- 30 Dicembre 2001
Con questa intervista al più bersagliato dei voltagabbana si conclude una serie fortunata, cominciata il 24 febbraio 2000. Arrivati a quota 85 abbiamo deciso di chiudere, per lasciare al lettore un po’ di acquolina in bocca. Ma come finire? Facile: intervistando proprio il più citato, il re dei voltagabbana. Eccolo dunque, Clemente Mastella, l’uomo della sinistra democristiana che si è presentato alle elezioni con la destra del Polo e che poi è passato a dare man forte alla sinistra dalemiana e adesso, scontento, si agita facendo pensare che, prima o poi, salterà di nuovo il fossato.
Clemente, se ti chiedono qual è il tuo miglior pregio tu rispondi la coerenza. Se io chiedo alla gente qual è il tuo difetto più evidente, mi dicono l’incoerenza. Come la mettiamo?
«Voltar gabbana è nel Dna degli italiani. Non finiamo mai una guerra con quelli con i quali l’abbiamo iniziata. Tra i politici chi non è voltagabbana? Berlusconi era socialista. Rutelli era verde e radicale. Bossi ha dondolato di qua e di là».
E tu?
«Io ero e sono ancora democristiano. Questa è la mia coerenza. Mi sono mosso quando è finita la Dc. Volevo fare un centro ma siamo incappati in Berlusconi che incrocia oggi l’idea moderata più forte che c’è nel Paese. Fino a quando c’è lui in campo è impossibile fare un centro».
Ma se al centro c’è Berlusconi che bisogno c’è di Mastella?
«Berlusconi è più a destra di quello che io immagino come centro».
Vuol dire che la gente è di destra.
«No, vuol dire che lui è di destra ma la gente confluisce su di lui per avversione alla sinistra».
Beh, mica possiamo farlo sparire.
«Sparire no. Ma potremmo farlo diventare presidente della Repubblica. Purché liberi il campo…».
Fassino dice che tu fai danni ma sei leale.
«Dovessi dire i danni che fanno i Ds a noi! Ma sono più voltagabbana io o chi era comunista? Io non lanciavo molotov, io non schiamazzavo contro i poliziotti».
In questo momento il tuo nemico è la Margherita.
«Nemico? Io dico solo no alla Margherita come partito unico, perché non mi piace che un gruppetto di giacobini, di provenienza radical-verdista, occupi un’area che è quella classica dei cattolici democratici italiani. Quello che mi fa arrabbiare è che non capiscono».
Che cosa non capiscono?
«Che è indispensabile un blocco anche modesto di moderati per vincere le elezioni. E anziché ingraziarselo, lo colpiscono, lo riducono a soggezione. Io do fastidio. Nella mia città pur di non far vincere il mio sindaco, quelli della Margherita hanno votato uno che tiene il busto di Mussolini in casa. Al mio paese, Ceppaloni, c’è un’amministrazione fatta da Ds, An, Forza Italia, Ppi, tutti assieme contro me. Mastella voltagabbana? Io sono uno, caro Claudio, che quando ho fondato l’Udeur, mi sono dimesso da vicepresidente alla Camera. Perdendo 120 milioni all’anno. Che nessuno mi venga a dare lezioni di morale».
Resta che sei stato eletto con voti di destra e li hai portati a sinistra.
«Sta attento! Io non sono mai stato eletto, purtroppo, con i voti della destra. Io sono stato eletto nel proporzionale con i voti miei».
Ma la gente votava te sapendo che stavi a destra!
«Sapendo che votava me!».
Che cosa ti da più fastidio in questo momento?
«L’estraniazione… il sospetto… dici una cosa… che c’è dietro? Io dico: “L’Ulivo è in crisi”. Casino. Che c’è dietro? Lo dice Macaluso. Niente. Tutto bene. Allora se mi sospettate, io faccio l’oppositore…».
