- 25 Novembre 2004
È stato per tantissimi anni segretario di Legambiente. È stato molto vicino a diventare ministro dell’Ambiente. Ermete Realacci è un ambientalista sui generis. È un appassionato di pesca subacquea e ha una visione dell’ambientalismo che lo porta spesso a scontrarsi con i Verdi, con Italia Nostra e il Wwf. Non è un fanatico difensore del territorio contro l’intervento dell’uomo. Oggi è uno dei consiglieri, insieme a Paolo Gentiloni, di Francesco Rutelli, Margherita.
Dicono che la sinistra vincerà le prossime elezioni. Perché litigate tanto?
«Berlusconi ha i voti, il carisma, le televisioni, i soldi. Nel bene o nel male nel centro destra c’è un punto di riferimento. Un «padrone». Nel centro sinistra no. Non è possibile e nemmeno auspicabile. Non bisogna però esagerare. Quando si facevano i vertici del centro-sinistra per me era un’angoscia. Ognuno pensava solo a differenziarsi».
Come Pecoraro Scanio, leader dei Verdi, che nel 2000 ha fatto 470 dichiarazioni all’Ansa?
«Trovi anche me nelle dichiarazioni Ansa, ma quasi mai per cose di politica isstituzionale. L’altro giorno è uscita una mia letterina su Repubblica sui Suv, i gipponi. Ci sono state moltissime lettere di risposta».
Hai detto: la Margherita ha più anime dei Ds.
«Cattolicesimo impegnato, gente a sinistra dei Ds. Ma anche, ovviamente, ex democristiani, Marini, De Mita, Castagnetti, Franceschini. Laici, Maccanico, Bianco, Dini. L’ambientalismo, i movimenti, Giachetti, Vernetti. La Margherita è il prototipo del rimescolamento delle famiglie culturali».
Tu e Paolo Gentiloni, anche lui proveniente dall’ambientalismo, siete i due più vicini al principe, Francesco Rutelli.
«Io penso che Rutelli sia una grande risorsa. Però nell’economia della mia giornata preferisco occuparmi di temi che non della battuta politica del momento».
Rutelli viene considerato quasi un traditore da certi ambientalisti. Soprattutto dai Verdi.
«I Verdi sono una forza utile ma sono marginali. Non sono riuscsiti a rappresentano le potenzialità dell’ambientalismo».
Gli ambientalisti – si dice – sono dei conservatori.
«Alcuni. Se tornassimo indietro con una macchina del tempo un minuto prima della nascita di Porto Marghera nella laguna di Venezia saremmo tutti d’accordo nel dire che è una fesseria. Ma Venezia?».
Venezia?
«Se tornassimo indietro un minuto prima della nascita di Venezia? Qualche ambientalista farebbe una battaglia per difendere quella straordinaria zona umida, il biotopo».
E tu?
«Io la considero una meravigliosa avventura dell’uomo. Le torri di San Gimignano le vogliamo considerare una intollerabile modifica dello skyline? Una parte dell’ambientalismo ha a lungo mitizzato l’esempio dello Yellowstone, ottocentomila ettari senza un centro, un borgo, un artigiano. Nei parchi italiani ci sono migliaia di centri abitati, di chiese, di rocche, di castelli, di paesaggi segnati dall’azione dell’uomo. Le Cinque Terre sono un parco nazionale dove il paesaggio, unico al mondo, è stato prodotto dall’uomo, dalla sua povertà e dalla sua fatica».
Quali sono gli ambientalisti che non ti piacciono?
«Carlo Ripa di Meana conduce una fiera battaglia contro le pale eoliche. È il tipico esponente di una cultura ambientalista che spero non vinca mai. La cultura della frustrazione e dell’impotenza. Pensare che il paesaggio non debba mai e poi mai essere modificato vuol dire negare la storia. Ripa di Meana ha avuto molti beccheggiamenti politici. Ha firmato appelli per il voto a Rifondazione. Poi ha scritto sul Foglio che bisogna dialogare col centro destra. Adesso ha fatto il tifo per Bush».
Chi altri non ti piace?
«Talvolta Desideria Pasolini Dall’Onda, presidentessa di Italia Nostra. Non sopporto l’idea dell’ambientalismo come cultura morta, che deve limitarsi a difendere dal degrado incombente un retaggio del passato. Oggi c’è in atto uno scontro a Ravello che contrappone Legambiente a Italia Nostra. Desideria Pasolini Dall’Onda si oppone alla costruzione di un piccolo auditorium progettato da Niemeyer. Lo considerano una cementificazione del territorio. Un auditorium di quattrocento posti, alto dieci metri, bellissimo, che sarebbe costruito in un area in cui vogliono fare un parcheggio».
