- 22 Giugno 2006
Più di 100 tra ministri e sottosegretari. Ma solo 20 donne. Nella politica italiana il conto delle Pari Opportunità continua a non tornare. Questa volta però al governo c’è la sinistra. Anna Finocchiaro, ex magistrato a Catania, da anni dirigente dei Ds, ex ministro delle Pari Opportunità, oggi capogruppo dell’Ulivo al Senato, alle donne e alla giustizia ha dedicato una vita. Dice: «Le donne che ricoprono una carica politica subiscono una delegittimazione preventiva quando i media le rappresentano attraverso le caratteristiche fisiche, si soffermano sulla loro bellezza e sulla loro eleganza. Si arriva all’assurdo che spesso gli articoli in cui si parla delle donne in termini di look e di bellezza sono accompagnati da un altro articolo in cui ci si scandalizza del fatto che le donne non hanno possibilità di fare carriera in politica».
Dai Ds, arrivano segnali negativi. Le donne sono più della metà della popolazione italiana. Voi ne avete fatte eleggere solo il 23%. Rifondazione Comunista il 50 %.
«Il mio partito si sta sforzando. Ma non è facile. C’è anche una diffidenza femminile verso la politica. Ho tentato più volte di coinvolgere in politica donne di successo. Ma non sono così disponibili a farsi valutare da un mondo che secondo loro non ha il metro giusto. Alla fine quelle che vogliono mettersi in politica sono poche».
Quello che diceva Berlusconi.
«Lui diceva il contrario. Non trovava donne perché non volevano abbandonare figli e marito. Berlusconi le donne italiane non le conosce. Dovrebbe chiedersi come mai le donne vogliono essere protagoniste in tutti i campi tranne che in politica».
Gli uomini non vogliono cedere il potere. Succede anche fra i Ds.
«Al 50% non ci siamo arrivati. Ma è una strada che stiamo percorrendo. Uno molto convinto è Piero Fassino, vede il problema come una «mission» politica. Un altro è Massimo D’Alema. Lui sceglie le donne perché ne riconosce la qualità».
Non sono convintissimi. Oppure qualcuno rema contro.
«Diciamo che sono ancora degli outsider».
Facciamo un governo con uomini vicini ai problemi delle donne. Un governo di uomini «femministi».
«Tentiamo. D’Alema ministro degli Interni, Prodi dell’Economia, Bassolino del Mezzogiorno, Stefano Rodotà della Giustizia, Fassino degli Esteri, Bertinotti delle Pari Opportunità. Per Grillini inventiamo il ministero dei Diritti. Nota una cosa? Dietro ad ogni uomo giusto c’è una donna giusta».
Le donne hanno educato i loro uomini?
«Forse. Oppure gli uomini hanno fatto una buona scelta».
Più che le quota rosa, ci vorrebbero le quote giovani. I politici sono vecchi.
«Questo è un Paese ingessato, manca il rinnovamento delle classi dirigenti».
Berlusconi l’ha fatto.
«È vero. Ma più per l’immagine che per la sostanza. Politiche giovanili non ne ho viste in questi cinque anni».
Voi che cosa farete?
«Con Luigi Zanda stiamo ragionando su un’associazione di 30-40 ragazzi di massimo 35 anni che ci diano spunti, osservazioni, punti di vista sul mondo. Noi corriamo il rischio di non vedere quello che succede».
Anche perché vivete una vita di privilegi, non fate code, non andate in autobus, avete l’autista, viaggiate sulle corsie riservate. Siete fuori dal mondo.
«Un dirigente politico incontra ogni giorno centinaia di persone comuni».
Ma non avete le difficoltà della gente comune. Lo voglio vedere Andreotti che fa la coda alle poste.
«Ma neanche il grande dirigente di banca…».
Veniamo al governo vero. Mettere una donna alle Pari Opportunità è facile. Figuriamoci se ci fosse il ministero della moda…
«Darebbero anche quello a un uomo perché è un grande business».
Prodi ha dato alle donne solo sette ministeri.
«I ds hanno otto ministeri e tre li hanno dati alle donne».
Il 26 per cento. Non si migliora di molto.
«Ma è già un miglioramento. Mi auguro che indichi una prepotente tendenza».
