- 23 Gennaio 2007
Ho intervistato già il professor Gianni Vattimo. Qualche anno fa. Mi presentai per errore il giorno prima. O almeno è quello che sostiene lui. Stendo un pietoso velo sul fatto che non era vero. Ma siccome l’intervistatore deve sempre dare ragione all’intervistato, quando al citofono lui mi disse che l’appuntamento era per il giorno dopo, dissi di sì, che mi ero sbagliato. Che mi scusasse. Lui, gentilmente, mi disse che non mi avrebbe rimandato a casa ma che nel frattempo, se avessi voluto andare a mangiare qualcosa, lui avrebbe approfittato per prepararsi. Non vorrei scendere in particolari scabrosi ma credo che lo avessi beccato in un momento imbarazzante visto che erano le quattro del pomeriggio e che a quell’ora, anche a Torino, nessuno pensava a pranzare. Andai naturalmente a mangiare qualcosa e tornai dopo un’ora. Quell’intervista gli costò 15 mila euro. Lo querelarono sia Alessandro Cecchi Paone che Marco Rizzo perché disse che …
VATTIMO: "Se potessimo evitare almeno questa volta…Non vorrei essere costretto a tirare fuori altri 15 mila euro".
Va bene. D’altra parte bisogna anche ammettere che il pagamento di quei 15 mila euro è l’unico motivo per cui lui ricorda questa intervista. Perché, va detto, il professore è tirchio. Anche se nel libro che ha scritto a quattro mani con Piergiorgio Paterlini, "Non Essere Dio", in pratica la sua autobiografia, ha perfino inserito un capitolo dedicato alla sua generosità. Ammetto: si tratta di un libro particolare. Si parla di Nietzsche e delle marchette al parco Valentino. Di invidie accademiche ma molto di amore. Anzi direi che si tratta di un libro fondamentalmente sull’amore. Ma anche un libro sulla sinistra e sul disamore per la sinistra. A pag. 11 ho incontrato la prima entrata a gamba tesa. Dice il professore: "La sinistra è una porcata". Si poteva dire con argomentazioni più soft? Un po’ più sfumato? Dico e non dico? Una metafora e vediamo se capiscono?
VATTIMO: "L’ho detto e non lo rinnego. Anzi da quando abbiamo scritto il libro ad oggi la situazione è solo peggiorata. Ma quella è una frase detta per amore".
Certo, tu ami la sinistra. Figuriamoci che cosa diresti se la odiassi.
VATTIMO: "Io sono sempre stato un cattocomunista fin dalla più tenera infanzia e con tutte le contraddizioni. Sono stato perfino deputato europeo dei Ds".
Poi ti sei dimesso dai Ds.
VATTIMO: "Non ho mai detto: "Basta mi dimetto". Diciamo che sono stato messo in libertà. Mi hanno spinto via. Hanno preferito la candidatura della Bresso alla mia. E io ho detto: "Tante grazie"".
Non mi risulta che tu abbia mai detto ai Ds "Tante grazie".
VATTIMO: "E’ vero. Mi sono incazzato come una bestia. Alla fine però ho accettato e adesso mi sento più a mio agio. Al partito avevo anche dato un mucchio di soldi".
Veramente ti hanno rimproverato di non avergliene dati abbastanza…
VATTIMO: "La tesi di Chiamparino sulla mia giubilazione è stata: "Ma potevi dare un altro milione al mese così ti toglievi la paura perché la Bresso si sarebbe lasciata convincere a rinunciare".
Cioè Chiamparino sosteneva che tu dovevi dare un milione al mese alla Bresso?
VATTIMO: "Ma no! Al partito. Il deputato normalmente deve versare un terzo del suo stipendio al partito. Per me era anche una festa perché essendo deducibile dalle tasse, quando dovevo fare la denuncia non dovevo pagare quasi niente. Però dovevo versare altri mille euro alla mia sezione locale. Io la mia sezione locale l’avevo conosciuta sotto forma di sette ragazzetti aggressivi, rompipalle, ignoranti come capre. Uno di loro si era laureato con una tesi che mi aveva fatto quasi vomitare. Il giorno dopo fu assunto come funzionario nella federazione. A questi qui non ho dato nemmeno una lira. Naturalmente si sono arrabbiati. Quando ci sono di mezzo i soldi…"
Ma non si era detto che tu sei molto generoso?
