- 24 Febbraio 1994
Non ne vuole sapere di essere il megafono di Berlusconi e continua a fare il suo Tg5 come non fosse un prodotto Fininvest. Non solo: si arrabbia anche, e minaccia le dimissioni, se gli altri Tg di Sua Emittenza, come il Tg4 di Emilio Fede, prendono parte alla campagna elettorale di Forza Italia. Che cosa sta succedendo? Enrico Mentana, che quando era alla Rai era accusato di essere un lottizzato craxiano, difende la sua autonomia, fa l’eroe, viene sbertucciato da Giuliano Ferrara che lo invita a rientrare nei ranghi, critica la decisione di Berlusconi di presentarsi alle elezioni e disegna una linea di demarcazione tra l’imprenditore di genio e il leader politico. E Berlusconi non lo tocca, non lo sgrida, non lo mette in difficoltà come ha fatto con Montanelli. Dicono i maligni: Mentana è la foglia di fico che serve alla Fininvest per nascondere le sue vergogne.
Allora, Mentana, sei la foglia di fico?
«No. E proprio il contrario. Il Tg5, insieme al “Maurizio Costanzo Show”, è un prodotto di punta in termini di ascolto, è uno dei pezzi importanti della programmazione Fininvest. E’ scorretto portare l’esempio degli otto minuti di “Radio Londra” di Ferrara, dei dieci minuti di “Sgarbi Quotidiani” e dire che quelli sono la Fininvest e che ore e ore di Tg5 sono la foglia di fico».
Sentivi più la presenza di Craxi alla Rai di quanto non senta quella di Berlusconi oggi?
«Ma non c’è proprio paragone. Il Craxi dell’ultima stagione socialista in Rai era una presenza non eterea, non aleggiante. Come Forlani, come Occhetto. Erano una presenza palpabile,
attraverso gli addetti stampa, i consigliori, gli uomini di partito. Qui adesso non c’è assolutamente niente».
Perché, secondo te?
«Magari semplicemente perché Berlusconi è costretto, presentandosi come il campione dell’imprenditoria libera, a dimostrare di esserlo nel suo ruolo di editore e quindi ipso facto a lasciare libertà ai suoi direttori. Sta di fatto che noi non abbiamo l’inviato al seguito di Berlusconi».
Quando stavi alla Rai dicevi che un buon conduttore deve il 10 per cento all’aspetto fisico, il 60 per cento alla bravura e il 30 percento al partito politico…
«Era
Adesso tante cose stanno cambiando…
«Molti oggi semplicemente cambiano sudditanza. Ci sono giornalisti che non sanno stare in mare aperto. Non si sentono abilitati ad un ruolo più libero».
Il TgI di Volcic ti piace?
«E ancora molto presto per giudicare Volcic e il suo giornale».
Capisco la prudenza e l’educazione, però…
«Io devo essere diplomatico, devo esserlo tre volte: sono nato al Tgl1, sono il concorrente principale del Tg1 e sono amico personale di Volcic. Che è un grande giornalista, che è vissuto all’estero fino a pochi giorni fa e che adesso si trova alle prese con una impresa per la quale probabilmente può faticare più del previsto a trovare le coordinate».
E allora parliamo del Tg2. Si dice che sia il nuovo Telekabul, che abbia ereditato tutti i difetti del Tg3 senza prenderne i pregi…
«Mettiti nei panni di Garimberti che viene nominato direttore di un telegiornale di cui si dice che è Telecraxì. Qual è la sua terapia d’urto? Per un riflesso condizionato, magari non del tutto condivisibile, però comprensibile, dimostra che non è quello il suo approdo. Cadendo in eccessi di altro tipo».
E il Tg3?
«Quando perdi un nocchiero e cambi l’organizzazione del lavoro, e non c’è più la vocazione paternalistica di un Curzi, trovare nuovi equilibri è proprio difficile. Il giornale sembra avere meno smalto».
Tu al «Maurizio Costanzo Show» giurasti che Berlusconi non avrebbe fatto il partito. Mentivi sapendo di mentire?
«Ero sincero. in quei momento non c’era il partito. lo temevo che lo stesse facendo. Ma non potevo esprimere i miei timori in tv. Uno non va sul palco a dire: “Forse mia moglie mi tradisce”».
Tu hai fatto qualcosa per evitare che Berlusconi entrasse in politica?
«Per un giornalista l’ideale è avere un editore che non abbia rapporti diretti con
Insomma non ti senti liberissimo…
«Mi sento libero ma non sereno. E non sono serenamente guardabile».
Ferrara dice che dovresti prendere parte, scegliere…
«Chi fa un Tg di battaglia scontenta chi vuole informazione corretta e pulita, anche se questi termini piacciono così poco a Giuliano Ferrara, che ha un ascolto cinque volte inferiore al
Tg5».
Come è finita la storia con Ferrara?
«Ritengo assurde le sue tesi. Per quanto mi riguarda chiunque può chiedere le mie dimissioni. Il giorno che le chiederà il mio editore le avrà anche. Gli altri non mi interessano».
Perché l’ha fatto?
«Non ne ho idea. Il ragionamento di Ferrara è così cretino che non voglio neanche spendere tempo per spiegare se sono d’accordo o no».