La cultura del signor no.
«Un ambientalismo che non sa distinguere fra le case abusive di Agrigento e un auditorium di Niemayer è destinato alla sconfitta».
Stavi per diventare ministro dell’Ambiente.
«S’è detto a più riprese. Ma quando alla fine si arriva alle decisioni sui ministeri entrano in campo parametri diversi da quelli che potrebbero portare a me».
Chi è stato il migliore ministro dell’Ambiente?
«Ronchi certamente. Bordon c’è stato poco tempo e non ha lasciato un segno».
L’ambientalismo è in buona salute?
«Quando Legambiente organizzò la prima operazione “Spiagge pulite”, 15 anni fa, partecipò qualche migliaio di persone, considerate mezze matte. Quest’anno a “Puliamo il mondo” hanno preso parte 700 mila persone. Oggi chi si occupa di pedonalizzare una piazza, difendere uno spazio verde, combattere una discarica abusiva è considerato un piccolo opinion leader, una persona nella quale avere fiducia. Però…».
Però?
«La politica ha nei confronti delle questioni ambientali un atteggiamento superficiale di generico consenso».
Tu sei contrario ad un partito Verde?
«L’esperienza di un partito Verde rappresentante dell’ambientalismo in Italia è diventata sterile. Non a caso molti se ne sono andati dai Verdi, Mattioli, Scalia, Manconi, Ronchi. Il problema degli ambientalisti oggi è, ad esempio, capire se la linea che Montezemolo propone alla Confindustria, una linea che scommette sulla qualità, sull’innovazione, sul made in Italy, anziché sui condoni, sulla sanatoria, sul falso in bilancio, sull’articolo 18, può servire a costruire delle politiche economiche più attente alle questioni ambientali. Io penso di sì».
Quando Chicco Testa fu nominato presidente dell’Enel, gli ambientalisti furono contenti.
«Era un segnale positivo. Poteva fare molto di più».
Ti ha deluso.
«Non era lui a decidere. Era Franco Tatò. Oggi in Italia ci sono solo 800 megawatt eolici. In Germania ce ne sono 13 mila. Qualcosa non ha funzionato».
C’è un ambientalismo di destra?
«Nel direttivo nazionale di Legambiente c’è il presidente del parco del Vesuvio che è uno di An, oppure il sindaco di Otranto che è di Forza Italia. La destra sociale ha sensibilità sui temi ambientali, basti pensare alle posizioni di Alemanno sugli Ogm».
Come nasci politicamente?
«Ho un’esperienza legata alle comunità cristiane di base e ai movimenti studenteschi. Sinistra, insomma».
Famiglia?
«Figlio di insegnanti, media-piccola borghesia. Nato e vissuto per undici anni in Ciociaria, a San Giovanni Incarico».
Ti rimproverano di essere un ambientalista che ammazza i pesci.
«Ho sempre fatto molto sport, pallavolo, pallacanestro, tennis. E anche pesca subacquea».
E non ti vergogni?
«È uno dei rimproveri che mi fanno onore perché non ho una visione stereotipata dell’ambientalismo».
Se fossi anche cacciatore saresti ancor meno stereotipato.
«Pesco solo in apnea».
Sai quanto sono felici le cernie.
«A parte che io i pesci li mangio, la pesca è un’emozione intensa. Io non penso che si possa ridurre tutto a razionalità pura».
Perché non ti limiti a fotografare i pesci?
«Non mi provocherebbe la stessa spinta all’azione».
Hai difeso il Palio di Siena dagli attacchi degli animalisti.
«Mi sono arrivate parecchie decine di lettere di protesta. Ma non cambio il mio punto di vista».
Perché non difendi anche la corrida?
«Nella corrida, a differenza del Palio, l’uccisione dell’animale è il centro dello spettacolo. Nel Palio la morte di un cavallo è un dato accidentale».
Mentre andavi ad ammazzare le cernie votavi a favore del referendum per l’abrogazione della caccia.
«Non sono mai stato abolizionista. L’esercizio della caccia non deve però danneggiare gli equilibri ambientali. Quando i cacciatori in Italia erano tanti e le leggi troppo deboli, bisognava votare contro la caccia».
