- 20 Ottobre 2005
Ci furono molte polemiche quando Sonia Raule, moglie dell’amministratore delegato dell’Enel Franco Tatò, fu nominata da Vittorio Cecchi Gori direttore dei programmi di Telemontecarlo. Intervenne perfino Fassino a dire che era uno scandalo. Molti pensarono che si trattasse dell’ennesimo caso di nepotismo, raccomandazioni e inciucio di affari. Altri, soprattutto le donne, ci lessero il ritorno di un sempreverde violento antifemminismo che non vede con piacere una donna prendere il posto di un uomo. Oggi Cecchi Gori non è più il padrone e Tmc è diventata La 7 dopo essere stata comprata da Marco Tronchetti Provera. Sonia Raule parla di quell’episodio con sufficiente distacco. Anzi, passato tutto questo tempo, si meraviglia: «Perché tutto quello scandalo? Era una televisione che faceva il 2 per cento di share. Mica la Rai!».
Eri la prima donna in un ruolo del genere. Ed eri molto giovane.
«Gli uomini italiani difficilmente si fanno togliere il potere dalle donne. Se capita che un uomo non qualificato, che non ha la minima idea di cosa sia una rete televisiva, assuma ruoli dirigenziali la cosa passa del tutto inosservata».
Tu non eri una navigata dirigente.
«Una serie di programmi li avevo prodotti e anche di successo».
Fosti criticata anche da Curzi.
«Me ne ero dimenticata. Sto imparando da mio marito una qualità straordinaria. Prendere in blocco le cose che non piacciono e rimuoverle».
Che cosa ricordi?
«L’accanimento degli uomini. Il più gentile è stato Carlo Rossella scrisse di me: “Una donna di cuori che vuole diventare una donna di denari”. Lo abbiamo chiamato, lui sostenne che molte cose gliele avevano fatte dire. Ma sai, lui è molto maschilista. Per un po’ abbiamo avuto dei rapporti freddini. Ora siamo amici».
Non è che le donne ti abbiano trattata meglio.
«Non è vero. Katia Bellillo, Barbara Palombelli e Anna La Rosa mi dimostrarono molta solidarietà».
Anche Franco Tatò è antifemminista?
«Franco è assolutamente privo della più pallida infarinatura maschilista. Alla Mondadori ha messo alla guida dei giornali molte donne. Ma è un’eccezione. Quante donne ci sono rettori di università, primarie di ospedali, direttori di banca? La donna accetta il ruolo subordinato e si fa complice. E quelle poche che arrivano in alto si comportano esattamente come degli uomini, anzi ancora peggio: sono ancora più aggressive. Hanno talmente patito che spesso ti sembra di avere davanti dei mastini».
Sei stata pochi mesi ma hai fatto in tempo a chiudere la trasmissione di Rispoli.
«Non sono stata io. Michela Rocco di Torrepadula raccontò a tutti che ero stata io. Ma lei lo sapeva benissimo che la decisione l’aveva presa Cecchi Gori. Tappeto voltante faceva lo zero virgola qualche cosa di share».
Tu hai cominciato a lavorare presto.
«Ho sempre avuto uno spirito indipendente. Ho lavorato in un laboratorio di oreficeria, poi da Donato Sartori, quello che fa le maschere per il teatro, come annunciatrice a Telepadova, e infine sono andata a Milano a fare la modella. Guadagnavo cifre incredibili».
Hai fatto anche la valletta di Pippo Baudo a Un milione al secondo.
«Avevo vent’anni, lavoravo un giorno alla settimana e prendevo quattro milioni netti al mese, una pacchia».
Che cosa facevi?
«Portavo la busta. Niente di più. Pippo, se per caso una telecamera non chiudeva sul suo primo piano, faceva rifare la scena».
La prima volta ti sei sposata con un parente di Agnelli, Bernardino Campello, il figlio di Maria Sole. Frequentavi bene.
«Ci presentò un comune amico».
