- 28 Agosto 2003
E’ stata l’unica giornalista italiana "embedded" al seguito dell’esercito americano in Iraq. Causando anche polemiche. E’ giusto che un giornalista segua una guerra praticamente arruolato in uno dei due eserciti? Monica Maggioni sostiene che non c’è tanto da scandalizzarsi. "Io raccontavo quello che volevo". Mezzi soldati e mezzi cronisti? "Vale per gli americani. A volte avevano comportamenti militari". Molti si vantavano di sparare. "Forse qualcuno".
Tu hai sparato?
"Quando c’erano le esercitazioni andavo a vedere. Tutto qui".
Comunque vestivate da soldati.
"Solo quando eravamo costretti a indossare tute Nbc, contro la contaminazione nucleare, biologica e chimica. Ma mettevamo sempre anche qualcosa di chiaramente civile, magliette rosa, foulard bianchi. Per riconoscerci".
Potevate collegarvi a Internet?
"Chi parla di censura non sa che cosa dice. Paolo Serventi Longhi, segretario del sindacato della stampa, ha scritto che i giornalisti embedded erano sottoposti alle peggiori censure. Ma perché non ha mai alzato il telefono per chiedermi se mi sentivo censurata? Gli avrei spiegato che nessuno vedeva i miei pezzi prima che andassero in onda. Ho fatto vedere soldati morti, feriti, ho usato la mia sensibilità, non quella dell’esercito americano. Entravo e uscivo dalle tende, filmavo elicotteri, intervistavo i ragazzi che piangevano dicendo: "Ho voglia di tornare a casa, non ne posso più". E nessuno mi ha detto: "No, questo lede la nostra immagine, non lo fare". Forse che a Bagdad, prima della caduta del regime, si raccontava la guerra con maggiore libertà?"
Non è che a te non ti censuravano perché non contavi niente?
"Certo, quelli in posizione più strategica, tipo gli americani in prima linea, rispondevano agli ordini diretti del pentagono".
Alla fine: ti è piaciuto?
"La prima notte ero sconvolta, sulla mia brandina in mezzo a una camerata piena di soldati. E la mattina dopo, ero nel bagno a lavarmi i denti, ho alzato gli occhi sullo specchio e ho visto dieci enormi soldatoni neri. Mi sono chiesta: "Oddio, cosa sto facendo qui?""
Dormivi vestita?
"Aspettavo che diventasse buio per cambiarmi la maglietta sotto il sacco a pelo. Facevo la piccola contorsionista".
Te la sei andata a cercare.
"Molti mesi prima, quando nessuno ci pensava, avevo fatto la richiesta per l’embedding. Ma poi fu deciso che non dovevo coprire la guerra. Il direttore del Tg 1, Clemente Mimun, aveva scelto altri inviati, la Gruber a Bagdad, Di Mare in Kuwait, la Ferrari in Qatar. E aveva deciso che io avrei dovuto andare a New York. Per me era agghiacciante. Volevo a tutti i costi fare la guerra".
C’era molta concorrenza?
"Da New York ho chiamato il direttore diecimila volte. Mimun mi rispondeva incazzato come un picchio: "Non esiste, servi a New York. Punto". Mi precipitai al Pentagono, feci casino e ottenni l’accredito come "embedded". E alla fine il più contento è stato proprio Mimun. Mi chiamava tutti i giorni. Aveva una grande paura per me".
Come mai le tv italiane hanno mandato quasi tutte donne?
"Fatale convergenza di motivi diversi fra loro. Ci sono più donne giornaliste, ci sono più donne che hanno voglia di farlo fino in fondo, guerra compresa. E poi, tragedia, si è scoperto che la guerra ti dà una visibilità pazzesca".
Un problema di carriera.
"Credimi, non sto pensando a Lilly Gruber che non ne aveva per niente bisogno. In Italia non c’è persona più visibile di lei".
