- 20 Settembre 2001
A seguire le cronache rosa del gossip giornalistico italiano sembra quasi che sia stata una delle protagoniste di questa estate. Anna La Rosa, giornalista, popolare autrice e conduttrice di TeleCamere, la trasmissione che ci svela tutte le domeniche la vita privata dei politici, l’abbiamo vista sullo yacht vipparolo di Flavio Briatore. Poi al Billionaire, il locale dove calciatori e letterine spendono 100 mila lire per una minerale non gassata. E subito dopo al centro della festa di TeleCamere zeppa di vip politici, economici e mondani, alla quale i giornali hanno dedicato più spazio che alla festa di Ciampi. C’erano proprio tutti, da Briatore a Gifuni, da Tatò a Gasparri. Potenza dei media che riescono perfino a trasformare una giornalista parlamentare in un personaggio da passerella? Lei non ci sta a questo gioco dei pettegolezzi, a passare dal Parlamento direttamente su Novella 2000. E ricorda la sua professionalità giornalistica, i suoi molti anni passati tra i palazzi del potere a scarpinare, a faticare, a riportare come un segugio notizie esclusive all’Adn Kronos o al Tg2. «Vedi come sono i meccanismi della stampa? Passo per una che ha fatto un’estate vip e invece ho fatte le vacanze con mia figlia Allegra e con mia mamma. A Porto Cervo non c’ero mai stata e ci sono rimasta due soli giorni.
Però la foto con Briatore è un’icona forte di questa estate festaiola.
«Ero ospite di miei amici. Una sera c’è stata una cena sullo yacht di Briatore, amico dei miei amici. Loro erano stati invitati e io sono andata con loro. Ho conosciuto in quell’occasione Briatore. Ho scoperto che è simpatico e brillante».
Pensavi che fosse stupido e antipatico?
«Pensavo che fosse un donnaiolo. Anzi, non mi ero mai posta il problema Briatore. Quando vedevo su qualche rotocalco Flavio e Naomi andavo oltre. Non me ne fregava niente».
Non eri l’unica. E il Billionaire?
«La sera dopo c’era l’inaugurazione. Lui ci ha invitati alla cena dove eravamo pochissimi. Tipo 150. All’ingresso ero fisicamente accanto a lui. Quindi le telecamere, le foto. E sono diventata la fidanzata di Briatore…».
Mica male, dopo Naomi.
«Briatore è una persona con la quale andrei volentieri a cena, se dovessi rincontrarlo. E’ un imprenditore, conosce le cose di cui parla».
Avevo letto che avevi fatto un fioretto a Sant’Antonio. Se vinceva il Polo avresti fatto la dieta.
«Sono arrivata alla taglia 42».
Tutto merito del fioretto?
«Io sono una molto religiosa. A volte faccio pure dei fioretti a Sant’Antonio. Effettivamente sono dimagrita per merito di un fioretto».
La vittoria di Berlusconi?
«I fioretti non si svelano mai. Avevo promesso a sant’Antonio che se una cosa si fosse avverata…».
Tu saresti dimagrita…
«Ma che cosa vuoi che gliene freghi a Sant’Antonio se io dimagrisco? Se quella cosa si fosse avverata, io mi sarei privata delle cose che più mi piacciono».
E cioè?
«Cappuccino, cornetto, pane, pasta, cioccolata».
Non è un fioretto, è una dieta.
«È un fioretto».
Per la vittoria di Berlusconi…
«Il fioretto non si svela».
Si può smentire.
«Non smentisco e non svelo. Non ne parlo».
Allora ti faccio una domanda da intellettuale. È vero che porti biancheria intima sexy? Lo ha scritto Novella 2000.
«Novella 2000 ha solo pubblicato una foto in cui mentre scendo da un’automobile si intravede che portavo calze autoreggenti».
Va bene, dillo a noi. Porti biancheria intima sexy?
«Non te lo dico. È come per il fioretto».
Fine del pettegolezzo. Parliamo di gavetta.
