- 11 Dicembre 2003
Ritaglio di giornale del 1992. Dice: Michele Guardì, ex avvocato, siciliano, autore e regista di tutte le trasmissioni di maggior successo, dai Fatti vostri a Scommettiamo che, scopritore dei personaggi più popolari, da Frizzi a Giletti a Castagna, è l’uomo più potente e più ricco della Rai.
«Dicevano che ero il Re Mida. Tutto quello che toccavo diventava oro. E il guadagno era proporzionato al lavoro: 560 ore di programma all’anno».
Due miliardi e mezzo di lire, dice il ritaglio.
«Una cifra spropositata».
Nel senso che guadagnava troppo?
«Nel senso che non era vero».
Sarà, ma il ritaglio dice che lei rispose: «È vero, ma pago anche un miliardo e trecento milioni di tasse».
«Ho un rapporto fortissimo con le tasse, le pago tutte e sono sempre sereno».
Chi sono i potenti televisivi oggi? Dicono Vespa, Costanzo, Antonio Ricci. Fulminano chiunque metta in pericolo i loro programmi.
«Tutti ci difendiamo. Se faccio un programma è giusto che non arrivino altri e me lo pestino».
I critici non sono benevoli con lei.
«Che cosa dovrei pensare di quel critico che di un mio programma, Due come noi, scrisse robe da chiodi e poi, dopo quindici anni, vedendolo in una replica, scrisse che era uno stupendo esempio di quando la televisione era fatta bene?».
Il nome?
«Niente nomi. Il critico fa un mestiere difficile. È come uno che non viene invitato a pranzo, ma ci va ugualmente, si siede e ad ogni portata fa lo schizzinoso».
C’è un critico che le piace?
«Mi piaceva Beniamino Placido, uno che scriveva malissimo di me. Diceva che ero ignorante. Abitava vicino a casa mia. Un giorno mi presentai da lui e gli dissi: «Eccomi. Vuole parlare di Kant?».
Qual è il suo segreto?
«Mai dare la sensazione ai telespettatori che si è più colti di loro. Li metti in ansia invece di tirare fuori la loro anima giocherellona, carina e umana. Questo ho sempre cercato di fare, questa è la ragione della mia fortuna».
Chi erano i bravi dirigenti della Rai, quando ha cominciato lei?
«Un nome per tutti: Giovanni Salvi. Un capo struttura che ha scoperto tutti, a partire da Pippo Baudo».
Lei ha inventato le piazze televisive, lo strapaese.
«La quotidianità. Scoprimmo che l’uomo normale faceva notizia più del divo, ed era molto più economico».
Quando le è nata la passione per lo spettacolo?
«Da ragazzino. Mentre facevo le medie recitavo San Tarcisio. La scena madre era la lapidazione e io morivo benissimo sulle note di Fenesta ca lucive. Una sera dal fondo della sala una vecchietta urlò: “No, no, non morire”. E io morii in maniera ancora più solenne. Al liceo facevo il varietà con mio cugino Enzo Di Pisa. Avevo anche un’altra passione. Stabilire chi aveva ragione e chi torto nelle risse di paese. Divenni un bravo avvocato».
Il suo mito giovanile?
«Kennedy. Era dalla parte dei deboli. Nel mio paese di deboli ce ne erano tanti. Molti erano minatori. Tre morirono nella sciagura di Marcinelle. I miei compagni di gioco erano i figli degli operai, erano i più carini, simpatici, intelligenti».
Ricorda il suo primo amore?
«Laura. Ballavamo sulla terrazza di Totò Giuliano. Mentre il giradischi a pile suonava Et j’entend siffler le train mi fece capire che era innamorata di me. A momenti svenivo. Sa com’è l’amore. Sembra la cosa più importante della vita. Poi io partii e lei partì e pensavamo di morire. Invece eccoci qui felici e contenti».
Quando lasciò i tribunali?
«Quando Pippo Baudo, che era venuto a vederci in uno spettacolo che facevamo in Sicilia, Scompare Alfio, scompare Turiddu, offrì a me e a mio cugino Enzo Di Pisa di fare un programma legato alla Lotteria. Falqui vide il programma e ci volle incontrare. Da lì nacque tutto. Io avevo una Bmw grigia di seconda mano. Misi sul tetto un baule verde e partimmo per Milano».
