- 19 Agosto 2002
Il libro si chiama “Che cosa è la mafia”. Autore Gaetano Mosca, giurista, storico, professore universitario, deputato, senatore, sottosegretario. E’ stato stampato la prima volta nel 1949 ma contiene il testo di una conferenza pubblicata la prima volta sul Giornale degli economisti nel 1900. Eppure sembra scritto ieri. Come se nulla fosse cambiato in più di un secolo. Giancarlo Caselli, ex capo della Procura di Palermo, oggi procuratore generale a Torino, ne ha scritto una lunga prefazione, insieme ad Antonio Ingroia, sostituto procuratore dell’Antimafia a Palermo.
Caselli, un libro scritto cento anni fa sembra scritto oggi…
“Mosca già considerava fondamentale, cento anni fa, diffondere la cultura della legalità. Parlava di ruolo progressivo della cultura della legalità in grado di innescare una vera trasformazione psicologica così che dal rispetto per la legalità scaturisca il disgusto per le violenze. Considerazioni attualissime ancorché ancora disattese”.
E sui rapporti fra mafia e politica?
“Mosca li affronta. Una pagina illuminante. Parte dalla protezione che la mafia
offre e organizza sul territorio. Attualità impressionante. Precisa Mosca: protezione attraverso la quale la mafia tutela da se stessa e da terzi col non fare alcun male e la minima offesa alla persona rispettata e con l’impedire che altri li faccia.Ma che si manifesta anche con l’appoggiarla incondizionatamente nelle sue aspirazioni alle cariche elettive. Protezione che si trasforma in complicità e collusione quando alcuni altolocati, sindaci, assessori, consiglieri provinciali, qualche volta deputati, non sentono, o sentono molto attenuata quella repulsione che il vero galantuomo prova verso il facinoroso o l’individuo capace di commettere delitti. Parola di Gaetano Mosca, ma oggi non si potrebbe scrivere meglio”.
Sui metodi per combatterla?
“Racconta Mosca che solo con la confessione degli autori materiali si potevano ottenere prove. Ma nessuno parlava perché, confessando, la loro carriera nella delinquenza sarebbe completamente rovinata senza poter sperare in cambio l’impunità immediata e neppure una notevole diminuzione della pena. Capito? Mosca era un liberale, conservatore, di formazione ottocentesca. Non un magistrato giustizialista”.
Ottimista o pessimista, Gaetano Mosca?
“Diceva: la Sicilia non è così corrotta che la mafia sia lo sola forza elettorale viva. Combattere i mafiosi è possibile perché i governi che vollero poterono e in quei casi furono appoggiati dall’opinione pubblica siciliana, ma occorrono energie e solerzia mentre prevale quell’atteggiamento di lassismo, che Mosca chiama di “fiaccona”, che non poco ha contribuito al rafforzarsi del potere mafioso”.
Anche oggi c’è la fiaccona?
“C’è la percezione della mafia come di un problema soltanto di ordine pubblico, considerandola pericolosa solo in situazioni di emergenza, cioè quando mette in atto strategie sanguinarie, mentre si trascurano i rischi di convivenza con la mafia quando adotta strategie “attendiste”. La mafia è organizzazione e connivenza, ma accanto alla connivenza ci sono anche le ambiguità, gli ammiccamenti, le sottovalutazioni che solo la linfa del persistere del potere mafioso”.
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