- 1 Gennaio 1980
Non è un prete accomodante. Quando prende la parola non fa sconti a nessuno. Don Luigi Ciotti, 50 anni, fondatore del gruppo Abele, comunità di recupero di tossicodipendenti, della Lila, lega per la lotta all’Aids, di Libera, associazione per contrastare le mafie italiane, è un vero duro. Il suo ultimo grande successo è la legge per la confisca dei beni mafiosi e il loro uso a fini sociali. La sua ultima provocazione è la proposta per stimolare la “dissociazione” tra la manovalanza della criminalità organizzata. Come risulutato ha la polizia 24 ore su 24 sotto il suo portone e tre uomini di scorta che lo seguono dovunque.
Don Luigi, la sua proposta non ha avuto un grande successo…
“E’ una proposta scomoda. Molti hanno criticato senza nemmeno leggerla. Alcuni hanno commentato: ma che vogliono questi qui da Torino? Lo sa quale è stato il primo consiglio comunale sciolto per mafia? Bardonecchia, Piemonte.”
E allora chiariamo. Lei vuole aiutare i mafiosi?
“Con la mafia non si patteggia. Mai. I boss, se vogliono un trattamento particolare, devono collaborare, denunciare, contribuire a smantellare l’organizzazione. La dissociazione non è per loro. E’ per i picciotti…”
I picciotti?
“Hanno scritto in molti: non denunceremo mai i nostri padri, ma vogliamo uscirne. Sono ragazzotti – spesso incensurati – che non hanno niente da dire se non le loro colpe. Ma vogliono uscire dalla mafia. Pagando, finendo in galera, ma senza essere costretti a sradicare le loro famiglie.”
Il giudice Caselli dice che è prematuro. Che la dissociazione può indebolire il fenomeno del pentitismo.
“Ha ragione, ma non vorrei che si aspettasse troppo. Che male c’è a studiare anche un altro percorso?”
Morvillo, Conso, Vigna, Violante: sono stati prudenti nel rispondere alla sua provocazione.
“Veramente questa proposta, almeno la prima stesura, era proprio di Luciano Violante. Fu l’anno scorso che me la mandò, perch‚ io la leggessi e la correggessi. Cosa che feci.”
E poi?
“Poi, evidentemente, è finita in un cassetto. “
Violante è diventato presidente della Camera…
“…e avrà avuto dei problemi politici che l’hanno spinto alla prudenza…”
La dissociazione potrebbe essere un trucco della mafia.
“Ricordo il funerale di un mafioso che aveva tentato di uscire per amore dei suoi figli ed era stato assassinato. In chiesa arrivava il rumore dei colpi di lupara a ricordare che dalla mafia non si esce. Il prete, don Italo Calabrò, diceva alle mamme, alle sorelle: “Io so che cosa pensate oggi, che è impossibile uscire dalla mafia. Almeno fate in modo che i vostri figli non debbano entrarci”. Bisogna interrompere in qualche maniera questo destino famigliare.”
Ma come?
“Bisogna potenziare la giustizia, più uomini, più strumenti. Affrontare il problema delle opportunità. Senza lavoro, senza scuola è difficile sfuggire alla mafia. Bisogna educare, informare. Noi facciamo un campo di formazione ogni anno. Un mese fa, a San Marco in Lamis, Puglie, c’erano 160 ragazzi e ragazze.”
La sua è una comunità piccola: solo 250 persone residenti.
“Le megastrutture sono un errore.”
Si riferisce a San Patrignano?
“Anche. Muccioli era un uomo determinato, a metà tra un manager e un contadino. Ma non ho mai condiviso la sua mania di gigantismo, il suo andare a braccetto con i politici e con i potenti e anche la copertura che diede all’omicidio Maranzano.”
Disse che lo aveva fatto per salvare la comunità. Lei non lo farebbe?
“Sul piano educativo è un gravissimo errore coprire un omicidio. Io non lo farei.”
Muccioli era un grande, aveva carisma…
“Ma si è circondato di cattivi consiglieri e ad un certo punto è stato travolto.”
Anche Saman aveva scelto il gigantismo ed è finita nella cronaca giudiziaria…
“Ho conosciuto Francesco Cardella. E mi ha lasciato inquieto. Chiese di entrare nel coordinamento delle comunità di accoglienza. Ma scoprii che lo aveva fatto solo perché sperava che lo aiutassimo a sbloccare una sua barca sequestrata a Trapani perché trovata con della roba a bordo.”
Roba?
“Strana roba. Non lo feci entrare, naturalmente.”
Cardella e Muccioli erano entrambi antiproibizionisti. E lei?
