- 10 Aprile 2003
Quando diventò ministro della Cultura le battute maschiliste si sprecarono. La leggenda dice che perfino Giovanni Agnelli si lasciò andare a un commento perfido e poco elegante. «Giovanna Melandri? Al massimo le farei fare la segretaria, ma la segretaria di un altro». Una bella donna in un posto di potere è come uno schiaffo per l’establishment. Ci si dimentica buona educazione, galanteria, adulazione, anche buon senso. Giovanna, ti ferì molto la battuta dell’Avvocato? «No. Mi avrebbe ferita se fosse stata vera. Mi telefonò personalmente per smentire di averla mai pronunciata e per chiedermi scusa dell’involontario coinvolgimento».
Purtroppo le battute restano e le smentite hanno voce flebile. Anche la Turco disse: «Giovanna è troppo giovane per fare il ministro».
«E poi abbiamo fatto il ministro nello stesso governo per tre anni. Certo che hai ravanato parecchio».
Effettivamente ho ravanato molto. Non si dimentica facilmente l’articolo di Giancarlo Perna in cui sosteneva che tu avresti dovuto fare la hostess, che avevi il corpo adatto a servire il caffè ad alta quota, che eri «la più nota sventola di Montecitorio».
«Perna l’ho querelato. E ho anche vinto. Con il ricavato abbiamo pagato un seminario dell’associazione Emily sulle donne in politica. Alla faccia di chi ci vuole male. Tanti uomini, tanti pareri, punto. Non ti fermare, passa».
No, io vorrei fermarmi un attimo. Per esempio a quando Claudio Velardi, potente portavoce di D’Alema, disse: «Va bene facciamola ministro. Nel governo ci vuole una bella donna che venga bene nelle foto».
«Come dice Moretti: "Chi pensa male vive male". Poi ho fatto il ministro e credo di aver dimostrato con gli atti pubblici quello che valevo. Punto».
Mi sto chiedendo come mai se una bella donna diventa ministro…
«Vuoi sapere che cosa penso? Penso che in politica la bellezza raddoppia la fatica e i difetti. Punto».
Ma Velardi?
«Velardi era anche uno che pensava che bisognava "normalizzare" i rapporti tra politica e giornalismo. E comunque Velardi non è una pietra miliare della sinistra italiana».
Però il maschilismo a sinistra?
«Le manifestazioni di maschilismo si annidano diffusamente a sinistra. Proprio dove non te lo aspetteresti. Punto. Ma per quanto riguarda me è stato un piccolo fuoco di polemiche che si è sopito rapidamente».
Però il maschilismo in politica?
«Il centro-sinistra sia con Prodi che con D’Alema ha valorizzato la forza delle donne nel governo. Sono arrivate ad essere sei donne ministro e tante sottosegretario. Con Berlusconi sono solo due».
Maschilista la sinistra ma mai quanto la destra.
«Le donne di destra non esistono: la Santanchè ha esordito in politica dando le pagelle di bellezza…».
C’è la Mussolini che piace anche molto a sinistra.
«La Mussolini, comunque la si giudichi, ha coraggio.Si prende delle libertà. Anche quella di votare contro questa guerra. Ma è una sola».
Non si diceva che le donne sono il partito trasversale del Parlamento?
«Roba vecchia. L’ultima volta è stata col governo Dini quando le donne, destra e sinistra, forzarono l’agenda dei lavori parlamentari per approvare la legge contro la violenza sessuale. Dopo non è mai più successo».
Il maschilismo della sinistra fa più impressione.
«L’Ulivo rischia di diventare un monocolore maschile, le sedi di decisione ai massimi livelli sono occupate dagli uomini. Abbiamo una forte presenza femminile fra i parlamentari, ma non ci sono donne nella plancia di comando dell’Ulivo. E si vede».
E perché mai?
«Gli uomini difficilmente cedono il potere e le donne, spesso, si accontentano di essere subalterne».
Adulatrici?
«No, subalterne. Nel centro-sinistra non ci sono donne adulatrici».
E donne voltagabbana?
«Nemmeno. Le donne, purtroppo, sono poco interessate al potere».
Quando eri ministro ti sentivi adulata?
«Le donne sanno riconoscere l’adulatore. Da sempre. Ti dicono: "Ma quanto sei brava ministro". Ma in realtà vogliono un finanziamento o una promozione».
C’era questo clima?
«No. Io avevo instaurato al ministero un clima molto severo».
Mentre oggi?
«Oggi è un via-vai: adulante, adulatori, adulati. Una corte».
Facciamo dei nomi di voltagabbana?
«Un voltagabbana inutile: Baldassarre. Era inutile quando stava a sinistra ed era inutile e dannoso quando è passato a destra. Hanno fatto bene a fermarlo».
Altri?
«Gianfranco Fini. Ha parlato dell’ignavia dei pacifisti contro Saddam. Ma noi lo avevamo sempre detto che Saddam era un macellaio. Fini invece dimentica che nel ’91 era andato insieme a Le Pen a omaggiare Saddam, il macellaio Saddam».
