- 25 Aprile 2002
Ettore Adalberto Albertoni, consigliere di amministrazione della Rai, assessore alla cultura della Lombardia, rappresenta un simbolo. E’ la prima volta che la Lega entra nell’ente radiotelevisivo nazionale in una posizione di comando. Una rivoluzione. Teatro dialettale, storie locali, musiche regionali? Arriverà in Rai la stagione dell’uva fogarina?
Albertoni, ce lo dica lei. Riempirete il palinsesto di filande e di mondine?
«Questo è razzismo. Che della gente si permetta di ironizzare sui canti della filanda è incredibile: oh, io sono figlio del popolo!»
Si immagina, il sabato sera, le mondine al posto della Carrà?
«Io chiedo una cosa diversa: che un certo numero di ore della programmazione regionale venga dedicato alla cultura popolare, all’economia e alla storia dei territori, alla creatività artistica popolare. Io non pretendo che la gente parli in dialetto però non mi dimentico che in Lombardia 5 milioni di abitanti su 9 lo parlano.»
L’audience mi crolla.
«Questo lo dicono gli apolidi. Il Molière tradotto da Basilio Luoni in dialetto di Lezzano, un dialetto lombardo difficile, ha fatto a Como 9 sere con 3000 persone fuori. Il vocabolario milanese-italiano in due giorni ha esaurito la tiratura di 3.000 copie. I premi di poesia in dialetto, le iniziative culturali, il teatro, il folklore, la musica hanno audience altissima. »
La tv è un’altra cosa.
«Lancio la sfida. Rappresentiamo le realtà territoriali, tutto ciò che è ignorato dalla televisione. Facciamo scoprire i monumenti, facciamo parlare gli anziani, sentiamo i protagonisti dell’economia. Ma lo sa che nel comune di Premana, 3.000 abitanti, in Valsassina, si produce il 75% della Solingen?»
C’è Linea Verde.
«Roba turistica che non affronta i problemi reali. Io non dico 24 ore. Ma tre ore di programmi territoriali sono sacrosante.»
Chi le ha chiesto di entrare a far parte del Cda della Rai?
«Bossi, all’inizio di febbraio, a Varese, a un concerto di Paolo Conte. L’avevo presa come una battuta. Bossi in passato mi aveva chiesto di andare a fare il giudice costituzionale.»
E così è entrato nel tempio dell’adulazione. Chissà quante telefonate ha già ricevuto.
«Le richieste di incontro sono tante.»
Tante quante?
«Un numero abbastanza elevato.»
10? 20?
«Una cinquantina. Lettere, telefonate alla mia segreteria, amici»
Direttori, vicedirettori?
«A tutti i livelli.»
Un esempio di adulazione?
«Donzelli e Zanda, quando hanno fatto il nome di Ernesto Auci come direttore generale.»
Adulazione di chi?
«Auci è stato direttore del Sole 24 Ore, capo delle relazioni esterne della Fiat. Adulazione di Agnelli. Ricordo anche che creò qualche problema quando arrivò alla direzione del Sole 24 Ore col mandato di eliminare i dissidenti.»
Adesso che avete fatto le nomine, quali sono gli altri problemi che dovrete affrontare?
«Produzioni esterne nonostante un numero elevatissimo di dipendenti, ricollocamento della Rai sulla missione di servizio pubblico, rivalutazione di professionalità compresse. E poi ci sono i programmi.»
Che non sono prerogativa del Cda.
«E’ vero, ma bisogna fare in modo di valorizzare al massimo chi c’è e di garantire anche un certo turn-over.»
Lei ricorda la nascita della televisione?
«Sì. Andavo a guardarla da mia zia che abitava vicino a noi. Era in bianco e nero.»
Naturalmente.
«Già, c’era solo il bianco e nero. Ricordo Lascia o raddoppia. Ma guardavo poco la tv.»
La signora Ciampi dice che la televisione è deficiente.
