- 25 Novembre 1992
Andrea Barbato e Barbara Palombelli. Ogni domenica, su Rete Tre, parlano, intervistano, discutono. Lui ex parlamentare del Pds, lei ex sessantottina e moglie del radical-verde Rutelli. Tutti e due legati al mondo di "Repubblica". Lui fu tra i fondatori. Lei ci e’ approdata recentemente.
Eppure la prima critica e’ arrivata proprio da li’, da quel Beniamino
Placido che ormai e’ soprannominato Beniamino "Acido" per le sue critiche al vetriolo. "Acido" ha notato soprattutto la minigonna di Barbara, non la sua professionalita’, e ha proposto uno scambio con la Parietti. Poi e’ arrivata Norma Rangeri che, sul "Manifesto", li ha attaccati sostenenfo che avevano intervistato La Malfa in ginocchio. E’ un segno della sinistra sempre inquieta, di questi nuovi tempi crudeli in cui ci si sbrana fra amici?
Barbato: Io non sono molto amico del "Manifesto". Ne’ mi aspetto da loro speciali indulgenze. Se non gli e’ piaciuta l’intervista pazienza. Pero’ e’ andata sulle prime pagine dei giornali, ha fatto sensazione.
Palombelli: Io avevo chiesto a La Malfa se aveva mai preso tangenti da Agnelli o da De Benedetti per favorire le privatizzazioni. Non so quanti giornalisti gli hanno chiesto cose del genere.
Barbato: Gli abbiamo fatto dire che il bilancio della Rai e’ falso, che Craxi gli fa pena, che cos’altro dovevamo fare? D’altra parte non e’ che quelli del "Manifesto" siano molto abituati a fare interviste.
Parliamo di giornalismo allora. Che cosa pensate dei giornalisti di oggi, dei giovani, delle nuove generazioni?
Palombelli: Il giornalismo e’ un mestiere in cui si resta sempre giovani. Guardate Ruggero Orlando, anni ottantasei. Guardate Indro Montanelli. Fra gli ottantenni e i settantenni trovo delle curiosita’ che non trovo fra gli altri, che sembra sappiano gia’ tutto, che danno la linea, fanno la morale. I vecchi sono curiosi. Appena eletto Martinazzoli Biagi si e’ precipitato a Roma a intervistarlo. Gli altri hanno preso la penna e hanno scritto come
deve fare il segretario della Dc.
E cosi’ abbiamo sistemato i giovani. Ne vogliamo salvare qualcuno?
Palombelli: Vogliamo fare la hit parade?
Facciamola.
Palombelli: Fuori del mio giornale, naturalmente. Diciamo quelli che assumerei se fossi direttore di "Repubblica". Filippo Ceccarelli, della "Stampa", Maria Laura Rodota’, dell’"Espresso", Augusto Minzolini, della "Stampa", Bianca Stancanelli, di "Panorama". E poi cominciano ad esserci dei bravi anche all’"Indipendente".
Che cosa ti piace in loro?
Palombelli: La curiosita’, la voglia di muoversi. E poi una certa malizia. D’accordo, leggiamo "Micromega". Ma ci piace anche "Novella 2000". Per chi come noi viene dal ’68 questi giornali hanno un carattere di trasgressione. I piu’ giovani e i piu’ anziani questa cosa la trovano volgare. Noi per anni non siamo andati alle feste e non ci siamo comprati vestiti, perche’ eravamo molto di sinistra. Adesso abbiamo questo tipo di curiosita’.
Barbato: Io preferisco parlare di giornalismo televisivo dove e’ stato fatto negli ultimi anni un reclutamento rozzo, selvaggio, sbagliato, mentre c’era un bisogno enorme di persone che rimpolpassero le redazioni esauste e dilettantesche. Basta aver guardato le trasmissioni sulle elezioni americane per rendersi conto della mancanza di interesse giornalistico, di cultura specifica, di conoscenza dei fatti, di curiosita’ che c’e’ nelle redazioni dei
telegiornali.
Pero’ quando bisogna invitare qualche esperto, ecco sempre i soliti nomi: Ronchey, Gambino, Galimberti…
Barbato: E chi se no? Non e’ che manca a noi la voglia di chiamare facce nuove. E’ che facce nuove non ce ne sono. Quando compare all’orizzonte un Sergio Romano che smette di fare l’ambasciatore e diventa commentatore politico, noi lo invitiamo tutte le settimane. Magari si potessero sostituire i Ronchey e i Gambino con altri!
Siete pessimisti cone Giampaolo Pansa sui giornalisti, sui giornali, sul livello dell’informazione?
Palombelli: No. Io sono molto preoccupata per la politica. Ma dal punto di vista giornalistico sono abbastanza tranquilla. Oggi io dico quello che voglio in Rai. E’ un momento unico. L’ultimo giornalista che e’ stato toccato da un politico e’ diventato direttore di un giornale di Stato.
Chi?