A forza di sospetti ritorni col Polo…
«Quelli che ragionano così sono anche un po’ cret ini. Io non sono andato di là l’anno scorso quando Berlusconi mi pregava di stare con lui e mi offriva cose incredibili…».
Tipo?
«Decine di parlamentari, incarichi di governo… E io non ci sono andato. Ci vado ora che non mi conviene?».
E quella intervista a Nantas Salvalaggio, su Libero, in cui dicevi che avevi voglia di andare col Polo ma avevi paura che ti dicessero voltagabbana?
«Non era un’intervista. Era un’esortazione. Salvalaggio diceva: “Mastella, ma che sta a fare là, venga con noi!”. E insisteva, insisteva. Per togliermelo dalle palle gli ho detto: “Se vengo con voi mi prendono per voltagabbana”».
Perché il bipolarismo ha prodotto tante dc? Non avrebbe dovuto produrne al massimo due?
«È quello che sogno. In Polonia hanno vinto i postcomunisti. In Italia non possono vincere i postdemocristiani»?
E D’Antoni che era sceso in politica per «scompaginare» e alla fine è andato con Berlusconi?
«Lui se ne va con Berlusconi ma parte dei dantoniani vengono con me. Per questo è importante come mi trattano. In molte città si vince di un mezzo punto per cento. Ma se i miei vengono maltrattati e se ne vanno, io che faccio?».
Adesso mettiti una mano sul cuore e impegnati a dire la verità. Stai andando col Polo?
«Assolutamente no».
Ma stai trattando?
«Sfido chiunque del Polo a dire che sto trattando».
Se ti chiamassero?
«Se si creasse una condizione politica eccezionale, valuterei…ma non c’è questa condizione».
Che cos’è secondo te un voltagabbana?
«Uno che non crede a nulla».
E tu?
«Io credo. Non è voltagabbana chi vota un provvedimento del governo stando all’opposizione come farò io per i professori di religione. Con l’uninominale ognuno ha il patrimonio delle sue idee. Se fossimo in America io sarei fra gli indipendenti».
Ci sarà pure un motivo per cui ti accusano di essere un voltagabbana…
«Mah. Ho trovato un libricino di Bobbio, non ricordo il titolo, in cui scriveva: “Ma quale autorità morale ha Mastella ?”. Capito? Bobbio! Io non sono voltagabbana come Bobbio. Io non ho ammiccato al fascismo come Bobbio. Senatore a vita Bobbio? Senatore a vita del voltagabbanismo italiano».
Nella scala Richter dei voltagabbana…
«Larga parte della classe politica che è passata dalla prima alla seconda repubblica è voltagabbana. Ma se lo faccio io è voltagabbana. Se lo fanno gli altri è lotta politica».
Hai mai fatto compravendita di deputati?
«No. Che potevo offrire?».
Non fare il modesto. Ce ne sono cose da offrire. Quelli della Lega ti accusarono di voler comprare uno di loro.
«C’è stata un’inchiesta. Sono stati scagionati tutti».
Parlami della tua vita a Ceppaloni.
«Dico sempre che sono di Ceppaloni, per darmi un tono. Ma sono di una frazione, San Giovanni, 600 abitanti, dove vivo ancora».
Villa e piscina a forma di cozza.
«Ma quale cozza. Conchiglia semmai. Se vieni al mio paese ce ne sono 15 di piscine».
A forma di cozza?
«No, ma piscine. La piscina è un risparmio. L’acqua è del mio pozzo. E al mare ci vado molto meno».
Quanto ti costa?
«Cinque milioni. Ma perché se Berlusconi ha trenta piscine nessuno gli rompe le scatole?».
Perché non ha piscine a forma di cozza.
«Ma quale cozza! È a forma di conchiglia. Pensa che per vedere se era cozza o conchiglia hanno perfino noleggiato un aereo».
Eri un bel ragazzino da giovane…
«Effettivamente».
Rimorchiavi?
«Ero oggetto concupito di grandi desideri. Però…».
Però?
«Ero cattolico. E seguivo le regole della mia religione».
