- 9 Giugno 2005
La settimana scorsa ho intervistato Lucio Presta, uno degli uomini più potenti del mondo della televisione. Qualche settimana prima avevo intervistato Lele Mora, altro superpotente del mondo dello spettacolo. Ma mi dicono che ho sbagliato. Il più potente non è né Lucio Presta né Lele Mora. È Bibi Ballandi, organizzatore di grandi eventi televisivi, l’uomo che riportò Adriano Celentano in tv, che ha rilanciato alla grande Gianni Morandi, che ha inventato la nuova star del sabato sera, Rosario Fiorello.
Bibi, l’Italia deve sapere, che razza di diminutivo è Bibi?
«Io sono emiliano, terra di nomi strani. Mio padre si chiamava Iso. Vuoi vedere la mia carta di identità? Bibi Ballandi, nato a Baricella il 26 giugno 1946. Bibi non è un diminutivo. È un nome».
Sei contento di essere Bibi?
«È stata la mia fortuna… Bibi Ballandi… scorre… è artistico».
Non è il nome adatto per un potente.
«Ma io non sono un potente».
I potenti sono tutti modesti.
«Il Signore ha ribaltato i potenti dai troni. È la Bibbia. Potente è una parola che porta sfiga. Io vengo dalla gavetta».
Sei un potente che viene dalla gavetta. Hai messo sotto contratto Gigliola Cinquetti quando lei aveva 17 anni e tu 18.
«Lavoravo con mio padre che piazzava orchestre ed artisti nelle balere romagnole. Gigliola Cinquetti aveva vinto il Festival di Castrocaro il 12 gennaio 1964. Un gran colpo: vinse subito il Festival di Sanremo».
Giovane e fortunato.
«La mia vita è scandita per decadi. Negli anni Sessanta lavoravo con Albano, Orietta Berti, Nicola Di Bari, Caterina Caselli, Mina, Little Tony, Rita Pavone».
E la decade dopo?
«Basta urlatori e via con i cantautori. Gestii il tour Dalla-De Gregori, il rientro di De André dopo il rapimento, Vecchioni, Bertoli. Erano gli anni d’oro dei grandi concerti e degli stadi. Sai perché dicono che sono potente? Perché conosco tutti e li conosco da quei tempi. Fu allora che conobbi Walter Veltroni. Seguiva il tour Dalla-De Gregori per l’Unità. L’ho sempre stimato, è un uomo intelligentissimo».
La decade dopo?
«Tutte le notti in giro da Trieste a Reggio Calabria. Un lavoro massacrante. Non c’erano nemmeno i telefonini. Andavamo in giro con una borsa piena di gettoni per controllare le prevendite. Manca gente? Mettete manifesti! Fate spot alla radio! Migliaia di notti perse. Gli artisti erano bizzosi. Renato Zero era un vero divo. Un giorno decise che voleva entrare nello stadio su una biga trainata da un cavallo».
Sai come sono i divi.
«“Se non c’è il cavallo non canto”. E trova il cavallo, il camion, il fieno, la biga, lo stalliere. E non si sapeva mai se la sera lo avrebbe utilizzato. Mezz’ora prima dello spettacolo tutti a chiedersi: “Il cavallo lo vuole o non lo vuole?”»
Stanco di bizze, di cavalli e di notti in bianco…
«Qualcuno mi disse: “A Rimini c’è il parco della Galvanina, su una collina, perché non lo prendi e fai degli spettacoli?”. Lo presi e ci feci una balera, il Bandiera Gialla. Era il momento della disco music, della febbre del sabato sera. Non se ne poteva più. Riportammo la musica di Little Tony, della Pavone, della Cinquetti, l’Equipe 84, i Giganti, i Camaleonti. Diecimila persone a sera. Avevamo risvegliato i quarantenni».
Il Bandiera Gialla diventò anche studio televisivo.
«Bonolis, Carlo Conti, Panariello. Da lì cominciò la mia escalation in televisione».
Gli anni Novanta sono la televisione.
«I grandi eventi, il sabato sera, Morandi, Celentano, Dalla-Ferilli, Fiorello. Il grande successo».
E le grandi interrogazioni parlamentari. Ti definirono «pigliatutto».
«Publio Fiori, di An. E Napoli dell’Udeur. Ero sotto tiro. Ero il primo a produrre programmi chiavi in mano e mi presi palate di insulti e di critiche».
Libero ha fatto un’inchiesta durata tre settimane. I conti in tasca: in 16 mesi, 50 trasmissioni per un totale di 103 miliardi.
«Tutte cose sbagliate, cifre false. Ma ci sono rimasto veramente molto male. Anche se Libero lo leggevano due persone. Alla fine mandai una lettera a Feltri: “Ma lo sa che io vengo dalla gavetta?”».
Non avevano tutti i torti. Perché un colosso come la Rai, con migliaia di dipendenti, appaltava i programmi a Ballandi?
«Perché Ballandi ha un rapporto con l’artista che dura 365 giorni l’anno. Pensa a Morandi. Da sei mesi ci stiamo occupando del suo tour nei teatri. Chi meglio di noi può produrre un suo spettacolo in tv?».
