- 20 Marzo 2001
Telekabul, simbolo di un Tg schierato, di parte. Quando Giuliano Ferrara inventò quella definizione spregiativa, per il Tg3 di Alessandro Curzi arrivò un successo travolgente. Curzi il comunista, senza nessuna macchia nel passato, falce e martello fin da quando portava i calzoni corti. Nessun cedimento. Se è vero quello che dicono i voltagabbana, cioè che soltanto i cretini non cambiano idea, Curzi è il Cretino ad honorem. Felice di esserlo, perché la sua idea della coerenza è diversa da quella corrente. Comunista ma non intollerante. Anzi, amico di molti della destra. Da Giorgio Almirante a Emilio Fede.
Curzi, sei comunista ancora oggi? La storia non ha scalfito le tue certezze?
Sempre comunista. Ed è molto faticoso oggi essere comunista.
Ci sono stati tempi peggiori.
Hai ragione. Era peggio negli anni Cinquanta. Oppure quando si finiva in galera. Ma adesso si è considerati dei rimasugli del passato.
Vecchi da panchina…
Noi comunisti siamo di estrema attualità. Marx diceva: proletari di tutto il mondo unitevi. E invece si sono uniti i ricchi, i finanzieri. E’ la globalizzazione.
L’internazionale capitalista.
Che domina su tutto il pianeta, sposta capitali in pochi secondi, fa e disfa la vita di tutti gli uomini.
Tu ami gli alberghi di lusso, hai una casa ai Fori Imperiali, un’altra a Parigi, ti piacciono i golf di cachemire, giochi al casinò, tutte le mattine vai dal barbiere, ami mangiare bene e bere il Brunello di Montalcino. Ma che razza di comunista sei?
Tante volte me lo chiedo. Ho una pensione ottima, sette milioni e mezzo al mese. Ho la casa, che è mia e tu lo puoi dire, l’hai vista, è una casa bella.
Lo dico: è una casa bella.
Piccola eh?
Mica tanto piccola.
Me l’ha lasciata mia zia. Metà a me e metà a Bruna, la mia dolcissima moglie.
Perché metà solo?
Nel testamento ha scritto: "Lascio metà casa a Bruna perché il carissimo Sandro se la mangerebbe con le mignotte o la regalerebbe al partito".
Aveva ragione? L’avresti regalata al partito?
Credo proprio di no.
Tu hai fama di puttaniere.
Si possono dire di tutti quelli che fanno la nostra professione…
Di me non lo dicono. E’ grave?
Giornalismo…politica… 58 anni di questa vita… sempre fuori casa…
Non tergiversare…
Ho avuto tante ragazze ma la mia vita è cominciata prestissimo. Io a 13 anni sono entrato nel Pci.
Resta il fatto che hai dei gusti poco comunisti.
Io ho sempre avuto macchine piccolissime. Quando mi venivano a prendere dalla Rai con la Mercedes, non mi sedevo mai di dietro.
Tu si che sei democratico.
Mi vergognavo. Ho sempre avuto la Volkswagen, sai perché?
Perché era un ottima macchina.
Perché non volevo assomigliare a quei colleghi ai quali la Fiat regalava l’auto.
Rimangono gusti poco comunisti.
Per fortuna c’è Bruna a contenermi. Quando compro un vestito inutile mi rimprovera.
Compri spesso vestiti inutili?
Sì. Appena sono un po’ depresso corro a comperare camicie e cravatte.
Reazione a una giovinezza povera?
All’Unità e a Paese Sera gli stipendi erano quelli dei metalmeccanici. Amerigo Terzi, l’editore, diceva: "Devi mantenere uno stile sobrio". Grande editore comunista. Ha fatto cose straordinarie e tanti impicci.
Parliamo degli impicci.
Il giorno che è morto il capo dell’Eni lui piangeva disperatamente. Diceva: è la fine, è la fine.
La fine di chi?
La fine di Paese Sera. I soldi arrivavano anche da lì.
Quando hai cominciato a vedere un po’ di lira?
Alla Rai. Da direttore prendevo 240 milioni, vabbè lordi.
Con i soldi ti sei concesso qualche lusso.