“Di ecstasy si muore. Di marijuana no. Hashish e marijuana vanno tolte dalla tabella delle droghe illegali e inserite in quella delle sostanze pericolose, come l’alcool e il fumo.”
E le droghe vere? Liberalizzandole – dicono – se ne stroncherebbe il commercio.
“No, è una risposta che non mi convince. Per una soluzione del genere ci vorrebbe l’accordo di tutti, a livello internazionale. Ma certo sono d’accordo con i contadini andini che vogliono continuare a coltivare la coca.”
Accidenti.
“Per combattere l’acoolismo lei estirperebbe tutte le vigne del Monferrato? Il problema non è l’uva, ma l’uso che se ne fa.”
E quale uso si fa della coca?
“Il Papa, quando andò in America Latina, bevve the di coca. Il contadino andino non coltiva cocaina, coltiva foglie di coca con le quali si fanno molti prodotti diversi dalla droga. Quando li convinsero a piantare patate, nessuno gliele comprò.”
La vittoria dell’Ulivo vi ha reso il lavoro più facile?
“Troppo presto per dire. Turco, Bindi, Napolitano sembrano attenti e disponibili.”
E’ gente più vicina alle sue idee.
“Don Ciotti non è mai andato a braccetto di nessun potente. Se vince di nuovo la burocrazia e se ritorniamo ai vecchi compromessi, la mia coscienza critica, la mia libertà, il mio impegno di giustizia rimarranno svegli.”
Come va con la Chiesa?
“Amore con qualche momento di fatica. Con alcuni pezzi di autorità della Chiesa non è facile convivere.”
Le gerarchie.
“Non solo. Spesso è in basso che ci si scandalizza di più.”
Ma il Vaticano non sarà certo contento.
“Richiami forti da parte del Vaticano ce ne sono stati. Quando come presidente della Lila ho preso posizione a favore del preservativo come uno degli strumenti suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono stato costretto a dimettermi. Nessuno ha da ridire contro i cappellani che dicono messa su un carro armato. Ma quando ho celebrato messa su un carro di campagna sono stato messo sotto inchiesta. Quando ho fondato il gruppo “Davide e Gionata” per riflettere sul cammino di fede degli omosessuali, sono stato criticato da chi faceva una grande confusione fra omosessualità e pederastia e prostituzione.”
Un prete scomodo…
“Mi disturba questa definizione. Chiunque faccia bene la sua parte diventa scomodo. Il Vangelo è un pugno nello stomaco. Un prete se vuole incarnare la parola di Dio non può essere comodo.”
C’è un peccato che caratterizza questa fine di secolo?
“L’omissione. Nella comunità cristiana è venuto meno il coraggio della denuncia. Tangentopoli: tutti sapevano. E perché non reagivano? I concorsi erano truccati? E perché nessuno lo denunciava?”
Perché si veniva messi al bando.
“Guardi questo bilancio. Ho 3.218 milioni di debiti. Lo sa perché? Perché ho sempre detto con chiarezza le cose. E così non avevamo mai le convenzioni. Se io avessi smesso di denunciare, non avrei questi debiti. Avete visto invece come faceva Saman?”
Lei ha paura?
“A volte. Da alcuni segnali (effrazioni, macchine con targhe false, la storia del feto che hanno fatto trovare in un nostro bagno) mi sto rendendo conto che il momento più difficile è questo. Ma io sono scanzonato e spregiudicato.”
Che ne dice di questa ondata di “perdonismo”?
“Per la Chiesa il perdono deve essere sempre concesso, ma quando si dà l’assoluzione si chiede sempre la riparazione del danno. Chi sbaglia deve rispondere delle sue azioni.”
Ma le galere facili?
“La povera gente ci era abituata. Veniva letteralmente dimenticata in galera. Ma il problema è diventato attuale solo quando in galera hanno cominciato ad andarci i forti. Eppure è proprio chi ha maggiori strumenti per capire che deve maggiormente rispondere delle sue azioni.”
Invece si chiede più garantismo, si vuole il colpo di spugna…
“Quando insieme ad altri sostenevo che bisogna “educare non punire” io venivo attaccato da chi reclamava fermezza nei confronti dei deboli. Quelle stesse persone oggi chiedono clemenza nei confronti dei potenti.”
La galera è una dura punizione…
“Chiedetelo ai poveracci, tossici, sieropositivi, extracomunitari, obbiettori di coscienza, piccoli delinquenti che affollano le carceri italiane. Dove si entra sani e si esce malati. Per loro nessuno si affatica a chiedere colpi di spugna.”
E’ più elegante forse perdonare al potente. Perfino il Pds si è scomodato per Craxi ormai…
“Se uno sta male aiutiamolo a farsi curare. Ma si cerchino strade perché chi sa la verità, la smetta di nasconderla.”
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