C’è chi ha pianto per non aver potuto essere là dove la storia si compie. Come Carmen Lasorella.
"Se tu sei stata in prima linea, ne hai provato il gusto e l’ebbrezza e poi rimani a casa è una sofferenza mostruosa. E se oltretutto parte una mezzacalzetta, ti girano ancora di più le balle. La guerra è una cosa estrema. Adrenalina galoppante".
Tanto da lasciare la famiglia?
"La mia famiglia è fatta da una persona che fa il mio stesso lavoro, il mio fidanzato, Gian Micalessin".
Che ha seguito la guerra dall’altra parte, dal Kurdistan.
"Da questo punto di vista era molto "divertente", mettendoci mille virgolette. Ci mandavamo e-mail. Buffo no? Io comunicavo con uno che non solo non era embedded ma era addirittura dall’altra parte, potenzialmente dannosissimo".
Non abbiamo detto perché i direttori scelgono le donne.
"Vuoi farmi dire che è strumentale rispetto al fatto che le donne fanno più audience? D’accordo, da parte dei direttori c’è un interesse che va straordinariamente ad incrociarsi con la volontà di chi è disponibilissima a farsi strumentalizzare".
A te va bene?
"Non mi andrà più bene quando al fronte andranno donne scarse ma belle".
Fino ad ora non si è verificato? Hai visto una donna scarsa al fronte?
"Non l’ho vista perché non era embedded".
Insomma una c’era?
"C’era".
Ma tu non ne farai il nome.
"Esatto".
E allora facciamo i nomi delle colleghe che ti piacevano.
"Quasi tutte. Gruber, Botteri, Bigotto, Simoni?"
Sono state criticate quelle, come la Gruber, un po’ troppo glamour.
"Io la invidio e la strainvidio. Dal punto di vista dell’immagine del conduttore Lilly è il meglio che ci sia. Uno la può amare o odiare, però è l’icona del telegiornale italiano. Aveva il dovere di presentarsi bene. Mi sarebbe sembrato singolare che a Bagdad si mettesse scrausa".
Giovanna Botteri racconta che non avevano nemmeno l’acqua per lavarsi.
"Hai notato che Lilly aveva la pinza nei capelli? Quando mai la Gruber in Italia ha la pinza nei capelli? A Bagdad si è inventata questa cosa per sembrare in ordine".
Hai sempre voluto fare la cronista di guerra?
"Da quando avevo sette anni e la mia mamma lavorava in amministrazione al Giorno. I suoi amici erano Marco Nozza, Tiziano Terzani, Nantas Salvalaggio, Natalia Aspesi. Era il mitico Giorno degli anni Sessanta".
Dove abitavi?
"In Brianza e andavo a scuola a Lecco. La politica era una roba molto forte, vivevamo ancora l’onda lunga del ’68. Io ero quella di sinistra, compagnissima. Ricordo scontri furiosi con quelli di destra".
Facevi a botte con i fascisti?
"Un mio compagno, per torturarmi, mi faceva sentire i discorsi del Duce. Un giorno ci siamo proprio litigati di brutto e mi infilò una matita nel braccio. Il resto del mondo era in pieno riflusso. Noi eravamo ancora incazzosissimi. Mio padre era un sindacalista duro della Pirelli-Bicocca".
Il tuo mito?
"Sapevo a memoria tutte le canzoni di Guccini e le so ancora, giuro?"
Anche la Locomotiva?
"Anche la Locomotiva. E’ una palla lo so. Guccini dell’ultima ora è stupendo, musicalissimo. Quello della prima è una nenia".
Come vi vestivate?
"Clarks blu o beige, maglione blu, Lacoste bianca senza coccodrillino".
Il giornalismo?
"Risposi a un annuncio. Era un mensile specializzato di moda. Mi dissi: "Da qualche parte bisogna pure cominciare"."
Alla Rai come ci sei arrivata?
