- 23 Aprile 1990
Fulco Pratesi se ne va in Parlamento. Al vertice del World Wildlife Found arriva Grazia Francescato, giornalista, da anni impegnata nella lotta per la difesa dell’ambiente. Cambierà qualcosa?
"La parola d’ordine è continuità", spiega Grazia. "Troppo bene hanno fatto prima di me Arturo Osio, Fulco Pratesi e tutti quelli che mi hanno preceduta e hanno portato il Wwf alla situazione attuale, 300 mila soci, 300 sezioni in tutta Italia. L’attività del Wwf continuerà sul doppio binario della conservazione concreta e dell’elaborazione teorica. Conservazione concreta vuol dire creazione di nuove "oasi" oltre alle 51 che abbbiamo oggi, che tutelano gli ecosistemi più belli e più particolari d’Italia, da Orbetello alle Cesine, 18 mila ettari, 250 mila visitatori l’anno, in gran parte ragazzi. Pensiamo anche di attrezzarne alcune per la visita dei disabili, come abbiamo già fatto a Serre Persano (Salerno) e a Burano (Grosseto). Elaborazione teorica vuol dire preparare documenti e linee per i grandi appuntamenti internazionali".
Il grande appuntamento internazionale degli anni Novanta è proprio fra qualche settimana. A Rio de Janeiro, agli inizi di giugno, i governanti di tutto il mondo, i dirigenti di tutte le associazioni naturalistiche si incontreranno nella Unced (Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo) per cercare di capire e di spiegare che cosa sia lo sviluppo sostenibile e come ci si possa arrivare. Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo equo nei limiti della capacità della Terra, un tipo di sviluppo che cerca di sfruttare l’ambiente in maniera intelligente senza distruggerlo. A Rio de Janeiro il Wwf presenterà un suo documento "Caring for the Earth", prendersi cura della Terra, in cui cerca di individuare le strade per arrivare a questo tipo di sviluppo sostenibile. Da Rio de Janeiro, secondo grande appuntamento mondiale dopo il grande convegno di Stoccolma del 1972 che lanciò di fatto l’ecologismo internazionale, dovrebbero uscire dichiarazioni di principio, come per esempio una Carta della Terra e un’Agenda 21 (per ventunesimo secolo) che indicheranno i principi generali, gli impegni globali che dovrebbero essere assunti da tutti i governi di tutto il mondo. Poi dovrebbero essere firmate per lo meno tre Convenzioni internazionali, sui cambiamenti climatici, sulla tutela delle foreste, e sulla tutela della biodiversità. Cioè il tentativo di mantenere il più possibile le varietà delle specie viventi, che è il primo segno di sanità di un ecosistema".
E’ il tentativo di arrivare ad una sorta di governo globale del pianeta?
"No, non si raggiungerà certo un obbiettivo così ambizioso", spiega Grazia Francescato. "Ma almeno si cercherà di ottenere una giurisdizione internazionale dei grandi beni comuni, l’acqua, l’aria, il suolo e gli esseri viventi. Rio de Janiero deve essere il primo passo per una diversa gestione globale della Terra. Chernobyl ci ha insegnato che i problemi di una Nazione sono i problemi di tutti, perché le nuvole viaggiano. Rio de Janeiro, se non si risolverà in un inutile bla-bla, dovrebbe essere il primo passo per una difesa globale della natura mondiale. Il Wwf farà di tutto perché non sia un bla-bla".
E come si può intervenire nell’ambito dello sviluppo sostenibile?
"Per prima cosa attraverso le modifiche delle regole internazionali del commercio: fissare il prezzo delle materie prime ha sicuramente a che fare con la conservazione e lo sviluppo. E poi con l’annullamento del debito estero dei Paesi poveri. Si devono trovare forme di cancellazione di questo debito. Non si può pretendere che il Brasile smetta di distruggere la foresta amazzonica solo per farci piacere, dopo che noi abbiamo abbattuto le nostre foreste. Questo discorso significa che bisogna avere uno sviluppo equo, una redistribuzione delle risorse tra Paesi ricchi e Paesi poveri. E questo sviluppo equo si deve tradurre in modelli che non siano troppo pesanti per la Terra".
Al di là di questi grandi scenari internazionali, che cosa farete in Italia? "Continueremo le nostre lotte per la creazione di nuovi parchi e per la tutela di quelli esistenti. Noi abbiamo lanciato una campagna con lo slogan "L’ambiente è cosa nostra". Vogliamo dire che il malgoverno del territorio non è solo danno ambientale, è anche delinquenza. Il Censis ha calcolato che il fatturato della criminalità organizzata si aggira attorno ai 20 mila miliardi. Quasi quattro mila di questi miliardi derivano dagli appalti pubblici. Questo vuol dire che strade, dighe, grosse opere pubbliche, in certe zone d’Italia, non sono decise in maniera rispettosa del territorio e secondo le esigenze della gente, ma secondo le esigenze della criminalità. E poi questi soldi vengono riciclati in speculazioni edilizie, in cementificazione del territorio. La tutela dell’ambiente in sostanza è affidata a mafia, n’drangheta, camorra. Molti dicono che noi pensiamo solo all’orso e alla foca monaca. Invece questo è un contributo che noi diamo alla moralizzazione del Paese. Le due cose sono più che mai connesse. In Italia vediamo la devastazione del territorio andare di pari passo con il degrado morale del Paese. Il paesaggio devastato è il di fuori del di dentro. La proiezione esterna degli orrori che sono interni alla mente degli italiani. Tu fai un viaggio nel sud e leggi nel paesaggio l’orrore del degrado morale che c’è nel meridione".
