Niccolò Ghedini - (letta 96.467 volte)

«Sono leggendari i suoi scontri con Marco Travaglio ad Annozero. Praticamente un format. Travaglio cita una sentenza per dire che Berlusconi è un criminale. Lui parte in una difesa appassionata scartabellando faldoni. Travaglio insiste. Lui si incaponisce. I toni si alzano. Santoro osserva felice. Le voci si sovrappongono. Finché lui, esasperato, urla «mavalà». Niccolò Ghedini, 50 anni, potente avvocato di Silvio Berlusconi, dice però che «mavalà» non è un suo intercalare abituale. «L’ho usato solo in una trasmissione. Ripetutamente. Ho esagerato. E mi è rimasto appiccicato addosso. Era un gesto di sconforto. Travaglio continuava a dire una cosa sbagliata. E allora mi veniva da dire: “Ma dai, basta, non è possibile!” È uscito “mavalà!”. Colpa mia. Ma ero disperato».

Claudio Sabelli Fioretti: Ora è per tutti Nicolò «Mavalà» Ghedini. Grazie a Travaglio…

Niccolò Ghedini: «A me Travaglio non dispiace. In trasmissione vorrei gettargli il Codice addosso. Ma è un professionista notevole. Una volta su cento ha ragione. E mi fa riflettere. Le sue critiche sono in buona fede, anche se dice cose disancorate dalla realtà dei dati processuali».

Ma è uno dei pochi che legge le sentenze…

«Se estrapoli solo la parte che ti piace, mistifichi la realtà. Lui non fa il giornalista, fa l’avvocato di parte civile. Però…»

Però?

«Non mi è antipatico».

Travaglio ha detto: «Ghedini è duro ma sportivo, non sfugge al confronto. È coraggioso».

«A me piace confrontarmi con lui».

Quante volte è andato ad Annozero?

«Una decina».

E Santoro?

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Don Luigi Verzè - (letta 50.096 volte)

Lo chiamano anche “il Berlusconi di Dio” non si sa bene perché. Forse perché è amico del premier ed è prete. Forse perché ha messo in piedi dal nulla un impero, il San Raffaele, 700 medici, 1300 infermieri, 60 mila ricoveri all’anno. Don Luigi Verzé ha combattuto battaglie senza quartiere con politici e magistrati, con amministratori e prelati. Non ha avuto paura di mettersi di traverso a papi e cardinali. Un personaggio che non lascia indifferenti. E’ stato amico di Craxi e nemico di Montini. L’attuale papa non scatena il suo entusiasmo. Però le curie che lo hanno combattuto aspramente per anni ora lo accettano e lo rispettano. Ha appena compiuto novant’anni ma non accenna a diventare malleabile.
 
Eccoci qua, don Luigi.
 
“Lei fa le domande, io do le risposte. Facciamo così?”
 
E’ un’intervista.
 
“Secondo me lei sa già tutto di me”.
 
Da ragazzo la chiamavano “piloto”.
 
“Che ne sa lei del piloto?”
 
Io di lei so tutto.
 

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Fedele Confalonieri - (letta 97.269 volte)

Presidente, mi tolga una curiosità cretina: come si pagano 750 milioni di euro? Un bonifico? Un assegno? Dodici comode rate mensili?

“Non lo so…se dovremo… un bonifico…guardi…è scandalosa questa roba qui. Una questione di vent’anni fa sulla quale c’era già stata una spartizione voluta dai politici. Berlusconi aveva comprato la Mondadori. Andreotti e Craxi gli dissero: “Non pensare di avere tutto dopo aver avuto le tre reti. Il signor De Benedetti si prende Espresso, La Repubblica e la Finegil. Tu il resto”“.

Una sentenza dice che un magistrato è stato corrotto…

“Corrotto non da Berlusconi”.

La magistratura vi perseguita…

“Centinaia di perquisizioni…”

Un serial killer potrebbe dire: “Ce l’avete sempre con me?” Il magistrato risponderebbe: “Non sono io che ce l’ho sempre con te. Sei tu che sei seriale”.

