- 29 Agosto 2002
Mani Pulite, Tangentopoli, abbiamo già cominciato a commemorare gli anniversari. Fra un po’ dimenticheremo tutto. Oppure racconteremo ai nostri nipotini: "C’era una volta Mario Chiesa, il mariuolo?" Antonio Di Pietro la chiama "la fiaba sporca", una favola in cui "ci sono tanti uomini cattivi che si sono appropriati delle istituzioni per farsi gli affari propri". Antonio Di Pietro, non più giudice, non più uomo della provvidenza, ma solo leader del movimento L’Italia dei valori, gira la penisola raccontando la fiaba sporca. Oggi è a Lavarone.
Di Pietro, che cosa è cambiato? Perché c’è questa impressione di sconfitta?
"Mani Pulite è stata una potente inchiesta giudiziaria ideata dalla magistratura milanese con tecniche innovative dal punto di vista processuale e investigative per combattere la mala pianta. Come tutte le tecniche investigative ha sortito buon effetto all’inizio per l’effetto sorpresa. Poi è diventata un simbolo e occasione di emulazione. E l’emulazione è una ciambella che non sempre riesce col buco. Produce anche danni di immagine e di credibilità".
Chi emulava?
"Quelli che si sono svegliati una mattina e hanno pensato che si potesse fare un’inchiesta tipo la nostra partendo dal nulla. Mani Pulite nasce quasi un anno prima dell’arresto di Mario Chiesa. I risultati sono arrivati dopo più di cinque anni di esperienze e di errori, di sofferenze investigative subite, di processi trasferiti. Le emulazioni hanno portato a inchieste che hanno fatto un buco nell’acqua e hanno dato la stura alle malelingue che utilizzando errori investigativi di altri hanno sparato a zero su Mani Pulite".
Tu in particolare sei stato preso di mira.
"Ho avuto accuse durissime. Ti faccio un esempio fra tanti. Hanno detto: Di Pietro sconfitto nell’inchiesta dell’Aquila che ha portato in galera tutti i membri della giunta per abuso d’ufficio. Ma con quell’inchiesta io che ci azzecco?"
Non ci azzecchi?
"No, era roba di altri".
Hanno fatto gravare su te anche il suicidio di Cagliari.
"Che era detenuto per un’altra inchiesta".
Riconosci di aver fatto degli errori?
"Un errore che mi angoscia: non essere stato più duro con Gardini".
Più duro di così?
"Avevamo fatto un provvedimento restrittivo nei suoi confronti ma per alcuni giorni Gardini non si trovava. Io lo facevo cercare tenendo sotto controllo tutto il suo entourage. Un giorno gli avvocati, Mucci e Mucciarelli, mi dissero che aveva deciso di consegnarsi. Ci mettemmo d’accordo: ce lo avrebbero portato in tribunale alle otto e mezza della mattina dopo. Nel frattempo i miei uomini avevano scoperto dove stava, in via Belgioioso a Milano. Io volli rispettare il gentlemen’s agreement fatto con i suoi avvocati con i quali mi ero impegnato a fare in modo che si consegnasse spontaneamente. Se avessi applicato formalmente la legge, se fossi stato più duro, oggi Gardini sarebbe vivo. Lo avrei fatto arrestare dalla polizia che era appostata sotto casa sua".
E invece?
"Alle otto e un quarto ricevetti l’ultima telefonata del suo avvocato che mi avvertiva che stavano arrivando. Un quarto d’ora dopo Gardini si suicidò. Aveva vissuto tutta la notte, fino all’ultimo minuto, con l’idea di consegnarsi. All’ultimo momento, mentre si metteva la camicia, mentre si metteva la cravatta, ha avuto un atto istintivo di rinuncia".
Altri si sono suicidati. Si potevano evitare tutte queste tragedie?
"Il fatto che uno si suicidi non significa che sia innocente. I complici di Gardini sono stati condannati con sentenza passata in giudicato. Per quanto riguarda gli altri suicidi, come Moroni, io rispetto la figlia Chiara che è pure diventata parlamentare grazie al suicidio del padre, anzi non rispetto niente ma ne prendo atto. Posso comprendere la sua giovane età, ma utilizzare la faccia del padre per criminalizzare la magistratura mi sembra del tutto ingiustificato. Moroni era parlamentare, quindi non poteva nemmeno essere arrestato. Il suo suicidio non può essere stato causato dalla minaccia di arresto. Aveva ricevuto un avviso di garanzia rispetto a fatti per i quali tutti i suoi complici sono stati condannati. Quelli che dicono che Moroni è morto innocente sono in malafede. Si tratta di una volgare strumentalizzazione. Nella lettera di addio non dice: "Muoio da innocente". Dice: "Mi sono adattato al sistema". C’è un solo modo per essere certi che nessuno si suicidi. Non arrestare nessuno. Vorrei ricordare che la moglie di Cagliari, quando le contestarono la titolarità di un conto corrente, disse: "Non è mio, non ne so nulla, questi soldi ve li rendo, era roba di mio marito". Io sono stato inquisito ventisette volte. Ogni volta ho detto: "Eccomi qui". Perché sapevo di essere innocente. Quando ero ministro ho ricevuto l’avviso di garanzia a mezzo stampa quando mi trovavo in missione a Istanbul. Che cosa ho fatto? Mi sono dimesso. E, sapendo di essere innocente, sono andato dal giudice. Non sono corso in parlamento a farmi delle leggi che mi facessero evitare il processo".
Ti accusano di aver fatto figli e figliastri. Di aver indagato solo a destra risparmiando la sinistra.
"Quando indagavo quelli di sinistra sono stato accusato da tantissime persone di sinistra che dicevano che ce l’avevo con loro. Essere accusato da tutti significa una sola cosa: ho fatto il mio dovere".
Sei stato anche corteggiato sia da destra che da sinistra.
"Gli elettori del centro destra devono guardare all’Italia dei Valori come a una formazione politica che prescinde dalle ideologie, che cerca di mettere insieme tutte le persone che credono che sulla questione morale si possa trovare l’unità. Gli elettori di destra devono riflettere. Stanno votando dei partiti i cui leader hanno venduto la loro anima al diavolo, il diavolo Berlusconi, il quale fa credere lucciole ma prende lanterne. Le leggi che vuole Berlusconi sono l’antitesi dell’ideologia della destra o degli amici della Lega".
Ma alla fine sei di destra o di sinistra?
"Sono un uomo della legalità, uno che rispetta le regole e vuole farle rispettare. Se dovessi stare da un parte, starei sempre dalla parte di Davide".
Che cosa pensi di Carrara, unico eletto dell’Italia dei Valori, che ha addirittura presentato il progetto di legge per salverà Previti e Berlusconi dai loro guai giudiziari?
"Carrara è semplicemente lo strumento in mano a una mente sopraffina che evidentemente ha inserito all’interno della mia organizzazione un soggetto al quale poi ha fatto avere anche qualche voto di preferenza in più. Carrara è un povero uomo. E’ non è il primo. Nella vita ogni dodici persone il tredicesimo è un Giuda.
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