Voi appaltatori…
«Gli appalti si danno agli idraulici, agli elettricisti, ai muratori, a quelli che svuotano i cassonetti. Noi siano coproduttori. Nessuno si scandalizza se le coproduzioni riguardano fiction, cinema o teatro».
Come finì?
«Quando incontrai Cattaneo mi disse: “Ballandi lei gestisce Fiorello, Panariello, Morandi, Albanese, Celentano, Dalla. Ma adesso bisogna tagliare i costi”. Ed io: “È il gioco delle parti. Voi mettete l’autodromo, noi i piloti”. In quei giorni ero molto corteggiato da Mediaset. Piersilvio Berlusconi aveva letto tutte le polemiche. E mi disse: “Vieni con noi”. Io dissi: “Il mio cuore è in Rai”. E a Cattaneo dissi: “Ho un’azienda di 50 persone che costa 350 milioni di lire al mese. Io porto i risultati, sono incensurato e sono sul mercato”. Alla fine Cattaneo mi fece un contratto di esclusiva di tre anni”».
Guadagnano molto i tuoi spettacoli?
«Calcola: due telepromozioni e 50 spot».
Calcolo. Tre miliardi di lire?
«Capito? Il problema non è che io costo un miliardo. È che ne porto tre».
Chi comanda in tv?
«Il direttore generale…Il direttore di rete… Chi ha la gestione del sì e del no».
Del Noce può dire: Non voglio Morandi. Ma tu puoi dire: Morandi non te lo do.
«Certo».
Quindi sei potente anche tu. Se volessi distruggere Del Noce…
«E come lo distruggo?».
Gli neghi Morandi, Celentano e Fiorello.
«Hai ragione. Ma con Del Noce ho un bel rapporto, è una persona che ascolta».
Nel ‘92 hai avuto un paio di anni di crisi.
«Erano arrivati i professori. Dissero: via tutti. Io avevo investito, costruito Panariello e gli altri. Un giorno incontrai Prodi: “Che cosa succede con questi professori?”».
Lui fece una telefonata a chi di dovere.
«A Gianni Locatelli, il presidente. Gli disse: guarda che Ballandi è un professionista, attento a non fare di tutte le erbe un fascio. Io con Prodi presidente del Consiglio avevo organizzato il grande concerto per il Congresso Eucaristico. Il giorno dopo Giovanni Paolo II mi convocò in curia e mi disse: “Mi sono divertito così tanto ieri sera che avrei voluto cantare anche io”».
E il concerto di Baglioni in piazza San Pietro la notte fra il 1999 e il 2000?
«Il Papa aveva chiesto: chi è che organizza, siamo sicuri? Gli dissero: “È Ballandi”. E lui: “Il bolognese? Allora ci fidiamo”. Mi chiamava così, il bolognese».
C’è il crocifisso sulla tua porta.
«Il Signore dà il benvenuto a chi viene».
Hai detto una volta: «Una canzone come Caruso non può che essere stata ispirata dal Signore».
«Come il Signore ha ispirato Michelangelo quando ha affrescato la Cappella Sistina, così ha ispirato Lucio Dalla. Caruso è una canzone incredibile».
Altre canzoni scritte con l’aiuto del Padreterno?
«Con te partirò. Il cielo in una stanza. Il nostro concerto. Tutte nate in cinque minuti perché ispirate dal Signore».
Il Signore potrebbe avere ispirato anche il Capitale di Marx?
«Certo. Dio non guarda in faccia nessuno. In ogni persona c’è un progetto divino. Dio vuole bene anche ai comunisti».
Anche tu vuoi bene a tutti.
«Facevo le Feste dell’Unità, dell’Avanti, dell’Amicizia. Conoscevo tanta bella gente. D’Alema era ragazzino quando gli portavo i cantautori alla Festa dell’Unità di Pisa».
Tu eri democristiano.
«Io sono democristiano. E non pentito».
Era meglio lavorare col Pci o con la Dc?
«I democristiani erano meno scafati e meno organizzati».
Quante feste dell’Unità hai fatto?
«Migliaia».
Gratis?
«Stai scherzando? Mi ci compravo le case con i guadagni delle Feste dell’Unità».
Vai d’accordo con tutti. Ma una volta hai litigato anche tu.
«Quando? Con chi?».
Con Guazzaloca.
«Era un Capodanno. Noi avevamo sempre fatto Capodanno in piazza. E il comune di Bologna aveva sempre sostenuto le spese. Quando arrivò Guazzaloca disse a un giornalista che non voleva spendere cento milioni per Milly Carlucci».
Erano settecento milioni.
«Sì, forse erano 700. Ma per tutta l’organizzazione. Ma detta così sembrava che gli avessi chiesto 700 milioni per la Carlucci».
E tu hai detto: «Ma guarda questo Guazzaloca. E io che l’ho pure votato».
«È vero. Poi lui mi ha chiesto scusa. Mi è dispiaciuto quando non l’hanno rieletto. Ha governato molto bene».
Lele Mora ha la passione degli orologi. Lucio Presta ha la passione degli orologi.