In Sicilia aveva fatto politica.
«Ero stato consigliere comunale della Dc, fanfaniano, della corrente di Gaetano Trincanato».
Credevo andreottiano.
«Poi, molto dopo, ho conosciuto Andreotti. Ma sono sempre rimasto fedele a Fanfani. Quando cadde tutto, nel 1992, lasciai perdere. Basta con la politica».
E adesso per chi vota?
«Oggi sono molto confuso. Cerco di capire che cosa succede».
Si continua a ipotizzare la rinascita della Dc. Nel caso, sarebbe disponibile?
«Quando entro in un casinò non gioco subito. Sto almeno un’ora su un tavolo di roulette per vedere quali sono i numeri che escono. Aspetto».
Teo Teocoli ha detto che i vecchi dovrebbero farsi da parte. Parlava di lei, di Costanzo, di Ricci.
«La tragedia dei comici è che debbono sempre far ridere. Io non ho mai invitato nei miei programmi Teocoli. Probabilmente lui si è offeso per questo e ha fatto quella battuta. Ma a me non fa ridere».
Però è vero che lasciate poco spazio. Siete ingombranti.
«Perché ingombranti? Ho aperto la strada a personaggi come Frizzi, Castagna, Giletti, Timperi, Volpe, Orlando, Gardini. Ho rimesso in gioco Magalli, Milly Carlucci».
Quando la signora Ciampi parlava di televisione deficiente lei si sentiva colpito?
«Ho una simpatia sfrenata per Ciampi e per la moglie. Anche se l’avessero detto di me, lo avrei preso come un complimento. Ma non era diretta a me quella critica».
Quali sono i suoi limiti?
«Non amo la volgarità, mai fare battute sui malati, niente tette e culi. Non dobbiamo dimenticarci di mamme, zie, nonne e delle loro sensibilità. Non mi piacciono le barzellette sconce raccontate in tv».
Le è mai scappata di mano la situazione?
«Una volta in Fatti vostri condotto da Castagna, c’era un travestito. Raccontò che lo avevano violentato da bambino, che doveva mantenere la mamma povera e i fratelli. Una storia durissima. Improvvisamente disse che una volta mentre era al Valentino che faceva l’amore il cliente morì. Una vecchia e stupida battuta: “Se ne è andato venendo”. Castagna rimase pietrificato. Io, intervenendo come voce fuori campo, dissi: “L’intervista è conclusa”».
Dicono che lei è uno che reagisce violentemente.
«Sono uno sanguigno. Di fronte a una cosa grave intervengo con l’accetta».
Ha preso a calci una scenografia.
«Generalmente, se non mi piace, chiedo di cambiarla. Ma se dopo dieci volte che lo chiedo, non la cambiano ne rompo un pezzo. Così sono costretti a cambiarla».
Tiberio Timperi dice che lei schiaccia chi non ha personalità.
«Dice il vero. Ma capita raramente che io lavori con persone senza personalità».
Timperi com’è?
«È uno con la passione del giornalista. Ma il giornalismo è una malattia guaribile».
Anche Giletti è giornalista.
«Oggi soffro per Giletti. Lo vedo in difficoltà, e mi dispiace per lui. Ai miei conduttori io mi affeziono».
Affezionato anche a Castagna?
«Ci rimasi malissimo quando andò da Berlusconi. Ma lo capii. Se passi da 90 milioni l’anno a due miliardi la tua vita cambia e parlare di tradimenti non ha senso».
Lo ha sgridato?
«Gli avevo tolto il saluto ma poi siamo ridiventati amici».
Le persone che hanno segnato la sua vita professionale?
«In particolare Gianpaolo Sodano. Da autore mi ha fatto fare il salto verso la regia. Carlo Freccero è un grande. Ci legava un ottimo rapporto umano. Poi a un certo punto ha cambiato atteggiamento. Credo che gli abbiano detto cose sul mio conto che ha preso per oro colato».
Forse aveva detto qualcosa alle sue spalle.
«Io sono uno che dice cose terribili, ma in faccia».
Come Magalli?
«Diversamente da Magalli. Lui per il gusto della battuta non si frena e questo gli procura molto danno. Anch’io per il gusto della battuta dico cose terribili, ma quando so che non mi procurano danno».
