- 13 Gennaio 2001
SAN PAOLO E’ IL PROTETTORE DEI VOLTAGABBANA. HA CAMBIATO IDEA SULLA VIA DI DAMASCO
Il 13 gennaio 2001, alle 9,30, al Baglioni Carlton di Milano, incontro Francesco Cossiga, vecchio volpone della politica italiana, uno che ha coperto tutti i posti chiave dello Stato, che ha conosciuto tutti i fasti e tutte le miserie della politica italiana. Francesco Cossiga, ai tempi in cui cominciavo questo mestiere, veniva scritto sui muri con la K. Kossiga. Qualche volta con le svastiche al posto delle due "S". Adesso molti di quelli che giocavano con la "K", siedono con lui in Parlamento, dirigono giornali, sono dei maitre a penser della destra. Hanno cambiato idea. Ho il sospetto che sia stato lui a sollecitare questa intervista affinché si parli anche della sua ultima idea, le cravatte dei Quattro Gatti che ha fatto fare, artigianalmente, dal suo amico Eddy Monetti. Quattro Gatti sta per la frase che viene usata sempre per dire il seguito politico che ha l’ex presidente della Repubblica. E infatti dietro la mia intervista, su Sette, seguirà un pezzo sulle sue cravatte. E in copertina ci sarà Cossiga che si pavoneggia con le sue cravatte. In questo è forte Maria Luisa Agnese, concede uno e chiede in cambio cento. Così io mi trovo a disposizione Cossiga. E per un paio di ore posso sviscerare con lui il problema dei voltagabbana cercando di capire che cosa succede nell’animo umano quando si passa da uno schieramento all’altro. Facciamo insomma un po’ di filosofia sul fenomeno del voltagabbana.
Quale definizione si può dare di voltagabbana? Esistono i voltagabbana buoni e quelli cattivi. Senatore, cambiare idea si può?
“In alcune occasioni si deve”.
Quando si deve?
“Quando si pensa che le idee che si professano non sono più vere o non più idonee”.
Questo è’ il manifesto del voltagabbana.
“Ci sono idee-principi, essere fascista o antifascista. E idee che attengono alle alleanze, idee pratiche”.
La politica come arte del possibile.
“Come arte della prudenza. Churchill non aveva cambiato idea sulla natura del regime sovietico. Ma sul piano prudenziale riteneva più grave il fenomeno nazista. E si è alleato con l’Urss”.
Ed esempi sulle idee?
“Edgardo Sogno fu volontario della guerra di Spagna, dalla parte di Franco. Poi diventò antifascista”.
Altri esempi?
“Giorgio Bocca. Ha confessato di essere stato fascista e poi è diventato un valoroso partigiano delle Langhe. Diciamo che è un voltagabbana?”
Non ci permetteremmo mai.
“In questi casi il cambiamento di idea è un caso coscienziale. Facciamo un altro esempio?”
Chi?
“Cossiga”.
Cossiga voltagabbana?
“Tralasciamo pure il mio rapporto di amore-odio col Pci”.
Tralasciamo.
“Sono stato democratico cristiano, filoccidentale, antisovietico, quindi anticomunista. Ma ho dato vita all’operazione più ardita – mi scusi se ne rivendico il merito – contribuendo a portare a Palazzo Chigi il primo postcomunista”.
Si è pentito di avere favorito il governo D’Alema?
“Assolutamente no. Indegnamente ho fatto quello che aveva in mente Moro. E poi c’erano esigenze pratiche. Non saremmo stati in grado di affrontare la crisi del Kossovo se avessimo avuto un governo Prodi. Massimo D’Alema, come tutti quelli che sono stati educati alla scuola comunista, non è un pacifista”.
D’Alema guerrafondaio?
“Il pacifismo comunista non esiste. Mentre esiste il pacifismo cattolico e certamente ne era parzialmente intriso Prodi”.
Prodi ce l’ha ancora con lei?
