- 2 Novembre 2006
Che cosa è il centismo? Secondo il Foglio è «il pecorarismo con l’aggiunta della pajata, è l’ajo e ojo biologico, è un occhio sul mondo buttato dar Tufello». Paolo Cento militava in Lotta Continua per il Comunismo. Oggi è sottosegretario all’Economia. Si confrontava con il movimento del ’77, oggi con Padoa Schioppa. Continua il Foglio: «Si è fatto sentire sui falliti attentati di Londra, sull’Afghanistan, sull’Iraq, si è speso sull’indulto, ha ammonito sui taxi. Una tacca sotto il comunista Rizzo, come fermento dichiaratorio, ma con ottimo piazzamento. (… lo tsunami e la strage di Bologna, l’Europa e la par condicio, le rogatorie e gli spinelli, piazza Fontana e la Fiat, Calciopoli e la grande coalizione. Il centismo si butta, s’impegna, si spreca. Il centismo è presidio continuo, trotterellare ardito, zigzagare vertiginoso. Tanto dà agli ultrà tanto al cda)
Paolo Cento, detto er Piotta, non ha torto il Foglio. Appena incontrato Padoa Schioppa gli hai subito parlato di fisco etico…
«Se parlo degli indicatori ambientali che devono accompagnare il Pil, se dico che il prodotto interno lordo non può essere il solo parametro per valutare se un Paese è economicamente sano, e che all’interno del Ministero dell’Economia bisogna istituire un dipartimento della contabilità ambientale, non dico una cosa estremista ma di buon senso…
Che cosa ha detto Padoa Schioppa quando gli hai parlato di decrescita?
«Io credo che il rigore possa avere una lettura moderata, ma anche una ecologica. Se rigore significa tagliare la bolletta energetica di questo Paese ci ritroviamo assolutamente d’accordo».
Fisco etico e decrescita…
«Padoa Schioppa non era d’accordo e me lo ha detto. Mi sarei meravigliato del contrario».
Siete nello stesso ministero.
«La decrescita è un dibattito politico culturale. Non è nel programma dell’Unione».
Padoa Schioppa con il suo aspetto professorale e tu che ti sei spogliato in pubblico…
«Era il ’96 quando l’ho fatto».
Te lo immagini Padoa Schioppa che si spoglia in pubblico per presentare la finanziaria?
«Io non sono Padoa Schioppa e lui non è Paolo Cento. Era il periodo di Full Monty ed io usai quello spogliarello per sollevare il tema dei precari quando nessuno ne parlava. Volevo dire che anche in Italia si doveva ragionare su un reddito sociale per i precari e per i disoccupati che c’è in tutta Europa».
Non era un vero spogliarello.
«Sono arrivato al limite accettabile per la televisione».
Sei rimasto in mutande.
«In boxer. Era Parlamento In, la trasmissione di Vigorelli. Fu una cosa vergognosa, con la musica, roba da mettersi sotto terra. Però tutti ne parlarono. E così, insieme ai centri sociali, lo ripetemmo in piazza, davanti al cinema Etoile».
Il centismo è anche dichiarazionismo. L’otto novembre 1985 è una data storica, la tua prima dichiarazione all’Ansa. Poi ne sono seguite migliaia.
«Siamo nella società della comunicazione. Conta le dichiarazioni di D’Alema e di Gasparri».
Gian Antonio Stella ti ha definito «dichiaratore a quattro ruote motrici». Io ho contato: 2500 dichiarazioni. Finora.
«Ma quelli che fanno politica e non comunicano la loro attività, come fanno ad essere votati? Vuol dire che prendono consenso in qualche altro modo».
È una maniera per uscire dalla fossa dei peones.
«Una maniera per raccontare quello che fai. Purché la dichiarazione sia supportata da una idea della politica».
Tipo la dichiarazione sugli elefanti in piazza di Spagna? Qual era l’idea della politica?
«Si negava ai turisti e ai giovani di sedersi in piazza di Spagna e contemporaneamente si autorizzavano kermesse modaiole portandoci anche gli elefanti».
Il patentino ai possessori di pitbull. Altra dichiarazione.
«È diventata una legge».
Una proposta di legge non si nega a nessuno…
«I tuoi elettori sentono che hanno trovato almeno qualcuno che li ascolta».
Quando hai scoperto la politica?