Palombelli: Paolo Liguori. Fece un’inchiesta su De Mita sul "Giornale" di Montanelli ed e’ diventato direttore.
Si disse che divenne direttore del "Sabato" proprio come ringraziamento per aver parlato male di De Mita.
Palombelli: Ma no, ha avuto svariate offerte di lavoro. Comunque questo era per dire che non e’ impossibile contestare i politici. La liberta’ esiste. Basta prendersela.
Barbato: Io credo che ci sia un fortissimo condizionamento. Ma si puo’ reagire.
Come?
Barbato: Cambiando. Io ho fatto lo slalom fra dieci giornali. Quando le condizioni ambientali diventano irrespirabili, io faccio uno scarto e me ne vado da un’altra parte. E per un certo periodo di tempo godo di una luna di miele con la proprieta’ che mi permette di essere del tutto libero.
Anche in tv?
Barbato: Qualunque liberta’ ti prendi in televisione risuona con un frastuono che e’ cento volte piu’ forte che sui giornali. Se noi dicessimo in tv quello che c’e’ scritto su un qualsiasi giornale creeremmo il panico.
Barbara Palombelli dice che in tv si puo’ dire cio’ che si vuole…
Barbato: Solo in questa oasi protetta con licenza di uccidere che e’ la Rete Tre di Guglielmi.
I giornali sono macchine gigantesche che non hanno nulla a che fare con cultura, idee o professione giornalistica. Parola di Barbato. In una intervista di qualche anno fa…
Barbato: Si’, e tuttora lo penso. Non scambiamo la brillantezza personale, l’estro professionale, o la capacita’ di aggettivazione con l’approfondimento delle cose. La mancanza di cultura e di profondita’ nella professione giornalistica ha creato condizioni irrespirabili.
Anche a Repubblica? Al Corriere? Alla Stampa?
Barbato: Bisogna stare attenti a non confondere la spregiudicatezza, che e’ sacrosanta, con la sostanza delle cose. Perche’ poi i misteri italiani rimangono tali. E resta la poverta’ di indagine linguistica, di voglia di andare a vedere le cose. I giornali sono delle macchine che si nutrono di se stesse. Oppure si nutrono di televisione.
Per esempio?
Barbato: Per esempio il tuo giornale, "Sette": parla troppo di tv.
La televisione e’ un fenomeno importante…
Barbato: Ma perche’ dovete sempre accodarvi alla televisione? Qualunque evento minuscolo accada in televisione finisce in prima pagina. I veri teledipendenti sono i direttori dei giornali.
D’altronde anche la televisione non fa altro che parlare di giornali,
presentandoli addirittura prima che escano nelle edicole. Che cos’e’: una reciproca cannibalizzazione?
Palombelli: Forse e’ il famoso villaggio globale. I giornali una volta erano a lato del potere. Oggi sono "incastonati" nel
potere. Anche questa e’ parola di Barbato…
Barbato: Il caso Cossiga e’ stato clamoroso. Un caso di complicita’ fra la stampa e il presidente della Repubblica che ha funzionato benissimo…
Complicita’?
Barbato: Involontaria quanto si vuole, ma sempre complicita’: ognuno faceva l’interesse dell’altro brillantissimamente. Quello non vedeva l’ora di schizzare veleno e i giornalisti non vedevano l’ora di raccogliere il veleno schizzato. Per il resto poi …
Per il resto?
Barbato: Quando leggo tutti quei nomi di industriali e di finanzieri sulle pagine economiche dei giornali trasecolo: ma possibile che siano tutti buoni, belli, bravi?
Se ne puo’ trarre una lezione?
Barbato: A me sembra che rispecchi la miserabile proprieta’ dei giornali…
Miserabile?
Barbato: Nel senso che sono solo tre persone, sempre le stesse, che frequentano gli stessi ambienti, ogni tanto si rubano qualche giocatore di calcio ma per tutto il resto sono prefettamente d’accordo…
Anche tu Barbara sei d’accordo?
Palombelli: No. Quando lavoravo al "Corriere della Sera", l’unica persona con la quale mi fu chiesto di essere gentile fu il sarto Valentino. Mi fu ricordato che investiva qualche miliardo all’anno e quindi indirettamente mi pagava lo stipendio. Se Scalfari intervista De Benedetti tutti sanno che c’e’ un rapporto padrone-giornale. Ma io non credo che si possa dire che una giacca di Armani e’ brutta. Io non ho mai letto nessun articolo di nessuna delle mie illustri colleghe di tutti i giornali italiani in cui ci fosse scritto che una sfilata di moda lasciava a desiderare. Perche’ Armani, Biagiotti, Valentino ecc. sono quelli che in parte pagano il nostro stipendio. Quindi non credo che le mie colleghe siano libere. Il problema non e’ il padrone, sono gli inserzionisti.