Altri?
«L’amministrazione Bush. Saddam è stato un prezioso agente della Cia grazie alla quale è andato al potere. La sua ascesa fu finanziata dagli americani. Poi quando non è stato più utile, hanno scoperto che era un tiranno».
Qualcuno dice che sei voltagabbana anche tu. Prima occhettiana, poi dalemiana e adesso cofferatiana.
«Né la prima, né la seconda, né la terza. Io penso con la mia testa. Vorrei una sinistra di governo che sappia però essere culturalmente autonoma».
Sei antiamericana?
«Figurati. Per chi ama l’America sono tempi duri. La dottrina della guerra preventiva lascerà in eredità tanto di quell’odio antiamericano da far paura. Paradossalmente il peggior nemico dell’America è George Bush. E poi io in America ci sono nata».
Come Anselma Dall’Oglio, la moglie di Giuliano Ferrara?
«Che crede di avere il monopolio del "born in Usa". L’America è un grande Paese quando esporta i suoi valori, la sua democrazia. Il problema è quando, come oggi, vuole esportarla sulla punta delle baionette. Ma la sua pretesa di dominio militare, hard power, non corrisponde più alla sua egemonia sostanziale».
Anche l’hard power sembra un po’ in difficoltà.
«Avevano parlato di una guerra breve e chirurgica. Invece è la solita mattanza. È una guerra illegittima che non doveva cominciare ».
Come mai sei nata negli Stati Uniti?
«Erano gli inizi degli anni Sessanta. Mio papà faceva il giornalista alla Rai e lo mandarono per quattro anni a New York. E sono nata io».
Sei cittadina americana?
«Italiana e americana. Quando fui eletta chiesi all’ambasciatore americano: "Devo rinunciare alla cittadinanza americana?". E lui mi rispose: "Darling, we love having american citizens in other countries parliaments».
In Italia hai fatto le scuole inglesi.
«Saint Georges. Ma gli ultimi tre anni li ho fatti in una scuola italiana. Un liceo cattolico».
Sei religiosa?
«Lo considero un fatto molto privato. Protetto da Rodotà».
Ma sei un personaggio pubblico. Rodotà non ti protegge fino a tal punto.
«Sono cristiana cristiana. Basta. Tutto qua».
Già che siamo nel privato, sei sposata?
«Ho un compagno con cui vivo da tanti anni».
E le foto del bacio con Piovani?
«Mi appello al quinto emendamento».
Allora torniamo alla tua gioventù. Famiglia?
«Media borghesia. Mamma torinesissima, amica del cuore e compagna di banco di Lisa Foa».
Dicono che eri una sgobbona.
«Lo sono tuttora. Ma non ero una secchiona».
A proposito di secchiona. Tu sei stata protagonista di una epica trasmissione televisiva, prima delle elezioni vinte dall’Ulivo.
«Era un confronto guidato da Lucia Annunziata. Due squadre dietro ai loro leader. Prodi contro Berlusconi».
I leader, la squadra e anche i programmi.
«Programmi scritti, proprio degli opuscoli».
E fu il loro opuscolo il tuo colpo di teatro. Lo sapevi a memoria.
«I leader del Polo non lo avevano letto. Ma io sì. E contestai il passaggio dalla sanità pubblica alla sanità privata».
E loro?
«Apparvero spaesati e sprovveduti. Fini disse: "No, non è vero, non c’è scritto". E io dicevo: "Guarda, leggi!". Barcollavano. Consultavano nervosamente il libretto. Martino diceva: "Ma certo, è il nostro programma". Casini diceva: "No. Fammi vedere. Dove sta scritto?"».
E Berlusconi?
«Provò a dirmi qualcosa di galante…"».
Morale?
«Apparvero scoordinati e fecero una figura penosa».
Tanto che molti sostennero, visto il piccolo scarto di voti alle elezioni, che il merito della vittoria fu tuo.
«Quella trasmissione, secondo un sondaggio, causò un travaso di 800 mila voti. Io non credo però che lo si possa imputare solo ai dieci minuti del mio battibecco». .
Ricordi di gioventù? Musica?
«Elton John, Cat Stevens, Doors, Jimmy Hendrix, Police, Sting, U2».
Politica?
«All’università. Anni cupi. Assassinarono Tarantelli sotto i nostri occhi. Il primo impegno fu una rivista, Scienza e politica. Scrissi un articoletto sui temi dell’ambiente e conobbi Chicco Testa. Era il momento in cui la Lega ambiente nasceva da una costola dell’Arci. E cominciai a frequentarli. Ermete Realacci, Renata Ingrao, Alex Langer e tanti altri».
Che cosa votavi?
«Pci, ma una volta Pdup».
E il lavoro?
«Entrai in Montedison».
Dove c’era Matilde Bernabei, moglie di Gianni Minoli, tuo cugino. Nepotismo?
«No, non fu Matilde a farmi entrare. Entrai con un gruppo di ragazzi dell’università chiamati da Schimberni».
Lavoravi con l’industria chimica e facevi l’ambientalista.