«Anche io ho la passione degli orologi».
È una malattia professionale?
«Io l’ho ereditata da mio padre. Insieme agli orologi. Me ne ha lasciati una quarantina, compreso un Rolex President lapislazzulo che oggi vale 50 milioni. Gli orologi sono un investimento, come le case. Venti anni fa ho comprato un Daytona a tre milioni e mezzo, oggi ne vale venti».
Ai tuoi artisti consigli orologi o case?
«Agli artisti, ai primi soldi che incassano bisogna fargli comprare la casa. Così restano a corto di contanti e vogliono lavorare».
Fiorello sostiene che a Orietta Berti gliene hai fatte comprare 47.
«Fiorello ha raccontato che il marito di Orietta ogni tanto diceva: “Questo mese è andata bene con le seratine, compriamo l’appartamentino”».
Qual è la grande scommessa del mondo dello spettacolo?
«Far tornare a cantare in pubblico Mina. Il Signore dovrebbe illuminarla».
Uno spettacolo di Mina in tv…
«… 18 milioni di spettatori, più di Sanremo, della finale dei mondiali di calcio».
Dimmi la verità: ci hai provato.
«Sì, sì…».
Che cos’hai promesso per convincerla?
«È una missione impossibile. Non le interessano neanche i miliardi».
Quali sono i politici che ti piacciono?
«Casini è un grande amico. Mi piacciono quelli che ammettono che anche il loro avversario, a volte, può aver ragione. L’altra sera a Porta a Porta ho sentito Fassino che, mentre gli altri attaccavano Tremonti, si è staccato dal coro e ha detto: “Ha ragione Tremonti”. Bravo».
Altri?
«Mi piace un casino Enrico Letta. Ha classe. Si sa esprimere e non è mai volgare né violento».
Tu sei un impresario. Se dovessi usare i politici, che cosa gli faresti fare?
«Casini ha uno splendido rapporto con il pubblico. Gli farei fare un bel concerto nazional popolare. Alla Baglioni. A Berlusconi una serata a teatro, col pianoforte, alla Paolo Conte. A Bossi un concertone rock allo stadio, stile Vasco Rossi. A Pecoraro Scanio, uno spettacolo urlato, alla Grillo».
Facciamo un governo di artisti.
«Primo ministro Celentano».
Populista al punto giusto.
«Morandi alle politiche sociali. Fiorello agli Esteri. Dalla all’Istruzione al posto della Moratti. Agli Interni ci vuole un uomo d’ordine, Mike Bongiorno. Jerry Scotti alla Giustizia. La Carrà alle Pari Opportunità».
Chi sono i bolliti dello spettacolo?
«Gli artisti hanno sette vite. Sembrano bolliti e poi dopo… Morandi lo consideravano tutti bollito ed è risuscitato. Milly Carlucci, mentre stentava a trovare il suo spazio giusto, è riesplosa con Ballando con le stelle».
Qual è la televisione che non ti piace?
«Io guardo con attenzione tutto. Da Markette a Mai dire gol».
Non fare il diplomatico. La signora Ciampi parlò di televisione volgare. Ce l’aveva con Panariello.
«Non è vero. Un funzionario del Quirinale chiamò il giorno dopo Panariello e disse: “La signora non ha mai detto questo”».
A una figlia faresti fare la Velina?
«No, per l’amor di Dio, ma neanche… La televisione alimenta miti tremendi, crea illusioni. La sfiga maggiore per una famiglia è avere una Velina in casa».
Alle prossime elezioni forse vincerà la sinistra. Sei preoccupato? Magari arrivano altri professori…
«Se non mi vorranno in Rai mi vorranno a Mediaset».
Tu hai avuto un piccolo caso di censura. Paolo Hendel da Panariello.
«Fu un malinteso. Hendel portò un testo dove si andava un po’ al di là del gusto del sabato sera. Un discorso su Buttiglione…».
La storia dell’omosessualità…
«Considerazioni molto pesanti che al pubblico generalista del sabato sera non interessavano».
Quello che fa Hendel si sa da prima.
«Bravo, fu un errore degli autori. Spesso la censura è un problema organizzativo. Insomma era ingiusto attaccare Buttiglione».
Tu non hai mai avuto grosse polemiche.
«Io sono un pompiere naturale».
Hai una tecnica? Se io dichiaro che il tuo ultimo spettacolo è schifoso?
«Io dichiaro che rispetto la tua opinione».
E se dichiaro che sei un censore fascista?
«Smorzo tutto. Le polemiche non servono a niente. Faccio altro e guadagno di più».
Sei proprio un grande pompiere.
«Un pompiere patentato».
I tuoi autori patiscono i critici?
«Tantissimo. E io continuo a dire: si chiamano critici. Criticano. Ma Panariello quando legge critiche ingiuste soffre».
Tu li patisci i critici?
«Prima li odiavo. Ma adesso trovo che hanno quasi sempre ragione. In fondo lavorano per me e lo fanno gratis. Li considero il mio ufficio marketing».
Sei amico di tutti.
«Ecumenico».
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