Vuole sentire un po’ di cose cattive che dicono alle sue spalle?
«Sentiamo».
Che va d’accordo con tutti.
«Cerco di capire le ragioni degli altri. Ho studiato dai salesiani».
Ricorda qualche rissa?
«Con Mino Damato. Io ero l’autore di Elisabetta Gardini e difendevo i suoi, e miei, spazi. Dovevo far vedere che ero bravo. Damato difendeva gli spazi suoi. Aveva ragione lui, avevo ragione io e scoppiava il casino».
Dicono che la sua specialità è far lavorare le fanciulle raccomandate dai boss della Rai.
«Si può dire tutto di me, tranne questo».
Lo dicono.
«Probabilmente si riferiscono a una cosa ingiusta e ingenerosa nei confronti di una persona che io rispetto, Baldassarre. L’anno scorso nel mio programma c’era Francesca D’Auria».
Baldassarre dice che è come sua figlia.
«Glielo giuro sul mio onore e la prego di scriverlo: Baldassarre non mi ha mai parlato di lei».
Sonia Grey e Paola Saluzzi. Di Sonia dicono che sia protetta molto, molto, molto in alto. Molto.
«Sonia è una che si applica e fa le cose con bravura. Paola la conosco da anni, è bravissima. Tutto sommato dicono poco male di me».
Dica lei allora.
«Non do tregua a nessuno. Anche quando mi accorgo che stanno schiattando».
Una volta ha fatto svenire Giletti.
«Cinque minuti prima di andare in onda. Si è sentito sopraffatto da me e non ha retto. Non mi è nemmeno dispiaciuto».
Dicono che ha una cura maniacale dei dettagli inutili.
«È verissimo».
Rompe anche sui vestiti.
«L’unico che mi contesta è Timperi. Vuole fare il moderno, mette la camicia di jeans scura con la giacca verde pisello e allora litighiamo».
E la gomma americana?
«Quando scopro un figurante che mastica divento matto».
Si può fumare?
«Odio fumo e profumo. Soffro di asma. Sono stato un mese ammalato a causa delle riunioni di redazione in cui i redattori fumavano».
Cos’altro?
«Una volta arrivavano quei ragazzi con gli orecchini. E io dicevo: ma che cos’ è questa robaccia? Poi un giorno mio figlio è tornato a casa con l’orecchino. Da allora trovo bellissimi i ragazzi con gli orecchini. Vede? So cambiare idea».
Lei è un rompiscatole, se lo lasci dire.
«Ma tutti dicono che quando non ci sono sentono la mia mancanza».
Continue proteste sindacali.
«Ogni tanto viene da me qualche sindacalista a lamentarsi».
E lei?
«Io dico: se il sindacato sostiene una tesi corretta, sono con il sindacato, se mi crea problemi, sono contro il sindacato».
Tipico atteggiamento padronale. Dicono che non sono più i tempi d’oro. Che il Re Mida si è affievolito.
«Certo. Ma tutto cambia. Sono cresciute altre professionalità».
E lei come reagisce?
«Se uno pensa di dover vincere sempre è un cretino perché poi quando perde si dispera. Io non mi dispero mai. Tutto si aggiusta».
Cos’altro le dà fastidio?
«La piaggeria, divento pazzo».
Chi sono gli adulatori in Italia?
«Quelli che cercano di identificarsi nella persona che stanno adulando, invidiandola, e un pochino detestandola».
C’è una trasmissione adulatrice?
«Dicono Marzullo. Ma la più bella intervista me l’ha fatta proprio lui. Aveva lo sguardo incuriosito, non adulatore».
E la famosa intervista di Socci a Berlusconi?
«Rispondo con le parole di Socci stesso: “Ma avete sentito come ho concluso? Avete sentito che cosa ho detto dopo?”».
Che cosa ha detto dopo?
«Non lo so. Io quella trasmissione non l’ho vista. Ma avrà chiuso bene, immagino».
Chi non le piace in televisione?
«Non mi piace chi specula sui sentimenti».
Chi?
«Secondo lei perché non ho fatto il critico televisivo? Per non dire le cose che vorrebbe farmi dire ora».
E allora mi vendico: la televisione del dolore è lei che la fa.
«Io racconto la vita. Che è fatta di storie allegre e storie tristi».
