- 10 Novembre 2005
Quando l’hanno vista al comizio di Piero Fassino, alla Festa dell’Unità, qualche giornalista si è ricordato che, da ragazzina, si era presa una cotta politica per Gianfranco Fini. E che in seguito, conquistata dal carisma di Francesco Cossiga, aveva accettato la carica di responsabile del dipartimento Cultura e Spettacolo dell’Udr. Fu proprio allora che su Anna Kanakis, bella donna e attrice di successo in film e fiction televisive, piovve il soprannome di Lady Ribaltone. Che a lei non piacque.
Non ti piace ricordare quando ti chiamavano Lady Ribaltone?
«Questo modo di incasellare gli attori di qua o di là è fastidioso. Io non sono mai stata una Lady Ribaltone».
Mai?
«No».
Però avevi detto che Fini era la tua stella polare.
«Ero agli inizi della mia carriera di attrice. Mi fu chiesto cosa pensassi della svolta di Fiuggi e io risposi che mi sembrava positivo che un partito legato a quel tipo di passato avesse deciso di cambiare, aprirsi e sdoganarsi. Da quel momento in poi Anna Kanakis è stata considerata un’attrice di destra. Ma io non ho mai avuto tessere di An. L’unico mio impegno politico è stato con Cossiga».
Proprio in quell’occasione qualcuno ti chiese: «Ma come, non eri finiana?». E tu rispondesti: «Fini mi ha deluso». Dicesti che Fini non aveva fatto un’adeguata opposizione al centro sinistra, che il cinema era in mano alla sinistra, che c’era stato un appiattimento di An agli interessi di Berlusconi, che i colonnelli di Fini non valevano un granché. Dicevi cose intelligenti che hanno sostenuto anche politologi affermati.
«Forse ti sembrerà una domanda carina ma a me questa sembra un’inquisizione. Non sono una ribaltona. Sono semplicemente una persona libera, senza connotazioni politiche».
Lo hai conosciuto Fini?
«Sì».
Ti piaceva?
«Fini è una persona che ha fascino, autorevolezza, un modo di parlare convincente».
Cossiga come l’hai conosciuto?
«Mi ha intercettato una sera a Porta a porta. Si parlava anche delle attrici di destra e di sinistra. Ricordo che Vespa mi chiese: “a lei dove la metto?”. Io risposi: “Per cortesia mi faccia sedere al centro, non voglio etichette”».
Anche il centro è un’etichetta.
«Intendevo dire: facciamo in modo che gli attori, che si esprimono in altri modi, non vengano classificati. Perché le etichette possono nuocere pesantemente all’attività professionale di una persona. Feci alcune considerazioni sulla libertà di espressione e di pensiero. Cossiga il giorno dopo mi chiese di occuparmi del Dipartimento Cultura e Spettacolo dell’Udr».
E quindi tu, lamentandoti del fatto che era pericoloso fare politica, hai deciso di scendere in politica.
«Glielo dissi a Cossiga: “se per caso dovessi avere qualche frustata a causa di questa mia scelta, farete le barricate in mia difesa?”. E lui mi disse: “Ti daremo tutto l’aiuto necessario, stai tranquilla”».
Non ti è venuto il sospetto che Cossiga volesse sfruttare la tua popolarità?
«No, penso che il Presidente apprezzasse la mia intelligenza».
Questo può averlo pensato dopo. Ma all’inizio…
«Non credo che avesse pensato di scegliere la Kanakis perché era bella e figa. Non è una persona che usa questi sistemucci. Non ha bisogno di gente famosa. È già di per sé carismatico».
Ti faceva la corte?
«Ma che pizza! Perché voi uomini pensate sempre a cose del genere?».
Non ti faceva la corte quindi?
«Non mi ha mai fatto la corte. Abbiamo chiacchierato di cinema e di libri. Sa tutto di tutto, pigi un pulsante e viene fuori conoscenza. Piacevole, colto, intuitivo».
Finita velocemente l’avventura dell’Udr, per la separazione tra Cossiga e Mastella, Cossiga ti chiese di correre per le Europee.
«Se ne parlò. E io l’avrei fatto per Cossiga. Ma poi Cossiga non fece nulla».
Come ti definiresti politicamente oggi? Di centro?
«Lo sai che detesto le definizioni».