«Questo è un giudizio suo. Io faccio un ragionamento un po’ più sofisticato. La televisione oggi non rappresenta il Paese. E produce 24.000 ore l’anno. Prevale un criterio quantitativo rispetto a quella che dovrebbe essere la missione qualitativa che è anche etica, formativa, educativa.»
E non ricreativa?
«Si, ma in un senso che è da ripensare. Il coacervo, la televisione che fa tutto, che cerca di accontentare tutti, alla fine non svolge il suo ruolo. Per me il modello resta quello della BBC inglese.»
Nel concreto?
«Un servizio pubblico non concorrenziale con le tv commerciali.»
Così favorisce la concorrenza.
«Questa corsa non la capisco. Le tv commerciali facciano il loro mestiere. La Rai, il cui bilancio è coperto per il 53% dal canone, il suo.»
Quante ore di televisione vede?
«Vedo pochissimo la tv. Un’ora al giorno. Normalmente a cena, o dopo cena. Poi cerco di seguire alcune cose regionali alle due, anche se trovo infelicissima la collocazione del Tg lombardo. La gente lombarda alle due lavora.»
Dove si sofferma?
«Tg1, Tg5. Per confrontarli. Francamente la spettacolarizzazione mi interessa poco.»
Carrà, Ventura, De Filippi?
«Non è questo il mestiere della Rai. Non ha senso inseguire l’audience sul sabato sera. Se la gente avesse un po’ più di tempo libero per dedicarsi alla famiglia, alla lettura o alla conversazione, tutto sommato non sarebbe male.»
Lei ha il satellite?
«No.»
Quindi non conosce i canali satellitari.
«Quando ho bisogno di vederli mi faccio fare un collegamento temporaneo.»
Ci sono dei programmi che lei non vuole perdere?
«Bruno Vespa lo vedo.»
È impossibile non vederlo. C’è sempre.
«Piero Angela. Ma non tutto. Seleziono. Io non faccio lo spettatore passivo.»
Le piace Santoro?
«No.»
Perché no?
«Il pluralismo si fa in modo diverso. Un commentatore americano non si capisce mai se è democratico o repubblicano. La sua autorevolezza nasce dal fatto che non si schiera. Io sono per il ragionamento pacato, non mi piacciono le sentenze, gli urli.»
Biagi allora.
«No.»
Biagi è pacato.
«Non è pacato. »
Biagi per me è un maestro.
«E’ apodittico.»
E Ferrara?
«No.»
Lerner?
«No. Non è da servizio pubblico. Ma Profondo Nord mi piaceva.»
Perché aveva attenzione per la Lega.
«Scoprire la Lega non è piccolo merito.»
Freccero.
«Non lo conosco.»
Chiambretti.
«Discreto.»
Lucia Annunziata.
«Brava.»
Qual è il tg che le piace di più?
«Nessuno. L’informazione non è corretta.»
Nessuno dei sei?
«A me piacciono i fatti.»
Mentana è sempre sulla cronaca.
«Troppa enfasi, troppi commenti, troppi miscugli tra fatti e opinioni in tutti i tg. Io sarei per una linea più sobria. Il caso Cogne è molto grave. Spazio enorme dato a un processo che non è stato ancora fatto. Violazione di diritti umani gravissima.»
Come giudica l’ex presidente Zaccaria?
«Le vicende di Zaccaria non sono interessanti. Dichiaro il mio disinteresse completo.»
E come giudica il caso del messaggio alla nazione di Berlusconi che il Tg1 e il Tg2 hanno trasmesso integralmente e senza mediazione giornalista, causando la protesta dei comitati di redazione?
«Lei mi porta su un terreno sconosciuto su cui io francamente dichiaro la mia indifferenza. Ma il presidente del Consiglio ha anche diritto di far sentire la sua voce.»
Il Tg5 di Mentana si è comportato più professionalmente?