VATTIMO: "Generoso ma mica scemo. Oltretutto con quei soldi che non davo alla federazione torinese finanziavo un ufficio dove campava un’associazione di studenti. Adesso, quando lo dico, si arrabbiano. Dicono: "Ma ci tratti come degli straccioni!" Ma è vero. L’affitto lo pagavo io, la fotocopiatrice la pagavo io, il computer lo pagavo io. Loro forse si pagavano le birre. Ma erano la mia famiglia. A parte questi elementi terra terra, io sono sempre…fin da due o tre anni dopo la mia elezione, il 2001…è successo…vicino a Bologna…a San Coso in Coso…"
Mi piace la tua precisione. San Coso in Coso.Vicino a Coso di Sopra?
VATTIMO: "Ma no! Lì avevamo fatto un incontro e qualcuno mi aveva rimproverato di aver detto che D’Alema andava rottamato. Io risposi: "L’ho detto e lo confermo". C’erano delle cose che non mi piacevano nei Ds e le dicevo. Anche perché non mi sentivo così importante. Questo è il punto. Anche stasera io confesserò delle cose innominabili…"
Ma veramente?
VATTIMO: "Assolutamente no. Poi magari vado sul giornale e mi chiedono ancora soldi".
Però che D’Alema andrebbe rottamato ormai l’hai ridetto…
VATTIMO: "L’ho detto, l’ho ridetto e lo ripeto".
Va bene, chiamo l’Ansa…
VATTIMO: "Ma è un discorso politico. Io sono convinto che D’Alema sia dannosissimo alla sinistra. Anche se oggi appare il più "sinistro" del governo, vedrai distruggerà la sinistra. Altro che Occhetto. D’Alema prepara la situazione in cui alle prossime elezioni non ci sarà più nemmeno un voto che non sia del Partito Moderato dei Cristiani. Ne sono convinto, mi dispiace, mi arrabbio. Ma non dico mica che lo pagano per questo. Dico solo che effettivamente lui compie un errore clamoroso…"
Resta che sei contro la sinistra…
VATTIMO: "Io sono contro la sinistra attuale, compresa la sinistra estrema perché questo qui che sta seduto nella terza carica dello Stato e non si schioda nemmeno se gli mettono la Base Nato a casa sua…ragazzi che cosa aspetta? Après moi le déluge? Nessuno spero voterà più per Rifondazione Comunista, e nemmeno per i Comunisti Italiani e nemmeno per i Verdi se si fanno rifilare l’ampliamento della base di Vicenza e l’Afghanistan oltre tutto il resto. In questo momento preferisco Prodi a Berlusconi però Berlusconi è meno pericoloso, diciamo la verità, perché non distrugge la sinistra dalle radici per i prossimi 500 anni. Noi ormai siamo nella…"
Nella?
VATTIMO: "Nella fanga. Queste sono le buoni ragioni che credo di avere per parlar male della sinistra. Poi non so che dire".
Dicci che cosa vuoi in cambio.
VATTIMO: "La stessa politica di Prodi la può fare Zapatero. Il quale però ritira le truppe molto prima di noi dall’Iraq, non si fa coinvolgere in Afghanistan, spero, fa i Pacs, anzi ne fa di tutti i colori giovandosi dell’anticlericalismo di base della società spagnola che ha conosciuto il clericalismo più a lungo di noi. Insomma è un po’ più dignitoso. Noi siamo al livello della sotto sotto sotto colonia. Almeno fossimo uno Stato americano avremmo l’arma del voto. Potremmo votare contro Bush. A me dispiace anche di arrabbiarmi. Per come si può vedere anche nel libro, anche per merito di Piergiorgio Paterlini, io sono fondamentalmente allegro, gentile, simpatico, uno al quale va bene tutto. Ma questo è intollerabile. Per questo dico che la sinistra è una porcata".
Rischi?
