- 29 Agosto 2002
Emilio Fede lo chiama Serpenti Lunghi e lui si arrabbia. Paolo Serventi Longhi è il capo di tutti i giornalisti italiani, il Cofferati dei mass media, il segretario del sindacato della stampa. La destra lo attacca e lui risponde duramente rinunciando solo ad un’arma, la querela. Paolo Serventi Longhi è decisamente di sinistra ma ha un nome che ricorda nobiltà papalina nera. “Provengo da una famiglia di nobili”, ricorda con una punta di compiacimento. “Il primo Longhi fu fatto cardinale da Celestino V. Ma mio nonno si mangiò tutto con le donne. Rimanemmo con una mano davanti e una di dietro”.
Infanzia difficile?
“Ma con l’orgoglio di essere una famiglia nobile. Studi normali, liceo scientifico Castelnuovo, poi Scienze politiche”.
Avresti dovuto fare politica coi monarchici”.
“Ero cattolico. Mia mamma era della Fuci, gli universitari dc. Mio padre del Partito d’Azione”.
Tu che cosa facevi?
“Nel ’68, l’occupazione del liceo per protestare contro l’arresto di due compagni in seguito agli scontri di Valle Giulia. L’occupazione fece scalpore”.
Occuparono anche il Tasso, il Mamiani.
“Ma il Castelnuovo era un liceo fascista”.
Hai fatto Valle Giulia?
“Peggio, gli incidenti di Piazza Cavour. La prima barricata a via Cicerone, sotto casa mia. Con le sedie del bar Pignocchi. Ho preso tante botte ma ho tirato un sacco di bottigliette di Coca Cola.”.
Molotov?
“No, proprio Coca Cola. Come guerrigliero ero una pippa. A una manifestazione contro Nixon tiravo i sassi sui miei compagni. Mi dissero di piantarla”.
Come vivevi in un liceo fascista?
“C’erano anche ragazzi di sinistra, figli di parlamentari del Pci, ricordo la figlia di Segre. Giorgio Accascina era uno dei leader dell’Autonomia. Il preside era lo straordinario professor Gianbattista Salinari. Un giorno facemmo una barricata sulla stradina che portava al liceo. Arrivò arrabbiato: “Queste cose non si fanno! Questo è fascismo!” Parapiglia e alla fine volò uno schiaffone. Non si seppe mai chi fosse stato l’autore dello schiaffo a Salinari”.
Ormai puoi confessare.
“Me ne sono pentito subito. Ma ormai era fatta. Per espiare partii per il Belice, quattro settimane nei campi di Gibellina. Salinari fu molto orgoglioso di me”.
La politica?
“Ero uno dei dirigenti dell’Azione Cattolica. Ma all’università entrai in Avanguardia Operaia, il gruppo di Silverio Corvisieri. Sfiorai anche l’Autonomia. Due o tre riunioni, Scalzone, Piperno, qualcuno poi entrato in clandestinità. Poi mio fratello si suicidò, il lutto sconvolse la mia famiglia. Io mi misi a lavorare. Entrai in Telenews, una piccola agenzia di stampa. Poi all’Ansa di Milano. Eravamo dodici, tutti immigrati, pazzoidi, di sinistra. Era considerata una roccaforte rossa. Un clima stupendo. Uscii dall’area della sinistra rivoluzionaria e mi iscrissi al Pci”.
Oltre l’Ansa?
“Ho lavorato all’Ansa tutta la vita”.
Incredibile coerenza. E politicamente?
“Tredici anni nel Pci. Entrai da sinistra e uscii da destra. Avevo cominciato a occuparmi di sindacato legandomi all’ala più socialista. Ero amico di socialisti per bene con i quali creammo Svolta Professionale: Giuliana Del Bufalo, Piero Vigorelli, Alessandro Caprettini”.
Poi con loro hai rotto. Ti sei alleato con la sinistra ex comunista.
“Fu una rottura durissima, anche sul piano degli affetti, a causa delle loro scelte devastanti”.
Quali scelte devastanti?
“Passare in blocco a Forza Italia”.
Ti considerano un voltagabbana.