«Io mi scandalizzo molto di più quando sento l’opinione dei giornalisti in coda alle notizie.»
Come vanno i lavori del Cda?
«All’inizio Zanda e Donzelli avevano assunto un atteggiamento un po’ stravagante: hanno chiesto che prendessimo le decisioni all’unanimità. Voleva dire che ognuno di noi avrebbe avuto un potere di veto.»
Giampaolo Pansa ha scritto un articolo sull’Espresso che finisce così: “Povero Adalberto, così colto, così educato”. Come dire: “Adesso sta con quei cafoni della Lega”. Lei ha l’impressione di stare in una casa che non è la sua dal punto di vista dello stile?
«I contesti possono cambiare ma se uno ha un proprio stile lo conserva.»
Un difetto di Bossi?
«E’ troppo buono.»
Ma io le avevo chiesto un difetto.
«Bossi è un uomo generosissimo. Butta avanti idee di cui poi si appropriano tutti.»
Se le chiedevo il pregio che mi diceva?
«Il pregio di Bossi è di essere un uomo intelligente e con una fortissima carica di energia. »
Lei sta adulando Bossi.
«Questa non è adulazione. E’ un riconoscimento. Se oggi noi parliamo di federalismo, lo dobbiamo all?energia della Lega.»
Lei ha mai adulato Bossi?
«Io sono un estimatore di Bossi da sempre e mi considero un suo amico.»
Ci sono adulatori attorno a Bossi?
«Niente a che vedere con le corti che abbiamo visto.»
Quali corti?
«Il fenomeno della cortigianeria è diffuso.»
Dove?
«A sinistra. Si credono l’ombelico del mondo.»
Non è cortigianeria. E’ alta considerazione di se stessi.
«Culto della personalità che si diffonde.»
Chi è il più adulato della sinistra?
«Il più vanesio, quello che viaggiava con la corte, era Walter Veltroni. Rutelli anche. Era cortigianeria di basso conio. L’adulazione oggi è una moneta talmente svilita che non vale neanche la pena di parlarne.»
Non dica così che mi suicido.
«E’ il costume navigatorio italiano. Un popolo di santi, di eroi, di navigatori. Flajano aggiungeva: “E di cognati”.»
La Lega all’inizio adulava molto Di Pietro.
«Mai.»
Consigliere Albertoni, ha dimenticato?
«Mai adulato Di Pietro.»
Assessore Albertoni, ci sono gli atti, le dichiarazioni, le registrazioni.
«Lo dice lei. Lasci che mi astenga da qualsiasi giudizio.»
Si astenga. Ma che la Lega abbia esaltato Di Pietro è storia.
«Non credo.»
Come non crede!
«Non mi sembra proprio che sia la cosa esatta.»
No?
«No.»
L’articolo di Pansa era molto duro.
«Tutto verosimile ma non tutto vero.»
Facciamo un esempio.
«Sembra che io abbia scoperto la Lega adesso. Ma io mi occupo della Lega da 12 anni. Ero leghista già alla fine degli anni ’80.»
Come mai Pansa fa questo errore?
«Deformazione culturale. La Lega, per un certo ambiente politico-culturale, non è mai esistita.»
Lei di dov’è?
«Io sono un cocktail di sangue lombardo con ascendenze venete. Sono nato a Sesto S. Giovanni.»
La famiglia?
«Mio nonno era direttore generale del ministero delle finanze, mio padre avvocato, mia madre musicista, molto antifascista.»
Politicamente?
«Una famiglia molto aperta al sociale.»
E lei?
«Libertario, con difficoltà ad orientarmi.»
Pansa la descrive come un socialista piuttosto impegnato.
«Io sono entrato nel Psi alla fine degli anni Cinquanta, su posizioni autonomiste, riformiste, Nenni, Lombardi, De Martino, Mancini.»
Pansa dice che lei era lombardiano.