Questo è uno scoop! Niente sesso?
«Niente. Sono arrivato vergine al matrimonio».
Era dura?
«È stato un grande sacrificio. Mia madre quando si accorse che andavo poco a ballare e comunque non ballavo stretto come gli altri cominciò ad avere strani sospetti. E ogni tanto mi chiedeva: “Ma ti piace Maria? Ti piace Rosaria?”».
Le tentazioni erano tante?
«Quando io insegnavo alle magistrali, tutte donne, in classe venivo acco lto dalla canzone di Tessuto Classe seconda B. Le ragazzine impazzivano. E avevano tutte la minigonna. Lo facevano apposta per disturbarmi gli occhi. Più avevano la minigonna più si mettevano al primo banco».
Fidanzate prima di tua moglie Sandra?
«Laura. Un grande amore, platonico naturalmente. Grandi chiacchierate in autobus. Gli amici occupavano due posti vicini e quando salivamo ce li cedevano. Io ero un capo naturale. Ero considerato un intellettuale dalle mie parti, ai congressi Dc citavo Gramsci, alle riunioni diocesane arrivavo con l’Espresso sotto braccio».
Chi era il tuo amico del cuore?
«Un mio compagno di scuola, Antonio Delcogliano. Suo padre era un grande avvocato. Io ero contento di andare a casa sua perché finalmente mangiavo bistecche. Adesso è aiuto primario di ortopedia al Gemelli. Poi c’erano gli amici del pallone».
Giocavi?
«Ero bravo. Facevo i campionati. Libero. Ruolo nel calcio e stesso ruolo nella politica. Gli attaccanti hanno momenti di splendore ma durano poco, i centrocampisti hanno vita calcistica più lunga. Io sono un centrocampista della vita politica».
Altri amici?
«Ho conosciuto in quel periodo Arturo Parisi. Era vicepresidente dell’Azione cattolica, io dirigente centrale».
Facevi vita di paese?
«Certo. Alle sette di sera, sempre al bar a giocare a scopa e a tressette con un vecchietto, zio Aniello».
Poi giocavi anche con De Mita?
«Nooo. Mai. Lui era maniacale. Voleva vincere a tutti i costi e a me non piaceva dover perdere per farlo contento».
Una volta Padellaro ti ha chiesto: “Quanti siete voi dell’Udeur?”. E tu hai risposto: “Dipende dall’ora”. Al fixing di oggi, quanti siete?
«7 alla Camera e 4 al Senato, quindi 11, o forse 10… cioè… non mi intriga più di tanto».
Oggi chi sono i tuo amici? Chi vedi?
«Orazio, un dentista di Foggia, Salvatore, un notaio grassone di Castellammare, due avvocati romani, Nicola, un imprenditore di Napoli e poi Diego. Sì, Diego Della Valle.»
Che cosa vuoi dalla vita?
«La vita mi ha già dato tantissimo. Posso anche ritirarmi e sono soddisfatto. Io sono come Sordi. Lui non ha mai vinto l’Oscar, io non sono mai stato primo ministro. Però va bene così. Sono il Sordi della politica italiana. Sono la normalità. Quella che dura nel tempo».
Mazzette niente?
«Mazzette a Ceppaloni?».
Concussioni?
«E a chi le faccio le concussioni? Non c’è niente da concutere. Una volta un imprenditore mi chiese una cortesia. Doveva fare una pratica alla Cassa del Mezzogiorno per aprire un’azienda. E io intrigai per fare questa cosa il più velocemente possibile. Un sabato pomeriggio…».
Un sabato pomeriggio?
«Un sabato pomeriggio arrivò da me con una valigetta. Disse: “È per lei”. Aprì la valigetta e c’erano tante mazzette da 100 mila lire. Parecchi milioni. Io richiusi la valigetta e gli dissi: “Io non ho tutti questi milioni, ma li avessi, sarei io a darli a lei, perché con la sua azienda lei ha realizzato 1 50 posti di lavoro in una zona dove la gente muore di fame”».