Don Mazzi ha detto che lei è un cafone e un ignorante.
«Povero don Mazzi. Si arrabbiò quando non lo chiamai a Domenica in».
Un prete malato di protagonismo.
«La televisione ti entra in circolo senza tener conto dell’abito che indossi».
Enzo Biagi commentò: «Don Mazzi faccia quello che deve fare, il prete».
«Io sono più prete di lui, l’ho perdonato».
Che mi dice dei voltagabbana?
«Nomi non ne faccio. Non voglio impelagarmi in cose che non mi interessano».
Lei ha conosciuto tanti presidenti.
«Soltanto una volta mi sono offeso con un presidente. Con quello che disse che non amava la televisione, che non la vedeva mai».
Enzo Siciliano. Ma anche Baldassarre disse una cosa del genere.
«Disse che ne vedeva poca. Ma quando ha cominciato a vederla è diventato un buon presidente».
E Cattaneo?
«Dicevano che era stato messo lì per ammazzare la Rai e invece sta dando risultati eccezionali».
Con chi ha lavorato meglio?
«Con tutti».
Troppo diplomatico. Ne dica uno.
«Non rilascio mai dichiarazioni avventate, non faccio casino».
Lei è la quintessenza della prudenza.
«Ho preso batoste tremende».
Come ha reagito al caso Santoro-Biagi?
«Ero molto dispiaciuto. Io capisco le ragioni dell’azienda, capisco le ragioni delle persone, non emetto giudizi. Ma spero di non trovarmi mai in una situazione simile».
Quali sono le ragioni dell’azienda che lei capisce?
«Sono complesse e varie. Non ho né la conoscenza dei fatti né l’autorità per poter giudicare. Tanto più che lavoro per questa azienda e che questa azienda mi paga».
Lei frequenta Berlusconi?
«L’ho incontrato un paio di volte e ne sono rimasto affascinato. Sa che cosa mi dà fastidio? Che si tenda a confondere il politico con l’imprenditore e con l’uomo».
Anche lui ci mette del suo nel confondere i ruoli.
«Che sia bravo è indiscutibile».
Ipotizziamo che domani la cacciano dalla Rai. Va a Mediaset?
«No. Ma convinco chi mi vuole cacciare a non farlo. Io sono della Rai. Sul mio comodino ho la fotografia di Marconi che ha inventato il mezzo e di Berlusconi che ha inventato la concorrenza».
Ma veramente?
«Idealmente».
Gioco della torre. Fede o Rossella?
«Rossella non lo butterei mai. Se fossi giornalista vorrei essere come lui. Fede nemmeno, è troppo carino, mi fa simpatia».
Baudo o Costanzo?
«Con Baudo ho cominciato la televisione, con Costanzo ho cominciato la Radio. Nessuno dei due».
Giletti o Timperi?
«Figli miei tutti e due».
Vespa o Santoro?
«Incontravo Santoro ogni giorno qua sotto, Vespa anche. Ma perché mi deve fare litigare con la gente?».
È un gioco!
«Mi chieda, Mazzini o Garibaldi? Io le direi Mazzini».
Ma così finisce con litigare con Garibaldi. Bossi o Fini?
«Fini no. Bossi nemmeno. Sto lavorando per la Rete 2».
Per fare contento il direttore leghista ha fatto girare gli spot della sua trasmissione sui navigli.
«Milano è una città che adoro. È stata una scelta mia, di divertimento».
Feltri o Belpietro?
«Vengono tutti e due qua a fare la rassegna stampa, sono carini, scrivono bene dei miei programmi».
Avrò fatto cento giochi della torre. Lei è l’unico che non butta nessuno.
«Proponga qualcosa di sensato».
Annunziata o Cattaneo?
«Ma stiamo scherzando? Sono due aspetti che fanno un unicum dentro il quale io mi trovo bene. Se si buttano da soli io li fermo stringendoli a me».
Posso fare una previsione? Lei continuerà a lavorare alla Rai per moltissimo tempo.
«Quando guardo la tv penso che abbiamo ormai detto tutto. Un po’ di riposo, a tutti quanti, me compreso, non ci farebbe male. Le piace come battuta di chiusura?».
Insomma.
«Non sono una grande soddisfazione per un intervistatore, vero? Però sono una persona serena e vivo una vita serena».
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