VATTIMO: "Il tacitamento della sinistra internamente può portare il rischio di un nuovo brigatismo. La sinistra non parla più. Quando non ci sono più movimenti di sinistra alternativa…non dico che io adesso prendo le armi…io non so nemmeno fare una molotov… ma davanti alle cose che succedono…se non potete nemmeno più fidarvi di Bertinotti che cosa fate?"
Io ho una vecchia ruggine con la filosofia…
VATTIMO: "Ti bocciavano?"
No. Ma non capivo nulla. Però nel tuo libro leggo che anche tu quando leggevi Foucault non capivi niente. Questo mi consola. D’altra parte anche a leggere quello che scrivi tu non è che si capisca molto. Pagina 138: "C’è una pagina di Heidegger…" Come si pronuncia Heidegger?
VATTIMO: "Con due accenti".
Ho una moglie tedesca che sostiene che io non so pronunciare Shumacher…Come si pronuncia Schumacher?
VATTIMO: "Così: Schumacher".
Appunto. Heidegger. Hai scritto: "C’è una pagina di Heidegger che ho un po’ stiracchiato in tutti i modi perché è l’unica in cui lui dice che forse il nuovo evento dell’Essere, un darsi dell’Essere diverso dalla Metafisica, può accadere nell’insieme del mondo tecnologico che è come l’estremo della dannazione, l’oblio dell’Essere più totale, ma che potrebbe anche rivelarsi un primo lampeggiare dell’evento". Ma quel povero disgraziato di Piergiorgio Paterlini capiva quello che dicevi? Quando dicevi: "Non possiamo ricordare l’Essere. Possiamo solo ricordare di essercene scordati", lui che faccia faceva?
VATTIMO: "Certe frasi prese isolatamente fanno impressione. Questa era una tesi di questo Heidegger…"
L’amico di Shumacher.
VATTIMO: "Esatto, proprio lui. Devo dire che io e Piergiorgio scrivendo questo libro ci preoccupavamo che non ci fossero cose che avrebbero fatto ridere i miei colleghi. Confesso che non ho l’impressione che sia davvero così difficile capire quello che io ho cavato da questi autori".
Che cos’è il pensiero debole?
VATTIMO: "Una forte teoria dell’indebolimento come unica via dell’emancipazione".
Bastava dirlo.
VATTIMO: "Non è poi così inverosimile. Si capisce: è un discorso filosofico. Se non ci fosse un’implicazione di vita effettiva io non lo farei nemmeno. Il pensiero debole è l’idea che noi viviamo dentro a delle strutture sociali organizzate metafisicamente. Che cos’è la metafisica secondo Heidegger?"
Me lo stavo appunto chiedendo.
VATTIMO: "E’ l’idea che c’è una struttura dell’Essere data una volte per tutte che si tratta solo di riconoscere e poi adeguarsi ad essa nella pratica".
E’ proprio quello che pensavo.
VATTIMO: "Tutto dipende dal fatto che vedi le essenze, come Platone, come Aristotele. O come la Chiesa. Perché poi la Chiesa oggi cosa fa? E’ per questo che questo pensiero non è poi così inattuale. Davanti a tutta la problematica della bioetica, degli embrioni, della nonna e della zia, dei Pacs, o anche del mercato, tutti quelli che vi impongono di accettare la realtà com’è vi dicono: "Sii realista". Anche D’Alema quando io lo critico, mi dice…"
Tu parli con D’Alema?
VATTIMO: "Ma no, non parliamo, non si occupa di me. Di me non curat praetor. Se mi parlasse direbbe: "Ma guarda la realtà, dobbiamo prendere atto che le cose stanno così". Questa è la metafisica per Heidegger. Liberarsi dalla metafisica vuol dire erodere, corrodere, dissolvere progressivamente gli assoluti che pretendono di dominare la nostra vita. Perché Heidegger dice che abbiamo dimenticato di aver dimenticato l’Essere? Abbiamo dimenticato l’Essere che non è questa roba qua, e ci siamo perfino dimenticati di averlo dimenticato. Siamo convinti che ciò che è vale, e ciò che non è non vale. Il giorno che assisterete alla presentazione di qualche libro di Emanuele Severino vedrete l’esempio della metafisica. "Ciò che è è e ciò che non è non è"."