«Da giovanissimo. I miei, per preservarmi dai pericoli della contestazione, mi avevano mandato al San Leone Magno. Ma io tappezzavo i cessi della scuola con i fogli di Lotta Continua. Alla fine sono andato al glorioso scientifico Nomentano in via della Bufalotta. E col mio gruppo, poi, siamo tutti entrati nei verdi».
Quando sei stato eletto la prima volta?
«Nel 1996, contro Gianni Alemanno. Avevano rifiutato tutti quel collegio che era considerato perso».
Chi ti piace a destra?
«Ho fatto alcune battaglie con Andrea Ronchi sullo sport e sui diritti televisivi. Ho simpatia per Giorgia Meloni perché viene dalla gavetta».
Chi è che non ti piace a sinistra?
«Gli ipocriti».
Tipo?
«C’è un’ipocrisia generale anche nel mio schieramento politico…».
Ho capito, niente nomi. Chi è il più simpatico?
«Con qualche deputato delle minoranze linguistiche abbiamo fatto scherzi bellissimi a Marco Boato. Nelle notti della Finanziaria gli telefonavamo fingendoci giornalisti altoatesini e rimproverandolo per aver fatto approvare un emendamento che chiudeva l’autostrada del Brennero».
La più bella del Parlamento?
«Marcella Lucidi, Anna Finocchiaro e soprattutto Dorina Bianchi».
Il tuo amico in Parlamento?
«La parola amicizia è una parola pesante».
Coraggio…
«Ronchi, Rizzo, Giordano, Caruso, ma non li frequento al di fuori dell’attività politica».
I meno amici?
«Per un po’ di tempo non ci siamo parlati con Teodoro Buontempo. Era stato aggredito. Io avevo commentato: chi provoca a volte se la cerca. Ero stato eccessivo».
Il più razzista?
«Quando Borghezio andò a disinfettare le nigeriane sul treno, io presi del disinfettante e andai a pulire il suo banco. Mandato dalle Iene».
A proposito di Iene, che ne dici dei tamponi?
«Le Iene hanno sollevato un problema reale e smascherato l’ipocrisia dele ceto politico. Meritano un applauso».
Se avessero fatto il tampone a te?
«Me lo sarei meritato e mi sarei battuto perché il servizio andasse in onda. Troppa ipocrisia in Parlamento».
E dell’ignoranza dei parlamentari?
«Meno pericolosa dell’ipoocriisia di chi vota leggi proibizioniste e poi corre a sniffare cocaina».
Tu sei presidente del Roma Club Montecitorio.
«Gasparri, D’Alema, Andreotti, Andrea Ronchi, Carlo Leoni, Giacomo Mancini, la Balducci…».
Ci sono anche i club della Lazio, della Juve…
«Desaparecidos. Il nostro è l’unico club vero. Chi c’è dell’Inter Club? Solo i parlamentari. Noi siamo 550 iscritti tra dipendenti, giornalisti e parlamentari».
E che cosa fate?
«Andiamo a vedere la Roma in trasferta. In pullman».
Come gli ultras? Andreotti viene con il pullman?
«No, i vip no, io sono l’unico parlamentare che va col pullman».
Come la vedi la storia di Moggi?
«Lo avevo detto in tempi non sospetti. Ma Moggi non è l’unico responsabile».
Telefonate imbarazzanti.
«Le sentenze sono state troppo poco severe. E la crisi del calcio non dipende solo da Moggi».
La tua Roma regalava Rolex agli arbitri.
«Non sono state accertate responsabilità della società».
E chi li aveva pagati i Rolex?
«Non si può confrontare un episodio singolo con un sistema. La Roma esce pulita dalla vicenda di Calciopoli e questo è merito della famiglia Sensi».
Che regalava Rolex agli arbitri…
«Quale società non faceva regali agli arbitri?».
E tu condividi?
«Io non lo avrei fatto. Ma non c’è paragone tra le due storie».
Hai detto: «La sinistra va in tribuna d’onore e non in curva. Ecco perché le curve sono diventate di destra».
«Era per dire a questi di sinistra di farla finita di fare i pippaioli e poi scandalizzarsi che le curve siano in mano alla destra. Dal 1996 la sinistra ha avuto una sbornia di potere. Parlare con un nostro ministro era difficile anche per noi. Così abbiamo cominciato a perdere nei quartieri popolari».