“Io sono incensurato. Ma sono stato il primo messo sotto scopa dai magistrati…”

Quei famosi 300 milioni di lire…

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Giovanni Minoli - (letta 195.672 volte)

E’ forse l’uomo che, in Italia, ne sa più di tutti di televisione. Giovanni Minoli. Ha inventato o portato al successo Mixer, Un posto al sole, Report, Turisti per caso, Blitz, Quelli della notte…Ogni tanto lo propongono per la direzione generale. Poi niente. Anche questa volta. Niente. Dice: “Torno nelle catacombe”. Nelle catacombe, dove fa programmi che vanno nella notte tarda o al mattino presto. Come si sta nelle catacombe? “Nemmeno male”, dice. “Dalle catacombe sono usciti uomini che qualcosa hanno fatto nella storia del mondo”. Ogni tanto ti tirano fuori…“Quando hanno bisogno di qualcosa che costi la metà e renda il doppio”. Comunque lavori… “Lavoro? Agrodolce, la lunga serialità siciliana, fa quasi gli ascolti di “Un posto al sole”. “La storia siamo noi” è arrivata al 21% di share”.
 
Narciso come al solito. Lo dicono tutti: Minoli è un narciso.
 
“Sai che cosa ho fatto una volta per capire se ero narciso? Ho smesso di fare Mixer. Ho deciso di non andare in onda per capire se ero libero da questa droga”.
 
Eri libero?
 
“Ero libero. Ce l’ho fatta a vivere senza Mixer”.
 
Non sei narciso.
 
“Forse lo sono. Ma è una cosa che riesco a gestire. Ho sempre avuto la consapevolezza che è lei, non sono io, la matrice della fama”.
 
Lei chi?
 
“Lei, la televisione”.
 
Se sei un divo la colpa è della tv…
 
“Non sono divo. Niente mondanità e niente feste”.
 

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Dario Franceschini - (letta 102.834 volte)

Doveva essere un segretario di transizione. Si pensava: il congresso del Pd, ad ottobre, sancirà la nuova leadership di Pier Luigi Bersani. Ma adesso non ci giura più nessuno, nemmeno lui. Dario Franceschini ha assunto la guida del Pd con un piglio che somiglia molto ad una autocandidatura. Con il suo decisionismo dichiarazionista, antiberlusconiano e soprattutto di sinistra, è apparso subito come un raggio di speranza a tutti quelli che erano affranti dalla “mollezza” di Veltroni e dalla litigiosità di tutti gli altri, tanto da far pensare che fra qualche mese potrebbe essere proprio lui a prendere la guida del partito erede degli ex Pci e degli ex Dc.

Un ex Dc che guida ex Pci…
«Fino a qualche mese fa c’era un ex Pci che guidava ex Dc. Ma ci sono milioni di elettori che non sono né ex Pci, né ex Dc. Tutti quelli che hanno meno di 36 anni non possono avere votato né Dc, né Pci, perché, quando hanno cominciato a votare, questi due partiti non esistevano più. Alle primarie che hanno eletto Veltroni hanno votato tre milioni e mezzo di persone. Gli iscritti ai Ds e alla Margherita erano un milione. Più di due milioni di italiani si sono dichiarati fondatori del Pd senza venire dai due partiti».

Fa comunque impressione.
«Quelli della mia generazione vivevano un mondo diviso in blocchi. Ma con la consapevolezza che qualcosa li univa: la Resistenza, la Costituzione, la lotta al terrorismo, la crisi… Moro e Berlinguer avevano preparato il terreno. Alla fine sono confluiti nella stessa alleanza e poi nello stesso partito».

Dicono che tu sei il contrario del veltroniano “ma anche”…
«Sbagliato. La vita è tutta fatta di “ma anche”. Non esiste il tutto bianco o tutto nero».

Allora aveva ragione Giancarlo Perna a chiamarti, sul Giornale, “ghiaccio bollente”. Citava il caso Welby. Dicevi: “Capisco, ma l’eutanasia no”.
«Voglio vedere chi riesce a non ragionare col “ma anche” su temi così delicati».

Sui gay dicevi: “Bisogna riconoscere che la coppia di fatto ha dei diritti ma anche che la famiglia è un’altra cosa”.
«Non è “ma anche”. E’ buon senso».

Cossiga dice: Franceschini non è “ma anche”. E’“sì però”.
«Il “sì però” è una variante post-democristiana».