Mi sembra di essere tornato a scuola:
VATTIMO: "E tutto il resto? Quello che non è ancora e vorrei che fosse? Questo è il problema della metafisica per Heidegger. In questo senso io mi sento autorizzato a parlarne pur tentando di fare il politico ogni tanto. Anche se ormai mi hanno convinto che non è il caso di fare ilpolitico. Io ringrazio Piergiorgio Paterlini perché mi piaccio come mi ha rappresentato lui. E cerco di somigliarmi. Lo ringrazio anche per aver collocato queste tesi filosofiche dentro un contesto che le rende meno indigeste. D’altra parte chi non ha voglia di leggere i capitoli filosofici li salti e legga solo gli altri che sono le conseguenze".
In un lungo capitolo del libro, che ho soprannominato Capitolo Calimero, ti lamenti che tutti ce l’hanno con te. Anzi non ti lamenti. Lo dici con una certa spocchia. Te ne vanti. Dici che non ti perdonano di essere libero. Però poi dici: attenzione c’è anche un motivo di classe. Non mi perdonano perché vengo da una famiglia umile, sottoproletaria e non sono uno da terrazza romana. E alla fine dici anche: "Ma come possono non voler bene a uno come me?" Uno come te? Tu sei narciso, presuntuoso, permaloso, e anche invidioso.
VATTIMO: "Ma no. Poco. Homo sum come diceva quel signore raccontato in un epigramma di Marziale trovato a letto col postino".
Dici anche nel libro: "Sono l’unico filosofo popolare". E’ vero ma non dovresti dirlo tu.
VATTIMO: "Ma popolare è detto nel senso peggiore della parola".
No, no, nel senso migliore. Dici anche: "Non come Cacciari".
VATTIMO: "Cacciari sì che è un monumento. Però c’è di mezzo tutto il mio modo di concepire la filosofia. Quando mi invitano come in questa occasione a ripetere le mie chiacchiere, non posso rispondere: "Scusate io ho cose più serie da fare" perché non ho assolutamente niente di più serio da fare. Quando rifiuto un impegno lo faccio solo perché quel giorno lì sono già impegnato".
Svelo una cosa: stamattina presto Vattimo si era impegnato ad andare alla Sette. Ma ha telefonato dicendo una menzogna: "Non posso perché sono malato". Alla Sette si sono vendicati dando la notizia in diretta: "Il professor Vattimo è malato".
VATTIMO: "Non volevo essere smaialato in questa maniera. Ma comunque io andavo "a gratis"…"
Sempre della serie "come è generoso il professor Vattimo".
VATTIMO: "Ma perché mai debbo alzarmi alle sei di mattina? Una volta facevo il politico ma ormai non più".
Ma allora perché avevi detto sì?
VATTIMO: "Perché sono amico di quello che fa la trasmissione. Ma poi mi sono addormentato tardi e la mattina avevo sonno. Allora ho telefonato ma il taxi era già arrivato. Ho dovuto anche pagare dieci euro per diritto di chiamata al taxista. Diciamo la verità, io sono come Berlusconi, ho bisogno di essere amato. Non metto mai dei limiti. Questa è la mia generosità che non è una virtù ma uno svaccamento. Io non ho mai grandi programmi in base ai quali decido, qua vado qua non vado. Penso invece a Cacciari che dice "Basta, soluzione non v’è"".
Cosa dice Cacciari?
VATTIMO: "Uno dei motti di Cacciari è: "Soluzione non v’è". Lo dice sempre".
Tu incontri Cacciari e gli dici: "Buongiorno". Lui risponde: "Soluzione non v’è".
VATTIMO: "Facciamogli un po’ di pubblicità, coraggio. E’ giovane, è più bello di me, ha i capelli tutti neri". Una mia amica dubita che siano tutti suoi. Lei sospetta che abbia la parrucca".
Uno si immagina i filosofi, seri, impegnati in profonde speculazioni…No, stanno lì a massacrarsi uno con l’altro sui capelli…Ti immagini Kant che dice che Hegel ha la dentiera?
VATTIMO: "Ma non lo dico io, lo dice la mia amica".
Ricomponiamoci un po’.