I primi tempi io e Bruna andavamo a fare l’amore negli albergacci senza riscaldamento. Adesso cerco di andare nell’albergo più bello di tutti. A Bologna scendo al Baglioni e sono felice, mi piazzo lì e sto proprio bene, mi cambiano le lenzuola…
Lo fanno a tutti!
…mi mettono le lenzuola di lino, è difficile trovare lenzuola di lino.
E la casa di Parigi?
L’ho comprata con i soldi della mia liquidazione della Rai.
Perché sei andato via dalla Rai?
Il centro-sinistra stava per vincere. C’era Occhetto, la macchina da guerra che si metteva in moto.
E allora?
Ci voleva un telegiornale più cauto, meno astioso, meno combattivo. Io ho detto: me ne vado. E ho cominciato a dire cose violentissime sulla Rai e su Dematté. Sai perché?
No.
Avevo il cancro ai polmoni. Ero convinto di morire di lì a poco. Pensavo che fossero le mie ultime dichiarazioni.
Hai capito chi ti ha fatto fuori?
Certo. Achille Occhetto.
Ne hai parlato poi con lui?
Disse che era inevitabile. Che dovevano togliere il Tg1 a Bruno Vespa.
Come eri diventato direttore?
Era da tanto tempo che facevo il condirettore. Scoppiò una grande discussione se io potevo fare o no il direttore…
In Rai?
No, nel Pci. Dicevano che era troppo compromettente. Giancarlo Paletta sosteneva che era come entrare nel governo.
Nella lottizzazione, nel nepotismo, il Tg3 si comportava come tutti.
In che senso?
Bianca Berlinguer, Sara Scalia, Giovanna Tatò, Francesca Barzini, Roberto Pintor. Devo continuare?
Erano già dentro alla Rai. Chiamai quelli che conoscevo.
Hai preso perfino il capo dell’ufficio stampa del Pci.
Poggianti era l’unico che mi fu imposto dal partito.
Hai assunto anche un raccomandato di Manca.
Più di uno. Manca in genere raccomandava ragazze. Era il presidente. Quelle del presidente non sono raccomandazioni.
Eri più comunista o più giornalista?
Decidi tu. Facemmo inchieste sulle cooperative rosse. Facemmo le dirette da piazza Tienanmen. Scoprimmo e parlammo di Bossi. Il Tg3 era il preferito dai giovani fascisti.
Infatti venivi accusato di qualunquismo di sinistra da Occhetto.
Ho preso il Tg3 al 2 per cento e l’ho portato al 24 per cento di share. Durante la guerra del Golfo due volte superammo il Tg1. Solo l’imbecillità del centrosinistra smantellò il Tg3.
Oggi, se dovessi giudicare i telegiornali?
Quello di Mentana è il meno brutto. Ma sbaglia a condurlo. A volte non si capisce la differenza fra commento e notizia.
Il Tg1?
Apre con le notizie di cronaca nera. E’ una cosa orrenda.
Ti piaceva quello di Lerner?
Assomigliava al mio. Marcato, deciso. Non il bla bla bla, non la dolcezza.
Che cosa pensi del ritorno in edicola dell’Unità?
Sono preoccupato. C’è spazio? Il giornale ufficiale dei Ds c’è già, è la Repubblica. Sono anni che detta la linea politica al partito.
Parlami della tua giovinezza.
Sono nato nel ’30, da famiglia agiata. Andavo a scuola al Tasso, col mio amico Citto Maselli, compagno di banco. E’ stato lui che mi ha portato a certe idee di sinistra.
Miti?
Piola. La Lazio. Sono sempre stato laziale nonostante tutto.
Nonostante cosa?
I comunisti tifavano Roma. La Lazio era la squadra dei fascisti.
La passione per le donne?
Da subito.
Il tuo primo amore?
La pittrice Anna Salvatore, molto più grande di me. Bellissima. Poi, a 16 anni, una compagna affascinante che aveva avuto un ruolo importante nella Resistenza.
Se ne può parlare?
No, era sposata e mi provocò la prima grana col partito. Insidiavo una donna importante, sposata e di 20 anni più grande di me. Il Pci era bacchettone.
Altre storie?
Una ragazza di Budapest, dirigente delle ragazze comuniste ungheresi.
Internazionalismo proletario e affettivo.
Ho goduto, ho apprezzato. Poi mi sono legato a Bruna, relativamente giovane, a 23 anni.
