- 13 Maggio 2004
La sua rubrica si chiama l’«Anticentro». Giordano Bruno Guerri, 53 anni, scrittore e giornalista, direttore dell’Indipendente, odia la moderazione. «È una vita che combatto chi accontenta tutti e non fa mai niente di deciso», spiega. È la persona adatta, Guerri, per parlare di terzismo. Dice: «Se terzismo è dare un colpo al cerchio e uno alla botte sono contro»
Terzismo è una cosa diversa. Terzista è uno che dichiara la parte in cui sta, ma è disponibile a riconoscere le ragioni dei suoi avversari e i torti dei suoi amici.
«Io credo che la Ragione sia a destra. L’individualismo, il liberismo, il liberalismo, il libertinismo, il libertarismo. Ma a sinistra ci sono un sacco di buone idee».
Bene, hai superato l’esame da terzista.
«È una vita che do torto a quelli che la pensano come me».
Qualsiasi intellettuale dovrebbe essere terzista.
«L’Italia non è un Paese di terzisti, è un Paese di tifosi. Guelfi e ghibellini, Coppi e Bartali. Prendi Dante. Grande poeta ma fanatico politico. Terzista per niente».
Pierluigi Battista si è autoiscritto al partito dei terzisti.
«È un terzista sicuramente. È molto intelligente. Ma è un gran paraculo. In Italia c’è molto paraculismo».
Spiegati meglio.
«Paraculo non è offensivo. Uno può anche essere onesto e leale. Però mette nelle sue azioni opportunismo sufficiente a non provocarsi cose sgradevoli ».
Fammi un esempio di opportunismo.
«Il Secolo. Il giornale di An ha ignoratocompletamente l’anniversario della morte di Mussolini».
Tu sei un paraculo?
«Probabilmente sì. Ma la mia caratteristica più bella è che non ho progetti. Mia moglie, Gaia de Beaumont, mi ha lasciato proprio per questo».
Eppure la vita ti arride. Sei stato direttore di Storia Illustrata, direttore editoriale della Mondadori, direttore di Chorus. Adesso direttore dell’Indipendente. I tuoi libri sono tutti grandi successi.
«Tutto piovuto dal cielo. Mai fatto nulla per ottenerlo».
Quindi non sei un paraculo.
«Per mancanza di paraculismo ho litigato con due miei carissimi amici: Aldo Busi e Leonardo Mondadori. Con Leonardo litigai quando in preda alle sue crisi da Opus Dei bloccò all’ultimo momento il mio libro sulle confessioni Io ti assolvo».
Concludendo.
«È tutta la vita che lotto contro la Chiesa, sono stato scomunicato due volte. La Chiesa è un nemico potente, implacabile, sotterraneo, che ti fa del male. E io sono andato a rompere le scatole proprio al mondo cattolico, con il libro su Santa Maria Goretti, con quello sull’eretico Bonaiuti, con quello sulle confessioni».
Torniamo a Battista.
«Scrive sulla Stampa quei bei pezzi sulle contraddizioni degli intellettuali. Spesso ha beccato anche me. E aveva ragione. Possibile che Mieli, il suo grande amico, non abbia mai detto una cosa sbagliata?».
E Giuliano Ferrara?
«È un uomo di grande intelligenza, passione e astuzia. È terzista: se la destra fa una stronzata lo dice. Se la sinistra fa una cosa buona lo ammette. Ma non si può essere terzista a giorni alterni. Su Sofri è di un fanatismo assoluto. Non è disposto a riconoscere nulla delle opinioni degli altri. Vuole Sofri libero. Chiuso».
Tu lo vuoi in prigione?
«Ho letto i pezzi di Sofri su Lotta Continua e sono proprio una cosa tremenda, istigazione all’assassinio. Poi, dopo tutti quei processi, o crediamo alla magistratura o non ci crediamo. Ma io voglio che chieda la grazia e lo si grazi. Dopo verrà il peggio. Ce lo troveremo subito deputato».
Mieli è terzista?
«Se non è terzista lui! Lo ha inventato lui il terzismo!».
Galli Della Loggia è terzista?
«Qualche volta pecca di schieramentismo. Quando Berlusconi vinse le ultime elezioni scrisse un editoriale dandogli istruzioni di governo e autonominandosi suo consigliere. Ma non per opportunismo. È onesto. Gli piace studiare, scrivere. Anche lui mi sembra un terzista. Come Panebianco, come Sergio Romano».
Chi non è terzista?
«Vittorio Feltri. Anche se a volte fa cose da terzista. Quando Forza Italia voleva proibire ai bambini di andare alle manifestazioni titolò: “Ma non era la Casa delle Libertà?». Bellissimo. Il suo vice, Renato Farina, è un vero talebano. Non abbandona mai la sua posizione di baciapile».