“Non v’è dubbio alcuno. Ha perfino smentito di aver parlato con me di politica per due ore e mezza a Bruxelles. Io avevo chiesto l’incontro perché volevo chiudere il nostro contrasto. Volevo dirgli: smettila con l’Ulivo, costituiamo un centro. E poi facciamo il centro-sinistra col trattino”.
Centro sinistra senza trattino o centro-sinistra col trattino. Per mesi si è dibattuto sul trattino, indizio grave del bizantinismo della politica italiana, bizantinismo nel quale Cossiga si muove come una trota in un torrente.
“Il centro sinistra senza trattino è una fregnaccia. Ci voleva un’idea che unisse me e D’Alema”.
E Prodi?
“Prodi traccheggiava. Diceva che occorreva un centro forte, che avesse un suo leader non comunista. Prodi usa ancora il termine comunista per parlare dei Ds”.
E a chi pensava come leader?
“Fu in quella occasione che ho sentito per la prima volta il nome di Rutelli”.
Lei ha fatto cadere un governo che aveva entusiasmato l’Italia.
“Me ne rendo conto. Le novità piacciono sempre. Poi bisogna vedere che consistenza hanno”.
Torniamo ai voltagabbana.
“Se i voltagabbana avessero un protettore, sa chi sarebbe? San Paolo. Ha cambiato idea sulla via di Damasco. E non ha spiegato niente. Ha detto solo: "Sono stato fulminato. E non rompetemi le balle".
Ha detto proprio così? Non rompetemi le balle?
“Nelle "Lettere" non appare. Ma il personaggio era capace proprio di dire: "Non rompetemi le balle".”
Abbiamo trovato il santo protettore. E i protetti chi sono?
“ Tutti quelli che ho sempre molto rispettato. Non ho mai accettato che dessero del fascista a Bocca.
Però a Bobbio si.
"La conversione di Bobbio è avvenuta all’università, sui libri. Quella di Bocca è avvenuta con le armi in pungo combattendo i fascisti. C’è differenza”.
Lei è veramente un voltagabbana?
“Hanno tentato di dire che lo sono. Ma io spiego quello che faccio”.
Spieghi allora perché è finito con Forza Italia.
“Non sono di Forza Italia. Eppure auspico la vittoria di Berlusconi”.
Appunto: voltagabbana.
“Io mi sarei sentito meglio in una formazione di centro sinistra. Ma questo centro sinistra è un pasticcio. Se perde avrà inizio la ricostruzione democratica della sinistra”.
E quindi?
“Ai miei amici ho detto: candidatevi dove vi pare. Ma sappiate che mi auguro la vittoria del centro destra, perché credo che il centro destra sia più… manovrabile…no la parola è brutta…si possa più reimpastare che non questo centro sinistra. Io sono il presidente del Partito Trasversale Dalemiano”.
E il partito dei Quattro Gatti?
“Con la Q e con la G maiuscola, altrimenti Berlusconi ci dà solo quattro collegi. I Quattro Gatti si candideranno come indipendenti nelle liste di Forza Italia”.
Quattro gatti o otto gatti?
“Più vicino agli otto che ai quattro”.
Compreso suo figlio Giuseppe.
“Questa cosa ha rotto le scatole sia a me che a mio figlio. Come si può pensare che io, con la prosopopea che ho di metà pastore sardo e di metà aristocratico sardo, possa andare a chiedere a Berlusconi di candidare mio figlio?”
La notizia è falsa?
“Se Berlusconi vuole candidarlo, lo candidi. Ma è un grande favore che faccio a Berlusconi se gli lascio candidare mio figlio. In ogni caso non sarebbe un voltagabbana perché mio figlio è sempre stato più a destra di me. Per lui io sono un pericoloso sovversivo”.
Sempre più difficile individuare un voltagabbana.
“Il più grande voltagabbana d’Italia è stato Saragat. Il ribaltone più importante lo ha fatto lui. E’ stato eletto nelle liste comuniste del fronte popolare nell’aprile del 46. E poi se ne è andato”.
