- 8 Luglio 2004
È uno dei più famosi e cattivi politologi italiani. Di formazione liberale, è diventato un idolo della sinistra, anche di quella più radicale. Giovanni Sartori, 80 anni, ripercorre, nell’immaginario della gente, la strada di Indro Montanelli. La sua autonomia di pensiero e la sua indipendenza di giudizio lo pongono spesso in contrasto con il mondo di Berlusconi. Tanto basta per farlo diventare un campione della libertà, perfino negli ambienti girotondini. È l’unico italiano che non è mai andato nel salotto di Bruno Vespa. «Non è esatto. Ci sono andato una volta».
Che impressione le ha fatto?
«Vespa è uno che sa il fatto suo. Ma quelle trasmissione non mi piacciono, gong che squillano, ballerine che entrano».
Di che cosa avete parlato?
«Di guerra, di ciecopacismo».
Ciecopacismo?
«La cecità dei pacifisti. Che non vedono nulla, non capiscono nulla e non sanno nulla di nulla. Strada, Agnoletto, Di Pietro, Occhetto».
Anche lei era contrario alla guerra.
«Sapevo che sarebbe stato un boomerang che avrebbe prodotto un’ulteriore esplosione del fondamentalismo. Ma se adesso tutti scappano nell’Iraq, nasce uno Stato terrorista».
Chi c’era a Porta a Porta?
«C’era anche il delizioso Pecoraro Scanio. Una volta di più mi sono convinto che io il mio voto non glielo darò mai».
Dramma del maggioritario.
«Sistema che ho sempre combattuto».
Berlusconi vuole tornare al proporzionale.
«Un giorno sì e uno no. L’uomo è incostante. Però quando lo propose, io mi precipitai dai capi della sinistra: “Accettate subito! Vi salva”».
Loro ci hanno pensato due mesi e Berlusconi ha cambiato idea. Le costa essere nella lista nera della Rai?
«Sopravvivo. Ogni tanto vado su Rai Tre. L’Uno e il Due dal 2001 non li ho più visti. Ma non mi sono ammalato per questo».
Ha mai preso qualche premio?
«Premi di un qualche rilievo mai».
Si dà una spiegazione?
«Chi non fa branco non piglia premi».
Qualcuno voleva farla senatore a vita.
«In fondo dopo Bobbio chi c’è? Ma io, non ho claque di sostegno. Sono soltanto un battitore libero».
Le piacerebbe diventare senatore?
«Nel nuovo Senato non ci vorrei proprio andare. Guardi questo volume. Sessanta costituzionalisti, di destra, di sinistra, di centro, dicono tutti che questa proposta di riforma costituzionale è una schifezza».
È vero che lei se ne andò negli Stati Uniti per paura dei comunisti?
«Chi lo dice?».
Lo hanno scritto in tanti. Gianni Pennacchi, sul Giornale.
«Capirà, bella fonte».
Pierluigi Battista.
«È già persona più assennata. Ma è caduto in errore».
Fisichella, un suo allievo.
«Una cattiveria che gli è scappata una volta che era molto arrabbiato con me. Ritengo che se ne sia pentito».
Lei era anticomunista?
«Sono sempre stato anticomunista. Morto il comunismo, non lo sono più».
Per chi ha votato?
«Mai Pci, Dc, Msi. Sono sempre stato un liberale moderato».
Le fa impressione essere diventato un campione della sinistra?
«Io non mi sono mai mosso. È la sinistra che si è mossa. E meno male».
Lei ha inseminato cultura politica a destra e a sinistra. È il maestro di Fisichella, di Pasquino, di Urbani. Si parte da lei e si arriva dovunque.
«Sono uno studioso che ha allevato studiosi».
Le hanno mai chiesto di entrare in politica?
«Tutti. Anche Berlusconi quando andava a caccia di intellettuali. Ma più osservo i politici e meno mi incantano».
Dicono che lei è altezzoso.
«Certi personaggi sono dei pigmei. È inevitabile guardarli dall’alto in basso».
Ricorda qualche bella rissa?
«Uno dei miei bersagli preferiti è stato Marco Pannella. Un grande esibizionista, con l’Ego sempre in erezione. Avrebbe fatto bene al circo. Con quei finti scioperi della sete».
In che senso finti?
«Nel senso che beve».
Altri bersagli?