Di qua i terzisti e di là i talebani.
«Talebani come Franco Cardini, che ormai è diventato musulmano. Come Fede. Paolo Guzzanti è un talebano assoluto. Sono talebani molti direttori di giornali come Curzi. Un caso curioso è Furio Colombo. A New York ci frequentavamo molto. Era duttile, colto, amava delle sfumature. E adesso me lo ritrovo talebano».
Altri talebani?
«Scalfaro. Non l’ho mai riconosciuto come mio Presidente della Repubblica. Gira col distintivo dell’Azione Cattolica. Ma si può? È il peggior presidente che l’Italia abbia mai avuto».
Belpietro è terzista o talebano?
«Con tutto il bene che gli voglio è un talebano strutturale alla funzione. Lo fa per professione, un po’ come Colombo».
Polito, il direttore del Riformista?
«Lo conosco poco, è simpatico e fa un bel giornale. Quando io e Ferrara attaccammo Fini per la storia della cultura musulmana, Polito scrisse un editoriale che cominciava: “Guardate un po’ se devo essere io a difendere Fini dagli attacchi di due giornali di destra”. Però è un po’ sfigatino, vende 2.800 copie».
Il Foglio quanto vende?
«8.900 di media».
E voi?
«Adesso 10.200».
Sul primo numero hai pubblicato una falsa lettera di Ferrara.
«Uscivamo il primo aprile e mi sono inventato uno scherzo. Una lettera di Giuliano: “Come augurio ti do un piccolo scoop: domani mi dimetto”».
E lui?
«Se l’è presa. Giuliano non è spiritoso. Da allora ci chiama “pitipiti”. Da Pitigrilli, autore che sicuramente non ha letto».
Gli intellettuali onesti dovrebbero essere tutti terzisti.
«Non lo sono, sono storicamente delle schifezze. Campando alla corte dei principi sono diventati dei leccapiedi. Però oggi la situazione è un po’ migliorata».
C’è ancora l’intellettuale che fa schifo?
«Il peggio del peggio del peggio non mi viene in mente. Se proprio vuoi un nome, direi Socci. Però è un avversario piccolo. Non vorrei considerarlo pericoloso».
Socci non è un avversario piccolo.
«È un talebano della peggior specie. Era vicedirettore di Rai Due con delega sull’informazione per volere di Berlusconi. E bloccava ogni idea che andasse fuori dalla sua linea. Che non è una linea culturale».
Bloccava anche te.
«Anche me. Una volta il direttore di Rai Due, Antonio Marano, mi disse: “Tu mi piaci molto ma Socci non ti vuole”».
Il Foglio ti ha dato del cocainomane per mano di Andrea Marcenaro. Non è stata una polemica elegante.
«Più che l’ineleganza è l’errore. È una notizia vecchia. La cocaina risale ai tempi in cui facevo la trasmissione in tv, 1995-1997. Se dai una notizia vecchia di sette anni sei un cane di giornalista».
Marcenaro è un servo?
«Ha agito con la spranga su ordinazione ma anche per odio personale. È uno stalinista, un katanga. Ferrara è stato furbo. Ha mandato avanti il rozzo Marcenaro».
Perché l’hanno fatto?
«Per denigrare il concorrente. So che hanno dedicato una riunione al problema di come sputtanami. Qualcuno ha proposto di dire che sono un maniaco sessuale, che non me ne faccio scappare una, il che è vero. Ma poi hanno deciso di no, perché questo mi avrebbe reso fascinoso, vincente e paraculo. E allora è saltata fuori la coca, per scandalizzare tutta la destra».
Perché facevi uso di coca?
«Era la paura della telecamera. Quasi tutti quelli che fanno tv tirano. Una volta invitai in trasmissione quelli dell’antidroga con i loro bellissimi cani. Non avvisai gli altri studi, come pare si debba fare in questi casi. I cani cominciarono a correre per corridoi e camerini. Impazziti».
Non sembreresti un pauroso.
«Per tutto il mese prima della trasmissione ho avuto un incubo. Si accendeva la lucina rossa ed io dicevo: “Buongiorno” e poi scoppiavo a piangere».
Come hai fatto a smettere?
«Ma questa è una domanda che si fa ai tossici! Ho smesso perché ho deciso di smettere. Però è stata dura. La cocaina dà una dipendenza psicologica tremenda».
Su Vanity Fair ho letto che sei anche un ubriacone: «Arriva Giordano Bruno Guerri con l’aria un po’ alticcia».
«È di nuovo una notizia vecchia. Adesso sono astemio integrale».
Ubriacone, cocainomane. Ti dicono di tutto. Manca gay.
