- 8 Agosto 2002
La bufera è passata indenne su di lei. Da quelli che le domandavano come si sarebbe comportata da first lady, a quelli che esaminavano col microscopio ogni suo articolo per leggerci, come nei fondi del caffè, quello che avrebbe fatto Francesco Rutelli. Ora che la sconfitta elettorale della sinistra è stata digerita e metabolizzata Barbara Palombelli è più libera di essere se stessa. Perfino di dire che non ha votato per il marito. «Ho votato per i Ds», dice, ricordando la sua lunga militanza a sinistra. E ribadisce il suo diritto di non essere considerata «la moglie di». «Sulla Prima Repubblica, sulla Coca Cola e sulla Roma la penso in maniera diversa da Francesco», ha risposto con asprezza a un articolo del Foglio che faceva confusione fra il mestiere di Barbara e la candidatura di Francesco.
Barbara, la gente pensa anche il contrario. Che è Rutelli «il marito di». Che eri tu la sua stratega.
«Sbaglia. Fa parte della sottovalutazione di Francesco. Io, nella mia folle ambizione di mettermi un vestitino nero e di andare al Quirinale, tramo nella notte dicendogli: alleati con Mastella, fai questo, fai quello?».
Non te ne fregava niente del Quirinale?
«Facendo la giornalista sono entrata al Quirinale un miliardo e mezzo di volte. E se Dio vuole preferisco andare al cinema o a Trastevere».
Perché sottovalutano Francesco?
«Chi lo sa? E sopravvalutano me. Landolfi mi ha fatto togliere la trasmissione che facevo alla radio. Pensavano che muovessi milioni di voti parlando di ricette e di trattorie?».
La critica che ti fanno è anche: eccola la signora perfettina, a cui riesce tutto bene, ha il bravo figlio, il bravo cane, il bravo marito, tanti bravi amici e vuole bene a tutti.
«Io non mi vedo affatto perfetta. Sono sempre stata una irregolare».
Però riesci ad essere amica degli avversari.
«Sì. Ho un rapporto corretto con Fini per esempio. Mi piacciono le persone chiare. Preferisco trovarmi di fronte Previti, il falco, il cattivo, piuttosto che tanti amici finti che sono diventati dei falchi facendo finta di essere colombe».
Nomi, nomi.
«Non posso fare dei nomi».
Così i voltagabbana se la cavano.
«Che fastidio i moralisti! Gente che fa finta di non avere mai conosciuto né Craxi, né Andreotti. Io ho sempre pensato che i socialisti non fossero un buon partito. Ma ho avuto sempre un ottimo rapporto con Bettino Craxi».
Eri amica anche di Previti.
«Non ero sua amica. Gli ho fatto molte interviste. Previti abitava a 50 metri da casa mia ed era una delle mie migliori fonti di informazione. A me i cattivi non dispiacciono. Le persone che dichiaratamente hanno una cattiva immagine mi incuriosiscono. Ho visto tanti "buoni" fare danni più dei "cattivi"».
Chi?
«Persone che magari in buona fede hanno dissipato patrimoni».
Chi?
«Per esempio Mario Segni».
Un «buono» che ha fatto danni può essere Di Pietro?
«Buono? Non mi è mai piaciuto Di Pietro. Non mi piaceva quando passava i pomeriggi, lui sì, nello studio Previti perché voleva diventare capo della polizia o ministro della giustizia. O prima, quando andava alle cene con Pillitteri e con i socialisti milanesi. Quando sceglieva chi inquisire e chi no, quando passava la vita con Cossiga, quando Berlusconi gli faceva le copertine "Di Pietro facci sognare" su Tv sorrisi e canzoni e su Epoca dava gli adesivi "Forza Di Pietro!". Non mi piaceva quando era d’accordo con laLega e poi finiva con D’Alema nel Mugello.».
Ti piaceva quando stava con tuo marito?
«Non mi piaceva nemmeno quando stava nello stesso partito di Francesco. Non mi ha mai convinto. Come non mi ha mai convinto questa "rivoluzione" dove uno, Craxi, va in esilio e l’altro, Berlusconi, va al governo. Uno dei due è finito nel posto sbagliato».