Lei è molto permissiva.
Con uno come me è indispensabile.
Amici?
Luciana Castellina, un’altra che si è goduta la vita, come me.
Hai mai avuto passioni senili?
Che intendi per passione senile?
Ti piacciono le ragazzine?
Quando ero giovane mi piacevano le donne molto più grandi di me. Adesso mi piacciono le trentenni.
Quello che mi fa impazzire di Sandro è che appena una ragazzina gli fa la corte, diventa intelligentissima. Lo dice tua moglie.
Nel lavoro cerco sempre di evitare. Magari nel giornale vicino, nella tv vicina… non nella mia, possibilmente… non sempre ci sono riuscito… ma insomma… eh certo…
Insomma tua moglie ha ragione…
Quando una mi piace, cerco di scoprirne le qualità.
Ti innamori ancora?
Un uomo seguita ad essere uomo anche a 90 anni. In forme diverse.
Tu hai parlato dell’Italia dei camaleonti.
Nel mio palazzo abitavano tutti fascisti. Il 25 luglio 1943 diventarono tutti antifascisti e buttarono dalla finestra tricolori, quadri di Mussolini, orbaci. Per poco non diventai fascista io. Appena arrivai in Rai mi venne subito in mente quella scena. Quando sembrava che stessimo per vincere venivano da me e mi strizzavano l’occhio. Poi vinse Berlusconi e li vidi, gli stessi, avvolti nella bandiera di Forza Italia.
Vogliamo fare qualche nome?
Vabbè ma lascia perdere.
Un nome, uno solo…
Il capo del personale, ai tempi del mio Tg3, era Di Domenico. Adesso è in quota Ds. Come avrei potuto pensare, allora, che sarebbe arrivato fin qui?
Trovi più opportunismo nella destra o nella sinistra?
Nella sinistra.
D’Alema e Veltroni fanno a gara a chi è più di destra.
Dici?
No, l’hai detto tu il 18 ottobre 1999, al Giornale.
Tutti giocano a correre a destra. Rutelli dice di essere contro l’aborto. Io conoscevo un altro Rutelli.
Non era ancora sposato in chiesa.
Ma come si fa a cambiare così completamente?
Dicono che sia una prova di intelligenza.
Come fanno gli ex comunisti a dire che loro non sapevano niente di quello che accadeva?
Tu sapevi?
Io sì. Sapevo che il comitato centrale del partito comunista polacco era stato fucilato. Era una delle mie angosce. Ricordo tante passeggiate fatte con Pajetta, l’ultimo anno della sua vita, a discuterne.
Ma nel 1956 non sei uscito dal Pci.
Stavo per farlo. Poi decisi di no quando i fascisti assaltarono la sede del Pci. Io scesi in strada a difenderla, con Berlinguer, con Pecchioli. Se fosse franato il Pci la destra avrebbe dilagato.
Tu oggi sei iscritto a Rifondazione Comunista.
Mi sono iscritto dopo la scissione di Cossutta.
Ma eri già in rotta con i Ds.
C’era stato già il Mugello. Quando seppi che il partito avrebbe candidato Di Pietro mi prese un colpo. Il partito di Di Pietro è An. Aveva già incontrato Fini, stavano trattando. Allora mi candidai. D’Alema mi chiamò. Mi chiamò Velardi. Mi fecero promesse.
Che cosa ti promisero?
Mi dissero: "Che cosa vuoi? Vuoi tornare in Rai?"
E tu niente, duro.
Se lo scontro fosse stato solo tra me e Di Pietro i Ds nel Mugello si sarebbero spaccati e la cosa si sarebbe fatta molto divertente.
E invece?
E invece all’improvviso Berlusconi lanciò la candidatura di Ferrara. Un mistero, un giallo.
Che cosa c’è di strano?
Sapeva di perdere e allora perché l’ha fatto? Per fare un piacere a D’Alema? Il partito si è ricompattato. E ha vinto.
Che cosa pensi di Veltroni?
Ha fatto tutto troppo velocemente: carriera, lettura dei libri, cambiamenti. E’ stato il responsabile stampa e propaganda del Pci. Come fa a dire di non essere mai stato comunista?
