- 4 Dicembre 2003
Chiariamo una cosa. Alcuni giornali dicono che ho 39 anni. Altri che ne ho 44. Io sono nato il 14 settembre 1962. Ho 41 anni. Mariano Apicella ci tiene all’esattezza. Da quando è diventato il menestrello ufficiale del presidente del Consiglio i giornali ne dicono tante di lui. E lui preferisce ristabilire l’esattezza delle date. Io per esempio ero convinto che fosse nato il 27 maggio. Invece no. Quel giorno, nel 2001, è successa un’altra cosa importante, una cosa che ha cambiato la sua vita: ha incontrato il Cavaliere, al ristorante «Caruso», all’ultimo piano dell’hotel Vesuvio, chiuso al pubblico e riservato alla festa che Silvio Berlusconi aveva organizzato per Antonio Martusciello, candidato sindaco di Napoli. Racconta Apicella: «Io stavo accordando la chitarra. Arrivarono prima le guardie del corpo. Poi mezzo governo e tutti i pezzi grossi della Casa delle Libertà, Fini, Buttiglione, Letta, Pisanu, Bonaiuti, la segretaria Marinella, l’assistente Valentino Valentini. E ovviamente Martusciello».
Poi è arrivato lui.
«Mi è venuto incontro e si è presentato».
Si è presentato?
«Proprio così: “Buonasera. Posso presentarmi? Sa che io facevo il suo stesso lavoro? A Parigi, sulle navi, con Confalonieri”. Poi mi chiese: “Dopo il primo piatto può venire al mio tavolo per farmi ascoltare qualcosa?”».
Che cosa gli ha cantato?
«Mi colpirono le sue richieste. Tutte canzoni bellissime e non popolari. Niente Malafemmena o Torna a Surriento. La prima fu Era de Maggio, una splendida canzone di Salvatore Di Giacomo. Poi una tarantella di anonimo del Settecento. Bellissima».
Abbiamo un premier colto.
«Poi ha fatto una richiesta Fini. Carosone, Chella là».
Popolare.
«Mentre io cantavo il presidente si appassionava sempre di più. Disse che mi accompagnavo con la chitarra in modo sublime. Fu un colpo di fulmine. Alla fine mi disse: “Verrebbe a lavorare con me?”».
E lei?
«Gli dissi subito di sì».
Doveva resistere un po’.
«Mi disse: “Alla fine della cena mi porti il suo numero di telefono perché io la chiamerò”».
E alla fine della cena?
«Il presidente chiese scusa a tutti gli invitati e ci appartammo in un salottino».
Sono curiosissimo.
«Si preoccupava per me. Disse: “Lei si dovrà sacrificare, dovrà stare lontano dalla famiglia”. Io dissi: “Non ci sono problemi”. Lui disse: “Vorrei avere qualcuno che mi fa un po’ rilassare durante i fine settimana”. Io pensavo che non mi avrebbe mai chiamato. Mia moglie diceva: “Sono fiduciosa. Ti chiamerà”. Io per la felicità non dormii quella notte. Poi, dopo cinque giorni, fui convocato ad Arcore: una serata con Fede e Confalonieri, Bossi, Pisanu e Urbani. Una cena apposta per presentarmi ai suoi amici. Il presidente mi disse: “Non guardi l’abbigliamento, niente frac, niente smoking. A noi interessa la sua voce e la sua chitarra. Siamo tutti in tuta”».
Lei cenò?
«Loro cenarono e mi mandarono a chiamare verso le undici. Ho suonato e cantato fino alle due di notte. Classici napoletani, Modugno, Carosone, canzoni romane».
Bossi cantava in bergamasco?
«Bossi non ha cantato. Ha cominciato a discutere con Confalonieri sulle differenze tra canzone lombarda e canzone napoletana. La discussione stava un po’ degenerando».
Lei è un dipendente di Berlusconi?
«A stipendio fisso».
Stipendio buono?
«Sì, però non mi faccia dire quanto».
Evade le tasse?
«No, ma non l’ho detto a nessuno».
È libero di fare quello che vuole?
«Posso fare le mie serate».
E il suo cachet?
«È raddoppiato. Poi con questo disco sto seminando».
