lo conoscevo bene, avevamo buoni rapporti, ad un certo punto si è trasformato. Oggi sembra un militante al servizio di una causa, non si sa quale. Non mi piace più. E poi Piero Ottone. Passerà alla storia come quello che ha licenziato Montanelli, quindi non sta benissimo. Però gli conoscevo capacità notevoli. Aveva fatto grandi cose. E’ andato via dal Corriere che aveva 53 anni, giovane. Non ha fatto più niente, pezzi sciapi, argomenti futili. Ben scritti, ma ovvietà.
Ti piacciono le polemiche?
Mi piace incrociare la lama con Scalfari. Anche con Michele Serra ho avuto tante polemiche, non condivido quasi niente di quello che scrive, ma lo considero una persona di talento e lo stimo.
Stima non ricambiata. Ti chiama Vittorio “Adams” Feltri.
Riesco sempre nell’impresa di apparire diverso da quello che sono.
E di collezionare nemici.
Al Giornale ho assunto 40 persone. Quasi tutti disoccupati, disperati, alcuni alla canna del gas. Molti di loro sono fra le persone che mi hanno maggiormente rotto le palle nella vita.
Perché li avevi assunti?
Perché sono vigliacco. A una persona che mi chiede una cosa non riesco a dire di no.
Bisogna chiederti dei soldi.
Non me ne parlare. Li presto e non becco mai indietro una lira. Finora ho perso 300 milioni.
Perché la gente parla male di te? Presti soldi ai bisognosi, assumi disperati.
Nel pezzo di Cuore c’era perfino che insidiavo le ragazze al Giornale.
Non era vero?
No. Sono io che sono stato varie volte insidiato.
Beh, raccontala…
Non perché fossi carino, ma perché ero il direttore. Quando non ero direttore non mi insidiava nessuna.
E allora? Perché la gente sparla di te?
Quando esci dal mucchio selvaggio, è inevitabile. Non so per quale motivo, io sono fra i giornalisti più conosciuti. Ho fatto cose importanti. Ho fatto andare bene i giornali che dirigevo. L’Europeo lho preso a 85 mila copie e sono arrivato anche a 200 mila. Al Giornale ho sostituito un mostro sacro del giornalismo come Montanelli, e ho raddoppiato le vendite. Questo ha irritato. Non bastasse, sono riuscito a farmi pagare tanto, molto più degli altri direttori.
Proprio tanto?
Francamente si, cifre inusitate. Superando certe vendite avevo diritto ad azioni. Avevo il 6 per cento all’Indipendente e ho avuto il 6 per cento al Giornale.
E’ sufficiente l’invidia per giustificare l’ostilità?
Ho sempre avuto un atteggiamento duro nei confronti dei sindacati e dei colleghi. All’Europeo mi hanno fatto due mesi di sciopero e alla fine ho vinto io.
Massimo Fini, che ti adorava, non ti perdona il fatto che tu sia andato via dall’Indipendente, giornale libero, per andare da Berlusconi.
All’Indipendente non potevo restare: il giornale era in balia dei capricci di Zanussi.
Dicono che sei arrogante.
E’ per darmi coraggio. Quando vado in tv sembro arrabbiato, gelido. Ma è perché sono abituato ad essere attaccato e allora me ne sto come i gatti, pronto a rispondere con una graffiata.
Il grande errore della tua vita?
Tratto gli editori peggio di come tratto i giornalisti.
Anche Berlusconi?
Paolo Berlusconi lo tenevo fuori dalla porta, e lo vedevo passeggiare aspettando che lo ricevessi. Non mi piace scodinzolare. A Zanussi ho detto: “Meno ti fai vedere nel mio ufficio, meglio è”
Però sei corso dal Cavaliere vincitore.
Io ad Arcore non sono mai stato. Quando ci fu l’inciucio, feci il titolo: “L’inciucio in diretta”. Sai che cosa dissero? Fanno il gioco delle parti. Una settimana prima del decreto salvaladri scrissi che sarebbe stata una stupidaggine devastante. Tant’è che si diceva: “Feltri non dura”. Ma tu lo leggi oggi il Giornale? Perché nessuno lo critica?
Con chi vorresti fare il tuo prossimo quotidiano?
Alessandro Sallusti e Renato Farina. Giorgio Forattini, Vittorio Zucconi, Francesco Merlo, Massimo Gramellini. Mi piacerebbe anche Giampaolo Pansa: è bravissimo. Negli ultimi anni, forse per sfinimento, ha perso un po’ di smalto. Ma è un fuoriclasse.
Frequenti i politici?
No. Quello con cui ho un po’ di confidenza è Luigi Manconi.
Che cosa pensi dei giornalisti di destra?
Ce ne sono di talento, Veneziani, Buttafuoco, Gramellini.
Gramellini è di destra?
Non ha il marchietto di sinistra. Non è uno infoiato di politica.
Sei contento di come vanno le cose?
No, sono preoccupato per il problema ecologico. Dobbiamo diventare tutti verdi. Non si può affrontare l’ecologia quando c’è il disastro, chissenefrega del disastro, l’ambientalismo deve diventare una monomania. L’ha capito Heider.
Che c’entra Heider?
I punti fondanti di Heider sono l’ambientalismo, la difesa dell’orto, della strada, della panchina. L’ambientalismo non è la foresta amazzonica, non è la foca monaca. E’ il condominio, l’automobile, l’alberello.
Heider ti piace.
Ho un atteggiamento di totale apertura e curiosità.
La sua posizione sugli extracomunitari…
E’ quella di D’Alema: contingentare gli ingressi e dare dignità a ognuno di quelli che ospitiamo. Non buttarli nei lager come qui a Milano.
Hai mai fastidio per te stesso?
Si, qualche volta mi irrito. Mi do fastidio, quando non riesco a farmi capire.
Ma lo sai che è una bellissima intervista? Speriamo che Crozza la legga. Di che anno è? Persino simpatico Feltri. La risposta sulla sintassi e il gerundio mi ha un po’ spiazzata, ma pazienza