Non hai fatto i nomi dei voltagabbana. Che razza di "Compagno Scomodo" sei?
Tanta gente di cui ho condiviso le idee adesso sta dall’altra parte…
Nomi, altrimenti ti chiamo il "Compagno Comodo".
D’Alema. Io pensavo che D’Alema avrebbe mantenuto una visione corretta, socialdemocratica.
Dicono che sia stato D’Alema a far cadere Prodi.
Io speravo che non cadesse. Ma pensavo anche che, cadendo Prodi, ci sarebbe stato un governo intermedio.
Diciamolo: Cossiga ha fregato tutti.
Forse già da mesi stavano pensando a tutto questo perché da mesi si stava preparando la guerra del Kosovo.
Un disegno americano.
L’America sapeva che con D’Alema il movimento pacifista sarebbe stata poca cosa. Come è stato.
Insomma Bertinotti ha fatto il gioco americano.
Fossi stato in Bertinotti non avrei fatto cadere Prodi. L’operazione di Cossiga appariva strana. Io lo conosco bene. Quando era Presidente della Repubblica mi invitava sempre al Quirinale.
Che cosa ti raccontava?
Parlava con disprezzo dei comunisti. Li chiamava "I ragazzi della via Pal".
Tu hai rapporti buoni con la destra. Sei amico di Feltri, di Fede, di Ferrara.
Se non fosse andato via dal Pci Ferrara oggi sarebbe il segretario.
Mi incuriosisce la tua stima per Fede.
Fede mi diverte.
Di Feltri che cosa ti piace?
La sua capacità di iniziativa. E’ uno come Montanelli. E’ un giornalista.
E Almirante?
Con Almirante ho avuto un rapporto davvero bello. Mi qurelò. Ma poi siamo diventati buoni amici.
Hai mai avuto raccomandazioni dalla destra?
Gianni Letta aveva tre o quattro persone in esubero al "Tempo" e mi chiese di sistemarle.
Hai assunto i raccomandati di Letta?
Si. E si dimostrarono bravi.
Chi erano?
No, i nomi no.
Vedi che sei un Compagno Comodo?
Presi anche Daniela Vergara su segnalazione di qualcuno della destra.
Tu hai nemici?
Inimicizie no. Ma tradimenti molti. Quelli del Tg3. Il partito. Dovrei dire Petruccioli e Occhetto. Però adesso quando mi incontrano mi abbracciano e mi baciano. Uno che non mi piacque fu Paolo Murialdi. L’avevo creato io come presidente della federazione della stampa. Ma alla Rai me lo trovai contro.
Riesci a dirmi dei difetti di Bertinotti?
Egocentrico. Narcisista.
Democratico?
Che intendi per democratico?
Tu sei democratico. Senti la gente.
Bertinotti no. Non è democratico. E’ accentratore.
Chi è che non ti piace a sinistra?
Nessuno. A parte il mio vecchio legame con Pietro Ingrao…
Non ti piace D’Alema?
No.
Non ti piace Veltroni?
No.
Non ti piace Fassino?
No.
Non ti piace Mussi?
No.
Folena?
E’ imbarazzante. Non mi piace nessuno.
Ti piacerà qualcuno del tuo partito…
Non ho nessuna particolare simpatia neanche lì.
Nemmeno Bertinotti?
Nessuna particolare simpatia.
Sei presuntuoso?
Sì, assolutamente.
Sei convinto di essere più intelligente di tutti?
Sì.
Più intelligente di Bertinotti?
Certamente.
Se ti offrono di fare il senatore a vita, rifiuti come Montanelli?
A me piace fare un po’ il gigione come Montanelli. Come lui voglio morire da giornalista. Il senatore a vita poi è proprio una cosa da grattarsi. Il Senato lo rifiuto per scaramanzia. Mi sa di morte.
Fai un tuo giornale. Assumi.
Pintor, Fede, Annunziata. Come scrive non è un granché, ma ha intuizione notevole.
Poi?
Valli, Remondino, Aspesi.
Chi non vorresti mai assumere?
Più della metà dei giornalisti italiani: sono degli impiegati.
Sei felice?
Quando morirò, a cent’anni, morirò soddisfatto. Non ho autocritiche da farmi. Ho sempre fatto quello che mi piaceva. Mi sono divertito.
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