A me non hanno mai presentato un parente di Agnelli.
«Ormai sono così tanti che non è difficile incontrarli».
Tancredi, tuo figlio, nipote di Agnelli non lavora in Fiat.
«Intanto deve dare ancora la maturità e poi è una delle cattive abitudini del capitalismo italiano pensare che l’azienda sia qualcosa che si eredita».
Il tuo ex marito era anche conte.
«E a me ogni tanto qualcuno mi chiamava contessa. Bernardino possedeva le fonti del Clitumno. Quando le vidi me ne innamorai e feci di tutto per bonificarle e rimetterle a posto. E poi abbiamo organizzato importanti mostre per il Festival di Spoleto».
Poi hai ricominciato con la tv.
«Per Odeon Tv un talk show che si chiamava: Esercito, la forza amata. Io su un trespolo e otto militari attorno. Per Rai Due un programma di ecologia domestica».
Poi Giovanni Minoli. Artè.
«Lo andai a trovare perché volevo fare una trasmissione sui dannati del rock. Lui mi propose una trasmissione di arte, su Rai Tre, che mise contro i Tg delle altre reti. Andò benissimo. Facevamo anche l’8 per cento».
Come hai conosciuto Franco Tatò?
«A cena da Alessandra Borghese, nella sua casa vicino a Montecatini».
Colpo di fulmine per un signore di trent’anni più anziano di te.
«Ti sembra vecchio Franco?».
Quando una donna sposa un uomo più anziano, prima fa la regina e poi fa l’infermiera. Luogo comune?
«Poveretto, ha fatto lui l’infermiere quando mi sono ferita all’occhio e quando mi sono rotta due vertebre».
Con Franco discuti spesso di cravatte.
«Non più. Ho nascosto in una scatola le cravatte che non mi piacciono. A me piacciono quelle semplici, rigorose».
E a lui?
«Lui metteva quelle che capitavano, soprattutto se gliele avevano regalate».
Franco Tatò era famoso come abile ristrutturatore di aziende. Ha tentato di ristrutturarti?
«Avevo rami secchi da tagliare?».
Magari sei una spendacciona.
«L’unica forma di risparmio che io conosco è guadagnare di più».
Appunto. A Franco, se insisti con questa teoria, gli possono prudere le cesoie?
«Franco sostiene che davanti alle mie comodità io sono incontenibile. Dice anche che sono troppo attenta all’esteriorità».
È vero?
«Ho un forte senso dell’estetica, sono attentissima ai dettagli. Franco dice che mi ci soffermo sopra un po’ troppo. Che il meglio è nemico del bene».
Sei piena di difetti, per Franco.
«Dice anche che sono assurdamente cocciuta e testarda. Ma questo, per me, non è un difetto».
Qual è la televisione che ti piace?
«Poche cose, tipo Desperate housewifes. Mi piace Fazio. Fiorello. Rula Jebreal. Stiamo vivendo un periodo di grande appiattimento culturale. La televisione lo precede e lo determina. Auguriamoci un battito d’ali che porti a qualche cambiamento».
Non aspettarti il battito d’ali della sinistra. Ha già dato pessima prova con la Rai.
«Non facevo riferimenti politici. Era una speranza. La televisione è riuscita a condizionare il pubblico. I calciatori e le veline sono diventati dei miti. Raccapricciante».
Tu sai chi è Costantino?
«Un ibrido tra un calciatore e una velina. È anche un maître à penser cui viene chiesta l’opinione su importanti avvenimenti. Un punto di riferimento».
Se tu dovessi fare un governo, che ministri sceglieresti?