Le giornaliste di moda quindi sarebbero piu’ "guidate" dei giornalisti politici…
Palombelli: Paradossalmente i giornalisti politici sono i piu’ liberi nonostante passino per schiavo. Anche perche’ se io scrivo che Craxi e’ buonissimo ci faccio una figura terribile con i lettori. Se Craxi mi facesse per Natale un regalo di dieci milioni tutti direbbero che sono corrotta…
Mentre per gli altri…
Palombelli: A Natale le case automobilistiche, le aziende di macchine fotografiche, gli stilisti, riempiono di regali di quel valore i direttori di giornali, i capiredattori, i redattori. E nessuno si sogna di dire nulla…
Si e’ perso il gusto dell’opposizione. Ennesima parola di Barbato. Barbato, che milita nell’opposizione.
Barbato: Mi sento un po’ solo infatti. Scherzo. Ci sono anche altri, ma in genere si e’ perso questo gusto di andare controcorrente, di dire che la giacca di Armani e’ brutta. Io leggo dei soffietti incredibili, tutti i giorni.
Ma il giornalista deve essere sempre all’opposizione?
Barbato: Senza dubbio, il giornalismo e’ di per se’ un’attivita’ di controllo e di opposizione.
Palombelli: Bisogna un po’ stare attenti. Io sento il bisogno di nuove regole che stabiliscano i limiti dell’invasione nella vita privata. Bisogna scendere sul terreno che fu del "Borghese" che pubblicava le foto del comunista che faceva la comunione o del ministro sospettato di amare il suo autista?
Barbato: Se citi il "Borghese", hai senz’altro ragione. Io sono nato pero’ in un giornale, l’"Espresso", dove spulciare le malefatte dei politici era considerato un fatto culturale. Quando si mostrava l’intera direzione democristiana in ginocchio in una chiesa o Andreotti coi mocassini sotto lo smoking si voleva additare un errore di gusto che diventava fatto politico, giornalisticamente rilevante.
Palombelli: Ma quando un giornale come l’"Indipendente", attacca da un punto di vista chiaramente leghista la classe politica mi domando se dovremo arrivare al livello degli americani, cercando di scoprire se il Capo dello Stato ha un’amante. Stiamo andando verso questo? Io faccio parte ancora della vecchia scuola che quando arrivava in redazione il fotografo con la foto del ministro con una "signora" che non era sua moglie, lo si mandava via …
Ma se il ministro che gira con l’amante e’ lo stesso che fa campagne
moralizzatrici …
Palombelli: Ma no, io dico semplicemente che e’ meglio, anche se piu’ faticoso, andarsi a leggere le ordinanze di un ministro che ha trasformato migliaia di ettari da agricoli in edificabili piuttosto che scendere al ristorante di sotto per beccarlo con la fidanzata. La via del "privato" in realta’ denuncia poca voglia di opposizione. Il giornalista-contro deve andare a scoprire cio’ che dannegia veramente il cittadino, non cio’ che fa un ministro dopo le nove di sera.
Perche’ i politici corrono in tv per farsi svergognare?
Barbato: Perche’ ogni volta sono convinti di farcela. Arrivano sempre con una iattanza incredibile. E nove volte su dieci, bisogna dirlo, ce la fanno.
Vanno anche a farsi svillaneggiare da Funari…
Barbato: Io considero il falso sputtanamento da Funari un inganno. Dopo che Créme Caramel aveva fatto apparire i politici degli spiritosi barzellettari che pizzicavano la Prati, Funari mostra il politico rude, che accetta qualsiasi domanda, che risponde a botta, con il linguaggio popolaresco. Inganno, puro inganno. Che Biondi risponda spiritosamente non mi importa nulla se poi la politica del suo partito ridiventa oscuramente e sotterraneamente clandestina.
Voi fate parte della televisione intelligente, la televisione non urlata. Che cosa pensate della televisione spazzatura? Ferrara dice che la vera televisione spazzatura e’ quella di Boncompagni…
Barbato: Non mi strapperai dei giudizi, ne’ su Ferrara ne’ su Boncompagni.
Ho letto una intervista che cominciava con questa tua dichiarazione: accetto di rispondere purche’ non mi chiediate che cosa penso di Sgarbi. Perche’? Che cosa pensi di Sgarbi?
Barbato: E’ bravissimo.
Dimmi almeno che cosa pensi della tv spazzatura.
Barbato: In una televisione che trasmette migliaia e migliaia di ore su cosi’ tanti canali c’e’ posto per tutti. Esiste una televisione che non mi somiglia, ma non per questo e’ peggiore o migliore. Io non la so fare. Non riesco a frugare nei dolori, nelle vite private, nelle sofferenze altrui.
Anche voi rimpiangete Bernabei? Ormai e’ di moda.
Barbato: Io rimpiango solo che a quei tempi avevo trent’anni di meno. Pero’ e’ vero che la tv di allora era spesso bella e importante. Facevamo cose divertenti e piacevoli. In piu’ Bernabei gestiva la qualita’ politica interna con molto acume. Lui aveva capito che nel suo enorme potere latifondista doveva dare anche qualche spazietto agli altri.
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