Ha detto: un uomo, con il mio curriculum, lo avrebbero fatto Presidente della Repubblica.
«Lo dicevo scherzando».
Continui a scherzare.
«Le posso dire una cosa: il Paese è pronto ad avere una Presidente della Repubblica donna».
Chi potrebbe essere?
«Cinque donne come minimo potrebbero fare la Presidente della Repubblica. E anche abbastanza giovani».
Si è detto: Bindi, Bonino, Contri, Finocchiaro…
«È un giochino dei giornali, anche questo delegittimante. Ma tra sette anni sarà una questione seria».
Fin dove vige la meritocrazia le donne hanno successo.
«Si chiama soffitto di cristallo: le cariche più alte le vedono, ma un soffitto di cristallo impedisce loro di salire».
A prescindere dalle donne, la sinistra non sembra essere partita bene. Queste corse alle dichiarazioni…
«In questi cinque anni ci siamo preparati con determinazione. Come se fossimo stati lì con la macchina ferma, il freno tirato, il piede sull’acceleratore. Al via, la macchina si è ingolfata. Ma vedrà: recupereremo brillantemente».
Nel frattempo, se incontra la Melandri, le dica di non usare la frase «Lasciateci lavorare».
«Può ricordare la destra degli anni passati».
Appunto. Se continua così dirà anche: «Quando sono scesa in campo…».
«Glielo dirò».
Quando lei era ministro, tra i suoi progetti c’erano l’assegno al lavoro casalingo, il cognome doppio, l’otto per mille alle associazioni a favore delle donne.
«Per la questione del doppio cognome fui coperta di insulti. Su Repubblica Luciano De Crescenzo scrisse persino che alle Pari Opportunità c’era sostanzialmente una cretina che non capiva come funzionasse il sistema informatico e che la sua proposta avrebbe bloccato tutti i sistemi di anagrafe».
Sa come sono gli informatici…
«De Crescenzo non è un informatico. È un misogino che se la tira da informatico».
E le altre proposte?
«Ogni volta che si parla di una cosa che riguarda le donne, la risposta è: non mi pare la cosa più importante da affrontare. Le associazioni femminili non hanno forza di lobby».
Le donne hanno lanciato la trasversalità in politica. Lei ha lavorato anche con Alessandra Mussolini. Salvo poi sentire l’agghiacciante frase «meglio fascisti che froci».
«Quella frase appartiene alla sua cultura politica, ma quando abbiamo fatto la legge sulle violenze sessuali, io l’ho scritta e lei l’ha portata a casa da relatrice, nonostante la perfidia di Tiziana Maiolo che cercò di boicottarla».
C’è ancora un partito trasversale femminile?
«(silenzio)».
Nessuna?
«Stefania Prestigiacomo ha fatto cose coraggiose ma poi non ha avuto la forza di sentirsi libera».
Maria Teresa Meli le ha chiesto una volta se i parlamentari si comportano da «provoloni». Lei rispose sì, ma non fece i nomi. Io quando chiedo a un deputato chi è la parlamentare più bella, ottengo sempre la stessa risposta: Anna Finocchiaro. Insomma: lei è corteggiata?
«Sempre meno. Non so se aumenta l’autorevolezza o diminuisce il fascino».
C’è stato anche un caso di corteggiamento imbarazzante? Un provolone incallito?
«Sì».
Scommetto che non mi dice il nome.
«Ha vinto la scommessa».
Oltre ai provoloni ci sono i voltagabbana… Quando pensa ad un voltagabbana a chi pensa?
«(silenzio)».
L’aiuto: più Pera o Fisichella?
«Pera. Da liberale… radicale… mangiapreti è diventato uno degli esponenti più intolleranti dei teocon italiani».
Più Adornato o Paolo Guzzanti?
«Per l’eccesso di vigore, prima e dopo, direi Adornato».
Più Mastella o Pomicino?
«Loro non sono voltagabbana, sono democristiani».
La sua vita.
«Sono nata a Modica, ho studiato a Catania».
I suoi miti di allora.
«Che Guevara, Enrico Berlinguer…».
Le sue canzoni.