«Ho 42 anni. Sono originaria di Gerace, provincia di Reggio Calabria, nella Locride. Un paese bellissimo, patrimonio dell’Unesco. Sono nata nella contrada Doria. Non c’era nemmeno la strada. Ci si arrivava col mulo. L’acqua la si andava a prendere alla fonte con gli orci sulla testa. I panni si lavavano nelle acque gelide della fiumara e si stendevano sulle ginestre. Mio padre suonava la chitarra, la fisarmonica, cantava. Era un uomo molto allegro. Io e mio cugino Bruno andavamo a scuola a piedi. Le salite erano talmente ripide che avevamo imparato ad andare in groppa alle capre tenendole per le corna. Andavo in giro senza scarpe, seminuda, libera, felice, mia nonna mi aveva insegnato a non aver paura nemmeno dei serpenti, bastava rivolgersi a san Paolo e i serpenti se ne andavano. Sono stata in Calabria fino a sette anni. Poi ci siamo trasferiti a Roma. Fu un dramma».
Addirittura un dramma?
«Parlavo solo dialetto. Ogni volta che aprivo bocca i bambini ridevano. Per la vergogna non chiedevo nemmeno di andare a fare la pipì, e schiattavo. A Doria ero una leader. A Roma un’emarginata. La maestra era cattiva, non aveva un briciolo di comprensione. Alla fine mi disse: “Smetti di studiare. Fai la sarta”».
E come è finita?
«In prima media ho incontrato un professore di lettere molto umano. Mi spiegò che dovevo leggere molto, ad alta voce. Trascorrevo le mie notti a registrare su un vecchio Geloso Il fu Mattia Pascal. Posso ancora citarlo a memoria. Lessi talmente tanto che alla fine ero la prima della classe in italiano. E nei temi prendevo sempre dieci».
Dieci in italiano non lo ha mai preso nessuno.
«È vero. Eppure io prendevo dieci. I miei temi venivano letti in tutto l’istituto».
Quali amici ricordi?
«Maurizio, la prima cotta. A me piaceva lui ma a lui piaceva Emanuela. Eravamo alle medie. Ricordo Claudio Cimpanelli. Il papà aveva una gioielleria. Daniela Salvi, Paola Petrocchi che ancora frequento. Nella mia scuola venivano anche i figli di Modugno».
Oltre la scuola?
«Molto volontariato. Ho lavorato per anni al brefotrofio di Roma con Elena Giannini Belotti. Io mi occupavo dei bambini rifiutati da tutti, idrocefali, handicappati…».
I tuoi miti?
«Mal dei Primitives…».
I tuoi occhi sono fari abbaglianti e io ti sono davanti, yeaaa. Quello lì?
«Mal era proprio bello. Poi Gianni Morandi, Lucio Battisti, Che Guevara…».
Il giornalismo?
«Cominciai a collaborare a Gioia e al Messaggero, ma mi piacevano gli uffici stampa. Mandai il curriculum a tutti i ministri. Mi rispose l’ufficio stampa di Gianni Goria, ministro del Tesoro. Andai a lavorare lì pochi mesi. Una noia».
La politica?
«A 16 anni ero comunista, addirittura trotzkista, giravo con la medaglietta di Trotsky sul gubbino. Poi piano piano, leggendo, sono diventata socialista, lombardiana. A forza di curriculum arrivai all’ufficio stampa di Gianni De Michelis. Una delle intelligenze più fervide, laiche, libere che abbia mai incontrato. Dopo un po’ mi stufai. Andai da Pippo Marra, calabrese come me, proprietario dell’agenzia Adn Kronos…».
Agenzia socialista…
«Sono andata, mi sono presentata e venni assunta. C’era il caporedattore del politico, Guglielmo Gabbi, uno che ci mancava poco che ci frustasse. C’erano Maria Teresa Meli, Francesco Lo Sardo, Ferdinando Regis, Tonino Satta, Mauro Mazza, oggi vicedirettore del Tg1. Alla fine sono andata al Tg2».
Il Tg2 socialista…
«Era la lottizzazione. Ho avuto la fortuna di lavorare con Mimum che era caporedattore del politico. Bravissimo. Poi arrivò Tangentopoli, l’epurazione dei socialisti. E le grandi migrazioni. Socialisti militanti, mica come me, che lavoravano all’Avanti, che andavano da Intini tutte le mattine, che avevano fatto gli spot elettorali per Craxi, scoprirono la gioiosa macchina da guerra di Occhetto».
Di chi parli?
«Non voglio far nomi».
Tu non vuoi far nomi, ma tutti sanno che gli spot per Craxi li ha fatti Lorenza Foschini.