«Lo diranno sicuramente, prima o poi. In effetti ho anche avuto qualche esperienza omosessuale».
Non ti sei risparmiato niente.
«Ho avuto dei periodi di forte attività omosessuale però sempre infinitamente meno rispetto all’eterosessuale. E comunque mai con un amico. Con Aldo Busi abbiamo vissuto insieme tre mesi senza che succedesse niente. Mai avuto un amore omosessuale. Mai un rapporto continuo. Mordi e fuggi. È sempre stata una cosa secondaria, lecitissima, che mi divertiva, e forse, anzi spero, tornerà a divertirmi. Magari fra tre anni tornerò a New York e mi ributterò per saune».
Saune?
«Certo, io non sono tipo da discoteche. Piuttosto cespugli, bagni. Dark room. Non vedi chi c’è e chi tocchi. Ottimo».
Piaci più agli uomini o alle donne?
«Alle donne. E molto. Io sono bellissimo, simpatico, intelligente, famoso, ricco. Vuoi che non piaccia?».
Bellissimo?
«Tu non mi vedi bello?».
No.
«Guarda che profilo etrusco. Insomma, non sono un cesso».
Una volta hai criticato un centro sociale. Hai detto: «La legalità è importante». Ma tu non sei un libertario?
«Con un forte senso etico. A me andava benissimo che fumassero, facessero musica e sesso. Ma non si può scardinare il principio della proprietà privata».
Tu hai scritto sul Giornale: «Un Paese che avesse dei servizi segreti avrebbe provveduto a prelevare e far tacere per sempre Bettino Craxi».
È una cosa di cui mi vergogno profondamente. Ho infierito su Craxi con fanatismo giornalistico, senza la freddezza dello storico. Ho fatto il giustizialista, io che sono un garantista totale».
Eri anche dipietrista.
«È vero. Ho scritto: dai Di Pietro, forza Di Pietro! Adesso Di Pietro mi fa anche orrore fisico».
Facile essere dipietristi quanto tutti sono per Di Pietro. Sei un conformista?
«Era un periodo rivoluzionario, nei nostri piccoli termini borghesi. I periodi rivoluzionari sono estremisti per forza».
Hai portato via qualcuno al Foglio?
«Ruggero Guarini e Pierluigi Diaco».
Diaco si è dimesso prima.
«Diaco è un caso di paraculismo puro. È uno che progetta la carriera. Alla sua età guadagna moltissimo e fa quello che vuole. Il suo obiettivo prossimo è scrivere sul Corriere della Sera. Ha delle ottime antenne. Ha capito che Il Foglio non gli poteva dare niente di più. Sapeva da dicembre che avrei fatto questa cosa e si è dimesso per tempo. Il mio amico Diaco è un leccapiedi: cerca di farsi più amici possibile e di non farsi nemici. Ma io lo stimo, le sue idee mi piacciono. Anche lui è un terzista. È stato a sinistra, adesso sta a destra. Il suo è terzismo-trasversalismo».
Conosci Berlusconi?
«Un giorno del 1981 io e Alain Elkan facemmo un provino per Berlusconi. Ma ci bocciò. Dopo l’ho incontrato altre volte. Si ricordava sempre l’incontro precedente. Una volta mi ha regalato sei cravatte di Marinella. Con l’etichetta “Marinella for Berlusconi”. E mi ha detto: “Lo so che lei non porta cravatte”».
Vi piacete?
«Credo che non mi ami. D’istinto. Sa che non sono disciplinato. Infatti non mi ha mai preso in considerazione come possibile candidato di Forza Italia, nemmeno quando era a caccia di intellettuali».
Qualche anno fa mi hai detto: «Aborro il fascismo». Adesso ti ritrovo direttore del giornale di Italo Bocchino, deputato di An, partito erede del fascismo.
«Ti dirò di più, Bocchino era il braccio destro di Tatarella».
E allora?
«È semplice. Io faccio quello che voglio. L’editore può solo licenziarmi. Mi ha detto: sono sicuro che mi creerai dei problemi. Però così deve essere. L’Indipendente deve essere te, come Il Foglio è Ferrara”».
Dimmi la verità: Ferrara ti piace o ti sta sulle scatole?
«Averne cento di persone così, che hanno intelligenza, idee, creatività. Ferrara mi piace. Tutto sommato».
E tu piaci a Ferrara?
«Credo di sì, nonostante ciò che dice di me. Sai qual è la differenza tra lui e me?».
Spara.
«Di lui si conoscono solo i suoi articoli. Belli quanto vuoi. Io ho scritto 14 libri di cui tre molto importanti. Cazzo, io lo guardo dall’alto in basso Ferrara».
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