«Fiorella Kostoris alla Difesa. Ha un grande pugno di ferro. È la nostra Condoleezza Rice. Gianni Zonin alle politiche agricole. Ha creato dal nulla una grandissima azienda vinicola. Tommaso Pompei alle comunicazioni. Ha portato la Wind al 20 per cento del fatturato Enel. E adesso la lascia. Miuccia Prada alla Cultura. È una delle poche persone che credono e investsono sulla cultura. Un Federico II dei giorni nostri. Alessandro Cecchi Paone alle Pari Opportunità. Mi è piaciuto il suo coming out. Achille Serra agli Interni. Ha gestito al meglio tutti i grossi eventi romani. E infine Franco Tatò agli esteri».
Ahi, ahi. Nepotismo di ritorno.
«Tranquilli. Franco rifiuterebbe. Si guadagna troppo poco e lui non se lo può permettere».
Nessun ministero per la Bindi?
«La Bindi non mi piace per niente. Basta pensare a come si è comportata nei confronti del San Raffaele di Roma. Ha costretto don Verzé a venderlo».
Quali salotti romani frequenti?
«Maria Angiolillo, il primo salotto d’Italia».
Anche il tuo è famoso.
«Oggi si è persa l’arte raffinata della conversazione, conditio sine qua non del salotto».
Chi frequenti?
«Mi piacciono le persone simpatiche e intelligenti».
A nessuno piacciono gli antipatici stupidi. Prepara un tavolo per dieci.
«Potrei invitare Giuliano Amato e Diana, Gianni Letta e Maddalena, Ferruccio de Bortoli, l’ambasciatore tedesco Michael Gerdts, Patrizio Bertelli e Miuccia, Alessandro Profumo e Sabina».
Sei litigiosa?
«Tendo molto a controllarmi. Ma se mi fai una carognata me la lego al dito».
E ti vendichi?
«Le persone scorrette non hanno bisogno della mia vendetta. Le cose gli vanno male ugualmente. La vita lavora per me e mi vendica».
I voltagabbana…
«Ti consiglio un’esperienza straordinaria. Vai a passare un paio di ore nei corridoi della Rai il venerdì prima delle elezioni e poi tornaci il lunedì successivo. Vivi in diretta la transumanza».
E il politici? Ti immagini la faccia di Sgarbi, De Michelis, Bobo Craxi, Cirino Pomicino se la sinistra dovesse perdere?
«Dovrebbero ingegnarsi a saltar giù dal carro del perdente avendo creduto di essere saltati su quello del vincitore».
Per chi hai votato negli ultimi tempi?
«Io sarei liberale. Ma dov’è il liberalismo?».
Dovunque. Oggi sono tutti liberali, da D’Alema a Fini.
«Ho votato Veltroni come sindaco di Roma».
E alle europee?
«Mi sento molto lontana dagli estremismi».
Ci sono degli estremismi oggi in Italia?
«Rifondazione comunista e la Lega come li definisci?».
Gli uomini politici che ti piacciono.
«Amato, Rutelli, D’Alema, Tabacci, Follini, Gianni Letta».
Chi non ti piace?
«Calderoli, Pecoraro Scanio, Tremaglia».
Chi vincerà le elezioni?
«In questo momento per me è assolutamente impossibile fare previsioni. Vedi cosa è successo in Spagna».
Ma tu cosa ti auguri?
«Per come stanno le cose in questo momento mi è assolutamente indifferente che vinca la destra o la sinistra».
Ti sei mai sentita aiutata da Franco?
«Il mio legame con Franco mi ha molto penalizzata. In un certo periodo ha rallentato tantissimo la mia evoluzione professionale».
Dissero che l’offerta di Cecchi Gori ti era venuta quando Franco Tatò trattava affari con lui.
«Fu una cosa inventata da Roberto D’Agostino per lanciare Dagospia».
Sicuro che era un falso?
«Era una stupidaggine, si trattava di una cosetta, i diritti degli europei di calcio per i telefonini Wind. Cosa che poi non si fece».
Che cosa fai adesso?
«Sono nella Pixit, una società che produce film, fondata da Fernando Ghia, uno degli uomini di cinema più in gamba che abbia conosciuto. Purtroppo è morto l’anno scorso. Ma è rimasto tutto il suo team».
