- 1 Luglio 2004
Decine di comici in libreria, vignette su tutti i quotidiani, umorismo in televisione, al cinema, alla radio. Teatri esauriti. Overdose di risate ovunque. È vitalità o crisi? Il fatto che ci siano molti comici vuol dire che c’è molta buona comicità in giro? E soprattutto: che cosa c’è da ridere? Serena Dandini, autrice comica, conduttrice tv, direttore artistico dell’Ambra Jovinelli, spiega: «Più i tempi sono duri, più l’evasione di una risata ti aiuta. Questa guerra infinita, queste elezioni infinite, questo buco dell’ozono infinito, quest’ansia infinita spingono alla risata».
Il livello è basso.
«Certo. Uno fa il provino. Ha un buon tormentone. Viene subito preso e sbattuto in televisione. Quando non funziona più si butta. Usa e getta. E si creano dei disadattati. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno fatto una gavetta di anni. Teatri, serate, teatri, serate. Sono cresciuti lentamente con il loro pubblico».
Mentre questa fiumana di nuovi comici?
«Hanno una carriera troppo veloce. Pum pum. Tutto e subito. Forza, avanti un altro».
Sconsolata è il fenomeno comico dell’anno.
«Credo che dovrebbe fermarsi e lavorare, perché è una ragazza che ha molto talento e rischia di bruciarsi in poco tempo».
Hai mai riso vedendo Sconsolata?
«Non è il mio genere».
Hai mai riso vedendo Panariello?
«Nemmeno lui è il mio genere. Ma ha saputo coniugare il popolare con il raffinato».
Mi sfugge il raffinato di Panariello.
«Raffinato forse è una parola grossa. Riesce comunque ad alzare il livello del sabato sera, rispetto ai reality show e al prolificare di tette e vallette».
E la satira?
«In giro ce ne è poca. A me piacciono tutti i generi, dalla torta in faccia alla risata di pancia. Ma soprattutto mi piace la satira che è come l’uovo di Pasqua, ha la sorpresa dentro. Purtroppo vive un momento pessimo».
Grillo, Fo, Luttazzi, i Guzzanti. Riempiono i teatri. Ma in tv niente.
«Dov’è questo libero mercato che Berlusconi ci aveva promesso? In realtà ci ha dato il comunismo. Si è pure circondato di comunisti, Bondi, Ferrara, Adornato. Berlusconi ha instaurato un comunismo anni Cinquanta, da Paesi dell’Est. Non a caso l’editto anti Santoro-Biagi-Luttazzi è stato emanato in Bulgaria. Berlusconi ci tiene a questi particolari».
Parlami di te.
«Figlia di avvocato, nobiltà papalina decaduta».
Scuole?
«Stesso liceo di Antonello Venditti. Giulio Cesare. Stesso bar, il Tortuga, quello della canzone Compagno di scuola, dove Nietzsche e Marx si davano la mano. Ricordo il giorno di Piazza Fontana. I fascisti vennero davanti a scuola a urlare “Assassini”, a sputare, a menare».
Politicamente tu che cos’eri?
«Rollingstoniana. Poi con il passar del tempo, come tutti, maturando, sono diventata beatlesiana. Un po’ più di centro. Frequentavo Fgci, Lotta Continua, Potere Operaio. Mi intrufolavo dappertutto, ero amica di tutti. Mi sono fatta tutta la mia militanza femminista, i gruppi di autocoscienza. Non mi sono risparmiata niente. Nei gruppi di autocoscienza ci facevamo delle gran risate. Erano il terrore degli uomini, perché ci dicevamo le cose, e loro venivano scoperti e perdevano la testa. Io ho molta comprensione per gli uomini della mia generazione: sono stati massacrati, alcuni non si sono ripresi più».
Ti sei sposata tre volte.
«Due volte. Adesso convivo».
Sei andata a vivere in campagna, in Umbria.
«Col secondo marito. Lasciare la città ed andare a vivere in campagna fu praticamente obbligatorio, visti i tempi. La cascina, senza acqua, senza luce, senza telefono. L’orto, le galline, le api, le mucche, i cavalli, la vita naturale. Io già lavoravo in Rai e facevo avanti e indietro. L’esperienza finì quando ci rendemmo conto che con i polli non si poteva vivere».
Da dove arrivavi tu quando hai cominciato con la radio?