“Per loro io sono il sommo traditore. Ma guarda quello che è successo in Rai. Stanno con An, con Forza Italia, con la Lega. Agostino Saccà ha dichiarato che tutta la famiglia, anche il gatto e il topolino di casa, vota per Forza Italia”.
Perché questa transumanza?
“Anche per bieco opportunismo. Berlusconi significava fior di stipendi. Ci sono colleghi che dalla Rai sono passati a Mediaset, poi sono tornati in Rai, poi sono tornati in Mediaset. Ogni passaggio significava qualcosa”.
Carlo Maria Lo Martire, per esempio?
“Per esempio. Ma anche Piero Vigorelli”.
Celli diceva che è inevitabile in Rai dichiarare un’appartenenza.
“Celli non ha mai capito un piffero del mondo dell’informazione. E’ ingeneroso e anche un po’ stronzetto”.
E lo strapotere dell’Usigrai, il sindacato del giornalisti Rai?
“L’Usigrai ha molti difetti, in passato ha fatto anche cogestione, ma è guidata da persone oneste”.
Ha fatto cogestione imponendo nomi da assumere.
“Io ho fatto il sindacalista all’Ansa per tanti anni. Andavamo dal direttore e il direttore ci diceva: “Ho forti pressioni per assumere il figlio di, l’amico di, la moglie di”. Noi gli dicevamo: “Ogni raccomandato assumi due precari”. Io credo che Giulietti, il segretario dell’Usigrai, facesse accordi di questo tipo”.
Più che precari, erano “giuliettiani”. Dicono.
“Alla fine degli anni Ottanta la Dc e il Psi fecero un patto per spartirsi l’Italia. Riuscire a fare assumere qualche comunista non mi sembra una tragedia”.
Il più grosso esempio di voltagabbana?
“Ci sono persone che vengono dall’Unità e oggi sono tra i maggiori sostenitori di Berlusconi. Un passaggio troppo forte perché sia credibile la scelta ideale.
Il solito Renzo Foa? Foa si difende bene. Chi mi ha letto negli ultimi venti anni, dice, non si è sorpreso.
“La coerenza non si affitta. La coerenza è una cosa seria. Prendi Giovanni Minoli”.
Perché Minoli? Nel ribaltone Rai ha avuto le briciole. Era incredibile che tenessero fuori una vecchia colonna della televisione italiana.
“Negli ultimi tempi non ha fatto niente se non percorrere tutte le strade possibili per fare carriera”.
Altri citano Gabriele La Porta. In quota socialista, comunista, leghista…
“La Porta? E’ il re della notte, quando nessuno vede la tv. Ma allora parliamo di Oliviero Beha che è andato a Rai Sport. Ha sfiorato Rifondazione Comunista. Adesso che cos’è? Lega? An? Sono pazzoidi, canguri della professione. Ma non sono male. Fanno trasmissioni importanti”.
E’ umiliante che professionisti bravi debbano saltabeccare da un partito all’altro per poter lavorare.
“Ma succede anche nei giornali no? Cordate, cordatine. I meccanismi sono gli stessi ma tutto avviene sotto traccia. Anche a Mediaset succedono scontri di potere terrificanti e si hanno soltanto piccole notizie. Pensa ai rapporti fra Mentana e Fede”.
Fede ha dato dello stronzo a Mentana.
“Non puoi rimanere in Mediaset direttore di un Tg per tanti anni se non entri nelle cordate”.
I giornalisti tendono alla cortigianeria?
“E’ una categoria a forte rischio. Ricordo il direttore di un grande quotidiano romano, di area liberal-radicale, che quando andava a pranzo al ristorante trovava sempre casualmente i suoi capi redattori che si erano precipitati per cercare di pranzare con lui. E ricordo Mario Pendinelli che diceva a un giornalista attualmente di grande ruolo all’interno del mondo romano: “Dai, fa’ la papera”. E quello gli faceva la papera”.
Dimmi chi faceva la papera.
“Nemmeno sotto tortura”.
I direttori hanno bisogno della corte?
“Non tutti. Ma Mentana è uno che adora gli adulatori e disprezza chi lo contraddice. Ci sono episodi in cui ha reagito con furore alla contestazione”.
Il Tg1 di Mimun non ha dato la notizia di Scajola che insultava il professor Biagi.