Chi dei due?
«Mi ha colpito la crudeltà con cui la politica si è liberata di Craxi».
Te ne intendi di politica?
«Ho sempre pensato che la politica fosse una scienza esatta. Faccio un atto di presunzione: credo di essere un’esperta di politica».
Infatti avevi dato Rutelli perdente. Avevi scritto, sul tuo sito Internet:
«Non credo che mio marito scenderà in campo. Né credo che se mai lo facesse, avrebbe delle probabilità di battere Berlusconi».
«Ma sei sicuro? Non mi sembra proprio di averlo scritto».
Tra i tuoi amici c’è anche Ferrara?
«È un "cattivo" vero. Ho stima di lui. Quando uscì dal Pci gli feci la prima intervista. Non me la potrò mai dimenticare».
Così clamorosa?
«No. Non me la dimentico perché si scrisse domande e risposte da solo. Si presentò con l’intervista già confezionata».
Secondo te è un voltagabbana?
«No. Ha pagato il suo prezzo. Non aveva nemmeno i soldi per comprarsi i libri per l’università».
Però dopo.
«Certo. Craxi. Berlusconi. Ma a me piacciono i cattivi e passo sopra a qualunque cosa pur di godermi una serata con una persona intelligente.
Quindi mi va bene Cossiga perché è diabolico. Purtroppo il mondo è fatto di gente prevedibile».
Viva gli imprevedibili, allora, Scognamiglio, Dotti, Mastella.
«Secondo me è più voltagabbana Adornato».
Adornato?
«Adornato è il re dei voltagabbana. Ha lucrato sulla sinistra e lucrato sulla destra. Mentre c’è gente che ha le sue idee senza lucrare».
Tipo?
«Tipo Giampiero Mughini. Poi c’è un filone che a me è molto simpatico, quello del libertinaggio intellettuale, Giulio Savelli, Lino Jannuzzi, Lucio Colletti, Paolo Guzzanti, Vittorio Sgarbi, Vittorio Feltri. Mi stanno simpatici perché sono persone terrorizzate dalla noia».
Chi frequenti soprattutto?
«C’è un gruppo in cui ci ritroviamo ogni tanto per fare il punto della situazione. All’Augustea o al bar Ciampini. È capeggiato da Paolo Franchi, seguono Fernando Proietti e Duccio Trombadori. Ogni tanto degli avventizi: Paolo Mieli quando ci degna, Giuliano Ferrara. Talvolta si imbuca D’ Agostino, che è un po’ temuto perché poi non si può più parlare senza finire su Dagospia. Poi c’è anche un’altra banda, quella romanista».
Chi siete?
«Paolo Liguori, Mino Fuccillo, Pietro Calabrese, Paolo Franchi, Bruno Tucci, tutti romanisti ultras».
Quando hai cominciato a lavorare?
«Nel ’68, a 15 anni. Ero molto impegnata nel movimento studentesco del liceo scientifico Righi. Mi convinsi che le idee vanno accompagnate dai comportamenti e cominciai a lavorare: segretaria di una scuola di danza, commessa, standista, animatrice turistica, ricercatrice per l’università e per la Rai».
Perché hai fatto lo scientifico?
«Perché era una cosa tosta e c’erano poche femmine».
Ti piaceva di più stare con gli uomini?
«Stavo ore e ore con loro a sistemare i motorini, a pulire le candele».
Adesso?
«Non più. Le donne sono più interessanti, divertenti, disponibili».
Chi erano i tuoi grandi amici allora?
«Non persone famose. Quasi tutti medici, Piero Dionette, Giacomo Regazzoni, Carlo Cusumano e un avvocato penalista, Alessandro Battisti».
I tuoi miti?
«Ero fidanzata con Alain Delon».
Ma veramente?
«Come tutte le mie coetanee. Quando l’ho incontrato questa estate a Miss Italia gliel’ho detto».
E lui?
«Ha commentato: "Non era la sola"».
Mica male come ego.