«Mica solo lei. Ce ne sono stati moltissimi che sono riusciti con questo sistema a evitare l’epurazione. Per esempio Michele Cucuzza. Socialisti rimanemmo in pochi, io, Giuliana Del Bufalo, Paolo Cantore, Antonio Bagnardi. Tutti emarginati».
Da chi?
«Dai dirigenti, dal sindacato Usigrai. Amedeo Martorelli, che pure era un socialista e aveva lavorato con Manca a Perugina, mi fece una guerra pazzesca».
Era inevitabile che succedesse in una Rai lottizzata. Tu eri stata assunta in quota socialista, no?
«Tutti venivano assunti in quota di qualche partito».
Poi, quando Berlusconi cominciò la sua irresistibile ascesa, voi diventaste berlusconiani.
«Era ovvio che noi guardassimo a Berlusconi. Eravamo stati messi da parte, eravamo contro i Ds che ci avevano cacciati a pedate, che cosa dovevamo fare?».
Beh, potevate rimanere a sinistra, per coerenza…
«Con quelli che ci avevano presi a calci? Io ero una riformista lombardiana. Niente a che vedere con Occhetto».
Trovi qualcosa di lombardiano in Forza Italia?
«Di lombardiano non trovavo niente nemmeno nel Psi di Craxi».
Chi ti piace di più in Forza Italia?
«Silvio Berlusconi».
Poi?
«Gianni Letta, Franco Frattini, Letizia Moratti, Marcello Dell’Utri».
Ti piace anche Marcello Dell’Utri?
«È una persona colta, preparata, intelligente, ha letto tanti libri, li ha capiti tutti. Quando Santoro lo ha massacrato in trasmissione, lui si è consolato andandosi a rileggere Plutarco tutta la notte».
Tu lo hai visto mentre rileggeva Plutarco?
«Lo so per certo. Vorrei dire una cosa».
Dilla.
«I parlamentari italiani sono bravi, seri, studiano, lavorano. Ma al popolino piace parlare male dei “potenti”».
Chi ti piace particolarmente?
«Mi piace la coerenza, lo stile, la perseveranza di Bertinotti. È un signore…».
Hai scritto che Diliberto è più elegante di Bertinotti».
«No, sono tutti e due eleganti».
Hai scritto che Diliberto è più elegante.
«Diliberto è un intellettuale simpatico, godereccio, ama il buon vino, i libri antichi, la compagnia. Non è lo stereotipo del comunista».
Dei Ds chi ti piace?
«Fassino, Bersani, Livia Turco. E D’Alema».
Anche quando insulta i giornalisti?
«No. Però mi sta simpatico. Tu D’Alema non lo frequenteresti?».
No. È troppo arrogante.
«L’arroganza è un segno di carattere».
Berlusconi non è arrogante.
«Ci sono tanti luoghi comuni su Berlusconi. Tutti falsi».
Tipo?
«Che bisogna mandargli le domande prima delle interviste».
E non è vero?
«Qualcuno dei suoi all’inizio le chiedeva…».
Che è la stessa cosa.
«Ma io non gliele ho mai mandate. Poi che sta tre ore al trucco».
E non è vero?
«Tutti i politici si fanno aggiustare. Anche Cossutta. Berlusconi usa la terra come antilucido, ma se la mette prima, a casa. Poi che si porta dietro i tecnici delle luci».
E non è vero?
«Forse all’inizio. D’altra parte ha Roberto Gasperotti che è molto bravo. Dicono perfino che Berlusconi porta il rialzo delle scarpe».
E non è vero?
«In trasmissione gliel’ho chiesto».
E lui che ha detto?
«Ha alzato il piede e ha detto: “Guardi, non è vero niente”».
Ma il rialzo è interno. Altrimenti sarebbe un tacco.
«L’altezza era di una scarpa normale».
Però Berlusconi si sceglie i giornalisti nei dibattiti. E mette i veti a quelli che non gli piacciono.
«Non è vero».
Vallo a raccontare a Marco Travaglio.
«Da me non è successo. Ma vogliamo parlare di D’Alema?».
Parliamone.
«Ha cambiato totalmente il look. Via i marroncini, i grigi, l’avio, i calzini che gli scendevano giù, le cravatte scialbe. Ha seguito l’esempio di Berlusconi».
Raccontami di quando Rutelli all’ultimo momento ha minacciato di non venire perché non veniva anche Vittorio Merloni.