A Berlusconi fa piacere avere molti galli nel pollaio che litigano…
«In questo momento ha interesse a far vedere che c’è una dialettica forte fra soggetti che la pensano in maniera diversa».
Come è andato veramente il caso Fede-Montanllii?
Io sono assolutamente sicuro che Montanelli aveva già la valigia pronta. Si era già rotto il rapporto fiduciario fra lui e, per usare un eufemismo,
E’ credibile che il direttore di un tg esca con una iniziativa così improvvida? O f orse bisogna pensare che fosse provvida visto che alla fine tutto è andato come voleva Berlusconi?
«Vogliamo affacciare una terza ipotesi?»
Affacciamola.
«E se fossero stati (non è vero naturalmente ma è verosimile) tutti d’accordo per questa pantomima? Ne hanno tutti tratto vantaggio. Berlusconi voleva che Montanelli se ne andasse. Montanelli voleva andarsene con una uscita clamorosa, Fede ha avuto una pubblicità incredibile»
Che cosa pensi di Montanelli?
«Montanelli è il più grande articolista italiano, ma “il Giornale” era il più brutto quotidiano italiano».
Montanllii ha avuto tutti dalla sua.
«Passate le elezioni, Montanelli avrà molto meno solidarietà per la sua “Voce”».
Berlusconi si è pentito delta sua dichiarazione a favore di Fini?
«Secondo me no. Anche perché poi la storia gli è andata incontro. Fini ha avuto un grandissimo successo d’immagine. Non è venuto fuori né l’uomo nero né il politicante. Certo l’uscita di Berlusconi è stata molto prematura. C’era probabilmente l’inesperienza del neofita della politica».
Perché Berlusconi a volte perde la testa in maniera così clamorosa? Ricordo il caso del «Processo del Lunedì» («nipotini di Stalin!») e la conferenza stampa ai giornalisti esteri («vergogna!»).
«Perché va d’istinto. E perché come quasi tutti i grandi imprenditori non è abituato a un rapporto con un pubblico ostile. Non è abituato a quella cosa di sangue, sudore e lacrime che è l’impatto politico con gente scafatissima, strafottente come i giornalisti. Di questo comunque Berlusconi deve aver fatto tesoro se dirada così le sue uscite pubbliche».
Chi lo ha convinto ad entrare in politica? I sondaggi di Pilo?
«Berlusconi è sicuramente popolare. I sondaggi lo hanno rafforzato nelle sue convinzioni. Sapremo in seguito se a torto o a ragione. Dice Montanelli che Berlusconi vuole avere attorno le persone che lo convincano che ha ragione».
Voterai per Forza Italia?
«Assolutamente no. Voterò per chi avrò scelto di votare dopo aver visto la lista dei candidati. Ma non mi pongo il problema di votare uno solo perché è il candidato del mio editore. E non perché, come dice maliziosamente Ferrara, io sia nel campo avverso. Solo perché io decido liberamente. Io penso che sarebbe anche giusto che i direttori dei giornali non dessero indicazioni di voto. Il giornalismo militante ha fatto più guai della grandine».
Voteresti ancora Craxi?
«La domanda non ha senso. Non si presenterebbe
Ma tu fino a quando hai votato Craxi?
«L’ultimo Craxi, quello dell’alleanza con Andreotti e Forlani, non mi vedeva già più fra i suoi elettori».
Il processo Cusani ti ha colpito?
«No, il mio nocciolo è giornalistico. Lo considero un fatto clamoroso che scatena l’adrenalina della notizia. Quella cosa perversa del giornalista che si attua anche quando c’è il terremoto».
Ti ha deluso più Craxi o Martelli?
«Sarebbe facile dire che mi hanno deluso di più coloro che sembravano gli oppositori interni del sistema, l’alternativa pulita al sistema. Ma quello che mi dà fastidio – non lo dico intinianamente – è che ancora si faccia finta che il Parlamento sia stato un grande saloon dove c’erano i buoni e i cattivi. Lo psicodramma non è ancora arrivato a sfociare complessivamente nella catarsi»
E forse non succederà mai.
«E forse è bene così. Forse è bene che nonostante siano tutti convinti che in questa cosa di Broccoletti del vero ci sia, si faccia finta di niente per evitare che crolli tutto. Né so pensare che la politica in una società strutturata possa essere una cosa totalmente diversa. Non è diversa negli Stati Uniti, in Russia, in Inghilterra, in Francia, in Germania. Il problema è che adesso abbiamo creato una situazione in cui il popolo è diventato propugnatore della gogna, della forca, della ghigliottina. Da un amministratore pubblico si pretende che sia specchiatissimo».
E perché no?
«Perché così l’Italia si allontana per quanto sembri incredibile dal resto del mondo. Per vincere una grande gara di appalto internazionale servono fior di mediatori con stecche di miliardi. Paesi come la Francia hanno ambasciate che funzionano come comitati di affari. Bisogna stare attenti a recuperare un senso di dignità del Paese che non sia all’insegna soltanto dello sterile puritanesimo».
Pretendere l’onestà mi pare il minimo.
«Essere onesti, perfetto, va tutto bene. Però questo surplus di rigore è tipico di chi tenta di rimuovere il proprio stesso passato, di chi ha pagato la mazzetta per avere
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