- 4 Novembre 2001
Aveva cominciato vincendo un concorso per ragazzette carine, Miss Teenager. Isabella Ferrari, in realtà Isabella Fogliazza, allora aveva 15 anni. Poi era finita in quegli spettacoli televisivi del nulla inventati da Gianni Boncompagni, “Sotto le stelle”. Poi l’aveva scoperta Vanzina e l’aveva fatta diventare famosa nel primo dei film che aprirono il filone delle commedie vacanziere, “Sapore di mare”. Sembrava destinata allo spettacolo superficiale, ai filmetti di cassetta che non lasciano traccia. Si ribellò. Cercò i film di autore, emigrò in Francia, vinse perfino una Coppa Volpi a Venezia. Col risultato che tutti la dimenticarono. Poi la tv popolare, Distretto di polizia. Su e giù. Tanti amori. Gianni Boncompagni, Roberto Rossellini, Paolo Pazzaglia, Francesco Nuti, Massimo Osti, Renato De Maria. Tre figli a 37 anni. “Una vita come un rock and roll. Basta leggere le mie interviste, ne ho fatte centinaia. Ma non ce ne è una in cui, rileggendola, mi sia scoperta intelligente”, si lamenta. Colpa di chi? “Colpa mia. Ho dato troppe interviste, troppe anche quando ero ragazzina. Mi sono buttata via tra domande e risposte. Mi piacerebbe poter scegliere le persone con cui conversare”. Speriamo bene.
Perché ha scelto questo nome d’arte così banale?
“E’ stata la cosa più stupida che ho fatto nella mia carriera. Dopo Miss Teenager ho voluto incidere un disco. Ero una pessima cantante e fu una pessima esperienza. La casa discografica era la Wea. Fecero molte riunioni per decidere che col nome Fogliazza ero impresentabile. E decisero per Ferrari”.
Che cosa cantava?
““Canto una canzone” e “Un uomo”. Non sono rimaste nella storia della canzonetta”.
Che cosa ricorda di quel periodo?
“Era un periodo un po’ selvaggio, allo sbando, western. Ero giovane, non sapevo che cosa volevo fare, sono andata a tentativi. La mia famiglia era a Piacenza, io a Roma da sola. Volevo il successo ma lo pagavo con tanta solitudine”.
Fu scoperta da Boncompagni…
“La mia era solo una presenza. Contavano la mia bellezza, i miei capelli lunghi. Non mi ricordo nemmeno che cosa facessi, ma credo proprio nulla. Stavo lì”.
Lei aveva anche una storia con Boncompagni. Non le era di aiuto?
“In che senso?”
Nel senso che lei aveva 15 anni e lui 50. Non le dava sicurezza?
“La differenza di età così grande era il vero motivo dello sbando”.
Ma lui era un giocherellone, un giovanilista…
“Non ho voglia di parlare di Boncompagni! Scriva che non ce la faccio”.
Lei rimpiange il periodo della sua adolescenza?
“Rimpiango di non averla avuta. Ho solo lavorato. Non dovrebbe capitare a una ragazza così giovane”.
E quei film li ha dimenticati? Si è pentita di averli fatti?
“Io non ho fatto nulla di cui vergognarmi. “Sapore di mare” in fondo è un film cult. Lo ritroveremo nelle storie del cinema”.
Ma ha interpretato anche “Il ragazzo del pony express”, che lei stessa ha definito “il punto più basso della mia carriera”.
“Era una brutta commedia di quei schifosi anni Ottanta”.
Quali registi ricorda?
“E’ difficile ricordare…”
Vanzina lo ricorda?
“Vanzina mi ha lanciato. Marco Tullio Giordana è quello che mi ha anche diretto. Mi ha fatto capire che cosa è la recitazione”.
Come ha fatto a diventare brava?
“Non me lo chiedo”.
Se lo chieda.
“Recitando molto. Nessuno mi ha detto che dovevo studiare. Che c’erano le scuole di recitazione. Ho imparato sulla strada”.
Una volta ha detto: ho pudore delle interviste, non di spogliarmi.
“Una stupidaggine”.
Ha pudore o non ha pudore?
“Ho moltissimo pudore a spogliarmi. L’ho fatto solo due volte. In “Gangsters” e in “Cronaca di un amore violato””.
Ha detto: ho conosciuto uomini che non hanno riconosciuto la mia intelligenza né hanno considerato il mio talento.
“Non ce la faccio più a parlare della mia vita privata”.
La gente dello spettacolo passa metà della vita a cercare la visibilità e metà a rivendicare il diritto alla privacy.
“La mia vita sentimentale è stata proprio media. Adesso molli la presa, la prego”.
Lei è invidiosa delle colleghe?
“Ho molte amiche che fanno le attrici e sono anche famose… Valeria Golino, Monica Bellucci, Iaia Forte. Valeria è come una sorella per me, sono venti anni che ci conosciamo. Di Monica mi piace il fatto che è molto lucida nella sua carriera. Iaia è molto intelligente”.
Lei è romantica?
“Sono una donna calorosa, passionale, gelosa e possessiva”.
Fa scenate?
“Si”.
Spacca i piatti?
“No”.
Picchia?
“Si, picchio. Ma non scriviamo queste cose, mi fa schifo…”
In amore com’è? All’antica?
“Mi piace essere corteggiata”.
E quando le piace un uomo come fa?
“I modi si trovano”.
E quando l’amore finisce?
“Cerco di essere lasciata. Se non succede, lascio”.
E’ prepotente?
“Sono leader. La mia è una famiglia patriarcale”.
Non dovevate sposarvi? Non si parlava d’altro: terzo figlio, una casa più grande e matrimonio.
“Abbiamo cambiato idea”.
Questo è uno scoop.
“Non mi sembra la cosa più interessante dell’intervista”.
Lei ha un atteggiamento conflittuale con le interviste.
“Faccio fatica”.
Qual è il suo ideale di uomo?
“Che mi faccia ridere, che abbia talento, che accetti il matriarcato…”
Renato, il suo compagno, accetta il matriarcato?
“Non è un matriarcato duro”.
Faccia un esempio.
“Si fa quello che dico io”.
Figuriamoci se fosse duro.
“Se avessi immaginato domande del genere…”
Perché lei è così restia che si parli di lei?
“Perché sono più intelligente di quello che si pensa che io sia”.
Dica la verità. Lei è andata in analisi…
“Si. Ne avevo veramente bisogno. Era più la sofferenza che la felicità nella mia vita. Ma non volevo scavare troppo e rimanevo in superficie. Come nelle interviste. Ho mollato perché continuavo a dare soldi e a dire bugie”.
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