- 1 Gennaio 1980
Si è rifiutato di fare lo specchietto per le allodole ed ha scatenato un putiferio. La radio potrà fare a meno di Renzo Arbore? Secondo Enzo Siciliano, presidente della Rai, no. E ce la sta mettendo tutta per farlo tornare sulla sua decisione di mollare l’incarico di direttore artistico della rete radiofonica nazionale. L’ultimo tentativo l’ha fatto prima di prendere l’aereo per Torino, con una telefonata strappacore.
Renzo, sei tornato sulle tue decisioni?
No. La decisione è definitiva. Siciliano molto affettuosamente ha ricordato la nostra amicizia, ma ha ammesso che io sono stato corretto. Il mio rammarico è di fare un piccolo torto a lui.
Insomma, non ha detto: “Arbore chi?”
Siciliano è gentile ed educato. E’ stato uno dei primi intellettuali ad apprezzare il mio lavoro. Non è piaggeria se dico che in fondo parliamo fra artisti. Io artista giullare, lui artista letterato. C’è una consonanza che risale ad antica e ammirazione, quando ci frequentavamo con godimento reciproco.
Siciliano ha usato armi “scorrette”?
No. Diceva di parlare in nome dello spirito aziendale.
E tu hai resistito…
Io non sono uno di quelli che dicono che se ne vanno per alzare le quotazioni. Anzi, io resto in Rai International.
Sta di fatto che le tue malefatte in Rai sono sempre più rare…
Le mie malefatte si sono spostate. “Indietro tutta” era una cosa nazionale. L’Orchestra Italiana gira il mondo, dal Sambodromo di Rio, sfilando con le grandi scuole di samba, alla Piazza Rossa suonando tarantelle accanto al corpo di uno dei grandi comunisti.
Con successo…
Ti basta sapere che in Olanda siamo tra i primissimi in classifica con la tarantella “Aummo aummo?”
E quindi continui.
A fine mese uscirà un disco molto singolare, un incrocio tra la linea napoletana e il clarinetto, il punto di incontro tra l’Orchestra Italiana e “Quelli della notte”.
De Crescenzo dice che tu sei un misto tra un genio e un dittatore. Forse per questo ti sei trovato male nella burocrazia Rai.
No, dittatore no. Io uso la tecnica della convinzione. Ascolto tutti.
E poi?
E poi faccio quello che ritengo più giusto io. Sono una capatosta. Impongo il mio punto di vista. Non abbraccio idee di altri se prima non sono diventate idee mie.
Non sarà che stai andando a Mediaset come Santoro?
Non è nel mio costume il gioco al rialzo. Non vado da nessuna parte.
Ma te l’hanno chiesto?
In continuazione. Sono stato il primo della Rai contattato da Berlusconi.
Quando?
Quando Berlusconi aveva molti capelli.
Ma quale è stato il motivo del “dissenso” con gli uomini Rai?
Ero stato nominato direttore editoriale. Così almeno mi era stato comunicato. Quando si sono accorti che non era il caso, mi hanno detto che avrei fatto il direttore artistico.
Come Baudo.
Si, anche Baudo era direttore artistico, anche lui era in una situazione poco chiara. Ma il suo carattere è diverso dal mio.
Cioè?
Lui nei corridoi a fare e disfare ci stava bene. Io no.
Veramente dicono che tu alla Rai non ci stavi mai, né nei corridoi, nè altrove.
Certamente. Io il direttore artistico non l’ho fatto dalla scrivania. L’ho fatto da casa mia, incollato alla radio, anche a tre programmi contemporaneamente…
Diamine! Le orecchie sono due.
Non scherzo. Con abili giochi di volume si possono ascoltare tre programmi. E poi mi confrontavo continuamente con i miei consiglieri. Come Maurizio Riganti, l’uomo dei fasti della radio anni Settanta, e poi amici, proprietari e artisti di radio private.
E il risultato di questa grande abbuffata di radio?
La convinzione che le radio private sono più moderne. La tv è andata avanti, la radio è rimasta ferma. Anzi la sua è stata una discesa progressiva. Ogni tanto si diceva che c’era un rigurgito, una risalita. Ma non è vero. La radio della Rai è scesa progressivamente dal 78 per cento di share al 20 odierno.
E c’è un sistema per rimediare?
Non lo dirò certo in una intervista. Mi sarebbe piaciuto che il recupero di Radio Rai fosse un recupero artistico. Il punto principale è combattere la noia. La noia è la morte del mio lavoro, è lo spauracchio principe di chi fa comunicazione.
Ci vorrebbe un “noiometro”.
Eh, se si potesse installare il noiometro! Invece nemmeno nelle riunioni che facevamo in Rai ho mai incontrato qualcuno che si mostrasse preoccupato per la noia.
Arriva l’Ulivo e se ne va Santoro. Poi si dimette anche lei. Possiamo ricavarne una lezione?
No. Non posso far discendere nulla da una cosa mia così poco importante. C’è molta buona fede nella voglia dell’Ulivo di rinnovare. Però è vero che i programmi si fanno prestando attenzione ad alcune leggi, come per esempio la legge del mercato, che gli ulivisti guardano con sospetto.
Si stava meglio prima?
No. Confido in una specie di riscossa. Questo piccolo terremoto causato dalla mia piccola avventura potrebbe essere salutare perché ha allarmato tutti. Al momento il cavallo della Rai sembra imbizzarrito. Ma stanno facendo di tutto per calmarlo.
Tu fai satira ma non hai nemici.
Io non sono un grande satirico. Faccio satira generica, sul cattivo gusto, sul mito del denaro, sui quiz, sulle donne usate come galline, sulla stupidaggine della ruota della fortuna. Faccio satira super partes, non ad personam. Non scherzo sulla gobba di Andreotti. Comunque anche io ho i miei nemici.
Chi?
Alcuni sono occulti. Altri no. Lo capisco quando mi attaccano anche senza citarmi. Ma io sono uno che perdona. Lo ritengo un atteggiamento di superiorità. Non mi piace stare nella canizza delle picche e ripicche.
Sei un inguaribile ottimista.
Sono un alfiere del positive thinking.
Come Dini.
Io lo ero quando la gente non sapeva nemmeno che cosa fosse. Era la mia educazione e cultura “americana”. Per me il bicchiere è sempre mezzo pieno.
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