«Come fai a saperlo?».
Io so tutto.
«Mi arrabbiai. Dissi: “Va bene, non vado in onda perché ormai è tardi. Però faccio un comunicato e lo racconto a tutti”».
E allora?
«Rutelli non è scemo. È venuto».
Chi sono i voltagabbana?
«Quelli che cambiano idea subito dopo le elezioni. Che ripudiano gli amici quando cadono in disgrazia. I voltagabbana ci sono in tutti gli uffici. Cambia il capoufficio e arriva uno del quale il giorno prima si dicevano peste e corna perché rubava, aveva l’amante, era uno sfaticato. Improvvisamente tutti lì a leccare. La Rai è uno di questi uffici».
D’Alema è un voltagabbana?
«No, ma prima ha organizzato il G8 e poi voleva andarlo a contestare. Solo perché non era più al governo. Strumentalizzazione politica? Opportunismo? Voltagabbana?».
Mastella è un voltagabbana?
«Ho chiesto a Fini: “Se giocasse a pallone, a chi non passerebbe la palla?”. Ha risposto: “A Mastella, perché passerebbe la palla agli avversari”».
Ottima battuta.
«Però Mastella non è un voltagabbana».
No? Ha dichiarato che non torna al Polo solo per paura di essere preso per una banderuola.
«Ritiene di essere stato offeso e umiliato».
E quando fu eletto con la destra e se ne andò a sinistra?
«Allora sì. Fu un voltagabbana. E fece anche un errore politico».
Come è nata TeleCamere?
«Furono la Pivetti e Scognamiglio a chiederlo alla Moratti».
A proposito, Pivetti e Scognamiglio sono voltagabbana?
«Non ho approfondito l’argomento… dovrei riflettere. Io TeleCamere all’inizio non la volevo nemmeno fare. La Moratti mi aveva fatto capostruttura e avevo tanti impegni. Per fortuna ho detto di sì. Quando dalla sera alla mattina venni cacciata da capostruttura andai a fare TeleCamere su Rai3».
Perché ti cacciarono?
«Il presidente, Siciliano, aveva deciso di mettere al mio posto Sara Scalia, la figlia di Miriam Mafai».
Ma tu adesso in quale quota sei?
«Sto oggi dove stavo nel ’94. Altri hanno fatto lo slalom. Chi nel ’94 stava con Berlusconi, nel ’96 si è buttato con Veltroni, poi è diventato dalemiano e ora è tornato con il Polo».
Un genio. Urge il nome.
«Nemmeno sotto tortura. Tanto in Rai lo sanno tutti».
Io non lo so.
«Ed è bene che non lo sappia. Io non faccio la spia».
Tu vieni spesso attaccata…
«Alcuni di sinistra hanno fatto interpellanze furiose contro di me. Poi il giorno dopo mi hanno incontrato e mi hanno detto: “Anna, l’ho dovuto fare, me l’ha chiesto il comitato Rutelli”».
Nomi?
«L’onorevole Soriero, l’ex calciatore Mauro. Sempre Ds. Per non parlare di Rosario Olivo. Ha firmato una interrogazione contro di me e poi mi ha detto: “Anna, non crederai che io abbia firmato, vero?”. Un falsone terribile».
La critica che ti dispiace di più?
«L’accusa di piaggeria…».
Non fai domande ma carezze.
«Chi l’ha scritto è un cretino. Ho il mio stile. Non aggredisco gli ospiti. Non punto il dito accusatore come fa Michele Santoro. Ma domande scomode le faccio. Ho chiesto a Berlusconi se aveva il cancro. Altro che carezze!».
Sei amica di tutti.
«Non è vero. Ci sono persone dalle quali non mi faccio offrire nemmeno un caffè. Sono una che manda indietro i regali quando sono troppo importanti».
E i torroncini di Mastella? Li rimandi indietro?
«Quelli no. E nemmeno i torroncini di Salvo Andò e di Cardinale».
Dicono che sei «la Vespa in gonnella»…
«Una giornalista è stimata se fa qualcosa di simile a quello che fa un maschio. Perché non dicono mai di nessuno: “È un’Anna La Rosa in pantaloni”? Se vogliamo ben vedere TeleCamere è arrivata prima di tutti, di Lerner, di Vespa».
Quanto guadagni?
«Mi secca dirlo».
Perché?
«Perché guadagno troppo poco».
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