«Bertinotti, l’assassino della sinistra».
Si può vincere solo con Bertinotti, si può governare solo senza Bertinotti. L’ha detto lei.
«Ma la sinistra continua a non capirlo e continua a corteggiarlo».
Che cosa potrebbe fare?
«Eliminarlo».
Soluzione un po’ drastica.
«Il doppio turno elettorale lo avrebbe eliminato».
Durante il ’68 il suo bersaglio preferito erano i contestatori.
«Hanno aiutato a distruggere l’università come strumento di trasmissione del sapere. Loro sapevano già tutto. Si consideravano l’inizio della storia. Ridicolo. Ho avuto scontri durissimi quando ero preside di Scienze Politiche a Firenze. Andavo alle assemblee e combattevo».
E la lasciavano parlare?
«Mi hanno sempre rispettato. Avevo avvertito: “Se uno di voi dice che sono un fascista gli tiro il più grande ceffone della mia vita”. Quando Capanna disse: “Formidabili quegli anni”, io commentai: “Formidabili sicuramente per lui”».
Non salva nessuno?
«I sessantottini falliti sono diventati radicali e verdi. Quelli in gamba sono diventati direttori di giornali, grandi scrittori».
Lei nasce bene, da una famiglia alto borghese.
«Mio padre era direttore di un lanificio».
La mamma era bella.
«Bellissima. Ero figlio unico. Appena laureato ho cominciato a insegnare. I vecchi baroni erano accusati di fascismo e all’università non c’era nessuno».
Lei organizzava le famose domeniche a casa Spadolini.
«Gli amici della domenica. Gli inviti erano molto ambiti. E selezionati. Io sono un elitista. C’erano sempre Silvano Tosi, Franco Borsi, Dino Frescobaldi, Alberto Predieri, Michele Castelnuovo. Verso le dieci andavamo a mangiare da Sabatini».
Dicono di lei: è un rompiballe, crede di essere l’ombelico del mondo, è un politologo che non sa niente di politica.
«Chi lo dice?».
Nell’ordine: Berlusconi, Pera e Baget Bozzo.
«L’importante è non essere confuso con Baget Bozzo. Lui non è un politologo, è un sacerdote travestito».
Non si può essere sacerdoti politologi?
«Che libri ha scritto? Dove ha insegnato?».
Lei è l’ombelico del mondo, dice Pera.
«Il mondo è fortunato ad avere un bell’ombelico come me. Io conosco Pera da quando era assistente di Francesco Barone a Pisa. Pera non era molto bravo. Ha avuto perfino difficoltà a vincere i concorsi quando tutti li vincevano facilmente. Non ha mai avuto molto prestigio. La sua materia dovrebbe essere peralogia. Lui era cultore dell’anarchia del metodo. Ma se c’è metodo non ci può essere anarchia, anche un professore di peralogia dovrebbe arrivarci».
È presidente del Senato.
«Di forza propria non ne ha. Deve vivere di buoni servizi resi a chi lo ha nominato».
E Berlusconi che dice che lei è un rompipalle?
«Lo criticavo spesso. E lui, incauto, mi rispondeva. Io ci andavo a nozze perché me lo mangiavo facilmente, senza eccesso di orgoglio o intenzione di offesa».
Lei ha scritto: quelli che hanno votato la legge Gasparri dovrebbero vergognarsi.
«Non sono stato leggero nemmeno con Ciampi. Secondo me ha fatto la manfrina».
Ma ha rinviato la legge al Parlamento.
«Gasparri era e Gasparri è rimasta. Un po’ di cosmetica e basta. E lui l’ha firmata dopo un’ora. Poteva almeno aspettare un mese. Avrebbe dovuto destruzzizzarsi».
Destruzzizzarsi?
«Smettere di fare lo struzzo».
Lei è terzista?
«Chi è il terzista? Quello che difende il portiere?».
Quello è il terzino. Terzista è l’uomo che dichiara la sua parte ma è disposto ad accettare i suoi torti e le ragioni della parte avversa.
«Tutte le persone serie accolgono gli argomenti della controparte. Terzismo è un vocabolo di invenzione giornalistica».
Secondo lei c’è regime oggi in Italia?