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Ivan Scalfarotto - (letta 89.919 volte)

Crisi di leadership, di idee, di rappresentanza, di voti. C’è stato un momento più drammatico di questo per gli eredi del Pci? Probabilmente no, visto che oggi sono guidati da un democristiano. E che il democristiano, Dario Franceschini, al momento sembra il più a sinistra di tutti. Allora largo ai giovani, almeno a parole, come succede tutte le volte che non si sa a che santo votarsi. E così ecco l’exploit di Debora Serracchiani col suo discorso all’assemblea dei circoli del Pd che entusiasma i dirigenti locali, il popolo di Facebook, la base del partito, perfino, sembra, qualche leader che riconosce in lei la purezza e l’entusiasmo dei giovani, dimenticando che Debora ha 38 anni e fa l’avvocato ad Udine. Ivan Scalfarotto, 43 anni, lo sconosciuto outsider che osò sfidare Prodi, Bertinotti, Di Pietro e Mastella alle primarie del 2005, ottenendo lo 0,6% dei voti, dopo sette anni a Londra e a Mosca, è tornato in Italia, a Milano, per dedicarsi totalmente alla politica. Che impressione gli ha fatto Debora?

«Bravissima. Con freschezza e candore ha detto al re che è nudo. E gli ha chiesto come mai questo partito continui a innervosire e ad allontanare i propri elettori».

Ma allora non è vero che non c’è una classe dirigente nuova.

«C’è. Ed è di eccellente qualità».

E quindi?

«Quindi l’attuale classe dirigente, al termine di un ciclo che l’ha vista sconfitta, deve lasciar spazio a tutte le Debore e a tutti i Debori che pullulano nel Pd».

I famosi gggiovani.

«Non giovani. Contemporanei».

Veltroni…

«Walter mi è sempre piaciuto moltissimo. Era il mio ideale di politico, e ancora oggi penso che il discorso del Lingotto sia una stella polare per la politica italiana».

Che cosa è successo allora?

«Ha speso più tempo e più attenzioni per mediare con il resto della dirigenza invece che costruire sul suo incredibile seguito popolare e sulle speranze che aveva suscitato. Era il migliore e il più moderno. Se ha fallito lui, penso che si possa tranquillamente passare ad un nuovo gruppo dirigente».

Franceschini…

«Sono stato molto critico con i metodi che hanno portato all’elezione di Franceschini. Con piacere però registro che il partito dà finalmente visibili segni di vitalità. La cosa è confermata anche dall’elegante passo politico compiuto la settimana scorsa dall’onorevole Pierluigi Mantini, che ha dichiarato: “Con la gestione Franceschini sta emergendo una deriva sinistrorsa”. Ed è passato armi e bagagli all’Udc».

E’ vero che sei montessoriano? Non credevo ne esistessero più.

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Giancarlo Aneri - (letta 12.707 volte)

Una volta all’anno quattro grandi del giornalismo italiano, Bocca, Stella, Maltese, Riotta, pranzano nella casa milanese di Giorgio Bocca e, tra il primo e il secondo, assegnano ad un giornalista il premio più ricco della stampa, 15 mila euro. Il vino, rigorosamente Amarone, lo versa il quinto della giuria, Giancarlo Aneri, un signore di Legnago, in provincia di Verona, produttore di vino ma anche grande venditore di olio e di caffè di qualità. Il premio si chiama “E’”, proprio così, una sola lettera accentata. L’ha inventato Aneri insieme a Bocca, Biagi e Montanelli. Tre grandi vecchi del giornalismo italiano e grandi amici di Aneri, l’uomo che conosce tutti i giornalisti italiani.

“Quasi tutti. Quelli bravi, tutti. Quando leggo un bell’articolo guardo la firma e da quel momento lo cerco, lo inseguo, faccio di tutto per conoscerlo”.

Sei un maniaco. Uno stalker.

“Praticamente. Ma tutto ciò che riguarda il giornalismo mi appassiona. La mattina ho bisogno del profumo dell’inchiostro. Ho una torrefazione di caffè che ha sessant’anni di storia. L’unico profumo che batte quello del mio caffè è quello dell’inchiostro dei quotidiani”.

Uno che dice che il profumo dell’inchiostro è meglio del profumo del suo caffè è un pazzo. Abbastanza pazzo dall’essere socio in qualche quotidiano…

“Quando Montanelli fondò la Voce io trascurai il mio lavoro per sei mesi per andare in giro per l’Italia con lui a raccogliere i finanziamenti. Quel giro mi fece capire soprattutto una cosa. Non è il caso di fare business con i giornali. La mia passione è quella di supportare, di stare vicino, di seguire i giornalisti, di aiutare. Ma come imprenditore non metterei una lira in un giornale”.