«Col senno di poi devo dire che Schimberni fu un fenomeno non compreso dalla sinistra italiana. Con tutti i suoi limiti, fu il primo a parlare di public company, di management distinto dalla proprietà, di un azionariato diffuso. Se tu pensi che in Italia siamo ancora al capitalismo familiare. Peggio, all’azienda che si fa governo».
In politica hai fatto carriera?
«Quando Ermete Realacci prese la guida della Lega ambiente mi chiese di entrare in segreteria, cioè di fare dell’ambientalismo la mia vita e di lasciare la Montedison. Dovevo lasciare il certo per l’incerto. Non dormii tre notti. E decisi per l’incerto».
E il Pci?
«Occhetto aveva cominciato ad aprire alla cultura ambientalista e cercava rapporti con noi. Poi ci fu la Bolognina e il congresso di Rimini dove fui invitata a parlare come osservatrice esterna. Risultato: fui eletta nella direzione nazionale del Pds».
Tu partecipasti anche all’avventura di Alleanza democratica con Adornato.
«Era il ’91. Movimento referendario, Segni, passaggio dal proporzionale al maggioritario. Alleanza democratica nasceva sull’obbiettivo di costruire quel centro-sinistra che anni dopo Prodi realizzò con l’Ulivo. Provammo a convincere i ds di Occhetto e il Ppi di Martinazzoli a presentarsi alleati nel maggioritario. Ma Alleanza democratica fallì. Da progetto divenne soggetto, anzi soggettino. E io me ne tornai a casa».
Lì cominciò la marcia di Ferdinando Adornato verso la destra.
«Sì, però non metterei Adornato fra i voltagabbana, piuttosto fra gli adulatori. Ma come si fa a descrivere Berlusconi come il più grande statista del secolo? È incredibile che Adornato non abbia almeno il giudizio critico che aveva un uomo come Lucio Colletti».
Chi sono gli adulatori?
«Quelli che non se la cavano nel mondo e si attaccano a qualcuno. In questo momento ci sono molti adulatori in giro perché c’è un signore a cui piace molto essere adulato».
Lasciami indovinare, Berlusconi.
«Se capitasse a me uno che dice: "La Melandri merita il Nobel per la pace", chiamerei immediatamente l’ambulanza».
Molti indicano Velardi, capo dello staff di D’Alema, come esempio di adulazione e di voltagabbana.
«Spregiudicatezza ed eccessiva disinvoltura sono caratteristiche che non ho mai apprezzato. Non è bello che uno che è stato alla presidenza del Consiglio faccia da consulente elettorale per candidati della destra. Ma non siamo nella categoria dei voltagabbana. Siamo in quella dell’opportunismo».
Facciamo il gioco della torre. Socci o Floris?
«Salvo Floris. Il povero Socci è fazioso senza essere professionale. Non mi piace il suo modo di mischiare temi diversi facendo il disinvolto. Alla fine non si capisce niente».
Mentre Floris?
«All’inizio avevo qualche pregiudizio. Ma va sempre meglio. Con Giovanardi che gli dava del nazista ha reagito con compostezza e decisione».
Sgarbi o Urbani?
«Butto dalla torre Urbani ammesso che non se la sia già venduta. Urbani è un ministro inconsistente. Mille volte meglio Fisichella al posto suo. Dicono che Urbani sia un uomo mite ed efficiente. Non è né l’uno né l’altro. E in più confonde Michelangelo con Raffaello. D’altra parte il vero ministro della cultura è Tremonti. È lui che con i soldi stabilisce la politica culturale italiana».
Sgarbi ha detto cose orrende di te.
«Sgarbi è un narcisista che si serve delle istituzioni e non le serve. Ma è stato allontanato dall’inutile Urbani nell’unica occasione in cui aveva ragione, la vicenda della vendita del patrimonio culturale italiano. Per il resto è pessimo. Non sopporta le donne che hanno potere, è uomo di spettacolo, non di governo».
Schifani o Bondi?
«Oh mamma mia! Butto Schifani. È proprio insopportabile. Ha detto in Tv che bisogna impegnarsi a cancellare il debito dei Paesi del Terzo mondo. Che faccia tosta! È proprio Forza Italia ad aver cancellato l’impegno assunto dal governo D’Alema!».
Il Foglio o il Riformista?
«Butto il Riformista. Non mi piace proprio. Preferisco un bel Foglio moderato e filogovernativo rispetto a un giornale che brandisce il termine riformista come una clava per dividere, come il trentottesimo parallelo della sinistra italiana. O di qua o di là. Il giorno dello sciopero generale della Cgil, il titolo era qualcosa tipo "Uno sciopero contro la sinistra"».
Preferisci un giornale di destra a uno di sinistra.
«Certamente. Preferisco una destra intelligente a una sinistra stupida che se la prende più con le piazze che con il Governo. Detto questo, auguri a Polito. A sinistra abbiamo bisogno di tutti».
Ferrara ti piace.
«Sì, ma è un po’ troppo giuggiolone per i miei gusti».
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