- 18 Settembre 2003
Tutto quello che è successo e che sta ancora succedendo nel calcio italiano ha avuto inizio da lui, da Luciano Gaucci, 65 anni, presidente del Perugia, del Catania e della Sambenedettese. Reclami, proteste: alla fine il suo Catania è rimasto in B ma il pandemonio era ormai scatenato. E intervenuto perfino il governo a stabilire promozioni e retrocessioni e l’Italia calcistica è rimasta per molte settimane col fiato sospeso. Perché è così importante il calcio in Italia? Lo spiega lo stesso Gaucci, un florido romano che ha raggiunto il successo e la ricchezza con una impresa di pulizie e che è famoso perché non riesce a tenere a freno la sua esuberanza. «Una volta per dimenticare le amarezze della vita c’era l’osteria», filosofeggia. «Ci si andava a perdere tempo, a incontrare gli amici, a ubriacarsi. Adesso per dimenticare le amarezze della vita non resta che il calcio».
Di chi è la colpa di tutto questo ambaradan?
«Della Federazione. Franco Carraro la gestisce in maniera padronale. Pensi che non va nemmeno in ufficio. Mai».
Ognuno ha il suo lavoro. Oltre il calcio.
«Quale lavoro? Chi ricopre quelle cariche deve essere presente perché è ampiamente remunerato, ha autisti e beneficenze varie. E poi Carraro ha anche il conflitto di interesse».
Cioè?
«Non è presidente di Mediocredito? E Mediocredito non è la banca legata al Napoli al quale ha dato 60 milioni di euro? Si immagina che cosa succedeva se il Napoli andava in C? Come faceva a restituire i soldi a Mediocredito? Il presidente di Mediocredito, anche inconsapevolmente, si preoccupa del Napoli. E poi sta nel consiglio di amministrazione di altre 18 banche».
Una volta il calcio non era così, non era banche, fideiussioni, soldi, miliardi.
«Adesso nel calcio ci sono le multinazionali, la Fiat, Berlusconi, Moratti, Della Valle… Se a capo della Fiorentina ci fosse stato ancora Cecchi Gori non avrebbero ripescato i viola. Prima la forzatura per affossarla, adesso la forzatura per favorirla. È un casotto che non finisce mai».
Le grandi vengono aiutate anche dagli arbitri?
«Gli arbitri sono condizionati psicologicamente. Se sbagliano contro una piccola giornali e tv tacciono. Se sbagliano contro una grande ripetono cento volte la moviola. Contro il Siena al Perugia è stato tolto un rigore nettissimo dall’arbitro Rodomonti. Due punti regalati al Siena».
Il Siena non è una grande squadra.
«Non è una grande squadra? Non è una grande squadra? Probabilmente ci sono delle simpatie inconsce. Rodomonti aveva già arbitrato tre volte il Siena: tre vittorie del Siena».
Una volta per gli arbitri c’era il sorteggio integrale, non quello pilotato.
«E allora lo scudetto lo vincevano anche le piccole. Col sorteggio integrale hanno vinto il Verona, il Cagliari, la Sampdoria».
Chi è l’arbitro peggiore?
«Rodomonti. Ma anche Gabriele, di Frosinone. È limitato».
Anche lui ce l’ha con voi?
«Ce l’ha con tutti. È in serie A per grazia ricevuta. Qualcuno ce l’ha portato».
Gli arbitri sono anche corrotti?
«Alla corruzione degli arbitri io non ci credo. Pressione psicologica sì, corruzione no».
E i regali milionari?
«A volte si esagera. Ma normalmente ci si limita a tre bottiglie di champagne, a un pacco pasquale. Regali contenuti. Massimo duecentomila lire».
Lei fu condannato per illecito sportivo.
«Per un pranzo che feci con l’arbitro Senzacqua tre giorni prima della partita Siracusa-Perugia. Ma se vuoi corrompere un arbitro mica ci vai a pranzo. Noi eravamo primi in classifica, il Siracusa ultimo. E pareggiammo. E l’arbitro ci negò pure un rigore all’ultimo minuto».
