- 19 Agosto 2002
I suoi libri sono in testa alla classifiche ma lui sembra un desaparecido. Marco Travaglio non compare in televisione, non viene intervistato alla radio, sui quotidiani quasi nessuno lo recensisce. Perfino la storia di Mani Pulite, scritta insieme a Gianni Barbacetto e a Peter Gomez va a ruba nelle librerie ma non compare sui giornali.
Il suo autore sembra che non interessi ai mass media italiani. In compenso dovunque vada a presentare i suoi libri le sale si riempiono. Quasi cento presentazioni in giro per tutta Italia dall’inizio dell’anno per "Mani Pulite". Il boicottaggio parte da lontano, da ancora prima che fosse stampato. Doveva uscire infatti per Feltrinelli. Ma la casa editrice milanese all’ultimo momento si è tirata indietro perché gli autori si sono rifiutati di accettare alcune censure che riguardavano prevalentemente D’Alema, Fassino e i Ds. "E’ la prova che questo non è un libro di destra o di sinistra", spiega Travaglio.
Travaglio, hai venduto tanti libri. Ma la situazione è sempre identica se non peggiorata. Non serve proprio a niente scrivere la verità?
"Non è vero. Ho trovato molta gente che mi dice: "Adesso ho capito. Ho votato Polo ma non lo farò più". E poi serve per fornire alla gente degli argomenti e delle informazioni per quando parlano con i colleghi o gli amici. Ormai questi discorsi sono diventati oggetto di chiacchiera anche da bar. E allora bisogna ricordare a tutti che le cose non stanno come la raccontano gli inquisiti, gli indagati e i condannati. Noi giornalisti siamo molto meno convincenti della gente comune. A noi ci hanno etichettato. Siamo tutti comunisti".
Quindi i tuoi libri servono a creare degli informatori neutrali che lavorano nella società.
"Informatori che il cavaliere non riesce ancora a sputtanare. E poi sinceramente se serve o non serve mi interessa poco. Io faccio il giornalista e mi piace scrivere le cose che so. E mi diverte anche andare in giro a raccontarle. Sostituendo quello che non c’è più, la televisione. La televisione ormai è perduta. Non saranno due consiglieri a salvare le cose. La televisione buttiamola via e troviamo spazi alternativi".
Sei una specie di cantastorie che va di paese in paese come Franco Trincale.
"E pensa che perfino Trincale è diventato la pietra dello scandalo. Il cavaliere lo ha usato per dire che a Milano non lo si può processare perché Trincale, in piazza Duomo, parla male di lui nelle sue ballate".
Verranno a contestarti anche a casa.
"Certo, se parli male del cavaliere con tua moglie, arriva un avvocato di Forza Italia che ti dice: "Comunista!""
Baldassare ha detto che i giornalisti non devono essere aggressivi.
"Incredibile. E nessuna grande firma ha reagito. Un giornalista o è aggressivo o non è giornalista. A meno che non si occupi di orchidee. Questa estate i giornali, pur di non parlare di conflitto di interessi, erano pieni di attacchi durissimi alla Turchia e allo Zimbabwe. Gliele abbiamo cantate agli africani".
Come vanno le querele?
"Dal punto di vista penale non se ne ricevono quasi più. Farei volentieri un po’ di galera. Ne ho ricevuta una comicissima da parte di Franco Debenedetti, il senatore dell’Ulivo, per un articolo scritto su Repubblica, il giornale di suo fratello. Io lo avevo criticato perché in ogni intervista dice che il nemico è Cofferati. Io avevo scritto che i suoi elettori lo avevano mandato in parlamento nell’illusione che il vero avversario fosse il cavaliere. Lui mi aveva risposto che sono legato a una vecchia sinistra giustizialista, ignorando che non sono affatto di sinistra. Io gli ho risposto che lui è liberissimo di considerare Cofferati il nemico da battere, ma che se lo dicesse prima delle elezioni i suoi elettori potrebbero regolarsi meglio. Da qui la querela perché sostiene che ho leso la sua onorabilità. Temo di non averla lesa quanto la lede lui ogni volta che parla".
Cause civili?
"E’ arrivata quella del cavaliere. Venti miliardi per l’"Odore dei soldi". Sedici mesi dopo l’uscita si è accorto che lo avevo danneggiato. E’ l’unica causa che ha fatto come presidente del consiglio. Ne sono orgoglioso".
Hanno mai cercato di cooptarti?
"No, e mi dispiace. Non so se io sono incorruttibile. Suppongo di si, ma non ho la prova provata. Mi piacerebbe mandare a quel paese qualcuno che cerca di corrompermi. E’ successo a un collega che si occupa delle stesse cose di cui mi occupo io. Un’avvocatessa lo ha avvicinato e gli ha detto che Marcello sarebbe stato molto contento se lui avesse voluto lavorare per il gruppo e che non capiva il motivo di tanta acredine".
Cirino Pomicino quando venne a parlare a Lavarone qualche settimana fa, ha definito il tuo libro un libello che rimesta fra carte giudiziarie.
"Lui rimesta fra soldi sporchi delle tangenti ed è un galantuomo. Io rimesto fra le carte giudiziarie, le sentenze definitive della Cassazione che lo riguardano, e sono una merda. Sono in molti, di quella parte lì, che considerano le carte giudiziarie carta igienica mentre la carta moneta di provenienza illecita è roba pulita".
Anche perché riciclata.
"Invece sono le sentenze ad essere assolutamente pulite. Non le legge mai nessuno. Non le conoscono, così ne possono parlare più liberamente".
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