I guadagni del disco vanno all’Unicef?
«No. Come al solito i giornalisti fanno un sacco di confusione».
Sa che è già diventato berlusconiano? Anche lei a parlare male dei giornalisti.
«Un giornalista ha detto che ho 44 anni».
Non è gravissimo.
«Un altro ha scritto che mio padre per partecipare a un film di Luchino Visconti ha ucciso un rivale».
Lei ha detto: «Nella vita di ognuno c’è un tram che parte. Io quel tram l’ho preso».
«L’ho preso. Il cd sta andando benino, siamo entrati nei Top 50. Ornella Vanoni è al 75° posto. Ma non ritengo di avere ancora svoltato nella mia vita».
Mi creda, lei ha svoltato. Se fallirà sarà solo per colpa sua. Quanti cd ha venduto?
«18 mila. Se pensa che a 50 mila copie c’è il disco d’oro».
Lo prende il disco d’oro?
«Di sicuro, se arrivo a 30 mila copie faccio un secondo disco. Stiamo facendo un sacco di promozione».
Non è poi così difficile.
«Alla serata di presentazione del disco alla Ca’ Bianca di Milano c’erano televisioni di tutto il mondo. Quelli della mia casa discografica mi hanno detto: “Nemmeno alla presentazione degli U2 sono arrivati tutti questi giornalisti”. Capisco che alla base c’è la curiosità per Berlusconi. Non sono mica venuti solo per me».
Com’è la sua vita oggi?
«Durante la settimana faccio le mie cose, i miei esercizi di chitarra, le mie composizioni. Quando lui ha bisogno mi telefona Marinella: “Mariano, se non hai problemi il dottore ti vorrebbe stasera”. Io vado a Roma, poso la macchina a Ciampino e parto con lui sull’aereo presidenziale. Quasi sempre per la Sardegna, qualche volta per Milano».
Lei gli dà del lei?
«Sì. Lui mi dà del tu. Perché mi vuole bene. Se gli fossi indifferente mi darebbe del lei».
Come canta Berlusconi?
«Benissimo».
Stonature?
«Non se ne parla proprio».
I figli?
«Cantano Barbara ed Eleonora. Canzoni americane. Oppure cose tipo Giorgia. A Eleonora piace Vivo per lei, una canzone che ha cantato Bocelli con Giorgia».
E Luigi?
«Il piccolino non canta. Studia chitarra. Eleonora studia l’arpa, Barbara il piano».
E la signora Veronica?
«Canticchia, sottovoce, quando faccio cose brasiliane, ma solo quando siamo soli, io col dottore e la signora. Quando c’è gente no».
La sua canzone preferita?
«Era de Maggio, è una delle più belle canzoni napoletane».
Preferenza sospetta: coincide con quella di Berlusconi.
«E allora Mandolinata a Napule di Murolo-Tagliaferri. Murolo papà non figlio».
Quando siete insieme fate qualche coro?
«Lo abbiamo fatto solo in un’occasione, quando è venuto Putin in Sardegna. Abbiamo fatto Oci ciornie. In russo. Organizzato da Tony Renis. Cantavamo tutti, Tony con la moglie, Andrea Bocelli con la moglie, il presidente, la signora Veronica, Gianni Letta con la moglie, la signora Barilla».
Tipo coro degli ubriaconi.
«Sì, ma non eravamo ubriachi. Putin era molto contento. Ha cantato con noi anche Funiculì Funiculà».
L’avventura del disco: musiche di Apicella, posteggiatore napoletano e parole di Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri. Incredibile. Berlusconi è iscritto alla Siae?
«Certo. Ha scritto le parole della canzone del Milan su musica di Tony Renis. E le parole della canzone di Forza Italia su musica di Renato Serio».
Quindi prende i soldi della Siae.
«Sì, ma li dà in beneficenza».
A Berlusconi è venuto mai in mente di cantare?
«Forse inciderà un cd con tutte le nostre canzoni, accompagnato solo da due chitarre. E senza metterlo in vendita. Per fare un regalo alla sua famiglia».
Anche suo padre è posteggiatore.
«D’inverno a Napoli e d’estate a Portofino. È molto più quotato di me. L’ho portato in Sardegna. Abbiamo fatto due serate bellissime, due chitarre e due voci».