Non cera una storia di cavalli?
«Gli ho venduto un cavallo, tutto regolare».
Tanto regolare che il Perugia fu condannato. E lei pure. Come lo spiega?
«Lo spiego col fatto che la squadra che è andata al posto del Perugia era l’Acireale, che aveva un certo rapporto con Matarrese, che era presidente della Federcalcio».
Arbitri, presidenti, procuratori, calciatori, tifosi, allenatori. Chi sono i peggiori?
«La categoria che ha rovinato il calcio è quella dei procuratori. Si impuntano, pretendono, minacciano. Quattro anni fa anche i più bravi calciatori prendevano poco più di un miliardo. Adesso, grazie ai procuratori, siamo a sei-sette miliardi».
I procuratori fanno l’interesse dei calciatori.
«I procuratori mandano allo sfascio le società. Loro prendono il 10 per cento. Un procuratore è molto più ricco di un calciatore. Ce ne sono che hanno anche 40 calciatori, come Pasqualini, Branchini, Moggi».
Quanto guadagna un procuratore?
«Anche 10 miliardi di lire all’anno».
Perché i calciatori dovrebbero guadagnare di meno se sono loro che muovono i miliardi?
«Perché gli stipendi alti gli fanno male. II giocatore passa a un tenore di vita più agiato, più rilassato, tutta quella fame che aveva per conquistare una posizione economica non ce l’ha più, si compra la Ferrari, pensa alle ragazze, alle discoteche e alla fine addio rendimento».
Una volta lei disse che i giocatori del Catania erano mercenari e traditori.
«Ma ne ho dette tante!».
Mercenari e traditori.
«Allora io mi permetto di dire una cosa: i calciatori sono un po’ bambinoni, non hanno fatto una vita normale, non hanno studiato come si deve, stanno sempre fra loro. Sono bambinoni che hanno bisogno di essere stimolati, pressati. Il presidente deve essere il padre-padrone, altrimenti vanno in campo demotivati. Io prima della partita cerco di caricarli, di gasarli. Anche in maniera cattiva. La partita non è scapoli-ammogliati, è una battaglia. Tante volte i giocatori vanno in campo con nonchalance a giochicchiare. No. Devono correre, devono saltare addosso agli avversari, grinta, aggressione, cattiveria sportiva, capito?».
Spaccare le gambe. Fu una frase del genere che la fece litigare con Matarrese alla fine di Perugia-Bari.
«Io parlo di grinta, non di spaccare le gambe. Lui invece la mattina prima della partita aveva detto ai suoi: «A Olive dovete spaccargli le gambe". E durante la partita a Olive spaccarono la mascella con una gomitata. E Matarrese, alla fine, si permise anche di sfotterci».
Ci fu quasi lo scontro fisico.
«Se lo acchiappavo gli davo una scossa».
Quanto dovrebbero guadagnare i calciatori?
«II tetto massimo di un grande calciatore dovrebbe essere di un miliardo».
Ma perché non dovrebbe andare in discoteca?
«Perché perde il fuso orario, gli si scombussola la notte, come quando si fa un volo transoceanico. Rimane stralunato quattro giorni».
Per questo lei li manda in ritiro.
«Ci sono quelli che si sanno gestire e quelli che non si sanno gestire. Quelli che fumano un sacco di sigarette, quelli che mangiano troppo e male. Dovrebbero addirittura eliminare gli alcol. Gli alcol ti tagliano le gambe, ti tagliano il cervello, ti tagliano tutto».
Lei ha comprato Gheddafr junior: Se Cosmi non lo farà giocare?
«Gli consiglierò di farlo giocare. È una vetrina per la società e per la nazione, mi ha chiamato Berlusconi facendomi i complimenti. Mi ha detto che contribuisce al disgelo con la Libia».
Se capita che giochi male?
«Gioca male gioca male. Ma se un giocatore gioca male, lo fai giocare mezza partita. Che danni ti può fare? Di giocatori scarsi ce ne stanno tanti. Questo ha fatto la Coppa d’Africa. Vuole che non possa reggere mezzo tempo?».