Gioco della torre. Bellucci o Ferilli?
«Vorrai mica fare il paragone? Salvo la Bellucci. La Ferilli è una cozza».
Ma cosa dici? La Ferilli è bellissima.
«Non scherziamo. C’è un abisso».
Se dovessi fare un film sulla donna più bella a chi daresti la parte?
«A Monica Bellucci, soprattutto se non deve recitare troppo».
È importante per una donna essere bella?
«Per me sì. Ci tengo. Ho un grande senso dell’estetica per cui cerco di cominciare da me».
Ti sei mai fatta una plastica?
«No… scusami…».
Io la domanda la devo fare!
«Sono senza trucco, guardami».
Fitto o Vendola?
«Ti racconto una storia. L’acquedotto pugliese è il più grande d’Europa. Ma aveva bisogno di importanti investimenti, circa 2/3 mila miliardi di vecchie lire, per tornare a regime. Franco aveva un grande progetto e in quanto amministratore delegato dell’Enel, insieme all’allora governo di centro-sinistra, ne propose l’acquisto. Venne Fitto a casa nostra. Franco disse: “Concludiamo adesso. Le cose iniziate con il governo vecchio non si portano avanti mai con quello nuovo. Firmiamo”. Fitto strinse la mano a Franco e disse: “Io sono un uomo d’onore, la mia parola vale più di qualsiasi firma, se dico che questa cosa si fa si farà”. Naturalmente la cosa non si è fatta. Ecco un bel voltagabbana, un bel traditore».
Gardini o Gabriella Carlucci?
«Le butto tutte e due. La Gardini perché quando apre bocca è patetica. La Carlucci perché si prende sul serio».
Grillini o Ruini?
«Ruini. Invitare a non votare al referendum è stato veramente scorretto. Sono inorridita quando ho letto il suo intervento sui Pacs. Ma ancora di più quando ho visto che parlava anche di intercettazioni. Ma stiamo diventando uno stato talebano?».
Afef o Fallaci?
«La Fallaci perché istiga all’odio».
Gruber o Santoro?
«Ogni volta che Lilly scrive un libro immancabilmente arriva a casa una copia dedicata a Franco. Evidentemente considera le donne una sottospecie culturale, a meno che non le siano utili».
Celli o Zaccaria?
«Ti racconto un’altra storia. Franco aveva assunto Celli all’Enel quando aveva lasciato l’Olivetti. Quando cominciarono a girare le voci che andava alla Rai gli chiese che cosa c’era di vero. Celli gli disse: “Assolutamente niente”. Franco telefonò a D’Alema. E D’Alema gli disse: “Domattina ti consegnerà le dimissioni”. E infatti il giorno dopo Celli si presentò da Franco con la lettera di dimissioni. E poi ha fatto anche una cosa tremenda: in un libro in cui senza fare nomi, ma l’allusione era anche troppo chiara, diceva che Franco non era più in grado di performare e si limitava a guardare dal buco della serratura me e una mia amica… Evidentemente il timore di non essere all’altezza di Tatò l’ha portato ad un comportamento spregevole».
Comunque hai salvato Zaccaria.
«Un’altra storia ancora. Quando mi spostarono Artè dalle otto di sera alle diciotto della domenica pomeriggio, io protestai. Zaccaria, forse solo in considerazione del fatto che ero la compagna di Franco, mi fissò un appuntamento. Franco mi preparò per bene: “Tu devi dirgli questo e questo, e se lui ti dice questo tu gli dici quest’altro. Dura, mi raccomando”. Tutta contenta dei preziosissimi consigli di Franco Tatò mi sedetti davanti a Zaccaria e ripetei esattamente quello che mi aveva detto Franco. Zaccaria alla fine si alzò in piedi, mi indicò la porta e disse: “Se sei così brava vai dalla concorrenza”. Non ho più ascoltato i consigli di mio marito».
Nessun commento.