Com’è la vita del posteggiatore?
«Mio padre ha avuto una bella carriera».
Ha fatto tanti soldi?
«Ha avuto un momento felice. Oggi, in tutti i campi, è difficile fare soldi se non si imbroglia un po’».
Nel senso che se uno ha tanti soldi vuol dire che qualche imbroglio l’ha fatto?
«Proprio così. Mio padre mi diceva: “Scegli il mestiere che vuoi ma tieniti lontano dalla musica. È un mestiere duro. Aveva ragione. Non si incontra tutti i giorni Berlusconi».
Quanto guadagna un posteggiatore?
«D’estate anche dieci milioni al mese. Ma se va male, se vive solo di mance, molto molto meno».
Ci sono i matrimoni.
«Quattro persone, cantante più altri tre che l’accompagnano, un milione, 250 mila lire a persona».
Quali sono i suoi miti musicali?
«Sono cresciuto con Claudio Baglioni, maggiormente le prime canzoni che ha fatto, Ragazzo di campagna, Piccolo grande amore, Amore bello. Poi ho un mito portoricano, José Feliciano, e un mito napoletano, Peppino Gagliardi».
Se il disco vende un milione di copie lei che fa?
«Mi vendo la casa e mi compro una villa».
E molla Berlusconi?
«Nulla potrebbe spingermi a lasciarlo».
Com’è la vostra giornata in Sardegna?
«Arriviamo verso le dieci di venerdì insieme all’assistente Valentini, al maggiordomo Alfredo e al cuoco Michele. Prima di tutto ceniamo. Poi le canzoni. Uno di fronte all’altro. Io con la chitarra e lui con la penna. Poi andiamo a letto. Il sabato mattina lui va un po’ in giro nel parco per vedere tutti i lavori che stanno eseguendo. Io dormo fino alle 11,30 e lo raggiungo per l’aperitivo verso l’una. Rientriamo in casa, pranziamo, ancora un po’ di canzoni e il pomeriggio si parte. Lui va a Macherio. Io a Napoli».
Se non andate d’accordo su una canzone litigate?
«Mai. Lui mi spiega perché è meglio la frase che ha messo lui. Mi convince sempre».
Non stento a crederlo.
«Non è che ha sempre ragione lui. Mi spiega. E mi convince».
La canzone che piace più a tutti e due qual è?
«Colpa mia. Un pezzo molto sanremese».
A proposito, andrete a Sanremo?
«Se me lo chiedono ci vado. Ma nessuno mi ha chiesto nulla».
Avete la canzone pronta?
«Tu la donna della mia vita».
Andare a Sanremo con un testo del presidente del Consiglio…
«Perdi in partenza».
Perdi?
«Certo. Ma a me non interessa vincere. Quelli che vincono non vendono un disco».
Sarebbe imbarazzante vincere.
«Imbarazzante? In America nessuno critica il fatto che Clinton suona il sax».
Clinton non va a Sanremo. E nessuno può rimproverargli di aver messo il suo amico Tony Renis a capo del Festival.
«Io parlavo con Tony Renis ieri mattina al telefono. “Mariano tu sai che il Presidente non c’azzecca un cazzo con la mia nomina”. Ha detto proprio così. Lui è stato convocato dai dirigenti Rai, non è stato affatto imposto da Berlusconi».
Mariano, i dirigenti Rai non sono insensibili ai desideri del premier.
«Io credo a Tony».
Se ha parlato ieri con Tony Renis, non poteva chiedergli di Sanremo?
«Non gliel’ho mai chiesto. Però il Presidente potrebbe dirglielo a Tony, no? “Fai passare la nostra canzone con Mariano”. Ma il Presidente è talmente una persona intelligente ed educata che non glielo ha mai chiesto. Dovrà essere Renis a dire: “Voglio assolutamente Mariano a Sanremo”».
Lo dirà, lo dirà. Mi lasci fare una facile previsione: lei andrà a Sanremo.
«Non è mica detto. Tony è uno molto attento alle canzoni».
È seccato Tony Renis per le polemiche su di lui, sui suoi rapporti con la mafia?