«Se si intende per regime un sistema democratico reso anomalo da una personalizzazione eccessiva del potere allora il nostro è un regime. È curioso che chi mi ha contraddetto più di altri, su questo tema, è stato D’Alema. Che cosa gliene importa? A cosa gli serve dire che non è un regime quello di Berlusconi?».
Dicono tutti che è tanto intelligente.
«In un dibattito fa la sua figura. Ma politicamente sbaglia spesso. Ha perfino sostenuto che il conflitto di interessi se lo doveva regolare Berlusconi da solo. Come dire a un carcerato di disegnare la sua prigione».
Le ultimme elezioni danno il segnale dell’inizio del declino di Berlusconi?
«Si direbbe di sì. Il Cavaliere sa vincere ma non sa perdere. A meno che non abbia mille vite, come i gatti».
Chi è che non le piace a sinistra?
«Oltre Bertinotti e Pannella? I verdi alla Pecoraro Scanio. Non piangerei se scomparissero. E l’assurda coppia Occhetto-Di Pietro».
Era più assurdo il duo Occhetto-Di Pietro o il duo Sgarbi-La Malfa?
«I secondi erano una cosa per far divertire, una sgarbata».
E Scognamiglio-Segni?
«Una cosa patetica».
Lei è uno dei pochi intellettuali che ha difeso Oriana Fallaci nella polemica sull’islamismo.
«Io non ho detto che la Fallaci aveva ragione. Ho detto: “Se queste sono le critiche – e mi referivo a quelle demagogiche di Tiziano Terzani e di Dacia Maraini – allora la Fallaci ha ragione”. Cioè ritenevo la Fallaci migliore dei suoi critici».
Anche Dacia Maraini era demagogica?
«Dacia Maraini scrive romanzi gradevolissimi, ma a ognuno il suo mestiere: lei entrava in questioni di antropologia culturale di cui non sa niente».
Lei guarda la televisione?
«In Italia il meno possibile. La Rai non serve gli interessi pubblici. È vergognoso. C’è solo rumore. Del tutto inesistenti i problemi del mondo. Se scoppia una bomba si fanno vedere le mamme che piangono e non si spiegano le ragioni per cui scoppiano le bombe».
Gioco della torre. Gasparri o La Russa?
«Gasparri in un dibattito non è irritante come La Russa che si traveste da Mefistofele. È implacabile anche lui, ma ha un certo garbo».
Cofferati o Bertinotti?
«Butto Bertinotti. Ma non riuscirò mai a capire perché Cofferati si sia fermato mentre era in corsa come leader di una sinistra che metteva in difficoltà anche Bertinotti».
Dicono per un patto di ferro D’Alema-Bertinotti.
«Poteva andare avanti lo stesso. Quando ha lasciato la Cgil era fortissimo».
Previti o Dell’Utri?
«Strabutto Previti. Dell’Utri ha seguito gli interessi del suo padrone forse in modo non corretto, ma è scandaloso il modo in cui Previti cercava di sottrarsi al giudizio del tribunale. Una volta si era dato malatissimo e io l’ho incontrato all’Argentario in un ristorante mentre mangiava felice e contento. C’è un limite all’arroganza».
Socci o Battista?
«Socci è insalvabile. Si rilegga i suoi scritti sul Giornale».
Mimun o Mentana?
«Nei limiti che si impone, Mentana ha intelligenza e autonomia. Mimun è completamente appiattito».
Fa più ascolti.
«Se facesse fare lo spogliarello alle sue annunciatrici andrebbe ancora meglio».
Giorgino o Marzullo?
«Ho un debole per Marzullo. Riesce a tirar fuori sangue dalle rape».
Baget Bozzo, Bondi o Schifani?
«Baget Bozzo è il peggiore. Bondi è soave, ha un sorriso angelico».
Vespa o Costanzo?
«Preferisco Costanzo perché ogni tanto dice male del Cavaliere. Per esempio ha detto che è un mentitore nato. Vespa non l’ha mai detto».
Sofri. Bisogna farlo uscire?
«Secondo me la sua forza è stare in prigione».
Cosa?
«Se esce ha meno tempo di scrivere».
Bisogna tenerlo dentro per motivi professionali?
«Non vuole chiedere la grazia. In prigione fa quello che vuole, è trattato con guanti bianchi, scrive quanto vuole quello che vuole, guadagna un sacco di soldi e vive gratis. Mi pare una situazione accettabile».
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