«Molto vanitoso. Ma lo perdono. È ancora molto bello
Miti giornalistici?
«L’Europeo, Oriana Fallaci».
La tua fu una gavetta dura?
«Porte sbattute in faccia, tantissime. Anni e anni di calci nel sedere».
Quando hai scritto il tuo primo articolo?
«Nel maggio del ’79, all’Europeo. Però avevo già cominciato alla radio. Sala F, filo diretto con le donne».
Perché hai scritto Diario di una mamma giornalista?
«Per spiegare ai giovani che in Italia non c’è una storia che puoi raccontare separando il bene dal male. Che è poi quello che mi divide da mio marito».
Rutelli sa dove sono il bene e il male?
«Crede di saperlo. Lui ha una fede, una forte militanza politica».
Tu no?
«Dovere di un giornalista è rovesciare le verità ufficiali. Io voglio rovesciare anche la verità ufficiale che dice: Tizio è tutto cattivo, Caio è tutto buono».
Perché ha vinto Berlusconi?
«Perché c’era voglia di ricreazione, di lasciarsi dietro tutti i doveri, tutti i pensieri, tutte le preoccupazioni. Questa cosa Berlusconi l’ha molto bene incarnata. Tana libera tutti».
Il tuo libro ha una morale?
«La morale è che chi fa l’università molto bene poi riesce nel lavoro. Non credo nelle raccomandazioni, nel fidanzarsi con il potente».
Un po’ ottimista.
«Il giornalismo scritto non premia i raccomandati».
E quello televisivo?
«Li comandano i politici. Mastella mi licenziò da Domenica in dopo un articolo su De Mita che non gradì. Letizia Moratti mi tolse il programma che facevo per Angelo Guglielmi negli stessi giorni in cui alcuni consiglieri di amministrazione della Rai di nomina berlusconiana mi chiedevano se volevo la direzione del Tg3».
Nei giornali, dici, non ci sono favoritismi?
«Ci sono sempre. Ma i ragazzi che ho cresciuto a Panorama, da Augusto Minzolini a Riccardo Luna, a Bianca Stancanelli, volevano fare questo mestiere e l’hanno fatto».
Quali sono i giornalisti che leggi più volentieri?
«Gabriele Romagnoli, Gad Lerner, Michele Serra».
E tra i Grandi Vecchi?
«Enzo Biagi. È ancora curioso, gira il mondo, fa tutto, dai fumetti alla televisione. Come lui non c’è nessuno».
Tu hai un nemico?
«Uhhh! Tantissimi».
Cominciamo.
«Non ricordo nemmeno i nomi».
Uno.
«Ho il nemico che hanno tutti, quello che deve per forza trovarti dei difetti, che non ti perdona il successo. Ma quale successo? Io faccio sempre la stessa cosa mentre miei coetanei hanno guadagnato miliardi. Io scrivo. Agli ordini di gente sempre più giovane. Non ho mai diretto nulla».
Che cosa è che non ti perdonano?
«Il fatto che non mi vedono smaniare. Quando mi dai un paio di jeans, una camicetta, un pezzo di pizza al taglio e un po’ di sole in una piazza di Roma, mi basta e mi avanza. Brunella Gasperini raccontava di scrivere con il merlo, il gatto, il cane. Anch’io: gatto, cane e merlo. Era il mio sogno: scrivere ma avere anche una famiglia. È stata una fortuna non avere nulla da dirigere.».
Te l’hanno mai offerto?
«No, e sono contenta».
Guido Quaranta è stato pesante una volta con te.
«Ha scritto sull’Espresso che io scrivevo su Repubblica cose ovvie, banali e stupide. Un po’ antipatico visto che scrivevamo per lo stesso gruppo. Le cose ingiuste ti feriscono: farò causa a Quaranta e gli chiederò i danni».
Torniamo ai tuoi quindici anni, i primi amori.
«Il primo amore a sedici anni. Massimo. Ero pazza. Faceva il militare a Orvieto. Io andavo un giorno sì e uno no in treno a trovarlo nonostante il lavoro e la scuola. Per portargli i calzini, le mutande».