Che ne dice dei presidenti? Dicono che siete degli speculatori, che vi spartite i soldi.
«Ci spartiamo i debiti. L’unico guadagno che possono avere i presidenti è andare in televisione».
E le porte si aprono più facilmente.
«Le porte si aprono ma di soldi bisogna metterne tanti».
Poi c’è la categoria dei tifosi.
«Sono diventati sempre più esigenti, vogliono, contestano, manifestano».
Sono quelli che pagano.
«Senta. Sono tre anni che ho preso la Sambenedettese. Tutti gli anni abbiamo perso la prima partita. E poi siamo stati promossi. Anche quest’anno abbiamo perso la prima partita. E già mi rompono i coglioni. Io gli ho detto: "Se non vi piace andate al cinema". I tifosi di San Benedetto sono molto passionali».
E i laziali che l’hanno aggredita?
«Pensavano che avessimo regalato la partita decisiva al Milan facendo perdere lo scudetto a loro. Senza sapere che io dopo sette minuti di gioco, quando ho visto due giocatori miei, Matrecano e Petrachi, che non si impegnavano, ho telefonato in panchina e li ho fatti cacciare».
Anche con la Juventus successe la stessa cosa, l’anno dopo.
«Prima della partita io andai dai giocatori e dissi: " Io vivo a Roma, lavoro a Roma e sono stato aggredito dai tifosi laziali perché gli ho fatto perdere lo scudetto. Se noi perdiamo con la Juventus e la Lazio perde lo scudetto un’altra volta mi tocca lasciare la mia città e il mio lavoro. Se voi mi fate questo io sono rovinato. Ma prima vi rovino a voi. Vi deporto sessanta giorni in Cina e al ritorno faccio giocare i ragazzini’. Hanno vinto».
Ci racconta un po’ della sua vita?
«Mio padre era un imprenditore agricolo. Aveva mucche, cavalli, vendeva gli ortaggi ai mercati generali».
La passione per i cavalli l’ha tramandata a lei.
«Eh sì. Ho una scuderia, la White Star. Ho avuto anche cavalli ottimi. Tony Bín, Doctor Devious, White Muzzle, Jeffs Spice».
L’affare maggiore?
«Tony Bin. L’ho comprato a 6 milioni e l’ho venduto a 7 miliardi».
Suo padre poi ha fatto il costruttore.
«Villette. E poi palazzi».
E lei?
«Volevo essere indipendente. Prima ho fatto l’oste. Poi l’autista dell’Atac. Quindi l’imprenditore: avevo imprese di pulizie con tremila dipendenti. Fatturavo 200 miliardi di lire all’anno. Adesso ho chiuso e sono in pensione».
Nel calcio ha cominciato con la Roma.
«Seguendo mio cugino Mario Genghini. Poi ho comprato il 13 per cento delle azioni e sono diventato vicepresidente».
Stava diventando presidente.
«Sono arrivato a un passo. Qualche anno prima stavo per comprare la Lazio. Era stato Giulio Andreotti a chiedermelo. Ma io ero vicepresidente della Roma. Gli dissi: "Presidente, ma come faccio? I tifosi mi si magnano"».
E con la Roma?
«Fu sempre Andreotti a sponsorizzarmi. Ma alla fine è spuntato Ciarrapico. Andreotti appoggiò lui, insieme a Cirino Pomicino e a Craxi. Avevo già pronti i 23 miliardi. Allora ho comprato il Perugia, quart’ultimo in C1, due miliardi e mezzo».
Come ha conosciuto Andreotti?
«Tramite il cardinale Angelini. Sono molto legati e io sono molto legato al cardinale».
E adesso con chi sta?
«Mi piace Berlusconi. Lo conosco per via del calcio. È stato spesso gentile con me e io con lui. Sono amico di tutti, tante volte mi hanno offerto la poltrona di senatore».
Dicono di lei: vulcanico, irascibile, spontaneo, ama il rischio, gli piace sorprendere la gente. Ha comprato un giapponese, Nakata. Ha avuto un allenatore donna, la Morace, ha acquistato Gheddafi junior.