«Si lamenta. Chi è che non si lamenterebbe? Dice che sono tutte stronzate, che lui non c’azzecca niente con queste cose. Sì, avrà avuto dei contatti, ma lavorativi, come tutti noi. Prima di fare una serata mica chiediamo la fedina penale».
La chiamano menestrello del Presidente, posteggiatore di regime, usignolo in gabbia.
«Sono cose che vengono dette più contro il Presidente che contro di me. Ci sono giornalisti che per ferire Berlusconi farebbero di tutto. Quando Berlusconi fa le cose buone la televisione non le dice mai, nemmeno le sue reti. Dicono solo le cose cattive».
Lei ama veramente Berlusconi. Trova molti adulatori vicino a lui?
«Io non ci faccio proprio caso. Noi parliamo sempre e solo di musica».
E lei? Ha nuovi adulatori da quando è diventato famoso? Gente che ha scoperto solo oggi quanto sono belle le sue canzoni?
«Sono normali canzoni d’amore che hanno una certa orecchiabilità. Nessuno sostiene che abbiamo capolavori. Però le assicuro che c’è gente che scrive peggio di noi».
Ce n’è uno che secondo lei è molto sopravvalutato?
«Una schiappa?».
Una schiappa.
«Ma mica lo possiamo dire».
Si faccia un nemico.
«No, un nemico no».
Gigi D’Alessio riempie gli stadi.
«Ha un pubblico che lo segue. A me i suoi testi e le sue musiche non mi hanno mai convinto. Per piacermi un artista mi deve far venire un po’ la pelle d’oca».
Niente pelle d’oca con Gigi D’Alessio?
«Era de Maggio io la saccio cantà. Quelli che riempiono gli stadi ci provano ma non ci riescono».
Chi è il più simpatico fra i politici che ha conosciuto?
«Scajola e Letta sono simpaticissimi. E poi hanno una certa stima di me. Previti è una persona stupenda. Quando mi incontra mi dice: “Maestro, tutto bene?”. Dell’Utri è la persona più simpatica di questo mondo. A lui piacciono molto le macchiette, tipo Ciccio Formaggio, Agata, A Casciaforte».
È mai andato a cantare e suonare per altri?
«Una volta. Per l’avvocato Agnelli, la vigilia di Natale del 2002, a Roma. L’avvocato aveva letto sui giornali di questo “cantante di Berlusconi”. Era rimasto incuriosito e aveva chiesto al Presidente. E il Presidente mi ci ha mandato».
La sera del 24 dicembre?
«Sì. Sono stato con loro fino alle 11,15. E poi sono tornato di corsa a casa».
Berlusconi è famoso perché racconta barzellette.
«Mi piacciono tantissimo».
L’ultima che le ha raccontato?
«Uno dice a un altro: “Vuoi sapere l’ultima barzelletta di Berlusconi?”. “Sì”. “Allora c’è Berlusconi che muore…”. E l’altro: “Basta così. È già bellissima”».
Chi non le piace fra i politici?
«Queste sono cose personali».
Io glielo dico chi non mi piace.
«Ma lei non è il cantante di Berlusconi».
Mi dica allora se c’è qualcuno che le piace a sinistra.
«A sinistra ce ne sono di simpatici?».
Mi creda: sì.
«Fassino non mi è antipatico».
Quando attaccano Berlusconi lei che cosa prova?
«Quando lo attaccano ingiustamente mi viene rabbia perché so che è una persona buona».
E quando lo attaccano giustamente?
«Non lo attaccano mai giustamente».
Lei fa il tifo per il Napoli?
«Sì, però simpatizzo per il Milan».
Che regali vi siete scambiati con Berlusconi?
«Lui mi ha regalato una chitarra stupenda che amo moltissimo. È una chitarra spagnola che conservo con molto amore».
La usa?
«Non sempre. Voglio che resti col piano armonico liscio, bello, senza un graffio».
E lei?
«Una volta gli ho portato una mozzarella di bufala, delle sfogliatelle e qualche babà. Una sola volta. Da allora evito».
Non gli sono piaciute?
«Gli sono piaciute moltissimo, ma io non gliele porto più».
Perché?
«Non voglio che mangi quella roba, ingrassa».
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