In politica è inevitabile. Una persona che si vuole presentare con Cossiga alle Europee si definisce una persona di centro?
«Sì».
Cossiga si definisce persona di centro?
«Sì».
L’Udr è un partito di centro?
«Sì».
Oggi voti un partito di centro?
«Mi stai chiedendo per chi voto?».
Proprio quello.
«Voterò centro sinistra».
Che cosa pensi del tentativo di ricostruire il grande centro?
«C’è un grande desiderio di moderazione. Oggi gli estremi sono sbiaditi concettualmente».
In questo centro chi è che ti piace di più? Mastella?
«La politica è l’arte del possibile».
Follini?
«Un tattico».
Casini?
«Ha una bella immagine».
Buttiglione?
«Ha una moglie molto intelligente».
Rutelli?
«Politicamente è cresciuto molto».
Prodi?
«Il lavoro che ha fatto come premier non era male».
Come definiresti un voltagabbana?
«Uno che cambia idea molto spesso».
Il nome di un voltagabbana?
«Un giornalista, Paolo Guzzanti. Una volta era a sinistra. Ai tempi dell’Udr lo ricordo agganciato alla giacchetta di Cossiga. Poi è passato con Forza Italia. È stato lui, solo perché ho infilato il naso alla Festa dell’Unità, che mi ha accusata di essere una voltagabbana bella e cretina. Ecco, l’ho detto. Adesso lui scriverà cose terribili su di me. E tu ne sarai responsabile».
Raccontami la tua giovinezza.
«Sono nata a Messina: mamma siciliana e padre greco di origine cretese, una stirpe fiera, mai dominata, né dai Dori, né dai Turchi. Ho frequentato le elementari a Messina. Il mio papà e la mia mamma si sono separati quando io ero molto piccola. Risultato: padre assente che ho visto pochissime volte. Ci siamo spostati a Catania. Liceo classico Cutelli di Catania, istituto bollente, uno sciopero dietro l’altro».
Eri carina anche da ragazzina?
«Non ero male. Miss Italia a 15 anni».
Subito nel rutilante mondo dello spettacolo.
«Era il periodo della commedia all’italiana, Gloria Guida, Barbara Bouchet. Mi arrivarono moltissime proposte ma io tornai a frequentare il mio quinto ginnasio».
Come ti hanno accolta al Cutelli?
«Ricordo un grosso slargo gremito di studenti in attesa. Quando mi sono appalesata la folla si è aperta piano piano in due ali e io sono passata in mezzo nel silenzio più assoluto».
Imbarazzante.
«Non è stato un momento facile».
Il successo a 15 anni può far perdere la testa.
«Per fortuna non è successo, nonostante stessi su tutte le copertine dei giornali italiani».
E gli amici?
«In molti ho avvertito l’invidia. Ho perso qualche amico e ne ho acquistati di nuovi».
Hai cominciato a fare la modella.
«Fui buttata in quelle sfilate, Palazzo Pitti, piccolissima. Accanto a valchirie pazzesche tipo Barbarella, Danka, Pat Cleveland. Avevo venti anni meno di loro ma ero alta come loro. Ero un ranocchietto alto».
Un ranocchietto che guadagnava tanto.
«Anche 250 mila lire a sfilata. E ne facevo una trentina all’anno».
E la carriera cinematografica?
«Io pensavo che avrei fatto il magistrato. Ma a 19 anni mi sposai con un musicista romano. E arrivai a Roma».
Il matrimonio non durò molto.
«Tre anni. Dopo la separazione incontrai un amico che non era ancora noto, Giuseppe Tornatore. Mi disse: “Devi fare l’attrice, hai le pagliuzze negli occhi, quella velocità nel cambiare temperatura o espressioni che hanno gli attori capaci”. Mi consigliò un agente e mi ritrovai sul set di Gigi Magni, con Giannini e la Muti. La cosa mi piacque. Sentivo la macchina da presa, non mi dava imbarazzo».
A Santi Urso che ti intervistava per il nostro giornale hai detto: «Io calendari mai. Mai nuda sotto occhi lascivi e indagatori».
«Non capisco il senso dei calendari».
Però foto nude ne hai fatte.
«Non ho mai fatto servizi di nudo per Playman o Playboy. Ho fatto qualche foto più “sensuale” per giornali che mi piacevano».