Occorre assolutamente trovare una definizione di voltagabbana. Chi è voltagabbana? Chi cambia idea? Chi cambia partito? Chi lo fa senza dare spiegazioni? Chi lo fa troppo in fretta? Chi comincia a sparare sui vecchi compagni? Lo Zingarelli nella definizione di voltagabbana mette il concetto di "utilità personale".
“Ecco, voltagabbana è quello che cambia idea per utilità personale. Uno che cambia partito perché gli altri gli offrono il posto di ministro”.
Allora parliamo della compravendita di parlamentari fatta da Mastella.
“Poveraccio. Mastella non ha comprato nessuno…”
Lo teorizza anche lui.
“Su Mastella bisogna fare un discorso a parte. Lui è un piccolo capopopolo. Spero non si offenda”.
Certo che si offende.
“Per il piccolo? Ma grande era Ciceruacchio. Ci sono due capipopolo in Italia. Uno è Bossi e l’altro è Mastella, capopopolo territoriale, meridionale. Ha un magnetismo che non si spiega, ma ce l’ha. Il capopopolo arraffa tutto. Io non so se siano passati denari. Ma anche Giolitti faceva passare denari. L’ha fatto per un disegno che ha trasformato un Paese aristocratico costituzionale in un Paese democratico”.
Il centro è voltagabbana per missione. Chi sta in mezzo può andare a destra o a sinistra.
“E’ la teoria dei due forni che io non condivido. Le riforme si possono fare solo con la sinistra. Io sono seguace di Giuliano Ferrara: se domani Berlusconi diventa presidente del Consiglio e vuole varare un programma di riforme deve cercare l’alleanza della sinistra”.
Nelle varie interviste fatte finora, quando ho chiesto i nomi dei voltagabbana, sono venuti fuori questi. Le va di esaminarli?
“Certo”.
Giuliano Ferrara. Dal Pci a Silvio.
“Giuliano Ferrara è un liberal leninista. Ha cambiato idea sul valore ideale, teorico, storico del comunismo, anche se ne è ancora fortemente imbevuto. Il suo modo di ragionare ricorda molto più Togliatti di Berlusconi”.
Mastella. Un po’ di qua e un po’ di là.
“E’ l’esigenza del capopopolo. Deve cercare l’interesse del popolo”.
Quelli di Lotta Continua. Dalle barricate alle direzioni.
“No. Sciolta Lotta Continua, ritornati alla vita pratica, si sono arrangiati come potevano. Hanno pensato a campare”.
Ma lei era Kossiga con la K. Si ricorda che c’erano dei signori che andavano nelle università a predicare l’uguaglianza, il mondo nuovo, eccetera eccetera?
“Voltagabbana è colui che passa da una parte all’altra perché gli hanno promesso la presidenza della commissione o altre utilità pratiche sulle quali non mi soffermo…”
Presidente, lei sta facendo con le dita il segno dei soldi…
“Utilità pratiche”.
Veltroni? Ha detto che non è mai stato comunista.
“Io credo che lui si sia iscritto al partito comunista perché era trendy. Ha fatto parte di quel gruppo di persone per le quali faceva fino essere comunista. Quando lui ha detto "Io non sono comunista", io gli ho subito chiesto: "Ma che cazzo sei?" Voglio capire”.
Fini?
“No. Il suo è un giudizio: "E’ finita un’epoca storica".”
Occhetto. Cominciò l’orazione funebre per Togliatti dicendo: "In nome tuo l’Italia sarà socialista". E poi ha fatto la Bolognina.
“Sono successe anche un po’ di altre cosette, la caduta del muro di Berlino, la distruzione dell’Urss, la fine del sistema dei partiti comunisti”.
Bossi, il ribaltone, almeno lui sarà un voltagabbana…
“Non è che voglia difendere tutti, ma Bossi non l’ha fatto né per interesse personale né per interesse dei suoi”.
E allora perché?
“Perché temeva di scomparire”.
Buttiglione? L’unico che volta gabbana stando fermo.
“C’è una spiegazione. E’ un filosofo: la realtà effimera gira attorno alle sue idee immobili. Lui è l’eterno, il resto è cangiante”.