"Con un concorso per entrare nella scuola della Rai di Perugia. Alla fine sono andata due anni in Francia, a Euronews e poi sono approdata a Tv7, con Romano Tamberlich. Non guadagnavo un tubo ma era divertentissimo. Quindi fui assunta al Tg1".
E infine Uno Mattina Estate. Con le note polemiche.
"Ne dissero di tutti i colori. Una principiante alla guida di Uno Mattina! Ma io non ero principiante. Avevo 30 anni".
Rosanna Cancellieri parlò di un’azienda suicida che affidava i programmi alle soubrette o alle monache tristi.
"Io ero la monaca triste. La prossima volta voglio essere la soubrette".
Lorenza Foschini fece notare che lei aveva aspettato nove anni prima di andare in video.
"Anche io. La propria vita professionale non comincia dal giorno del contratto in Rai".
Antonella Clerici disse che eri una miracolata.
"Aveva ragione. Fui molto fortunata".
Forse voleva dire che eri raccomandata. Eri fidanzata con un sindacalista importante. O no?
"Quel fidanzato non sapeva nulla della cosa, lo giuro su mia madre. Fu uno dei classici giochi a scompiglio di Marcello Sorgi. Disse: "Sai che cosa c’è di nuovo? Butto il sasso nello stagno. Scelgo questa qui che è matta come un cavallo"."
Di te dicono: è una che sgomita ma lavora bene, è un’arrampicatrice ma usa la professionalità.
"Mi ci riconosco".
Dici che sei molto amica della Gruber, però con la Gruber hai litigato.
"Mai!"
Dicono.
"Mai, never ever".
Dopo l’11 settembre.
"Sento dire da centomila persone che la Gruber parla male di me, che io e la Gruber abbiamo dei problemi. Non mi risulta. Se succede qualcosa alle mie spalle io non lo so. Ho grande rispetto per Lilly. Per certi aspetti è grandissima".
Apriamo il capitolo voltagabbana.
"Guardata dall’esterno io potrei sembrare una voltagabbana. Vengo da un ambiente di sinistra. Ma ho un fidanzato di destra".
Diciamolo: fascista.
"Forse di testa ma non fa attività politica da 23 anni. Io frequento persone ed amici di destra. Passo delle serate intere con l’occhio sgranato verso il soffitto dicendomi: "Io che cosa sono?""
Che cosa sei?
"Il mio tessuto culturale e famigliare mi ha abituato a guardare all’essenza delle cose. Se non dici cazzate ti ascolto, se dici cazzate no".
Mettiamola così: uno di destra dice cazzate?
"Mi sembrava così dieci anni fa. Oggi faccio molta fatica a tradurre le visioni del mondo in simboli di partito".
Sarebbe diverso se non fossi fidanzata con uno di destra?
"Non sei un bravo giornalista. Non mi hai chiesto com’era andata a finire coi compagni del liceo".
Era la prossima domanda.
"All’università mi sono fidanzata con quel fascista che mi ha infilato la matita nel braccio".
Non è che stai svicolando?
"Mi diverte quando sento "C’è il governo di centro-destra e la Maggioni si è spostata a destra". Ma io vado ancora alle Feste dell’Unità con mio padre. Con lui andrei dovunque".
Domanda precisa, risposta precisa: voteresti per la destra?
"Per la destra italiana?"
Monica!
"Non lo so. Ma se mi chiedi la stessa cosa a sinistra ti direi la stessa cosa".
Voltagabbana in Rai?
"In Rai sono più realisti del re. Una roba agghiacciante. Sono proni anche prima che qualche politico di riferimento o di turno glielo chieda".
Chi è il voltagabbana?
"E’ lo schiavo del potere. Quello che capisce che è più comodo essere in un posto piuttosto che in un altro e si adegua".
Ti viene in mente un nome?
"Mi vengono in mente le facce di tanti servi, ma non farò un nome".
Uno.