Quando finì?
«Quando scoprii un’altra che andava a trovarlo anche lei un giorno sì e uno no».
Corteggi o vuoi essere corteggiata?
«Detesto essere corteggiata».
Con Francesco sei stata tu o è stato lui?
«Sono stata io».
Che cosa gli hai detto?
«Niente. Gli ho dato un bacio».
Molestie sessuali. Lo hai aggredito.
«Non esageriamo, gli ho dato un bacio».
E lui?
«Non si è ritratto. Era pure fidanzato».
Lo hai rubato alla fidanzata? Politicamente scorretto.
«In amore tutti veniamo rubati a qualcuno».
Lui era uno dei «ragazzini» di Pannella. Come Negri.
«Rutelli è sempre stato all’opposizione di Pannella in realtà».
Di Francesco hanno detto anche che era omosessuale.
«Hanno detto omosessuale, pedofilo, cocainomane, eroinomane e padre di figli incerti. Ne hanno dette di tutti i colori».
I voltagabbana sono più a destra o a sinistra?
«Il mondo intellettuale è tutto di sinistra, tranne Gabriella Carlucci che è una nota intellettuale di destra. L’industria editoriale è quasi tutta a destra, tutta o in gran parte di Berlusconi. Che cosa deve fare Ettore Scola? Non deve farsi produrre il film da Berlusconi? E Fosco Maraini? Non deve farsi pubblicare il libro dalla Mondadori? Questa è la conseguenza di quello che il capitalismo italiano ha lasciato fare a Berlusconi. Ha continuato a fare automobili, fibre chimiche, ponti e strade, lasciandogli campo libero nella comunicazione. Per questo ci sono più voltagabbana a sinistra. Perché a sinistra c’è la cultura ma l’editore è a destra. Il confine tra essere in qualche modo dipendenti da Berlusconi e la propria ideologia politica è saltato. Quando il signor Pinco Pallino si inginocchia davanti a Berlusconi in televisione.».
Signor Pinco Pallino chi?
«Vogliamo prendere querele?».
No.
«Allora, quando il signor Pinco Pallino si inginocchia, lo fa perché sta pensando al suo prossimo contratto».
Però è molto liberale questa destra che finanzia la sinistra.
«Il consumatore di cultura è al 70% di sinistra. Berlusconi non può far dirigere i film a Buttafuoco o ad Accame. Deve rivolgersi a Scola e a Muccino se vuole le sale piene».
Una delle critiche che ti fanno è il matrimonio religioso in tempi sospetti.
«Questa è una cosa che ci tengo a chiarire. Io mi sono riavvicinata alla Chiesa tanto tempo fa, quando Paolo Ojetti, redattore capo dell’Europeo, mi mandò a fare il pezzo sul funerale di Bachelet. Vidi Giovanni Bachelet davanti alla bara del padre dire: "Noi perdoniamo gli assassini di nostro padre". Mi colpì. Da allora è stato un lungo percorso che mi ha fatto riavvicinare alla Chiesa. Peraltro sia io che Francesco veniamo da famiglie molto cattoliche, io ho dei papi in famiglia, Francesco aveva una madre che era una donna di grande fede».
Feltri ha scritto: «Nella vita Francesco Rutelli non ha fatto nulla di eccezionale tranne sposare Barbara Palombelli». Ti ha fatto piacere?
«Certo che mi ha fatto piacere. Scherzare con Feltri è divertente».
Ti piacciono un po’ troppe persone di destra.
«Della destra mi piace la fiducia negli italiani. Una cosa che la sinistra sembra aver dimenticato».
Chi ti piace? Ferrara già lo so.
«Ferrara di destra?».
Non ha votato per Rutelli.
«Però ha votato per Veltroni».
Ha votato per Veltroni?
«Lui dice così. Poi a destra mi piace Montezemolo. Mi è simpatico Carlo Rossella. Mi piace Ruggiero».
E a sinistra? Chi non ti piace?
«Quelli col ditino alzato. Quelli che tutti i giorni per avere una riga suigiornali parlano male del partito dei Ds: i cannibali».
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