VATTIMO: "Io davvero non so se la Mia Opera, "emme" maiuscola "o" maiuscola, come direbbe Severino, resterà negli anni. Tra l’altro non si sa nemmeno se le biblioteche reggeranno. E’ vero, ho un pensiero debole anche in questo senso: credo moderatamente all’importanza delle mie tesi filosofiche. Questo mi rende disponibile, svaccato, smandrappato. Ma mi impedisce anche di giudicare seriamente le altre persone. E’ una forma di pigrizia. La mia vita è sempre andata avanti così. Non ho mai preso grandi decisioni. Non ho mai giudicato male nemmeno Sabelli Fioretti. Ma qual è la domanda dalla quale sono partito per questo autoelogio?"
Non me lo ricordo.
VATTIMO: "Nemmeno io".
Sembra un colloquio fra due rincoglioniti.
VATTIMO: "L’invidia. Io non sono invidioso. Anche perché penso che nessuno sia meglio di me. Di Umberto Eco ho ammirazione ma non invidia. E’ uno che mi tratta da amico, è stato mio amico quando ero piccolo, mi ha fatto scuola di filosofia medioevale. Adesso mi sembra che lui somigli troppo al proprio monumento. Comunque vincerà il premio Nobel. O lui o Magris. Tutti e due studiano da premio Nobel. Si comportano anche da moderati. Non sono mai venuti a piazza San Giovanni a gridare "a morte questo a morte quest’altro". Non a caso stanno in "Libertà e giustizia" che è una cosa da dame della Croce Rossa, molto bella per carità, alcuni di loro sono anche impegnati a fare il programma del Partito Moderato Democratico. Insomma sono contento che uno dei due vincerà il premio Nobel così l’altro si incazzerà a morte".
Ma litighi con Eco?
VATTIMO: "Io mi arrabbio con lui. Lui generosamente non si arrabbia con me. Però mi sgrida. Dice che continuo a sputtanarmi. Ma che cosa volete che vi dica? Io non ho mai voglia di andare al Gay Pride ma finché il Papa sarà contro bisogna andarci. A me del Gay Pride non importa un fico".
Nel tuo libro c’è molto amore, molto romanticismo. Molto più di quanto se ne potrebbe trovare in un libro di…
VATTIMO: "Di Susanna Tamaro".
Passioni… delusioni… il tuo desiderio di farti una famiglia sposando una ragazza ricca…
VATTIMO: "Avevo una tendenza bisessuale. Ma lo dicono tutti i gay quando si debbono giustificare. Però è vero che io ho una certa nostalgia di una vita famigliare…avrei voluto avere dei figli…la festa di Natale…conosco alcuni di cui non faccio il nome…"
Aristotele…
VATTIMO: "Di Aristotele posso anche fare il nome".
Aristotele non querela.
VATTIMO: "Nel nostro mondo siamo abituati ad essere monogamici, sia etero che omo…ma poi conosco alcuni signori ricchi, rispettati e molto per bene, di cui non faccio il nome che hanno famiglia in Italia e casa e amichetti in Marocco. E questo non scandalizza nessuno".
Torniamo un attimo a Cecchi Paone e a Rizzo. Che ne pensi di loro?
VATTIMO: "Cecchi Paone è una specie di zia di destra. Non mi è antipatico. Non mi piace ma non perché è di destra. Se Robert Redford fosse di destra mi piacerebbe lo stesso. Cecchi Paone, sinceramente…Rizzo nemmeno mi piace. Ma quando nei locali gay si nomina Rizzo si eccitano tutti…quella testa pelata…"
Ma non ti piace nessuno dei politici italiani?
VATTIMO: "Casini. Quando si è fatto fotografare nudo su Novella 2000…"
Non si è mai fatto fotografare nudo. Lo hanno fotografato di nascosto mentre si cambiava costume.
VATTIMO: "Ha lasciato che succedesse".
Nel libro tu parli continuamente della morte…
VATTIMO: "Ci sono delle persone che vivevano con me. Il primo si è ammalato di Aids, nel 1986, quando nessuno pensava ancora che potesse arrivare in Italia. Poi è morto anche il secondo, di cancro. Questo mi ha segnato. Mi sento un po’ un sopravvissuto. Io ero il più anziano e ho dovuto seppellirli entrambi. Alla fine non sono così allegro come sembro. Mi galvanizzo molto in pubblico. Il narcisismo serve a questo. Normalmente da solo io devo stare attento a non lasciare la chiavetta del gas aperta. Poi la morte è anche un tema filosofico".