“Purtroppo non solo Mimun. Molte testate o hanno eluso la notizia o l’hanno nascosta. Però diamo a Mimun quello che è di Mimun. E’ riuscito a dire tutte le sere qual era la posta in gioco sulla legittima suspicione. E cioè il processo che riguarda Berlusconi e Previti. Altri telegiornali non l’hanno fatto”.
Non mi risulta che Mentana abbia mai eluso una notizia.
“Mentana è un ottimo giornalista. Per questo è il più pericoloso”.
Perché non andò alla 7?
“Qualcuno gli ha detto quello che stava per succedere”.
Qualcuno chi?
“La 7 è un’operazione gestita da Berlusconi. Il quale aveva un unico interesse: affossarla. E Tronchetti Provera ha affossato la sua rete per fare un piacere a Silvio Berlusconi. Oggi in questo paese l’80% dei giornali e degli imprenditori è in mano al capo del governo. Perfino l’Auditel è di Berlusconi”.
In che senso?
“Un terzo dell’Auditel è della Rai, cioè di Berlusconi, un altro terzo è dei privati, cioè di Berlusconi, l’ultimo terzo è dei pubblicitari che hanno come maggior cliente Berlusconi. L’Auditel è un sistema di rilevamento drogato”.
Hai bacchettato Carlo Rossella per la copertina di Panorama sul letto col sangue di Samuele…
“Immagini rivoltanti. Nemmeno Feltri arriverebbe a tanto, lui che ha pubblicato le foto dei pedofili”.
Rossella non si è difeso male: perché Samuele no e Carlo Giuliani sì? C’è sangue di destra e sangue di sinistra?
“C’è sangue funzionale e sangue gratuito. Ma anche la reiterazione del cadavere di Giuliani è insopportabile”.
Caso Travaglio. E’ l’autore dei libri di maggior successo di oggi. Eppure nessun media parla di lui.
“Travaglio è uno dei giornalisti che oggi meglio interpreta il giornalismo di indagine. Io non credo che il potere politico possa arrogarsi il diritto di allontanare dal video giornalisti colpevoli di trattare argomenti che danno fastidio”.
Si ha l’impressione che la libertà di stampa sia un optional.
“Della libertà di stampa non frega niente a nessuno. Hai visto Luca di Montezemolo, presidente degli editori italiani, che picchia un povero fotografo? Nessun giornale, o quasi, ha pubblicato la notizia. Nessun Tg ha mostrato le foto dell’eroica azione”.
Siamo spesso accusati di comportamenti corporativi. Nel caso della prostituta di Torino, Sophie, sono stati fatti i nomi di tutti i clienti. Tranne i giornalisti.
“Non mi sento di fare l’autoflagellazione della categoria. Gli avvocati difendono gli avvocati, i notai i notai. Tutti evitano di entrare in polemica con i colleghi”.
Quali sono i tuoi giornalisti preferiti?
“Michele Serra, Miriam Mafai, Giovanni Valentini, Stefano Folli, Angelo Panebianco. Mi piace Eugenio Scalfari, nonostante scriva articolesse che non finiscono più. Lo leggo dopo il caffè e dopo il jogging”.
Quelli che ti fanno arrabbiare?
“Quelli che colpiscono alle gambe. Tipo Emilio Fede”.
Al Tg4 diceva: “Serpenti Lunghi è un imbecille”. Perché avevi fatto aderire i giornalisti allo sciopero generale.
“Quando mi telefona il mio nome lo pronuncia bene”.
Perché ti telefona?
“Teme sempre che lo vogliamo cacciare. Nonostante l’apparenza non è pugnace. Chiede scusa, dice che non lo farà più”.
Oltre Fede chi ti dà fastidio?
“Paolo Guzzanti. È uno dei maggiori voltagabbana nella storia del giornalismo politico. Adesso si è anche illivorito. Livori senili”.
Altri?
“Vittorio Feltri. Un nemico al quale non devo nemmeno del rispetto. E’ uomo di grande solitudine. Vuole dare di sé l’immagine di uomo forte ma è insicuro, complessato”.
Che cosa pensi dei voltagabbana?