«Bisogna avere decisione. Anni fa dissi all’allenatore della squadra giovanile del Perugia, lo jugoslavo Filippovic, di inserire mio figlio Riccardo in squadra, non tanto perché fosse un campione o meno, quanto per dare la carica, perché Riccardo è sempre stato un trascinatore, come me. Passavano le settimane e l’allenatore non lo faceva mai giocare. Un giorno Filippovic mi disse: "Suo figlio deve maturare". Io gli risposi: "Filippovic, è lei che deve maturare". E lo cacciai. II nuovo allenatore, Giannattasio, mise mio figlio in squadra».
Non stento a crederlo.
«La squadra arrivò seconda nel campionato italiano e vinse i due anni successivi, con mio figlio capitano. I ragazzi sono ragazzi, uno vale l’altro».
Lei ha cambiato diciassette allenatori in dieci anni.
«Non basta che l’allenatore sia bravo, ci vuole una certa simbiosi allenatore-presidente. Se l’allenatore è un solista, non vince. In questo senso il migliore è Cosmi, è bravo tecnicamente, bravo culturalmente, bravo perché conosce il calcio, bravo perché accetta i miei rimproveri e i miei consigli».
Adesso lei vuole fare giocare una donna nel Perugia.
«Non ci sono regole che lo vietano».
Le potrebbero fare.
«Ma dove stanno allora i diritti umani?».
Addirittura?
«Non ci vogliamo mai evolvere nella vita? Vogliamo sempre rimanere con quei principi arcaici?».
Parliamo di voltagabbana.
«Che cosa intende?».
Chi cambia idea per interesse.
«L’imprenditore lo può fare: l’interesse è il suo fine. Anche l’allenatore di calcio: cambia tattica. Una volta una, una volta l’altra».
E i politici che passano da destra a sinistra?
«Non vedo il motivo per cui non debbano farlo».
E gli adulatori?
«Per adulatori intende i falsi profeti?».
Mah.
«Ce ne sono tantissimi nel calcio. C’è tanta falsità. Antonio Matarrese è un adulatore di questo genere, lui adula tutti e poi fa quello che vuole».
Chi è il politico che le sta più simpatico?
«Adoro Gianni Letta, lo adoro perché è un uomo disponibile, sincero, amico di tutti, non tradisce, qualunque cosa gli chiedi e ti può fare ti fa, è un uomo che sta in politica ma non è un politico né un politicante, è un uomo che definirei "uno statista"
Gioco della torre. Bertinotti o Cofferati?
«Butto Cofferati. Ha esagerato troppo nel distruggere. Gli scioperi, gli scioperi, gli scioperi, gli scioperi. Sono la distruzione delle aziende».
Mi pare di capire che a lei non piacciano i sindacati. Scommetto che ha avuto qualche problema…
«Un paio di volte. Io ero un padre-padrone, elastico e duro. Ai miei lavoratori davo tutto, gli permettevo di fare gli straordinari, di fare il lavoro notturno, gli assumevo le figlie, i nipoti, i fratelli, le sorelle. Ma pretendevo tutto da loro. Mi fai la guerra? E io ti caccio. Quando mi facevano scioperi ingiusti io gliela facevo pagare. Una volta sono arrivato a licenziare 30 persone contemporaneamente».
Ha licenziato anche sindacalisti?
«Senza paura. Creavo la piattaforma del licenziamento. Non era una persecuzione. Tu perseguisci me, io perseguisco te».
Maradona o Pelè?
«Butto Maradona. È troppo chiacchierato, i figli, le mogli, i casini, i litigi, le sparatorie. Voglio dire: sei entrato nella storia, ma non puoi rimanerci con tutte quelle distonie che hai creato».
Sensi o Moratti?
«Butto Moratti. Ha speso tanti soldi e non ha vinto niente».
Magari è sfortunato.
«No, è troppo buono, dovrebbe avere più carattere con i giocatori, è troppo signore. Nel mondo del calcio devi essere figlio di buona donna».
Lei che percentuale ha di figlio di buona donna?
«Abbastanza alta».
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