- 4 Aprile 1992
Il massimo lo hanno raggiunto Moana Pozzi e Vittorio Sgarbi: 3.209.000 telespettatori all’una e tre quarti di sabato 28 marzo. L’Auditel ha assegnato a Gianfranco Funari e al suo "Conto alla rovescia" un ascolto medio di un milione e 687 mila telespettatori, con uno share dell’11,4 per cento. Un successo clamoroso se si considera la noia che ingenerano nel pubblico le prestazioni televisive dei politici.
E pensare che solo fino a poco tempo fa era considerato il campione della Tv spazzatura, l’esempio negativo. Veniva bistrattato e svillaneggiato da tutti, critici televisivi in testa. Oggi Gianfranco Funari è il difensore della democrazia televisiva, l’uomo che rende umani i politici, che li mette alle corde interpretando la volontà della gente. Il suo "Conto alla rovescia" è considerata da quegli stessi critici televisivi che l’hanno insultato fino a ieri, l’unica novità massmediologica di queste elezioni caratterizzate dalla noia e dalla ripetitività. "Facendo il finto tonto Gianfranco Funari ha costretto i politici a parlare di cose concrete", dice Aldo Grasso, critico televisivo del "Corriere della Sera". Perfino sul "Manifesto", l’ultimo "quotidiano comunista" italiano, Gianfranco Funari è uscito alla grande. "La sua è stata la trasmissione più vivace, più mossa, l’unica in cui i politici venivano messi alle corde e si arrabbiavano", dice Norma Rangeri, titolare della rubrica televisiva. "L’avevo sempre considerato un imbonitore", spiega Gian Franco Ven‚, critico televisivo dei quotidiani locali del gruppo Repubblica ("Tirreno", "Nuova Sardegna", "Mattino di Padova", ecc.). "Invece ci ha riportato ai vecchi tempi della "Tribuna Politica" di Granzotto e Zatterin". Anche Sergio Turone ("Unità") è entusiasta di Funari. "Con i suoi ammiccamenti spiritosi dà al pubblico l’impressione che il candidato sia sulla graticola". "E’ stata la rivelazione, l’unica trasmissione che guardavo volentieri", dice Pino Corrias ("La Stampa"). "Non sentivi mai parlare di schieramenti, di formule. Solo problemi concreti. O personali. Come sta la sua mamma? Lei quanto guadagna? E quanto spende per la campagna? Ha sempre usato un tono colloquiale, ma con competenza".
– Funari, è contento di questo successo improvviso?
"Quale improvviso? Sono settimane e mesi che io preparo questo successo. Non c’è nulla di casuale".
– Ma come lo spiega?
"La mia trasmissione, a differenza di tutte le altre Tribune Elettorali, ha il senso del tempo aritmico".
– Sarebbe a dire?
"Le altre tribune hanno domande e risposte, tutte bene ordinate e dosate. La mia è una macchina che cambia marcia in continuazione. Favorisce tensione e nervosismo, passioni e scatti d’ira. Qualcuno dei politici è stato anche insultato. Da me non c’era la solita palude di cortesia".
– E che cosa ci ha insegnato il successo della sua trasmissione?
"Che è finita la politica da salotto. Una volta la gente diceva: governo ladro. Adesso dice il nome del ladro, il nome del partito e che cosa ha rubato".
– Come hanno reagito i politici?
"I cavalli di razza hanno superato l’ostacolo, i brocchi no".
– Qualche nome?
"I migliori sono stati tra i socialisti Reviglio e Martelli. Tra i democristiani Usellini. Poi Colombo della Rete, Occhetto e Chicco Testa del Pds".
– E i peggiori?
"Aniasi, ma era la prima puntata, non sapeva bene di che cosa si trattava. Gli altri poi hanno potuto prepararsi meglio".
– Formica non ha fatto una bella figura…
"Si è scontrato con la giornalista Lucia Borgia del "Mattino" di Napoli. Ma Formica è risultato sgradevole solo perché se l’è presa con una donna. Era nervoso, in fibrillazione come tutti. Perché tutti si aspettano di essere graffiati. Come poi succede".
– Come si spiega che i politici vengano da lei a farsi graffiare?
"Quelli intelligenti perché capiscono che conviene. Il talento è amico della violenza e della crudeltà in trasmissione. Formigoni io lo trattai malissimo sulla questione del voto cattolico. Dopo la trasmissione mi ha telefonato per ringraziarmi".
– Perché i giornalisti da lei sono aggressivi e altrove compiacenti?
"Perché da me il clima è diverso. Il giornalista vede l’aggressività e si adegua. E poi io sto attento a non scegliere i giornalisti parlamentari, quelli che vogliono mettersi al livello dell’intervistato, vogliono dimostrare di essere preparati e instaurano un dialogo tra sordi".
– Nel complesso che cosa ha capito lei di questi politici?
"Che tra loro e la comunicazione c’è lo stesso rapporto che c’è tra me e il centrocampo del Milan. Devono ancora imparare l’abc della televisione. Sono all’anno zero".
– C’erano molte richieste?
"Quando hanno visto gli indici di ascolto è cominciata la coda. E abbiamo dovuto fare la trasmissione bis, quella serale, per accontentarli tutti".
– Anche le Tribune Elettorali della Rai, quelle di mezzogiorno, hanno fatto un buon ascolto…
"Guardi con non si può fare il confronto. Italia 1 io lo chiamo il Sesto Tasto, cioè quello che si preme dopo gli altri cinque. E poi non si vede in tutta Italia. E poi "Conto alla rovescia" ha tre minuti di pubblicità ogni dodici. E non bastasse aveva contro nientedimeno che i Tg".
– Perché ha invitato tutti quei socialisti?
"E’ vero, ho invitato molti socialisti. Ma ogni azienda ha i suoi percorsi preferenziali. Io li accetto se loro accettano anche i miei percorsi. Vedremo poi se è stata una buona idea. Potrebbe essere stata anche una mia drittata politica".
– Potrebbe essere più chiaro?
"Finita la trasmissione io ho aperto i telefoni invitando la gente a dare un voto, da 0 a 10, ai politici".
– Chi ha vinto?
"Non posso dirlo perché utilizzerò questi dati per le mie prossime trasmissioni. Posso dire però che una persona ha ottenuto la media del nove. E posso anche dire che i buoni voti non erano necessariamente legati alla notorietà".
– Lei diceva sempre che la sua trasmissione nasceva dal fatto che lei non sapeva per chi votare. Adesso lo sa?
"Certo che lo so".
– E ce lo dice?
"No che non ve lo dico. Voglio rimanere sempre libero. Voglio sempre stare dalla parte della gente".
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