Roba da libro Cuore.
«È una storia vera».
Chi ti piace a destra e chi a sinistra?
«A destra Marcello Veneziani. Scrive male di me ma lo fa con rispetto. A sinistra continuo a voler bene a Scalfari perché ricordo lo Scalfari dei primi tempi. Eravamo amici. Quando scriveva di me, diceva: “Mastella, bravo, intelligente”. Lui si incazzerà molto per quello che sto per dire».
Dillo.
«Quando entrai nel governo Berlusconi, Scalfari mi disse: “Da ora in poi tu non sei più mio amico, perché hai scelto il mio peggior nemico”».
Beh, comprensibile.
«Però sua figlia Donata lavorava al Tg5. Capisci? La figlia lavora col suo peggior nemico e tutto va bene. Ma io non sono più amico suo».
I giornalisti: quali non ti piacciono?
«Mi incazzo con Guido Quaranta quando scrive sciocchezze su di me. Mi ha fatto incazzare anche Paolo Liguori, quando faceva affittopoli».
Avevi un appartamento di favore?
«Avev o una casa che mi costava un occhio, che ho tentato di ristrutturare, ci ho rimesso un centinaio di milioni e poi alla fine l’ho lasciata, senza mai abitarla, perché costava troppo di affitto, cinque milioni al mese».
Tu vai orgoglioso dell’operazione che ha permesso a D’Alema di diventare Primo Ministro?
«Tutto sommato la sinistra dovrebbe essermi grata. Era la prima volta che un ex comunista diventava premier. Ho fatto un omaggio alla storia italiana».
Cossiga dice che è merito suo…
«Vedi? Allora è voltagabbana Cossiga, no? Invece Cossiga ha il merito e io sono voltagabbana. Cossiga è il monumento storico e io sono lo stronzo».
Hai mai avuto grossi scazzi?
«Con Casini: quando ci siamo divisi è stato un conflitto aspro… Parole brutte… ci siamo mandati al diavolo per telefono. Se ci fossimo incontrati sarebbe finita a calci negli stinchi. Però siamo stati e siamo amici».
Una volta tu hai detto: «Gad Lerner è feroce nell’infierire sui resti della Dc».
«Aveva un atteggiamento saccente. Ci fu un periodo in cui alcuni giornalisti, in nome di un avanguardismo di maniera, tentarono di ammazzare la Dc e lo fecero con maggiore forza quando la Dc era più debole. Lerner era il più determinato».
Abbiamo finito. Mi giuri che non vai col Polo nei prossimi due mesi?
«Non esiste proprio. Fino a quando Berlusconi è in campo, l’area di centro è sua».
Io voglio soltanto che mi giuri…
«Non dipende solo da me. Se sono trattato con rispetto…».
Clemente, allora è vero che vuoi andare di là…
«Cioè… se mi trattano male… io posso stare nella Margherita… federata… oppure fuori della Margherita… faccio l’opposizione… oppositore di centro… Condizioni politiche per andare di là non ce ne sono. Certamente mi intrigherebbe se ci fosse una possibilità politica. Ma non c’è».
Ti faccio un esempio: Bossi tradisce Berlusconi…
«Non è una cosa politica».
Bossi se ne va. A quel punto servono gli 11 dell’Udeur…
«Se Bossi se ne va, i bossiani restano con Berlusconi!».
Clemente, Bossi se ne va e diventano importanti per il centrodestra gli 11 dell’Udeur…
«Parliamone quando non ci sarà più Berlusconi. Quando succederà il terremoto ci porremo il problema. Niente terremoto, niente problema».
Insomma, non giuri…
«Senti, se mi rompono i coglioni e mi cacciano via, non sono io che me ne vado. Se la Margherita per saccenteria se ne fotte di me come ha fatto con Di Pietro e dice “Fuori Mastella!”, sono cacchi loro, non miei. Vogliono vincere o perdere?».
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