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Daria Bignardi - (letta 30.003 volte)
Un paio di mesi prima del ritorno in televisione, con l’«Era Glaciale», per Rai2, Daria Bignardi, l’intervistatrice migliore che si aggiri nei meandri dell’informazione tv, sorprende tutti con un libro, «Non vi lascerò orfani», storia del suo rapporto con la mamma morta un anno fa. Libro sofferto, quasi una confessione, che potrebbe far pensare al solito volume strappato alla star di turno. E invece arrivano le recensioni, tutte entusiastiche. Goffredo Fofi, critico solitamente insofferente, dice: «E’ nata una scrittrice». Non resta che andare da Daria. Ma siccome non sono un critico, né buono né cattivo, parto dall’attualità. Sarà una chiacchierata tesa, vedrete, per nulla tranquilla, tra due amici che si stimano. Ma entrambi presuntuosi e scostanti. «Il conflitto nutre», sostiene Daria. Non vorrei ingrassare troppo.

Daria, vogliamo cominciare dal milione di euro di Bonolis?
«Oddio! Ma chissenefrega!».

Anche sui tuoi compensi si è discusso.
«Sì, ma tutte balle».

La prussiana Daria…
«Ma che prussiana. Sono cose vecchie».

Non sei più prussiana?
«E’ una cretinata che avevo detto otto anni fa. Devo dire proprio delle cose così scontate?».

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Piercamillo Davigo - (letta 12.618 volte)

Di Pietro è capo di un partito, Borrelli presidente del Conservatorio, D’Ambrosio parlamentare, Colombo consulente editoriale. Dei magnifici cinque del pool Mani Pulite, a calcare le aule giudiziarie è rimasto solo Piercamillo Davigo, giudice alla Corte di Cassazione.

Sono passati esattamente 17 anni dall’arresto di Mario Chiesa. Davigo ricorda il giorno in cui D’Ambrosio gli chiese di entrare a far parte del pool. «Lo ammetto con un po’ di vergogna. Pensai: "Qui si passano un sacco di guai". Ma il giorno in cui dovevo dare la mia risposta ci fu la strage di Capaci, e mi pentii moltissimo di aver pensato di dire di no».

E hai passato un sacco di guai. L’accusa era di invadere il campo della politica…
«Noi però pensavamo che la lotta alla corruzione fosse condivisa…»

Invece cominciarono a dire: toghe rosse…
«In America i procuratori distrettuali dei singoli Stati sono espressione dei partiti. Ma nessuno si sogna di dire: "Ce l’ha con me per ragioni politiche". E se un giorno un imputato islamico rifiutasse giudici cristiani? E se un imputato nero rifiutasse un giudice bianco?».

Ma è vero che la giustizia è di sinistra?
«Sciocchezza di dimensioni ciclopiche. A voler sottilizzare, c’è maggiore inclinazione in senso conservatore. Chi fa questo mestiere crede nella legalità, nell’ordine».

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Vladimir Luxuria - (letta 11.547 volte)

Per la maggior parte degli italiani è l’immagine stessa della trasgressione. Un uomo in corpo di donna. Già il nome che si è scelta, Luxuria, ci porta lontano. Quando si chiamava Vladimiro Guadagno era un giovane chierichetto di Foggia e faceva sesso con altri chierichetti. Poi ha assaggiato i viali della prostituzione. Si è improvvisata, con successo, impresaria teatrale. Ha preso la laurea con 110 e lode. E’ stata eletta deputata con Rifondazione. E’ andata all’Isola dei famosi ed ha vinto, portando la tematica dei transgender nelle tranquille case borghesi all’ora di cena. Trasgressiva? Almeno insolita. Nell’eventualità, preferisce definirsi "trasgressiva tradizionalista". Dice: "Io non sono trasgressiva in quanto trans. Lo sarei se, pur sentendo questo richiamo della foresta, voltassi le spalle alla mia naturale interiorità femminile. Ma io mi sento una persona assolutamente naturale".

E le serate che organizzavi al Muccassassina erano trasgressive?

"Muccassassina era trasgressiva all’una e mezza, quando interrompevamo le danze e cominciavamo a parlare di temi sociali".

E tradizionalista?

"Sono molto legata alle tradizioni. Sono local. A Cracovia mi piaceva mangiare il borsch non gli spaghetti. Alla Camera mi sono battuta per la nostra eredità culturale. Mi piace la musica etnica. Il Natale lo passo con mio padre e mia madre."

Tua madre ti picchiava a sangue.

"Ha avuto una vita molto difficile. A 18 anni rimase incinta di me, si sposò e i suoi genitori non le dettero alcun aiuto perché era la vergogna della città. Un po’ di frustrazioni le sfogò in un rapporto manesco nei miei confronti. Ma non ho risentimenti. Oggi andiamo d’accordo".

Perché ti picchiava?

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