Molte attrici fanno calendari, Ferilli, Bellucci, Marini…
«Non mi risulta che Margherita Buy abbia fatto un calendario, né Anna Galliena, né Francesca Neri, né Giovanna Mezzogiorno, né Laura Morante. E ti sto parlando solo delle attrici che mi piacciono. I calendari li fanno per soldi e io non sono una persona avida».
Solo per soldi?
«Anche per una forma di esibizionismo. Ma io non sono un’esibizionista».
Hai cominciato la tua carriera in ruoli drammatici. Poi hai scoperto la commedia.
«Commedia ne ho fatta poca. Ho fatto la tossica, l’alcolista, la suora, la criminologa, la poliziotta. Riflessi in un cielo scuro era una storia di droga e di alcolismo. La commedia l’ho fatta con Sordi, se commedia si può chiamare, perché era L’Avaro di Moliére, un film leggero. Poi grosse coproduzioni internazionali per la Rai, Michelangelo, Caterina La Grande. Ho lavorato anche con grandi attori come Irene Papas. Poi le fiction. Quella che mi ha reso più popolare è Vento di ponente. Ma ho amato molto le quattro puntate di Bolognini in cui interpretavo la parte della grande cantante lirica Maria Malibran».
Sei mai stata fidanzata con un politico?
«Un’attrice si deve fidanzare con un politico?».
Chiedo. Alcune attrici si fidanzano anche con uomini della finanza. Come te.
«Io mi sono sposata con un uomo che si occupa di finanza. Ma ci sono colleghe sposate con operatori di macchina, con fotografi. Non bisogna generalizzare. Io non ho sposato mio marito perché si occupa di finanza. Sono una donna che ha sempre lavorato».
Ti stai stufando di questa intervista?
«Mi sento sotto torchio».
A Cesare Lanza hai detto che hai fatto l’amore per la prima volta a quindici anni…
«Sedici».
Alcune voci…
«Hai una bella pretesa, tu, di farti i fatti degli altri…».
Capita nelle interviste. Inoltre ti do la possibilità di smentire. Lo faccio per te. Se uno legge i giornali pensa che tu abbia avuto una storia con Alberto Sordi.
«Ma per favore!».
Vedi? Secondo i giornali hai avuto una storia con Chicco Testa…
«È vero».
Hai detto: sensibilità femminile.
«Dire che un uomo ha una femminile è un gran complimento. Significa profondità, pensiero fine».
Perché è finita?
«Sono fatti miei».
È un piacere intervistarti. Dai sempre risposte esaurienti. È vero che da piccola ti chiamavano Anna la Temporeggiatrice?
«Prima di abbandonarmi ad un nuovo amore avevo bisogno di conoscere bene il soggetto. Lo mettevo alla prova senza che se ne accorgesse. Ero diffidente e prevenuta».
Altro fidanzato. Chiambretti.
«Chiambretti è un mio carissimo amico, delizioso, brillante e intelligente. Un mito».
Non fidanzato?
«Mi ha corteggiato».
Il tuo uomo deve portare i boxer. E orologio d’epoca. E tu lo spalmi di panna. Chi non spalma di panna il suo uomo è un fesso.
«Madonna mia, l’intervista a Cesare Lanza».
È vero: l’intervista a Cesare Lanza.
«Ma tu devi fare un’intervista tua, non puoi copiare quella di Lanza».
Come deve essere il tuo uomo?
«Il mio ideale di uomo è quello che ho sposato, Marco. Guarda caso porta i boxer».
Lo spalmi di panna?
«Questi sono cavoli nostri».
Quali sono i tuoi difetti?
«Sono lunatica, ho molti scatti d’umore, sono metereopatica e complicata».
Consiglieresti ad un uomo di mettersi con te?
«Lo sconsiglio sempre…».
Lo avverti che si sta mettendo nelle grane?
«Da qualche anno non più perché mi sono molto addolcita, ho vinto durezze, asprezze e diffidenze da sicula».
Sei una che corteggia?
«No».
Lo fai capire? Un segnale…
«Be’, un occhio a taglio…».
Hai dimenticato un difetto. I piedi grossi.
«Una volta un amico mi ha detto che ho due zattere al posto dei piedi. Ma non è così grave. In fondo ho il 38 e mezzo e sono alta 1,77. Una mia amica più piccola di me ha il 40».