Racconti di avere scritto molti necrologi. Hai scritto anche il tuo?
VATTIMO: "No, il mio no".
Un narciso come te dovrebbe farselo.
VATTIMO: "Va bene adesso ci penso. Potrei anche scrivere il mio coccodrillo".
Certo. Anche senza impegno a morire subito.
VATTIMO: "No, però il necrologio deve avere una certa attualità".
Hai un sacco di nemici, ma hai anche degli amici. Alcuni strani.
VATTIMO: "In che senso?"
Beh, Franco Debenedetti. Uno come te dovrebbe prenderlo a schiaffi tutte le mattine.
VATTIMO: "Franco è stato uno dei primi amici che avevo a Torino. Ci conosciamo da 40 anni. Dal ’68. Quando passavamo davanti a casa Agnelli, in corso Matteotti, il corteo cantava: "Agnelli, Agnelli, Agnelli del buco del cul, vaffancul vaffancul".
Anche Debenedetti? Non posso crederlo.
VATTIMO: "Non so se lo cantava anche lui insieme agli altri".
Tu sei stato perfino maoista.
VATTIMO: "Ero già professore incaricato ma ero sotto concorso per diventare ordinario. Pareyson, il mio maestro, era un cattolico di destra. Sapeva che io non ero di destra ma al massimo mi considerava un cattocomunista. Ci fu un periodo che per un’ulcera dovetti stare tre mesi in ospedale e lessi molti libri e diventai maoista. Uscito andai da Pareyson e gli dissi: "Sono diventato maoista". E lui: "Adesso me lo dici?". E io: "Quando glielo dovevo dire? Prima che succedesse?". Poi cercai di convincere anche lui. "Ma venga alle manifestazioni, tutti si danno del tu, si chiamano compagni. E’ come andare in chiesa"."
Come è finito quel concorso?
VATTIMO: "Eco me l’ha giurata. In quel concorso c’era anche lui. Ma non mandava mai gli auguri di Natale a Pareyson. Io mandavo gli auguri a Pareyson. Io ho vinto il concorso e lui no".
Eri il portaborse di Pareyson.
VATTIMO: "Un perfetto portaborse. Lo accompagnavo anche all’aeroporto quando doveva andare a Roma la domenica mattina. Ma solo quando doveva andare per un concorso accademico".
Quando andava per i fatti suoi?
VATTIMO: "Non lo accompagnavo. Insomma Eco se l’è legata al dito. Quando sono andato a portargli il mio libro su Nietzsche che volevo uscisse da Bompiani gli ho detto: "Guarda che io nel ’68 sono uscito maoista". E lui: "Sì ma sei uscito anche ordinario".
Insieme ad Eco hai lavorato in Rai. Anche tu ne facevi un uso criminoso?
VATTIMO: "Non so se Eco l’ha mai raccontato. Quando noi abbiamo seguito il corso di preparazione alla Tv, Eco era stato mandato a Milano ad occuparsi dei programmi di varietà con una missione che lui chiamava "operazione mutandoni". Doveva badare che i dirigenti della tv dell’epoca, che volevano dimostrare che i cattolici erano dei figli di buonadonna, non mettessero alle ballerine dei mutandoni troppo lunghi".
Altro tuo amico strano: Cesare Romiti.
VATTIMO: "Romiti era uno che aveva bisogno a quei tempi di un intellettuale di riferimento. E pensava di averlo trovato in me. Ci incontravamo a cena a casa di una signora amica di tutti e due. Abbiamo perfino cominciato a darci del tu. Ma abbiamo deciso di non dirlo a nessuno perché i rispettivi amici ci avrebbero preso a pesci in faccia. Sia i miei amici di sinistra che i suoi di destra. Quando incontro Romiti, succede di rado ormai, faccio in modo sempre che parli lui per primo. Se mi dà del tu rispondo col tu, se mi dà del lei rispondo con il lei. A Romiti spiegavo alcune mie teorie economiche molto azzardate. Io ero un ammiratore di quel tal Giuffré che prendeva cento lire e dopo due mesi ne restituiva duecento che prendeva da un altro al quale restituiva quattrocento. Perché mai il gioco è dovuto finire?".