“Ognuno ha diritto di cambiare opinione. Ma non per avere vantaggi. Pensa a Rondolino che è finito a lavorare per Berlusconi”.
Altro giornalista col quale hai avuto problemi.
“E’ un voltagabbana. E pubblica attacchi personali contro di me su Panorama. Io mando lettere di smentita che Carlo Rossella non pubblica”.
Che cosa aveva scritto?
“Che non ho mai lavorato. Siccome ho passato una vita all’Ansa, volevo almeno la smentita. La pubblicazione di una smentita è sacra. Chi non la pubblica è scorretto”.
Tra i voltagabbana è poco frequente che si citino passaggi da destra a sinistra.
“Ne avvengono pochi. Bisogna riconoscere alla destra una maggiore coerenza”.
Mastella?
“Mastella è la sublimazione del voltagabbana”.
Di Pietro?
“E’ entrato, è uscito, ha trattato con Berlusconi, si è fatto eleggere dall’Ulivo. Non è cristallino”
La sinistra non vuole perderlo.
“Da Mastella a Rifondazione, questa opposizione ha un’unica chance, ricompattare anche le virgole. Se fosse possibile ricompattarei anche Pannella”.
L’errore dei Ds è stato contornarsi di leccapiedi. Lo ha detto il professor Barbagallo. Si riferiva allo staff di D’Alema.
“L’errore dei Ds è stato una leadership sbagliata. Massimo D’Alema ha dato della sinistra italiana un’immagine compromissoria, disponibile a qualunque patto. Rondolino e Velardi nascono in quelle stanze. Ho frequentato Palazzo Chigi e ho visto il clima di craxizzazione. Il clima del “tutto è permesso” in Velardi e in Rondolino è diventato esplicito, evidente”.
Il gioco della torre. Sgarbi-Urbani?
“Sgarbi è simpatico, casinaro, apre bocca e gli dà fiato.
Invece Urbani?
“Ha fatto il primo statuto di Forza Italia”.
Confalonieri-Baldassarre?
“Confalonieri, è fedele di nome e di fatto ma è un professionista”.
Baldassarre invece?
“E’ un professore che si trova lì per caso e per grazia ricevuta”.
Vespa-Santoro.
“Vespa si barcamena, Santoro è netto”.
Molti dicono: Santoro dovrebbe essere obbiettivo come Vespa.
“Ma Vespa non è obiettivo. Con professionalità, intelligenza, senza volgarità porta avanti la linea di Agostino Saccà: indicare all’opinione pubblica quali sono le conquiste che il Polo sta realizzando”.
Perché Fede è un cortigiano e Santoro no?
“Fede è un buffone di corte. La sua lecchineria è talmente accentuata che mette a disagio Berlusconi”.
E Santoro?
“Ha sempre discusso con la sinistra. Vuoi saperlo?”
Che cosa?
“Santoro è stato fatto fuori dalla Rai no?”
Sembrerebbe.
“E sai da chi?”
Lo sanno tutti, da Berlusconi.
“Non solo,anche da alcune persone legate a D’Alema all’interno dei Ds!”
Feltri-Belpietro.
“Giù Feltri. Belpietro ha la scuola di Feltri, ma le sue inchieste sono documentate. E poi il Giornale va bene, Libero va male”.
Mentana-Mimun.
“Mentana ha l’arroganza tipica di chi ha successo troppo giovane e non ha fatto molta gavetta”.
La gavetta l’ha fatta.
“È diventato direttore a 29 anni”.
Cofferati-D’Alema?
“Non c’è partita. D’Alema lo butto dalla Tour Eiffel”.
Che cosa pensi dei giornalisti che si sono iscritti alla P2?
“Il peggio possibile. I provvedimenti contro i giornalisti piduisti dovevano essere più duri”.
Tu eri amico di Luigi Bisignani…
“Ero molto amico. Leggere il suo nome nella lista della P2 per me è stato un reale dolore. Ma io caccerei dall’Ordine dei giornalisti anche mio figlio se lo scoprissi nella P2”.
C’è ancora la P2? O qualcosa del genere?
“Alcune operazioni che si giocano sul fronte finanziario, attorno al mondo dell’informazione, soprattutto a Milano, mi preoccupano."
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