Soffri di insonnia?
«Soffrivo. Ma quando mi aggancio alla schiena di mio marito mi addormento».
E lui è contento di averti agganciata…
«Felicissimo».
Tu sei una collezionista.
«Gufetti, orologi, penne, gioielli antichi…».
Non mi hai detto niente del rubino.
«Quale rubino?».
Il rubino grosso che hai trovato dentro un melograno spaccato a metà a cena dallo sceicco Zaid bin Sultana n Nahayyan nel Dubai.
«Rubino rimandato al mittente».
Cioè, hai aperto il melograno, hai visto il rubino, hai detto: «qualcuno si è dimenticato un rubino nel mio melograno?».
«Te l’ho detto che non sono avida».
Che differenza c’è fra una Miss Italia e una Velina?
«Miss Italia è solo un titolo legato alla bellezza. Ti mettono una corona in testa, poi, se vuoi, impari a recitare o a ballare. Ma se vuoi aprire una palestra apri una palestra. Se vuoi sposarti il fidanzato ti sposi il fidanzato. Velina è un discorso diverso. Io non ho mai amato il velinaggio. La Velina dà un’immagine della donna mercificata. Una bella ragazza su una scrivania che ancheggia, con due signori che stanno sotto a guardare: capisco che è un mestiere ma non capisco che razza di mestiere sia».
Il mestiere che sognano tante ragazze.
«Basta vedere tutti questi grandi fratelli e grandi sorelle, gente comune o fintamente comune. Il messaggio che passa è che non serve avere un mestiere, non serve fare la gavetta. Anche se non sai ballare, non sai cantare, non sai fare niente sei lì, ti vedono, diventi famoso, fai le tue serate, guadagni soldi. Ecco perché tante ragazze vogliono fare le Veline. Pensano che quella scatola sia la concentrazione dell’esistere».
Il mestiere dell’apparire esiste.
«È la televisione peggiore, quella che illude la gente. Magari una ragazza potrebbe diventare un bravo medico. Invece impara che basta essere carina o simpatica e finire dentro un carrozzone mediatico per diventare famosa. La televisione crea mostri».
Anche tu vai in televisione.
«Quando ho qualcosa da dire, quando vengo invitata per parlare di qualcosa che ho fatto realmente».
Quale televisione ti piace?
«Seguo talk show e telegiornali».
Tra Vespa e Mentana?
«Non c’è gara. Preferisco Vespa. Approfondisce di più. Matrix non mi piace. Mi piace Giovanni Floris, invece. Piacevole, divertente, veloce».
Che cosa è l’eleganza per te?
«Entrare ed uscire nelle situazioni con stile. Essenzialità, semplicità. Non ostentazione».
Cossiga ti criticava per come vestivi.
«Lui ama molto la femminilità e la dolcezza. Io mi sentivo più protetta se salivo le scale di Piazza del Gesù vestita un po’ maschile. Cossiga mi vedeva in pantaloni, in nero, con la mia borsa, con i capelli corti che sembravo un ragazzo, tutta seria e mi diceva: “Ma perché non si mette un tailleur?”».
Laura Laurenzi ti ha definita «regina dello spacco e del vedo e non vedo».
«Sono molto meno “vedo e non vedo” di tante altre colleghe. Sono una donna che veste Armani, lo adoro, è strepitoso».
Un politico che non ti piace?
«Uno che proprio non capisco è Calderoli. Ma perché vuoi che mi crei nuovi nemici?».
Dimmi i vecchi allora.
«Guzzanti sarà un nemico sicuro quando uscirà l’intervista. Ma forse sarà anche compiaciuto perché credo che adori essere citato. Forse sarebbe meglio non citarlo. Oppure storpiare il nome, come fa Emilio Fede».
Per esempio?
«Potremmo chiamarlao Guscardi».
Gioco della torre. Fallaci o Afef?
«Non rispondo. Non mi piace questo gioco».
Bobo o Stefania Craxi?
«C’è un’altra domanda?».
Bondi o Baget Bozzo?
«Non mi piacciono questi nomi».
Santanché o Mussolini?
«Non mi intrippa».
Storace o Alemanno ti intrippa?
«Un’altra domanda grazie».
Ti vedo cotta.
«Sono cotta».
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