Perché parla di tutela dei parchi esistenti? "Perché da una parte si pensa a nuovi parchi, grazie alla legge quadro 394 che gli ecologisti aspettavano da trent’anni, che creerà altri venti parchi e porterà il totale delle aree protette al 10 per cento del territorio italiano. Dall’altra assistiamo a continui attacchi all’integrità dei vecchi, Stelvio e Abruzzi in testa".
Ma la coscienza ecologica è in aumento…"Certo una volta si diceva che gli ecologisti erano dei pazzi. Oggi sono tutti ecologisti. Ma è proprio quello il pericolo. Perché dietro l’impegno formale poi non si fa nulla. Tutti ci danno ragione ma poi continuano a cementificare e a buttare lattine nei laghi e sacchetti di plastica nei boschi. O a sfrattarci dall’oasi di Miramare come è successo recentemente".
Che cosa pensa del movimento dei verdi? "Le associazioni stanno passando un ottimo momento, perché non sono legate direttamente alla politica. Se parliamo dei verdi "politici", c’è stato un primo momento di grande entusiasmo, di slancio e di simpatia nei loro confronti. Ma poi hanno perso consenso quando sono caduti nelle trappole della politica e dei politicanti, nei trabocchetti partitici, si sono fatti travolgere dai dissidi interni e dalla caccia alle poltrone. Oggi c’è un recupero, una riflessione. Ma il risultato mediocre alle elezioni se lo sono proprio meritato. Avrebbero potuto ottenere molto di più se non avessero perso tutto quel tempo a litigare e a fare politica in maniera deteriore".
Qual è stato secondo lei il più grosso successo del movimento ambientalista italiano? "A livello psicologico, il risveglio delle coscienze. Sul piano pratico, la legge sui parchi di cui ho parlato prima e la vittoria sul referendum contro il nucleare". Vi hanno accusato di volere la rovina dell’economia italiana… "E intanto negli Stati Uniti chiudono le ultime centrali nucleari. Non perché siano pericolose, ma perché sono antieconomiche. E allora vuol dire che noi abbiamo fatto un affare, ci siamo fermati in tempo".
Qual è il più grosso disastro ecologico? "E’ il day after quotidiano. Questa subdola corrosione dell’ambiente, la perdita della biodiversità. Ogni anno scompaioni migliaia di specie viventi. Ed ettari di foreste tropicali vengono distrutti. Ogni anno io torno in Amazzonia e dall’elicottero vedo sempre meno verde. Zone grandi come la Lombardia appaioni pelate da un anno all’altro".
Secondo lei gli italiani sono ecologisti convinti? "No, nel codice genetico degli italiani non figura l’amore per l’ambiente. Per questo c’è bisogno di una grande opera di educazione, costante, capillare. Forse quando arriveranno al voto gli attuali ragazzini qualcosa cambierà. Speranza ne ho".
E i giovani attuali? I ventenni? "Sono stati saturati dal consumismo. Hanno scambiato la comodità con la felicità. Gli abbiamo dato motorini, musicassette, televisori e gli abbiamo tolto l’anima, la voglia di conquistare, di esplorare per se stessi". Sono più preoccupati della salute della Terra gli uomini o le donne? "A me sembra che la donna abbia una coscienza ecologica più pronta, più naturale. Forse perché per cultura, per tradizione e magari per natura è abituata a prendersi cura di qualche cosa, della famiglia, degli aninmali di casa, dei fiorellini sul balcone. Questo suo aspetto materno si amplia fino a comprendere tutta la Terra. Tra gli animalisti, per esempio, il 70 per cento sono donne".
E tra nord e sud? C’è qualche differenza? "Qualche differenza? Girare in Calabria e in Sicilia è un’esperienza terrificante. Il discorso della difesa del territorio va collegato a quello della difesa dei diritti minimali del cittadino. E’ una lotta su due fronti. Però poi al sud trovi dei gruppi ecologisti che fanno cose stupende, con molto più slancio e passione di molti gruppi del nord".
Com’è la situazione nei partiti? C’è un partito più "verde" degli altri? "No, nessun partito è più verde degli altri. Tutti avrebbero bisogno di una bella iniezione di ecologia pratica. Ahimé. Il bello è che hanno tutti simboli ecologici, querce, garofani, edere. Però nessuno poi è fedele al proprio simbolo. Vergogna! Partono dalla natura e finiscono nel cemento".
Se lei avesse la bacchetta magica che cosa farebbe? "La prima cosa che farei è apllicare tutte le leggi esistenti e le direttive Cee fossero applicate. Basterebbe questo per raggiungere grandi risultati nella protezione dell’ambiente".
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