"Ce ne sono molti nella politichetta paludosa. Quelli che sono 30 secondi sul melo, 30 secondi sul pero, e alla fine dicono che è venuto il momento di riposizionarsi. Il riposizionato non esiste nel mondo delle idee: o la pensi in un modo o la pensi in un altro. O magari dici: "Scusate, la pensavo così ma ci sto riflettendo". Il riposizionato, invece, è funzionale al guadagno".
E’ più facile essere dei voltagabbana da destra o da sinistra?
"Essere voltagabbana da destra è più plateale. Da sinistra dai meno nell’occhio".
Ritieni normale che uno, come Mastella, prenda i voti di gente di destra e li traghetti in un governo di sinistra?"
"No. Ma allora vedo un intero partito, la Lega, che si è spostato in massa da un governo all’altro".
Parliamo degli adulatori. Fammi un nome.
"Fede. Fin troppo facile".
Troppo facile. L’ha detto Berlusconi che se non ci fosse Fede nessuno parlerebbe bene di lui.
"Fammi pensare, fammi pensare".
Pensi troppo: Bondi? Schifani? Vito?
"Schifani e Vito? Altro che cortigiani. Ogni volta che li sento mi chiedo: "Possibile che non abbiano mai un moto di dubbio? Che Berlusconi non li faccia mai arrabbiare?"."
Andresti a lavorare con Berlusconi?
"Sì. Come andrei a lavorare per Murdoch. O negli Usa. Dipende solo dal lavoro. Sono felicissima di essere in Rai ma non sono Rai-centrica"
I programmi che non ti piacciono?
"Detesto Maria De Filippi, quel trash trascinato, quelle quattro povere casalinghe acchittate come strappone portate lì a urlare con quattro ragazzi "aho, aho". Terrificante".
Vuoi la televisione intelligente?
"Facciamo a capirci: si può parlare di corna, di tette, di culi, di tutto. Non sono per il giornalismo aulico. Però c’è un come. Trovo inaccettabile la trasmissione della De Filippi e sono contentissima che venga fatta su Canale 5 e non sulla Rai.
Proviamo a fare il gioco della torre. Ferrara o Scalfari?
"Salvo Ferrara. Mi diverte da morire. Scalfari è noioso. Ferrara lo vorrei direttore di un Tg folle in un angolo della Terra senza audience".
Previti o Dell’Utri?
"Butto Previti. Mi fa più angoscia. Ma li detesto entrambi".
Giorgino o Sposini?
"Butto Sposini, è così bello che qualcuno se lo raccatta sempre. Giorgino invece lo attaccano tutti".
Gruber o Lasorella?
"Salvo la Gruber".
Non vorrei essere insistente, ma so per certo che tra voi c’è stato uno scazzo dopo l’11 settembre.
"Com’è possibile? Altri forse hanno avuto storie con la Gruber, non io. La vulgata vuole che lei sia partita dagli Usa perché sono arrivata io. Balle di frate Giulio! Non c’è stato mai uno scazzo diretto. Neanche il fuori onda di corsa. Mai. Never ever".
Di Pietro o Furio Colombo?
"Entrambi voltagabbana. Di Pietro l’ho adorato da magistrato e mi ha fatto orrore da politico. Furio Colombo lo butto cinque minuti prima perché l’Unità è l’unico giornale che mi ha attaccato sistematicamente per tutta la guerra".
Chi ti attaccava?
"Maria Novella Oppo. Buttiamo lei già che ci siamo. Ha scritto: "Liberate Monica embedded. L’unica cosa che è riuscita a raccontarci è la marca del dentifricio dei soldati"."
Che dentifricio era?
"Mai scritto. Never ever".
[…] ancora di più oggi che devi combattere le battaglie professionali ai piani alti di Viale Mazzini. In questa intervista del 2003, Claudio Sabelli Fioretti ti chiese “Di te dicono: è una che sgomita ma lavora bene, è […]
Stupenda intervista e grande Maggioni.