«Dire “lombardiano” riferendosi al 1958 non ha senso. La corrente di sinistra, alla quale io non ho mai appartenuto, nasce dopo.»
Che cos’era nel partito?
«Un militante. Poi delegato al congresso nazionale. Capogruppo al consiglio comunale di Lecco. Responsabile degli enti locali. Nel ’76 sono entrato nel comitato centrale e sono diventato vice segretario della federazione di Milano. Nella corrente minoritaria di Antonio Giolitti.»
E Craxi?
«Conoscevo bene Craxi, eravamo stati compagni d’università, abitavamo nella stessa strada, via della Besana, i nostri padri, tutti e due avvocati, si conoscevano. Ma dopo il Midas mi sono disimpegnato quasi subito. E mi sono dedicato allo studio e alla professione di avvocato.»
Fino a quando è arrivata la Lega. Un po’ col centro destra e un po’ col centro sinistra. Non le sembra un po’ “leggera”?
«La Lega è un movimento rivoluzionario. Sta in centro e in alto.»
Come l’ha scoperta?
«Trovai un giornalino, Autonomia Lombarda. Mi dissi: “Chi fa questo ha capito molte cose”. Ho cominciato a seguirli, ad andare a Pontida. Mi sedevo sul prato, ascoltavo, prendevo appunti. All’università, con Mannheimer, discutevamo tesi sulla Lega. Sul Sole 24 Ore scrivevo articoli sul federalismo.»
Come ha conosciuto Bossi?
«All’aeroporto.»
L’ha rimorchiato al chek in?
«Bossi è un personaggio interessante da studiare per chi si occupa di politica. Ha un istinto formidabile. E non è uomo di cattivi studi.»
Scuola Radio Elettra?
«Gli manca solo la tesi di laurea che sta preparando. Sul piano delle idee è una spugna, una carta assorbente.»
C’è qualcuno nella Lega che non le piace?
«Sta pensando a Borghezio e a Boso?»
Confesso.
«Io non mi permetterei mai di dire: “Il Pci è Moranino, un assassino”. Nel senso che il Pci è una grande realtà con luci e ombre.»
Sta paragonando Borghezio e Boso a Moranino?
«Un movimento va giudicato nel suo insieme.»
Stare nello stesso partito di gente che disprezza i negri e che insulta i musulmani?
«Che esista un problema di controllo dell’immigrazione è assolutamente vero. Boso può anche aver detto qualche fesseria, forse.»
Senza forse.
«Non è lecito criminalizzare l’avversario politico.»
Il discorso di Borghezio sui musulmani era ignobile.
«Ma le cellule musulmane ci sono e come!»
Quindi anche lei direbbe: quei pezzi di merda dei musulmani?
«No, non lo direi. Però io i musulmani non li voglio.»
“Pezzi di merda” è un concetto diverso.
«Ognuno si esprime come meglio ritiene.»
Quando incontra Borghezio lei gli dice di moderare il linguaggio?
«E’ un problema suo, Borghezio è maggiorenne, vaccinato, avvocato e intelligente.»
Glielo dice o non glielo dice?
«Non glielo dico. Ognuno è responsabile delle sue azioni.»
Ma siamo d’accordo che una cosa è la posizione politica sul fenomeno dell’immigrazione clandestina, una cosa è il razzismo?
«Il razzismo nasce anche da situazioni non controllate. Usa e Argentina hanno sempre usato regole severe nei confronti dei nostri immigrati. Nessuno ha mai ritenuto che fosse illecito da parte loro fare i controlli di salute, di moralità.»
Ma i parlamentari americani non dicevano “pezzi di merda” agli italiani immigrati.
«Sabelli, guardi, credo che su questo piano non ci intenderemo mai. Le linee di un partito sono quelle segnate da atti politici non dalla battuta più o meno accettabile ed ingenua di un dirigente. Un politico navigato fa ben peggio e sta zitto.»
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