Se tu dovessi fare un governo tutto di verdi, un monocolore ambientalista…
«Loredana De Petris all’Agricoltura, io ministro degli Interni, Pecoraro Scanio alla Sanità, Angelo Bonelli all’Ambiente, all’Economia Bandana Shiva, agli Esteri Stefano Boco. Ermete Realacci alle Attività Produttive, Fulvia Bandoli alle Pari Opportunità, Grazia Francescato all’Istruzione visto che con noi fa sempre la maestrina cattiva che ci dà le pagelle».
Nel movimento ambientalista ci sono state anche persone che poi hanno fatto altre scelte.
«Come Chicco Testa. Peccato. Arrivare alla presidenza dell’Enel fu una grande occasione. Perduta».
Voi verdi siete dei «signornò».
«Siamo al governo del Paese, di 15 regioni e delle principali città italiane. Anche volendo non potremmo essere dei signornò. Semmai a volte ci accusano di essere troppo signorsì».
Perché ce l’avete con lo stretto di Messina?
«È una grande calamita di interessi non sempre trasparenti».
Non è un argomento.
«È uno degli argomenti. Poi c’è l’impatto ambientale, la sismicità della zona, la redditività economica. Il ponte stravolgerebbe inutilmente una delle aree più belle del nostro sud».
Anche i ponti sono belli.
«Ma non bisogna farli a scapito della popolazione».
Tu sei sempre stato contro la guerra?
«Contro tutte le guerre. Ero anche contro il Kossovo, quando governava il centro sinistra. Sul Libano ho espresso molta cautela. E sull’Afghanistan non ho votato il rifinanziamento della missione. Troppa retorica militarista».
Ma sei nel governo.
«Ho senso di responsabilità. Ma non rinuncio alle mie idee».
Il consiglio dei ministri è il regno del compromesso. Lo hai detto proprio tu.
«Ma i compromessi non li voglio fare solo io. Ogni tanto bisogna che li facciano anche gli altri».
È vero che hai una Suv? Un verde in Suv?
«L’avevo. Una Toyota Rav 4. Ma l’ho venduita. Non sapevo nemmeno che fosse una Suv. Consumava come la Fiat che ho adesso».
Ti chiamano «er Piotta». Ma ce n’è un altro. Chi è quello vero?
«Quando nel 1985 sono stato eletto in circoscrizione mi conoscevano più come Piotta che come Paolo Cento».
Vota Piotta.
«Guai a chi mi tocca il mio soprannome»
Tu volevi fare il presidente della Regione.
«È già un miracolo Piotta sottosegretario all’Economia. Farlo presidente della Regione sarebbe stato una rivoluzione».
Gioco della torre. Cofferati o Bertinotti?
«Butto Cofferati».
Hai polemizzato con lui.
«Guida male Bologna».
Avete chiesto che il vostro rappresentante in giunta, Antonio Amorosi, si dimettesse.
«E non si è dimesso. Poi è stato Cofferati a mandarlo via».
Tu chiedi continuamente dimissioni.
«Non è vero».
Mai successo? Lunardi, Fazio, Gramazio, Carraro, Castelli, Buttiglione…
«Chi sta all’opposizione chiede sempre le dimissioni di qualcuno. Ma sono i processi politici e sociali a causare le dimissioni. Quei sei che hai citato non li ho fatti dimettere io. Sono stati dimessi dagli eventi e dal popolo».
Floris o Santoro?
«Darò un giudizio quando Floris mi inviterà a Ballarò».
Casini o Follini?
«Butto Follini. Temo il suo arrivo dalle nostre parti. Farà diventare troppo moderato il centro sinistra».
Della Valle o Moratti?
«Moratti mi ispira simpatia. Ma forse non doveva gioire troppo per lo scudetto. Anzi doveva rifiutarlo».
Di Pietro o Violante?
«Di Pietro è quanto di più lontano ci possa essere da me. Il dipietrismo come categoria della politica non mi piace».
E Violante?
«È persona stimabile, ma non simpaticissima».
Fisichella, Buttiglione o Tremaglia?
«Tremaglia lo salvo perché ci ha fatto vincere le elezioni. Buttiglione lo mando a fare una vacanza in Europa con Grillini. Butto Fisichella. E gli do anche l’Oscar dei Voltagabbana».
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