«Un 45 giri di Lucio Battisti, da una parte Balla Linda e dall’altra Acqua azzurra acqua chiara. Ma soprattutto Il cielo in una stanza, Gino Paoli».
Da ragazza lei non si piaceva…
«L’adolescente che si piace non esiste in natura».
Voleva essere più bella?
«Più negli standard. Allora una ragazzina doveva pesare 40 chili, avere i capelli biondi e lisci…».
Lei all’inizio ha fatto il magistrato. Poi il politico. È un percorso opportuno?
«Sì, ma non se si evita di fare il percorso inverso».
Che ne dice del plotoncino di avvocati fatto eleggere da Berlusconi al Parlamento?
«Imbarazzante e sgradevole. A curare gli interessi di Berlusconi in Parlamento erano gli stessi che lo difendevano in tribunale».
Lei, dalemiana, fu fatta ministro nel governo Prodi. Poi nel governo D’Alema, niente… Che cosa era successo?
«Io sono un dirigente politico che capisce i problemi».
Che cosa aveva capito?
«Che c’erano nuova maggioranza e nuovi partiti. Le carte andavano rimescolate. Katia Bellillo aveva lasciato Rifondazione per i Comunisti Italiani…».
E andava premiata col suo ministero delle Pari Opportunità.
«Ma io andai a fare la presidente della commissione giustizia, forse uno dei lavori più belli che abbia fatto, prima della presidenza del gruppo dell’Ulivo al Senato».
Dicono che quest’ultima è stata una soluzione di ripiego.
«La gente pensa che conti di più il ministro che il presidente del gruppo».
Che cosa conta di più?
«Dopo anni di specialismo, di donne e giustizia, ora ho un ruolo politico generale. È il massimo per un dirigente politico ».
Lei si oppose alla Bolognina.
«Ero convinta del no».
Si mise a piangere.
«Un momento di commozione quando arrivò il fax con il nuovo simbolo del partito».
Oggi è pentita di essere stata per il no?
«Molti ragionamenti che facevo nel 1989 non li farei più. ».
Qualcosa del genere lo hanno fatto anche i post-fascisti.
«Hanno avuto del grande coraggio anche loro».
Rimpiange il vecchio partito?
«Era più burocratico ma anche più democratico. Oggi la politica, a causa del comportamento invasivo dei mezzi di comunicazione, prende decisioni senza meditarle in una sede collegiale. Tanta televisione e poca partecipazione».
Mi dice un difetto di D’Alema?
«Fa volutamente l’antipatico».
Perché, è simpatico?
«È una persona deliziosa».
Che gusto prova a fare l’antipatico?
«È timido. Ha un blocco nella relazione con le persone».
Perché ha perso Berlusconi?
«Perché non conosce l’Italia. Crede che corrisponda a quello che pensa lui».
Perché aveva vinto, prima?
«Perché il berlusconismo, cioè l’insieme dei difetti degli italiani, c’era prima che arrivasse lui. E lui lo aveva fatto emergere. Ha avuto un ruolo maieutico».
Ha perso per sempre?
«Ha perso per sempre se continua a recitare pateticamente la parte di chi è vittima dei brogli e dei comunisti. È ridicolo».
I suoi senatori li ha messi sugli scranni in ordine alfabetico.
«In Senato non ci sono posti assegnati. In ordine alfabetico li ha messi Franceschini alla Camera».
Franceschini è un vero democratico.
«È un vero comunista…».
Chi le piace a destra?
«Fini: ha la testa libera, ha preso delle posizioni molto coraggiose. Follini: è un secchione, a me piacciono moltissimo i secchioni, sa sempre di che diavolo sta parlando».
Gli avete già preparato il posto?
«Se accogliesse i nostri inviti… non voglio metterlo in difficoltà… ma avrei molto piacere a lavorare con lui».
Il gioco della torre. Mussolini o Santanché?
«Le donne non si buttano dalla torre».
Allora Luxuria o Grillini?
«Domanda politicamente scorretta».
La ritiro. Amato o Formica?
«Giuliano ha un difetto: è amico mio».
Disse: “Le donne abortiscono per andare in vacanza”».
«È così intelligente che gli perdono tutto».
Da brivido: D’Alema o Fassino?
«Vuole farmi perdere il posto?».
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