«Da studi anglo-americani. I miei professori erano Sandro Cortelli e Beniamino Placido. Un giorno la professoressa Bianca Maria Pisapia mi segnalò alla Rai e mi chiamarono. Sai che cosa facevo? Quella che andava a prendere le musiche in archivio. Aprivo e chiudevo cassettini. Un lavoro d’impegno. Mi chiamavano programmista musicale. Ogni tanto dicevo: “Ma perché mettete questa canzone che è brutta? Mettete quest’altra”. Nei cassettini c’era di tutto. Alcuni dischi avevano il timbro rosso: “Intrasmettibile”. Tipo Gaber, tipo Dario Fo».
Per quali trasmissioni lavoravi?
«Radio anch’io. Cominciai a fargli scoprire i cantautori. E poi scrivevo qualche nota. Mi dissero: “Invece di rompere le scatole, vieni in diretta e leggile tu stessa”. Poi cominciai a proporre programmi miei. Il primo fu Il pianeta cantautore, una specie di fiction che usava le canzoni come dialoghi. Feci anche l’inviata da Sanremo, mi pare nell’85. Ricordo che un giorno dissi: “Sanremo lo possiamo considerare un microcosmo”. Mi telefonò il capostruttura Rai: “Microcosmo? Sei pazza? Non devi usare parole difficili. Devi pensare che c’è in ascolto la nonna di Biagio Agnes. Deve capire anche lei”. Per un po’ mi portai appresso il terrore della nonna di Biagio Agnes. Mio Dio! Ci sarà in ascolto la nonna di Biagio Agnes?».
Poi la tv.
«Il passaggio dalla radio alla televisione è stato un trauma terribile. Io credevo che radio e tv fossero la stessa cosa. Invece in tv prima arriva l’immagine, poi, se sei fortunata, arriva quello che dici. Insomma, le prime volte mi sono fatta truccare, bigiotteria per dare luce, capelli tirati con treccia che non riuscivo nemmeno a parlare, ombretto azzurro. Mi sono vista e mi sono messa a piangere. Chi è quella?».
E come hai sistemato la cosa?
«Ho giurato che mai più mi sarei mascherata. Adesso ogni volta che mi acconcio per una trasmissione mi faccio la domanda definitiva: “Andrei così a cena con gli amici? No? E allora perché devo andarci in tv?”».
C’è qualche uomo che si veste «da televisione»?
«Quello che fa l’ospite a Controcampo, come si chiama? Mughini. Lui si veste da televisione».
Luogo comune: le donne sono poco ironiche e per niente autoironiche.
«Tu non sai quello che si diceva quando abbiamo fatto la Tv delle ragazze! Poi invece abbiamo dimostrato il contrario. Anzi le critiche venivano proprio dalle donne che dicevano che eravamo troppo autoironiche. Si aspettavano una trasmissione tutta contro il maschio nemico».
Non so le donne, ma le parlamentari tanto autoironiche non sono. Si sono messe in venti a contestare il fatto che Marco Rizzo dava giudizi estetici su alcune di loro. Maschilista-comunista, lo hanno chiamato.
«Hanno fatto bene».
Perché ti trucchi? Perché ti fai bella? Non mi dire per te stessa, sarei deluso.
«Sai che cosa è? Capisco l’esasperazione. Il Parlamento è un po’ una caserma. Troppi uomini».
E allora prendiamoli in contropiede. Chi non ti piace?
«Schifani è brutto. Ha la forfora che buca il video».
Chi ti piace?
«Pecoraro Scanio è un bell’uomo. Cofferati. Diliberto».
Marco Rizzo?
«Marco Rizzo è calvo. E poi è un piacione. Uno che si crede bello. È un La Russa di sinistra. Tutti e due si credono playboy».
Una volta hai detto che fai parte dell’Avag, Associazione Vittime di Aldo Grasso.
«E voglio rimanere sua vittima, per scaramanzia. Ha sempre parlato male di me e mi è sempre andata bene. Sono terrorizzata all’idea che un giorno parli bene di me».
Ho letto che a te piace Bonolis…
«Mi sta simpatico. Ha sbagliato ad usare il suo programma per rispondere a Ricci, ha sbagliato anche a fare l’intervista al serial killer».
Meno male che ti sta simpatico.
«Ha fatto una Domenica In dignitosa. È un conduttore intelligente».
Un tantino volgare.
«Certamente il livello non è il massimo. Ma trovo più volgare Bruno Vespa quando mischia la bonona da calendario con l’esperto di guerra in Iraq. Trovo più volgare il plastico della casetta di Cogne».