Se un governo vietasse la pesca subacquea?
«Mi sembrerebbe una decisisone bizzarra».
Ci sono altri ambientalisti pescatori come te?
«Diciamo che molti ambientalisti hanno mangiato il pesce che ho pescato».
Ma che bell’ambiente.
«Io non ho una visione da casta dell’ambientalismo. Per me Pasquale Pistorio, amministratore delegato di STMicroelectronics, è un ambientalista molto più radicale di tanti ambientalisti ufficiali».
Tu sei amico anche di Siniscalco, il nuovo ministro dell’economia.
«L’amicizia con Domenico Siniscalco è nata parecchi anni fa quando lui era presidente della Fondazione Mattei che si occupava molto di temi legati all’energia, all’ambiente, all’innovazione tecnologica in campo industriale, all’etica d’impresa, allo sviluppo sostenibile. Con lui demmo vita a un gruppo di persone variamente distribuite fra mondo dell’economia, delle professioni e dell’impegno civile. C’erano Giorgio Gori, Alessandro Profumo, Chicco Testa, Alberto Meo Martini. Ci riunivamo a porte chiuse e discutevamo a ruota libera. Dallo sport ai consumi giovanili, dal Medio Oriente all’alimentazione di qualità».
Un piccolo think tank.
«Con Domenico Siniscalco ci incontriamo ancora assieme aMeo Martini».
Adesso Siniscalco potrebbe dare applicazione a quei ragionamenti. Nel vostro think tank sosteneva anche il condono edilizio?
«Non lo avrei mai immaginato alle prese con un condono. Una vera nemesi storica».
Prova ad esaminare i politici italiani dal punto di vista dell’ambientalismo. Bertinotti?
«Va benissimo nella fase di interdizione. Sul nucleare ti dà completo affidamento. Ma noi non abbiamo bisogno solo di dire ciò che non vogliamo. Abbiamo bisogno di produrre un immaginario dell’Italia in grado di mobilitare energie, di convincere».
D’Alema?
«Spesso ha dato segni di capire di queste cose, per lo meno a livello di argomentazioni logiche».
Rutelli?
«Meglio ancora, anche per dati personali e biografici».
Prodi?
«Più di tanti altri ha un’attenzione alle politiche concrete».
Berlusconi? La sua villa non è un grande esempio di rispetto delle coste.
«Non è soltanto incoerenza personale. Ha un’idea primitiva della competizione economica».
Pecoraro Scanio contesta alla Margherita di avere fatto un po’ di campagna acquisti fra i Verdi.
«Non è stata una campagna acquisti, è stata l’esaurirsi di un’esperienza».
Nel senso che l’esperienza di Carla Rocchi si è esaurita qualche settimana dopo essere stata eletta?
«Ci saranno stati anche dei motivi personali, si sarà stufata, no?».
Magari era meglio se si fosse stufata prima delle elezioni.
«È anche vero. Però bisogna sempre ricordarsi che è stata eletta in un collegio uninominale. Fra i voti che hanno eletto Carla Rocchi quelli dei Verdi saranno stati il due per cento».
Adesso che si prospetta una vittoria del centro i voltagabbana hanno cambiato direzione.
«L’altra sera ho visto la trasmissione di Bruno Vespa. C’era Prodi. Il dato saliente della trasmissione, più che le cose dette, era un display subliminale che sembrava comparire continuamente in ogni immagine, frutto del linguaggio del corpo di Vespa. Col sorriso, col gesticolare Vespa sembrava dire: forse il vento sta cambiando, è meglio che io mi adegui».
Chi è che non ti piace a sinistra?
«La stessa definizione di sinistra è vecchia. Tra Rosi Bindi e Salvi io penso che Rosi Bindi sia molto più di sinistra di Salvi.»
Perché Pecoraro Scanio è così antipatico a sinistra?
«Non viene ritenuto molto credibile».
Faceva le cose che adesso fa Alemanno. Alemanno piace, Pecoraro no.
«È l’imponderabile. La credibilità è una merce rara».
Gioco della torre. Mastella o Pomicino?
«Butto Pomicino. È il voltagabbana più fresco. Di Mastella mi piace la sua vitalità. Non si fa abbattere da niente. È appena uscito da un’elezione europea disastrosa e fa come se niente fosse. Un grande».
Roma o Lazio?
«Io sono romanista. Ma sono stato contento quando la Lazio ha vinto lo scudetto. Meglio di Juventus o Milan».
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