Guzzanti. Era socialista…
“I socialisti sono come i palestinesi che si sono rifugiati in Giordania. Forza Italia è la loro Giordania. Forza Italia è stata la capanna nella quale si erano rifugiati quelli senza patria. Come Guzzanti”.
Petruccioli parla di Cossiga come di un voltagabbana speciale. Dice: Cossiga cambia spesso senza fornire motivazioni, usa una quantità di dati di cui non parla mai per fare i suoi giochi. Un giudizio piuttosto duro. Ma Cossiga se la cava anche in questo caso.
“Detto da una persona che mi vuole bene, perché Petruccioli mi vuole bene, cerco di cogliere il senso di questo giudizio. Perché sicuramente non c’è malanimo. Petruccioli non è mai stato anticossighiano. Talvolta io mi scoccio di dare spiegazioni, faccio male, è un fatto di presunzione, vengo meno a un dovere etico del politico”.
Anche se Petruccioli le vuole bene, ci si potrebbe leggere una malignità maggiore. Essendo lei stato al vertici dello Stato conosce segreti che usa…
“Molti pensano che io sappia chissà che cosa. Io non nego mai. Ci gioco anche. Se qualcuno ha la coda di paglia a me fa comodo far credere di conoscere più cose del vero”.
E’ più voltagabbana la destra o la sinistra?
“La sinistra non comunista. La destra è sempre più integralista”.
Cossiga mi appare un po’ prudente. Cerco di prenderlo sull’amor proprio. Presidente, per un picconatore come lei non dovrebbe risultare difficile trovare un voltagabbana. Eppure…
“Uno è facile: quel deputato di Rinnovamento, Silvio Liotta, che nelle votazioni per il governo Prodi alla fine votò contro e fece cadere il governo. Anche il mio governo, una volta, cadde per un voto, quello della Garavaglia…”
Garavaglia voltagabbana?
“No, intrappolata nel gabinetto. Rimase chiusa dentro e non riuscì a liberarsi in tempo per la votazione”.
Bisognerebbe che ci fosse una forma di sanzione morale nei confronti dei voltagabbana?
“Io sono contrario alle sanzioni. Però un partito dovrebbe rifiutarsi di offrire posti o ancor peggio utilità materiali…”
Presidente, lei fa di nuovo il segno di denaro con le dita…
“Lei scriva "utilità materiali" fra virgolette”.
E quelli che erano nel centro destra e poi quando ha vinto il centro sinistra hanno avuto una crisi morale e politica e sono finiti nel centro sinistra? Un nome per tutti, la Pivetti.
“La Pivetti passa dall’altra parte?”
Ci sta pensando. E Scognamiglio?
“Bisogna dire una cosa: se un popolo continua ad eleggerli, allora sono giustificati a fare i voltagabbana. In democrazia l’unica sanzione è quella del popolo”.
Soltanto i cretini non cambiano idea. Le piace questa frase?
“E’ vero che per essere coerente con le proprie idee bisogna cambiare comportamenti. Ma chi per essere coerente coi comportamenti cambia idea è un voltagabbana”.
Voltare gabbana è una caratteristica italiana?
“Noi abbiamo una storia unitaria molto debole, siamo stati dominio di francesi, austriaci, spagnoli. Bisogna pur campare”.
Non è anche la tradizione cattolica?
“E’ quello che io chiamo l’essenzialismo cattolico, frase che ho inventato adesso per lei”.
Grazie.
“C’è chi ritiene che quelli che valgono sono i sommi principi, l’esistenza di Dio, la Trinità e poche altre cose. Del resto chissenefrega”.
Sono più voltagabbana i giornalisti, i politici o gli industriali?
“Agli industriali non si può applicare il termine voltagabbana. Il loro dovere etico è quello di far quattrini, tutto il resto è strumentale. Se c’è il fascismo l’industriale si mette la camicia nera, se c’è la sinistra canta Bandiera Rossa”.”
I voltagabbana hanno anche un loro valore etico politico. Grazie ai voltagabbana si salvano i governi. Sono elementi di governabilità, di stabilità.
