- 30 Settembre 2009
CLAUDIO SABELLI FIORETTI: Che voto ti sei dato come presidente della Repubblica?
FRANCESCO COSSIGA: Una grande insufficienza. Sono stato il peggior presidente della Repubblica nella storia italiana.
Il peggiore?
Assolutamente sì. Sono quello che ha combinato di meno. Ho causato un sacco di guai. Sono stato il peggiore e il più inutile. Sono stato un velleitario. Sono stato dannoso. Ho fatto venir meno la funzione di una delle grandi istituzioni dello Stato. La mia presidenza era priva di qualunque autorità reale.
Perché?
In Italia il presidente della Repubblica o ha una forza politica dietro di sé oppure lo massacrano. E io non contavo nulla.
Tutti parlavano di te…
La mia presidenza è stata interessante. Per i giornalisti. Lo è stata per i linguisti. Sono state fatte due analisi del mio linguaggio, da parte di filologi, con l’aiuto di grandi società come l’Ibm. Clinton mandò un esperto a studiare la tecnica del mio parlare.
Ti aveva candidato De Mita.
Io giudico un grande errore l’avermi eletto presidente della Repubblica e considero una grande colpa non aver rifiutato l’offerta che mi fece De Mita. Quando De Mita mi telefonò per dirmi che mi candidava io ero in Spagna. Feci subito partire un diplomatico da Barcellona sull’ultimo aereo, con una lettera di quattro pagine in cui gli spiegavo perché era un errore farmi presidente.
C’è stato qualche altro presidente pessimo?
Era considerato pessimo Giovanni Leone. Ma adesso l’hanno riabilitato. Giustamente.
Ma secondo te?
Chi ha creato pasticci è stato certamente Gronchi. Volle fare il presidente presidenziale senza esserlo, e senza avere un sufficiente appoggio da parte del suo partito. Deve esser chiaro che in un regime parlamentare non bisogna attribuire incarichi di vertice a persone che non abbiano una propria forza, che non possano contare sul proprio partito o sull’appoggio dell’opinione pubblica.
Tu eri considerato un sovversivo…
Per le cose che dicevo. Ma anche Napolitano è su quella strada lì. Anche Napolitano è un picconatore come me. È anche lui un sovversivo?
Hai continuato a picconare anche dopo… Veltroni il Gatto Felix, con le guance alla zuava, che faceva la guerra al governo D’Alema…
Mi divertivo, ma poi chiedevo scusa. Io non contavo niente… Per questo mi hanno dato sempre tanti incarichi. Perché non contavo niente.
Troppa modestia. Fai carriera perché non conti niente…
Proprio così. Io sono sempre stato scelto perché non contavo niente, non ero appoggiato da nessuno, non facevo paura a nessuno. Come quando nominano un nero, presidente di una società americana. Lo nominano perché non conta niente. Io sono il nero della politica italiana.
A proposito, l’omino bianco e l’omino nero…
L’omino nero è il vero Cossiga. Ordinato, razionale. Nell’interesse suo e del Paese si sarebbe dovuto limitare a fare il professore di diritto e casomai il presidente di una delle branche dell’Azione cattolica. L’omino nero si diletta di studiare filosofia, teologia, sta nascosto. È molto preciso nel parlare.
L’omino bianco?
È la parte di me dominata dalla fantasia. È quello che ha scelto la politica, ha occupato ruoli che non gli sarebbero spettati, che gli sono stati dati per caso. Per rimanere a galla ha cominciato a fare il creativo. Si è dilettato nel fare battute e viene considerato un uomo spiritoso. Guarda questo quadretto. L’ha disegnato mia figlia Anna Maria. Ogni tanto l’omino bianco scappa, e l’omino nero lo riporta giù.
Quindi il matto è l’omino bianco…
Sì, è il matto. E l’omino nero è quello che Paolo VI ha definito «l’uomo più colto e più intelligente della sua generazione».
Tu eri sempre stato un presidente ligio alle istituzioni…
Io sono sempre stato estremamente ligio. Prima, durante e anche dopo. Perché vale la regola che il re non governa.
Però il re parla.
Vedevo che tutto stava andando in malora, mentre la nostra classe politica faceva finta che niente stesse accadendo nel mondo e in Italia.
Il solito muro di Berlino…
Stava per cadere. Io ne ero stato informato dal capo della polizia. Il quale aveva avvertito anche il governo. Ma il governo non c’aveva creduto e andò avanti non comprendendo che con il muro gli sarebbe caduto addosso il mondo.
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