Tu hai lavorato anche in Mediaset. Michele Santoro mi disse che a Mediaset rispettano il personaggio, lo curano, lo coccolano. Mentre in Rai?
«È vero. Hai la sensazione che tutti sappiano che il loro stipendio dipende anche dal tuo successo. In Rai è diverso. Lo stipendio dei funzionari e dei tecnici non dipende per niente dal tuo successo».
Tu pensi che uno di sinistra possa lavorare a Mediaset?
«Io non sono una comunista bulgara, io sono per il libero mercato».
Gabriella Carlucci mi ha detto che a Mediaset sono tutti comunisti.
«Si sentono cose straordinarie: ho sentito anche la Pampanini dire che è stata boicottata nella sua carriera, durante il regime comunista, perché era di destra».
Mi è sfuggito il regime comunista.
«Pensa che quando c’era il centro-sinistra al governo Bruno Vespa è passato a quattro serate. Che sia comunista anche Vespa? Ma se siamo circondati da comunisti perché Biagi, Santoro e Luttazzi non sono più in televisione?».
Parliamo di voltagabbana? Tanto per non perdere l’abitudine.
«Ci sono un sacco di new entry. Ma il campione resta Baccellone Adornato».
Perché Baccellone?
«Ricordi i baccelloni dell’Invasione degli ultracorpi? Secondo me un baccellone si è insinuato in Adornato e lo ha stravolto. Ne è uscito un altro Adornato che non riconosco più. È il Baccellone. Adornato l’ho perfino votato qualche volta. Che brutta fine fanno i nostri voti, a volte!».
Parliamo di adulazione.
«Ho visto la festa di Forza Italia. Mi ha ricordato uno spettacolo di Michael Jackson. Tutti in adorazione di Michael che in fondo fa campà tante famiglie».
Berlusconi come rockstar, mica male.
«Ha fatto lo show per andare a Strasburgo ma poi a Strasburgo non ci è andato perché non ci poteva andare. È come annunciare una serata Michael Jackson e poi arrivano i Jalisse».
C’è adulazione a sinistra?
«L’adulazione è di due tipi, l’adulazione assoluta, fedista, nel senso di Emilio Fede, e l’adulazione per interesse. Il fedismo è un fenomeno magico, affascinante, che va al di là del bene e del male».
Chi non ti piace a sinistra?
«Nessuno di loro quando litigano per stronzate».
Cioè quasi sempre.
«Mi piacerebbe che litigassero nel chiuso di una stanza».
Chi sono i tuoi nemici?
«Non ricordo grandi liti. Tranne quella con Gasparri, in una trasmissione televisiva. Io avevo detto che era preoccupante scoprire che i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri».
Niente di eversivo, direi.
«Avrebbe potuto dirlo il Papa. Invece Gasparri mi ha aggredita in maniera scomposta. Sembrava Neri Marcorè nella sua imitazione. Mancanza totale di eleganza. Grave per un ministro».
Come te lo spieghi?
«Forse ho pagato proprio tutte le imitazioni di Marcorè, in un colpo solo».
Perché non esiste più il gruppo Dandini-Guzzanti?
«Perché si cresce».
Però fa tristezza. Come quando si sono divisi i Beatles.
«Ognuno ha le sue voglie. La noia incombe. Ripetersi è uno strazio. Bisogna esplorare strade nuove».
Tu che cosa vuoi esplorare?
«Io vorrei fare un talk show. E forse lo farò, ad ottobre, per Rai Tre».
Maurizio Dandini Show.
«Prima devo diventare vecchia e cicciona».
Gioco della torre: Corrado o Sabina?
«Paolo».
Perché butti il padre?
«Ah, vuoi pure la spiegazione?».
Certo.
«Mi fa ridere. Ma non quanto loro».
Fede o Rossella?
«Butto Rossella. Fede è lampadato meglio».
Bondi, Schifani o Baget Bozzo?
«Li butto tutti ma prima Baget Bozzo. Il Dio in cui crede lui non è quello che pensiamo noi».
Cossiga o Pertini?
«Butto Cossiga. Gli è rimasto attaccato un po’ di kappa».
Costanzo o Vespa?
«Butto Vespa perché fa concorrenza all’avanspettacolo. Un concorrente pericoloso per l’Ambra Jovinelli».
Giorgino o Marzullo?
«Marzullo ha il pregio della modestia. Sta lì da settemila anni, titic e titac, ma sta al posticino suo e non si allarga. Giorgino è vivo da due minuti e si sente il più grande giornalista d’Italia».
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