“Fine intuizione. E’ il grande mistero della Provvidenza: dal male viene il bene. Mettiamola così. Senza il tradimento di Giuda non ci sarebbe stata la Redenzione”.
Berlusconi ha detto: "Mi fido di D’Alema". Che cosa voleva dire?
“I due lo confessano solo a luce bassa o al buio. E in circoli ristrettissimi. C’è una grande simpatia fra loro. Si divertono reciprocamente”.
A luce bassa, in circoli ristrettissimi. Presente anche Cossiga?
“Certo, con l’uno e con l’altro”.
Reciproca simpatia e comune antipatia per Di Pietro…
“D’Alema è il meno giustizialista del partito comunista”.
Quindi aveva ragione Paolo Flores d’Arcais quando diceva di aver sentito D’Alema parlare infastidito di Di Pietro.
“Il termine infastidito mi pare riduttivo”.
Berlusconi dice che gli ci vogliono due legislature. Da sinistra gli hanno dato del prepotente.
“In Italia il senso della sconfitta trasforma la sconfitta in rotta. Se negli elettori del centro sinistra si radica l’idea che il centro sinistra ha perso, è la tragedia. Anche Rutelli smette di votare per se stesso e vota Berlusconi”.
Berlusconi è convinto sinceramente di vincere?
“Non v’è dubbio alcuno. Ha smesso perfino di parlare del pericolo comunista”.
Quante volte ha incontrato Berlusconi?
“Tantissime”.
Vi date del lei?
“Non più. Gli ho detto: "Sono più vecchio di te. Sono più importante di te. Diamoci del tu".”
Di che parlate?
“Di politica. Tempo fa, nel tentativo di abbassare il tono della polemica tra i due tronconi del Ppe, ho organizzato una cena a Strasburgo. A tavola, dopo tre bicchieri di un vino sardo che avevo portato io, l’Angialis, un vino forte, bianco, da formaggi, una specie di Sauterne, Berlusconi mi ha detto: "Presidente lei mi tratta male"."Ma quando?" "Tempo fa mi ha dato dell’Anticristo". Ma l’Anticristo è l’uomo bello, ricco, che promette la felicità a tutti, filantropo, che però fa venire meno il dramma dell’uomo, il dramma del peccato, della dannazione, della salvazione, della Croce”.
Gli ha detto tutte queste cose?
“Certo. "Silvio, lei dovrebbe ringraziarmi. L’Anticristo è una figura immensa della letteratura filosofico teologica dell’ottocento russo". Così gli ho detto”.
Se l’è bevuta?
“Sì. Lui fa sempre finta di bersela. Ma lo sa che una volta l’ho colto a prendere appunti mentre parlavo?”
Abbiamo parlato dei voltagabbana. Ma si potrebbe parlare anche dei rigidoni. quelli che non cambiano mai.
“Quelli che ritengono che il mondo debba girare attorno a loro”.
Facciamo i nomi?
“Voltaire”.
Voltaire?
“Il Voltaire italiano”.
Ho capito: Eugenio Voltaire?
“Scalfari. Un rigidone. Un altro rigidone è Buttiglione. L’abbiamo già detto. L’eterno”.
Chi è il suo nemico?
“Non ho nemici. Ma c’è un pasticcione, il pasticcione Prodi. Io per battere Prodi voterei anche Ds. Preferirei votare per le grandi idealità, per la grande politica”.
Prodi non rappresenta le grandi idealità?
“No, proprio no”.
A volte quando lei sferra una delle sue picconate, gli avversari danno una risposta non politica ma clinica: sì vabbé, è il solito Cossiga, pazzerellone, non sta tanto bene, ha una certa età, non bisogna prenderlo sul serio.
“E poi mi prendono sul serio tre o quattro mesi dopo”.
Le dà fastidio?
“No. Ma a volte rispondo. Come nel caso del Voltaire italiano”.
E risponde pesante, in verità.
“So usare il fioretto. Ma preferisco lo spadone. Io non sono un buono, io sono un cortese e gentile signore. Ma buono no. Non so se mi spiego”.
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