A causa del codice penale. Si va in galera.
VATTIMO: "Ma perché? Ma perché non si accentua il più possibile l’aspetto immaginario dell’economia? Faccio un esempio. I Paesi latinoamericani hanno dei debiti che le banche rinunciano a esigere perché se no vanno tutti in rovina. Gli continuano a prestare dei soldi per pagare gli interessi. Il giorno che uno vuole venire a vedere la realtà (io sono filosoficamente nemico della realtà) va tutto a ramengo. Facciamo qualcosa di diverso".
Come ha reagito Romiti alle tue teorie?
VATTIMO: "Ha cambiato intellettuale di riferimento. E’ passato ad Adornato".
Tu frequentavi anche casa Agnelli.
VATTIMO: "Una volta ci sono andato con Federico Zeri ed Ezio Mauro. Ad un certo punto donna Marella ha tirato fuori un cammeo antico. "Professore che ne pensa?" E Zeri: "Bello, ma mica glielo avranno veduto come antico. Questo cammeo è dell’Ottocento". Donna Marella resse bene il colpo. Una volta usciti Ezio Mauro mi disse: "Già che c’eri potevi anche dire che la tua Thema non funziona"."
Agnelli ti aveva regalato una macchina?
VATTIMO: "No, l’avevo presa con forte sconto dall’ufficio stampa. Ma era sempre rotta. Quando la usavo la domenica non partiva mai. Sono stato anche lì lì per passare alla Repubblica a causa della Thema. Anche perché non mi avevano pubblicato un pezzo sulla Stampa".
Una forte motivazione…
VATTIMO: "Telefonai a Scalfari ma per fortuna non c’era, era all’estero. E così mi riconciliai con la Fiat e con la Stampa".
Tu sostieni, nella tua incredibile presunzione, di raccontare le barzellette meglio di Berlusconi.
VATTIMO: "Berlusconi racconta barzellette stupide e stravecchie. Io modestamente ho imparato da Eco che era un grande barzellettiere. Adesso si è un po’ appannato…volete che ve ne racconti una?"
Se insisti.
VATTIMO: "Il re Umberto 1 viene sparato dall’anarchico. Muore e gli trovano un buco in mezzo alla testa. Si chiedono: come è possibile? Delicatamente interrogano sua Maestà la Regina. "Maestà, non capiamo come sia potuto succedere. Lei era lì seduta accanto a lui…" E la Regina: "Io ho visto l’anarchico che puntava la pistola e ho urlato: "Umberto guarda che ti tira". E lui ha abbassato la testa per guardare"."
Solo i filosofi italiani possono raccontare barzellette del genere. Heidegger non lo avrebbe mai fatto.
VATTIMO: "Ne racconto un’altra. Una vecchina va dal medico e dice: "Dottore, dottore io non so che cosa succede. Mi preoccupa molto mio marito. Quando facciamo l’amore ha sempre o molto molto caldo o molto molto freddo". E il dottore: "Strano. Ma lo fate sovente?". La vecchina: "Normale. Una volta a Natale e una volta a Ferragosto". Ne vuoi ancora un’altra?
Se proprio devi.
VATTIMO: "La vecchina torna dal dottore e dice: "Che cosa devo fare dottore, mi sento sempre molto stanca". E il dottore: "Ma lei ha una certa età. Dove abita?" "Abito in un palazzo al quinto piano senza ascensore". "Può essere questo. Almeno per una quindicina di giorni eviti di fare le scale e prenda queste pastiglie. Poi vediamo". La vecchina torna dopo quindici giorni. E dice: "Dottore le pastiglie mi hanno fatto bene". "Vedo, vedo, la trovo in forma, la presisone è a posto". E la vecchina: "Posso ricominciare a fare le scale?". "Sì, ricominci, piano piano". "Meno male. Ero stufa di andare tutti i giorni su e giù per la grondaia!"
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